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RISOTTO RENAISSANCE

“All’onda” può significare due cose diverse in italiano

PER UN FIGLIO DELLA RIVIERA amante del surf, evoca il moto ondoso del mare. Per un nordico, all’onda si riferisce alla consistenza ideale del risotto: i singoli chicchi di riso devono essere al dente, ma legati insieme da un magma amidaceo e gustoso, talmente cremoso che basterà muovere la pentola con un abile colpo secco per generare qualche “onda”. Il numero di persone che conoscono le terminologie e i tecnicismi del risotto è destinato a crescere come la marea dell’oceano, a mano a mano che la sua popolarità si espande al di fuori della Lombardia, del Piemonte e del Veneto. Grazie a nuovi produttori di riso, intenti a coltivare varietà incredibili, e a chef che finalmente pensano al di là delle classiche preparazioni del risotto, questo piatto sta vivendo un vero e proprio Rinascimento in tutta l’Italia.

Come già accade in gran parte della cucina italiana contemporanea, tale rinnovamento abbraccia una maggior semplicità e leggerezza (Gualtiero Marchesi fu il primo a predicare il vangelo della leggerezza, negli anni 80, facendo eccezione solo per il risotto giallo che amava il più decadente possibile). Laddove un tempo si era soliti trovare pentole colme di brodo intenso, cumuli di soffritto finemente tritato e panetti di burro per la mantecatura, oggi alcuni preparano il risotto senza cipolla e tostando i chicchi direttamente nell’olio. Altri ancora lo cucinano con un brodo vegetale leggero o solo con acqua. Cesare Battisti del ristorante Ratanà, padrino del risotto alla milanese, a volte utilizza un infuso di fieno e polline.

Un altro punto fondamentale che contribuisce alla reinvenzione del risotto è la mantecatura, l’atto conclusivo della preparazione dove un grasso freddo viene incorporato nell’amido caldo per ottenere una maggiore cremosità (consultate “Fare e disfare le regole del risotto”, pag. 105). I fratelli Manuel e Christian Costardi sono in prima linea in questa evoluzione del genere. Il menu del ristorante di famiglia che gestiscono all’interno dell’Hotel Cinzia, nella città di Vercelli, presenta diverse versioni del risotto, esercizi di equilibrismo tra tecnica e lo spirito giocoso che da sempre li contraddistingue. In omaggio ad Andy Warhol e alla Pop Art, il loro risotto al pomodoro viene servito all’interno di un barattolo che richiama quello della zuppa Campbell’s, un’idea di presentazione del piatto suggerita dal celebre fotografo e gourmet, ormai scomparso, Bob Noto. «La mantecatura noi la realizziamo in tantissimi modi diversi, e hanno tutti il loro perché. Se vuoi ti faccio qualche esempio, ma quanto tempo hai?», scherza Manuel. La disponibilità di riso di alta qualità a elevata concentrazione di amido rende possibile ottenere una consistenza cremosa anche senza l’ausilio del burro. «Per il nostro risotto aglio, olio e peperoncino facciamo un “burro” di olio d’oliva che viene prima frullato e in seguito congelato; per il risotto ai peperoni rossi usiamo un’emulsione di peperoni molto densa, per il risotto ai piselli prepariamo una “maionese” di piselli a base di olio di semi di girasole», dice. I fratelli sono soliti aggiungere l’aroma principale a metà cottura. «Il riso è come una spugna: assorbe tutti gli aromi, quindi se volete preservare i colori e i sapori dei vostri condimenti, non aggiungeteli troppo presto».

Alice Delcourt, chef e proprietaria del ristorante Erba Brusca di Milano, è un’altra delle interpreti del risotto più rispettate e creative: «Il risotto è uno dei piatti più tradizionali, per cui un tempo c’era questo canone piuttosto rigido

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