Parole nel como'
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Vittoria Saccà, giornalista e scrittrice attenta ai fatti che giornalmente racconta, tira dal cassetto – in cui aveva, in tempi diversi, conservato le parole – quarantuno racconti, cui dà il titolo di Parole nel comò, per narrarci le proprie esperienze, i propri ricordi, le proprie nostalgie. Il racconto, come è noto, ci richiama alla mente ricordi di scuola e di letture giovanili, come il Decamerone di Boccaccio, I racconti di Canterbury di Chaucer, i racconti di E. A. Poe, le fiabe di Perrault, di Andersen, dei fratelli Grimm e le novelle di Pirandello, tanto per citare alcuni autori. Nei racconti del passato predominano i personaggi del mito, eroi di avventure inventate e fantastiche. La fantasticheria, cioè il pensiero, la creatività di una persona è più feconda di un’altra che non ha mai letto. Per cui predomina quella che si chiama la “dominazione delle narrazioni” utili e di intrattenimento. La lettura di questi racconti di Vittoria Saccà è semplicemente piacevole perché racconta in prima persona fatti realistici, per farli conoscere agli altri. Ciò significa “narrare”, descrivere, riferire ad altri un fatto usando, come spiega un linguista come Giacomo Devoto, un tono familiare. Oggi il racconto comprende diversi generi, come il realistico, il giallo, lo psicologo, l’umoristico, ecc. I personaggi sono realisticamente individuati e inseriti in un contesto descritto con precisione, con riferimento a situazioni storiche concrete. La Saccà, in effetti, racconta vicende vere e non verosimili, come se le avesse sperimentate personalmente.
Vittoria Sacca'
Vittoria Saccà, nata a Seminara (RC) è cresciuta a S. Eufemia d’Aspromonte. Docente di lettere presso il liceo scientifico “G. Berto” di Vibo Valentia, ha fondato nel 2003 e diretto per nove anni il giornale d’Istituto “School Times”. Vive a Tropea dal 1994. Giornalista pubblicista, collabora con “Il Quotidiano della Calabria” dal 1998. Ha scritto anche per i mensili locali tra cui “Proposte”, “Terra nostra”, “Parva Favilla”, “Donare” e “La piazza”. Ha diretto “Crescere insieme” e “Tropeaedintorni”. Sul web, scrive per Alboscuole, l’associazione nazionale di giornalismo scolastico e per Scuole24ore. Ha scritto poesie e filastrocche per bambini, nonché favole già pubblicate su “Il Quotidiano della Calabria” nel 2007, opere teatrali per il mondo della scuola, racconti. Ha pubblicato il suo primo libro di “Poesie” nel 1972, “Un soffio di poesie” nel 1998, poesie su “Calabria letteraria” e sui mensili locali. E’ autrice della storia “Tropea la bella addormentata”, edizioni Mapograf, del libro “Federica Monteleone per la vita”, Falco editore, 2007, di “Semplicemente noi”, pubblicato da Meligrana editore nel 2008. Sempre per Meligrana ha curato il “Primo Quaderno Unitrè” nel 2011 e “Speciale Quaderno Unitre” nel 2013.
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Anteprima del libro
Parole nel como' - Vittoria Sacca'
Parole nel comò
Racconti dall’Aspromonte al Tirreno
Vittoria Saccà
Prefazione di Antonio Pugliese
Published by Meligrana Editore on Smashwords
Copyright Meligrana Editore, 2015
Copyright Vittoria Saccà, 2015
Tutti i diritti riservati
ISBN: 9788868151119
Presentazione di
Antonio Pugliese
Disegno di copertina © Mery Francica
Meligrana Editore
Via della Vittoria, 14 – 89861, Tropea (VV)
Tel. (+ 39) 0963 600007 – (+ 39) 338 6157041
www.meligranaeditore.com
info@meligranaeditore.com
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Parole nel comò
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Vittoria Saccà
Vittoria Saccà, nata a Seminara (RC), è cresciuta a S. Eufemia d’Aspromonte. Già docente di lettere presso il liceo scientifico G. Berto
di Vibo Valentia, vive a Tropea dal 1994. Giornalista pubblicista, collabora con Il Quotidiano del Sud
dal 1998. Ha scritto anche per diversi mensili locali tra cui: Proposte
, Terra nostra
, Parva Favilla
, Donare
e La piazza
. Ha diretto Crescere insieme
e Tropeaedintorni
. Sul web, scrive per Alboscuole
, l’associazione nazionale di giornalismo scolastico, e per Scuole24ore
. Ha scritto poesie e filastrocche per bambini, nonché favole già pubblicate su Il Quotidiano del Sud
nel 2007, opere teatrali per il mondo della scuola e racconti. Ha pubblicato il suo primo libro Poesie nel 1972, Un soffio di poesie nel 1998, poesie su Calabria letteraria
e sui mensili locali. È autrice della storia Tropea la bella addormentata, edizioni Mapograf, del libro Federica Monteleone per la vita, Falco editore (2007), di Semplicemente noi, Meligrana (2008). Sempre con Meligrana ha pubblicato: il Primo Quaderno Unitré (2011), Speciale Quaderno Unitré (2013), All’ombra delle ali – poesie (2013). Nel 2014 ha pubblicato Cielo arancio – poesie con il Gruppo Editoriale L’Espresso.
Contattala:
vittoriasacca@libero.it
Seguilo su:
www.vittoriasacca.it
A mia Madre.
A mio Padre.
PREFAZIONE
La narrativa calabrese del Novecento ha una folta schiera di narratori che le danno grande lustro: autori come Corrado Alvaro, Francesco Perri, Fortunato Seminara, Leonida Repaci, Saverio Strati, Mario La Cava, Giovanna Gulli, Raoul Maria de Angelis, Marianna Procopio ed altri, sono scrittori noti anche a livello nazionale.
Quella calabrese, scrive Antonio Piromalli "è una narrativa fedele ai temi tradizionali del romanticismo calabrese, quelli dell’uomo di fronte alla natura e alla realtà che lo circonda, le sue reazioni di fronte alle novità. Pur dissolvendosi la cultura regionale in quella nazionale con il decadentismo, essa, anche nella narrativa, ha una fisionomia che non può essere ignorata per i caratteri distintivi che la contrassegnano. È una narrativa problematica che ha avuto i suoi momenti trionfali quando la regione e l’Italia meridionale sono state sotto il fuoco degli sguardi della nazione, quando l’attenzione della politica è stata rivolta allo stato delle persone e delle cose. Erano gli anni di lotta per evitare l’emigrazione e la dispersione di una società che oggi non esiste più e che aveva secoli di aggregazione sociale dietro di sé. Le scelte politiche non hanno pesato tanto sugli autori e sui gruppi politici (che si stanno riciclando) quanto sulla popolazione e sulla cultura".
Quanto scrive Piromalli ci richiama alla mente il critico letterario C. Dionisotti, il quale rifiuta il modello desanctisiano di una letteratura nazionale, rivalutando invece le culture regionali, che sono importanti, in quanto ogni civiltà letteraria territoriale confluisce sempre in quella nazionale, come si verifica nella costruzione della storia totale, nella quale c’è una circolarità dal centro alla periferia e dalla periferia al centro, secondo la teoria del diritto dello stato del filosofo tedesco C. Schmitt.
Sullo stesso argomento anche Pasquale Tuscano scrive che "ciascuna civiltà letteraria regionale confluisce sempre, negli esiti più sicuri, in quella unitaria nazionale, ma la Calabria esprime anche una sua linea rigorosa, una realtà spirituale e di paesaggio dai connotati originali e inconfondibili. È una terra che, per secolari soprusi e ingiustizie, e quasi per l’atteggiarsi stesso dei suoi monti, delle sue spiagge, della sua natura selvaggia e pure d’una superba architettura, dice un amore sterminato per le idee grandi e universali".
Negli anni ottanta, inoltre, sul quotidiano La Gazzetta del Sud del 27 settembre 1987, la giornalista Carmelina Sicari, nell’ambito del dibattito politico, sociologico e culturale sul Caso Reggio, interviene con l’articolo Cultura quo vadis, per analizzare il rapporto fra la cultura dell’occidente e la letteratura nazionale
. Ne scaturisce un dibattito sul rapporto fra letteratura nazionale e letteratura calabrese, del quale ne dà un riassunto il dott. Elio Stellitano, scrittore, saggista e intellettuale di Reggio Calabria in Letteratura subalterna e sudditanza psicologica.
Sulla Gazzetta del Sud dell’11 ottobre e del 5 novembre, poi, intervengono rispettivamente i due critici letterari e scrittori vibonesi Giuseppe Neri e Tonino Ceravolo, il primo con l’articolo Letteratura da ricercare quella calabrese, il secondo con l’articolo Se la letteratura rimane regionale.
Il prof. Neri scrive che mentre la letteratura nazionale corre verso ritmi lontani (...), lo scrittore spesso dà alle stampe opere ripetitive, senza alcun significato letterario, privo di validi contenuti (...), anzi ci dà
una letteratura che non registra neppure un bello scrivere, si limita al linguaggio convenzionale, un trastullo piuttosto provincialotto. Sono passati decenni sotto il ponte del cielo calabrese, sono mutati uomini e cose, ma lo scrittore nostro è pronto a narrare sempre di emigrazione e di miseria (...). Ciò che manca a noi in questo tempo è la ricerca del linguaggio, perché lo scrittore presume di narrare di tutto, senza avere una grammatica sua, una tecnica senza conoscere il bagaglio d’una cultura che lo porterebbe senz’altro al centro d’un intervento serio".
Tonino Ceravolo, pur d’accordo con il prof. Neri, scrive che la letteratura calabrese purtroppo è estranea dai circuiti nazionali che contano
, che è ignorata dalle terze pagine dei quotidiani a diffusione nazionale
, che è quasi inesistente, in definitiva, al di fuori della regione
e che è una letteratura regionale. Sono, infatti, quasi sempre regionali le cose che i nostri scrittori raccontano, è regionale lo stile, lo stile similverista col quale narrano, è regionale, infine, il pubblico al quale si rivolgono
.
Elio Stellitano, inoltre, cita l’articolo di Carlo Ciparrone Sudditanza psicologica (Gazzetta del Sud del 16 novembre), in cui l’autore mette in evidenza il provincialismo letterario e il senso di sudditanza psicologica nei confronti della letterarietà del Centro e del Nord d’Italia, con la tendenza a milanesizzare e a romanizzare i convegni, i premi, le tavole rotonde e tutte le altre manifestazioni letterarie
.
Infine, come ci ricorda lo storico della letteratura italiana Walter Pedullà, lo scrittore palmese Leonida Repaci era convinto che se non fosse nato in Calabria, non sarebbe diventato uno scrittore, in quanto si diventa scrittore guardando la realtà che ci circonda, vivendo in un certo ambiente, osservando certe condizioni di vita, riflettendo su di esse per trovarne le cause e traducendo queste condizioni e cause in discorso narrativo quando uno si è formato una sua esperienza d’arte
.
Sino agli anni ottanta, tuttavia, non era stato realizzato alcun progetto editoriale per offrire con un vasto numero di pubblicazioni, relativi a specifici ambiti locali, la fitta trama di relazioni che intercorrono tra la cultura regionale e la cultura nazionale.
Tra il 1970 e il primo decennio del nuovo secolo, però, la letteratura calabrese aveva completato tre storie di letteratura regionale: la prima, quella di P. Tuscano per l’editrice La Scuola
di Brescia; la seconda, quella di Antonio Piromalli per l’editore Luigi Pellegrini, di Cosenza; la terza, quella di Pasquino Crupi per le edizioni Periferia
di Cosenza.
A dimostrazione dell’importanza data alle culture regionali (e ora anche provinciali), a cura di Sharo Gambino è stata pubblicata nel 2005 un’antologia di scrittori della provincia di Vibo Valentia dall’editore Il Brigante
, di Serra S. Bruno, con il titolo Il racconto vibonese.
L’antologia contiene testi di autentici narratori, saggisti, poeti e soprattutto di giornalisti. Scrive Giacinto Namia nella presentazione (Per una geografia letteraria di una provincia calabrese) che il testo curato da Sharo Gambino "non aspira a sistemare criticamente una situazione letteraria ancora fluida, ma ad offrire una larga testimonianza della scrittura latu sensu narrativa del vibonese come si è espressa nell’ultimo quarantennio".
Nell’antologia si è fatto posto anche a Giuseppe Berto, ritenuto da Giacinto Namia narratore veneto-calabrese (come risulta dai suoi numerosi scritti sulla Calabria da quando ha conosciuto Capo Vaticano): Ora io non ho paese né luogo al mondo, ho solo questa terra dei suoi racconti e della mia memoria; ... di solito uno appartiene a due luoghi: quello in cui è nato e quello dove gli piacerebbe vivere. È uno degli elementi della nostra inquietudine, questo, perché poi accade che se si sta in uno dei luoghi ci si sente un po’ infelici di non stare nell’altro. Comunque, appena la vidi, seppi che quella terra dalla quale sorgevano quelle magiche isole era la mia seconda terra, e qui infine sono venuto a vivere (le isole magiche Stromboli, Basiluzzo, Panarea, Salina, Lipari, Vulcano) e la terra in cui gli è piaciuto vivere e morire (Capo Vaticano) che sta su di un promontorio alto sul mare, vi sbattono dei venti selvaggi, conosco tutto il cammino che il sole fa in un anno
(scrive così da Reggio Calabria il 6 gennaio 1968, ora in "G. Berto, Il mare da dove nascono i miti, Monteleone ed., 2003).
L’appartenenza culturale e sentimentale alla Calabria di Berto ha origine sin dal 1948, quando scriveva per Il Tempo
di Roma; sulla rivista Il Ponte
nell’ottobre del 1950 (al fascicolo monografico avevano partecipato anche Corrado Alvaro, Raffaele Corso, Umberto Bosco, Leonida Repaci, Mario La Cava, Gaetano Cingari, Francesco Perri, Fausto Gullo, Francesco Spezzano, Pietro Mancini, G. Rohlfs, M. Rossi Doria, Umberto Zanotti Bianco, L. Firpo e Carlo Muscetta); tra il 1956 e il 1958 per Il Giornale d’Italia
; per Il Resto del Carlino
tra il 1968 e il 1972; per il Corriere della sera
, per Le Ore
, per riviste varie e per la radio, nel 1964 e nel 1972.
Berto, infine, nelle sue confessioni, sia letterarie sia sociologiche, ha sempre denunciato il degrado paesaggistico causato dall’abusivismo selvaggio, ha allarmato l’opinione pubblica per un turismo fracassone che rompeva la primitiva quiete delle spiagge da Capo Vaticano a Tropea.
La calabresità di Giuseppe Berto è bene espressa da don Pasquale Russo quando, nella nota di post-fazione al volume Il mare da dove nascono i miti, scrive che l’incontro dello scrittore veneto con la civiltà contadina non fu un incontro occasionale, ma lungo, duraturo, contrastato, per volerne percorrere fino in fondo le vie del cuore. Per comprendere il Sud bisogna essere disposti ad amarlo. E Berto lo amò così tanto che lo scelse per viverci e poi per farsi seppellire in un rispetto convinto e profondo per l’ambiente e per le persone
.
Dall’analisi di Giacinto Namia sulla selezione degli scrittori del vibonese risulta che i temi e gli stili degli autori inclusi nel testo sono vari: c’è la memorialistica, l’autobiografismo, la narrativa con innesti storici, il folklorico e il taglio giornalistico.
Si deve però sottolineare l’assenza, nell’antologia di S. Gambino, di alcuni autori operanti e residenti nel territorio vibonese, che avrebbero meritato, se non altro, una citazione, perché specificatamente narratori
, come recita il titolo dell’antologia.
Nessuna citazione, ad esempio, per Vittoria Saccà, residente a Tropea da diversi anni, giornalista, pittrice, poetessa, autrice di opere teatrali per bambini e di racconti; né per Pasquale De Luca di Tropea, poeta e romanziere, oltre che organizzatore del premio internazionale di poesia, Onde mediterranee, che ha superato ormai i confini regionali e nazionali; e neppure per Elena Miceli, originaria di Spilinga, pittrice e autrice di una vasta opera letteraria (dalla poesia alla narrativa e dalle fiabe alle leggende per ragazzi).
Vittoria Saccà, oltre che di quest’opera, è anche autrice delle seguenti raccolte poetiche: Poesie, editore Gabrieli, Roma, 1972 (ventitré composizioni liriche di cui l’editore scrive che la poesia ricava i motivi della sua origine, e si realizza in linguaggio, rappresentazione o forma dell’individuo che anche se non raggiunge il sublime, resta valido mezzo di dialogo tra quanti sanno usare le corde dell’anima
); Un soffio di Poesie; All’ombra delle ali, editore Meligrana, Tropea, 2013, di cui il recensore Antonio Ligato, sulla Gazzetta del Sud del 10-10-2013, scrive che è "una raccolta