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Il Ricordo più bello
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E-book193 pagine2 ore

Il Ricordo più bello

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Nuova edizione di un lavoro pubblicato con lo stesso titolo nel 1984, “Il ricordo più bello” vuole essere uno stimolo alla riflessione su quanto ci sia ancora di vero o di falso nei luoghi comuni delle due metà dell’Italia, sugli aspetti negativi dell’emigrazione e su come il Natale di un tempo si sia trasformato in un appuntamento consumistico che fa cadere nell’oblio quella bella tradizione antica che rendeva evidente la dimensione autentica della nostra fede.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2012
ISBN9788866184737
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    Il Ricordo più bello - Giuseppe Lascala

    Giuseppe Lascala

    Il Ricordo più bello

    Edizioni Youcanprint

    Copyright © 2011

    YOUCANPRINT EDIZIONI

    Via roma 73 - 73039 Tricase (LE)

    Tel. /Fax 0833.772652

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    ISBN: 9788866184737

    Prima edizione digitale 2011

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’editore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941

    RINGRAZIAMENTI DELL’AUTORE

    È per me vera gioia, oltre che un dovere, dedicare un ringraziamento e un pensiero affettuoso agli amici e a tutti quelli che, con i loro suggerimenti, mi hanno aiutato a rendere il presente lavoro fruibile da un vasto pubblico di lettori.

    A mio fratello Lorenzo

    PREFAZIONE

    Il presente romanzo è una nuova edizione del lavoro pubblicato da Antonio Carello Editore nel 1984 con lo stesso titolo Il ricordo più bello, qui riveduto e arricchito di nuovi elementi narrativi.

    La riproposizione dello stesso lavoro, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, vuole essere un invito alla riflessione su quanto ci sia ancora oggi di vero o di falso nei luoghi comuni delle due metà dell’Italia, sugli aspetti negativi dell’emigrazione e su come il Natale di un tempo si sia trasformato in un appuntamento consumistico che fa cadere nell’oblio quella bella tradizione antica che rendeva evidente la dimensione autentica della nostra fede.

    Volto a proporre un insegnamento per la vita, secondo le parole che l’Autore mette a chiusa della riflessione generale posta all’inizio del romanzo, Il ricordo più bello è un lavoro che attinge alla tradizione di realismo e di letteratura umanitaria, civile e sociale, d’ispirazione cristiana, dove un vecchio, stanco e malato, racconta la sua storia personale e familiare al nipote ancora bambino; e dove quel bambino, ormai uomo maturo, si domanda quale potrebbe essere la reazione del nonno se un giorno dovesse tornare e trovarsi in un mondo che è completamente diverso da quello in cui ha vissuto.

    Da questo dialogo tra generazioni hanno origine due storie, apparentemente in sé stanti, che però si fondono in una sola storia, giacché la seconda comincia proprio dove la prima finisce.

    Fin dalle prime pagine di questa narrazione molto partecipata del lento scorrere della vita nella civiltà contadina della gente del Sud, il lettore resterà coinvolto nelle vicende assegnate ai vari protagonisti e, quando sarà giunto all’ultima riga, si sentirà pronto a rivedere con occhio nuovo quella questione meridionale che, sotto molti aspetti, appare ancora irrisolta, e a sottoscrivere l’atto d’indignazione e di accusa che, pagina dopo pagina, anche mettendo a nudo la sua anima, l’Autore ha saputo costruire.

    Paolo Herbet

    PRESENTAZIONE

    Giuseppe Lascala, nato ad Arzona in provincia di Vibo Valentia, vive e opera a Milano, ma il suo cuore è rimasto nel Sud, specie nella sua Calabria, dove è fortemente abbarbicato, come l’albero alla terra. Pur avulso dall’ambiente della scuola, s’interessa attivamente dei problemi culturali, partecipando a manifestazioni e concorsi letterari nazionali e internazionali.

    Ha al suo attivo varie pubblicazioni, e ora si ripresenta al giudizio del pubblico e della critica con un agile romanzo, che si legge tutto d’un fiato, dal titolo: Il ricordo più bello.

    Figlio autentico ed espressione genuina delle classi contadine del Sud, incarna Lascala (del Sud), senza infingimenti, la concezione di vita che sta alla base della visione del mondo contadino soggetto per secoli alle spoliazioni, alle usurpazioni e allo sfruttamento di baroni, signorotti, capi-massari e caporali di azienda e oggi sfruttato, in forme diverse, dal potere onnipresente delle multinazionali e dalla mafia.

    I valori ai quali si aggancia la visione dello scrittore sono quelli della civiltà rurale, della famiglia contadina sempre insidiata dai signorotti e dai don Rodrigo di turno, depredata dei terreni e del prodotto dei campi, ridotta alla fame e costretta a emigrare.

    Il romanzo di Lascala è il racconto delle vicende e delle peregrinazioni della famiglia del Sud, che ha dei legami profondi e inscindibili, sia che venga ambientata in Calabria, sia che operi in Sicilia, in Lucania, nelle Puglie o in Campania.

    Il dramma della Storia della famiglia contadina calabrese emerge chiaro, impressionante, sconvolgente dalla lunga e commovente confessione fatta dal protagonista del romanzo al nipote, che è poi l’Autore dell’opera.

    La storia è ambientata in Calabria nel primo scorcio del Novecento, ma non cambierebbe di molto nella struttura delle situazioni individuali, familiari e sociali e nell’orditura stessa delle vicende giornaliere e stagionali, se fosse collocata nell’Ottocento, nel Settecento o nelle epoche del Medio Evo. Cambierebbero soltanto i nomi dei vari protagonisti.

    Qui ci imbattiamo in Peppa e Ntoni, in don Gaetano, in Rosa, Carmelo, don Vittorino, Angelina, Giovanni, Nunziata, nel prete don Carlo, in don Michele, in Laura, in don Cesarino e Filippo; in altre epoche ci imbatteremmo nei personaggi del Manzoni o del Verga.

    Non mancano le scene cariche di romanticismo o situazioni improntate al neo-realismo più avvincente, ma il filone nel quale s’inserisce spontaneamente il romanzo, sotto molti aspetti valido di Giuseppe Lascala, è quello del verismo. Al valore artistico del romanzo va aggiunto un merito, di particolare rilevanza: e cioè il grande valore rappresentato dalla testimonianza storica della civiltà contadina del Sud con il suo patrimonio incalcolabile di natura culturale, familiare, religiosa, comunitaria e sociale che sta a indicare, ancora oggi, alla società contemporanea il grande traguardo della libertà, della giustizia e del progresso.

    Avv. Angelo Esposito

    Capitolo I

    "Nella mia qualità di Segretario del Coordinamento regionale, sento il dovere di prendere la parola per rivolgere a tutti voi il mio più cordiale saluto e per fare una breve introduzione ai lavori di questa giornata.

    Come ben sapete, ricorre quest’anno il 150° anniversario della spedizione dei Mille: celebre episodio del Risorgimento italiano ed evento decisivo nel processo di unificazione del Paese, avvenuto nel 1860, quando un gruppo di volontari, al comando di Giuseppe Garibaldi, partì dalla spiaggia di Quarto a Genova e sbarcò a Marsala per andare alla conquista del Regno delle Due Sicilie.

    Il nostro Coordinamento regionale, facendosi promotore del convegno che oggi si tiene in questa sala, dove i centottanta Garibaldini bergamaschi si riunirono prima di partire alla volta di Marsala, ha voluto mettere in evidenza quell’avvenimento, non certo per esaltarne l’aspetto bellico, ma per sottolineare il sacrificio dei tanti patrioti che per l’Italia hanno dato la vita e per richiamare quei valori di solidarietà, di libertà e di fratellanza che hanno portato all’unificazione dell’Italia e alla costruzione dell’Europa dei popoli.

    La storia del Risorgimento italiano, con i Moti carbonari, le insurrezioni di Milano e Venezia, con la Prima guerra d’indipendenza, con la Seconda guerra d’indipendenza, con le battaglie di Magenta, Solferino e S. Martino, con i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi e con la spedizione dei Mille, è un tema che quest’anno e il prossimo anno sarà sicuramente ripreso e approfondito in tutte le scuole e in tanti ambienti politici e culturali italiani.

    Non è da escludere che questo stesso tema possa essere proposto anche agli studenti impegnati negli esami di maturità.

    Ebbene, pensando a questa cosa, qualche giorno fa mi sono chiesto:

    ‘Se io fossi uno studente del quinto anno delle scuole superiori e mi dovesse essere proposto il tema del Risorgimento cosa scriverei?

    La prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di aprire le virgolette e iniziare così il mio tema:

    ‘Soffermati sull’arida sponda,

    Volti i guardi al varcato Ticino,

    Tutti assorti nel novo destino,

    Certi in cor dell’antica virtù,

    Han giurato: non fia che quest’onda

    Scorra più tra due rive straniere,

    Non fia loco ove sorgan barriere

    Tra l’Italia e l’Italia mai più’.

    Partirei cioè da alcuni versi di Alessandro Manzoni che esprimono i sentimenti del poeta, contrario alla dipendenza degli italiani da popoli stranieri, per presentare il clima che si respirava nel Marzo 1821, quando l’esercito piemontese, spinto da una forza unanime e poderosa, si preparava a scacciare l’ignobile straniero.

    Ogni italiano, infatti, voleva la libertà dalla lunga schiavitù ed era pronto, per la patria, a combattere e persino a morire".

    Dopo questa premessa, proseguirei il mio tema scrivendo:

    "Uno dei più grandi patrioti che hanno legato il proprio nome al binomio Italia-libertà è stato Giuseppe Garibaldi.

    Scriverei quindi delle sue imprese in America latina, del suo ritorno in Italia, del suo celebre incontro con Cavour e Vittorio Emanuele, del suo corpo di volontari denominato Cacciatori delle Alpi.

    Parlerei dei suoi successi nella Seconda guerra d’indipendenza, della sua partenza da Quarto il sei maggio 1860, del suo sbarco, cinque giorni dopo, a Marsala, da dove ha inizio la sua marcia trionfale verso Napoli, dopo aver gettato lo scompiglio tra le file borboniche.

    Direi ancora che, dopo tante battaglie, Giuseppe Garibaldi, che era nato a Nizza il quattro luglio 1807, va a trascorrere gli ultimi anni della propria vita a Caprera, dove si spegnerà il due giugno del 1882.

    Di questo grande personaggio, che gli storici definiscono ribelle e irrequieto, oggi non vogliamo però analizzare le indiscusse capacità militari; le sue lettere autografe che sono appese alle pareti di numerose società di mutuo soccorso della Lombardia, ci spingono a cercar di capire qual è il significato delle stesse.

    Per aiutarci a conoscere meglio il personaggio e per darci un contributo in questa direzione, sono oggi con noi: la professoressa Maria Grazia Meriggi e la dottoressa Anita Garibaldi, alle quali va doverosamente il nostro più cordiale saluto.

    Sono certo che, con il contributo di queste nostre ospiti, tutti usciremo da questa sala arricchiti da nuove conoscenze; e anch’io riuscirò ad aggiungere al mio tema qualcosa d’importante, che mi consentirà di superare brillantemente il mio esame".

    Con queste parole fu da me introdotto il convegno tenuto a Bergamo il giorno diciotto aprile 2010 nella sede della locale Associazione Generale di mutuo soccorso, che aveva per tema Il ruolo di Giuseppe Garibaldi nella nascita e diffusione delle società di mutuo soccorso: un tema trattato in maniera approfondita dalle relatrici e che tenne alto per più di due ore il livello di attenzione delle circa duecento persone che gremivano il salone principale situato al primo piano di quel palazzo e la sala del piano terreno, collegata al salone principale attraverso uno schermo gigante.

    Mentre Anita Garibaldi, che per prima prese la parola, tracciava un profilo del suo bisnonno e la professoressa Meriggi spiegava come il concetto di mutualità, dopo avere influenzato la cultura tedesca e quella francese, dall’Inghilterra fosse riuscito a mettere le sue radici anche in Italia, per iniziativa di Giuseppe Mazzini e dell’Eroe dei due mondi, avvenne in me qualcosa che assolutamente non mi aspettavo.

    Confortato dal fatto che, nel definire gli aspetti organizzativi della giornata, avevamo deciso di affidare l’incarico di fare da moderatore del dibattito all’amico ingegner Claudio Merati, ultimato il mio compito, mi estraniai dall’ambiente in cui mi trovavo. Il mio pensiero si trasferì altrove, e le cose che Anita Garibaldi e la professoressa Meriggi dissero nei loro interventi finirono per essere solo un dettaglio rispetto a un’altra storia che, con prepotenza, in quelle due ore balenò nella mia mente.

    Era una storia che avevo scritto molti anni prima, in qualche modo si collegava al tema della giornata e iniziava anch’essa con un breve discorso.

    "Accade a volte che talune cose, seppur diverse nella loro natura, avvengano in uno stesso spazio di tempo e noi, nel registrarle, le saldiamo come fossero della medesima specie. Quando, però, ci accorgiamo che solo per caso le abbiamo trovate vicine, lasciamo che ognuna di esse vada per la sua strada, e la coincidenza si esaurisce in un baleno, così com’è nata.

    Tale meccanismo scatta automaticamente ogni qualvolta il destino si diverte a far convergere in un punto idee o gusti diversi oppure in un solo momento gli avvenimenti più disparati. Quando, però, siamo noi a determinare una coincidenza, essa nasce già ben finalizzata, e i suoi meccanismi scattano secondo i nostri comandi e il nostro volere per realizzare una creazione o una strage; e la corda che lega gli elementi convergenti, tanto forte da tenerli tutti e sempre uniti sulla stessa dirittura, porta a uno scopo ben determinato.

    Ciò che sto per raccontarti, la cui finalità vorrebbe essere un insegnamento per la vita, incomincia proprio con una delle coincidenze puramente casuali".

    Questa la vera essenza delle rozze parole dialettali che il nonno mi disse quel giorno d’autunno del 1958 quando, uscito di scuola, sapendolo a letto malato, andai a fargli visita.

    Cu ‘mbivi birra campa cent’anni!, lo avevo sentito dire scherzosamente più volte, ma lui non l’aveva mai bevuta la birra, eppure si era molto avvicinato a quell’età, e l’avrebbe senz’altro superata, perché nei novantasette anni già vissuti nei campi e in miniera non aveva conosciuto malattia.

    Qualche giorno prima, però, il medico condotto, preoccupato per lui che, considerata l’età avanzata, era troppo debole perché potesse respingere l’epidemia influenzale che stava mietendo molte vittime, gli aveva praticato un’iniezione, ma il liquido in essa contenuto, non trovando nessun canale per andare in circolo, era rimasto fermo nel punto in cui era stato iniettato e, nel giro di pochi giorni, aveva prodotto un’infezione che fece perdere al nonno tutte le energie.

    Il suo viso, sempre roseo, era quel giorno di un pallore indescrivibile; gli occhi scintillanti avevano perso la loro vivacità; i lunghi baffi, che portava da chi sa quanti anni prima che io nascessi sempre rigidi e ben attorcigliati, erano arruffati e lo facevano brutto.

    La malattia lo tenne a letto per qualche tempo e, quando fu in grado di camminare, non ritrovò più la forza per lavorare il suo campo e le sue uscite di casa si fecero sempre più rare.

    Ma torniamo ora a quel giorno d’autunno.

    Quando entrai in quella casa, il nonno, che mi aveva sempre voluto tanto bene, sporgendosi dal letto, mi tirò a sé e mi baciò sulla fronte; poi mi mise in mano le solite trenta lire per il sigaro e il tabacco che gli andavo sempre a comprare. Al ritorno mi fece sedere accanto a lui e, dopo la breve introduzione cui ho già accennato, girò gli occhi verso la finestra e il suo sguardo uscì per andare in un mondo d’altri tempi, da dove aveva inizio una lunga storia che incominciò a raccontarmi.

    "Era l’alba del quattordici marzo 1861. I cannoni avevano da poco cessato di sparare; un tiepido sole spuntava lentamente all’orizzonte e dipingeva con i suoi colori delicati il pallido volto dell’Italia appena nata, che si apprestava a muovere i primi passi.

    Il pomeriggio di quello stesso giorno, mentre i deputati di quasi tutte le parti della penisola erano riuniti a Torino, prima capitale, in segno di amore per la stessa patria, dal mucchio di case vecchie di uno dei tanti paesini agricoli piantati sulla fascia di terra equidistante dalle provincie di

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