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Prigioniero di me stesso
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E-book270 pagine4 ore

Prigioniero di me stesso

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Info su questo ebook

Qual è il confine che separa l'impegno dall'ossessione? Quando una cosa diventa l'altra? È possibile che nel proprio lavoro una persona si possa logorare a livello tale da toccare il fondo e non riconoscersi più?
Questo è quanto può succedere se ci si dimentica il rispetto per se stessi, se ci si chiude a riccio nelle proprie convinzioni senza essere aperti a nuovi approcci, a nuovi stili di pensiero, questo è quello che può accadere se la ricerca dell'eccellenza e del successo servono a nascondere un profondo rancore e spregio per se stessi.
E allora in quel momento non resta altro che cercare di risalire, mattone dopo mattone, guardare dentro se stessi e capire la radice delle proprie paure, ansie, insicurezze, per capire quali sono i rimpianti e le insicurezze. Arriva il momento di accettarsi per se stessi ripercorrendo le tappe che hanno formato la nostra vita e affrontarla con uno spirito nuovo.
LinguaItaliano
Data di uscita27 dic 2014
ISBN9786050344141
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    Anteprima del libro

    Prigioniero di me stesso - Alessio Massa

    anno

    Introduzione

    Ho cominciato a scrivere questo libro per caso, l'idea mi è venuta mentre stavo fumando una sigaretta sotto il portico che dà sul cortile di casa dei miei genitori, dove attualmente sono tornato a vivere. Volevo rielaborare tutto ciò che mi è successo nel corso di una crisi depressiva che mi ha colto a seguito di problemi di ansia che ho avuto durante un'esperienza lavorativa, e che mi ha portato a riguardarmi dentro da cima a fondo, ripercorrendo le tappe della mia vita che mi hanno portato a diventare quello che sono, nel bene e nel male. Tutti arriviamo a momenti in cui si ha l'impressione di non capire come procedere in avanti, in cui non ci riconosciamo più, in cui guardiamo indietro con nostalgia e la felicità e la serenità ci sembrano oggetti lontanissimi. Un malessere ci coglie per lungo tempo e non capiamo come uscirne, tutto sembra perdere senso. Esistono molti modi per uscirne, si tratta solo di scegliere una strada fra molte, un percorso, e cercare, pian piano, di intraprenderlo, cercando di cogliere il positivo di ogni cosa, anche la più piccola. Alla fine, quando ricominciamo a vedere la luce, tutto ci appare in maniera luminosa, siamo tornati noi stessi, forse anche più forti, sopratutto più consapevoli.

    Questo libro non vuole essere un attacco contro i professori con cui ho avuto a che fare, contro l'azienda per cui ho lavorato, o contro determinate persone. Vuole semplicemente essere uno spaccato di quello che ho provato, vissuto, sentito, in determinati momenti. Una biografia incompleta, esperienze felici e non felici, uno sfogo, forse.

    Una cosa la so, volevo scrivere qualcosa che potesse essere, anche minimamente, d'aiuto o di conforto per persone che hanno vissuto o che si trovano in situazioni difficili, come oppure peggio della mia.

    Questo libro lo dedico a tutte le persone che mi hanno accompagnato, e molte spero lo facciano ancora, nel corso della mia vita, i miei genitori, mio fratello, i miei nonni, i miei zii Emanuele e Linda, Dino, mio cugino Federico, tutti i miei amici del Friuli, di Milano (in realtà la stragrande maggioranza delle persone che ivi ho conosciuto proviene da fuori ma non importa), i miei ex-colleghi.

    Un grazie sincero per tutto.

    Alessio 

    Delirio

    Basta, basta con tutto. È finita, smettila di lottare per niente. Tu non sei niente, nulla, sei un incapace, un miserabile e un vigliacco. Non ce l'hai fatta nel lavoro, non ce l'hai fatta con le altre persone, non hai più interessi, non ti importa più di nulla. Il mondo uno e solo è distante da te almeno quanto la Terra dal Sole, sarai la causa del fallimento non solo tuo ma anche degli altri, ti odieranno, ti perseguiteranno, e tu non potrai fare nulla, non potrai reagire, non potrai riprenderti, non avrai diritto a una seconda occasione. La tua vita è un fallimento, perchè è questo che sei sempre stato, un fallito. Ti fai schifo come persona, ti fai schifo come uomo, nessuno sano di mente potrebbe fare affidamento su di una parentesi sbagliata come te, che non sei capace di rapportarti, non sei capace di farti valere, di farti amare, non sei capace di vivere. Quante persone ogni giorno fronteggiano le loro difficoltà, i loro stress, i loro problemi, e riescono ad andare avanti, a non farsi travolgere dal maltempo? Probabilmente affrontano anche situazioni peggiori della tua, senza dubbio è così, ma a te basta poco, così poco, per perdere ogni certezza, ogni sicurezza, ogni rispetto per te stesso. Figurati, quale ragazza vorrebbe mai stare con una persona morbosa e paranoica come te, che non riesci neanche più a guardarti allo specchio visto lo schifo che ti fai?

    Non riesci più a guardare la tua faccia impaurita, i tuoi occhi rosso sangue per il sonno che non incontri più da giorni, il tuo fisico una volta robusto e fresco di palestra e ora ridotto a un pallido scheletro, la tua carnagione che è sempre stata chiara ma ora è pallida come la morte, non riesci a sopportare che ogni poro della tua pelle sudi le tue angosce e le tue sofferenze, che fra poco dovrai creare un nuovo foro per la cintura perchè i pantaloni già adesso rischiano di caderti, non riesci più a vedere le tue labbra ingrigite e tremolanti per l'ipertensione, i tuoi capelli che appena li lavi tornano come prima visto quanto sudi, le tue dita ingiallite per le sigarette al giorno che in poco tempo hai più che raddoppiato, è questo che volevi essere?

    I tuoi colleghi hanno provato ad aiutarti, hanno visto come stavi messo, hanno cercato di fare il possibile, ma non c'era più nulla da fare. Non hai fatto altro che ricevere da loro e non hai mai dato, non ti sei mai reso utile, hai cominciato ad avere dubbi, paure, fino a non essere più in grado di fare nulla. Paralizzato, come un animale quando si rende conto che sta per essere divorato dal suo cacciatore. Gli altri hanno reagito, tu no, sei rimasto vittima delle tue stesse paure, hai lasciato che esplodessero dentro di te fino a rovinarti per sempre.

    I tuoi principi, hai violato i tuoi principi, hai avuto paura, sei stato inutile come quelle persone che disprezzi e che non rispettano la tua rigida scala di valori accanto alla quale hai sempre accompagnato la tua puerile esistenza. Quali erano? Non te li ricordi? Ci penso io a ricordarteli. Un tuo valore era l'onestà. Quante volte ti hanno chiesto se avevi capito bene una cosa, e tu per accontentarli, per non turbarli e non risultare stupido, hai detto di si? Io personalmente ho perso il conto. Un altro valore è il rispetto per le persone. Hai chiesto il rilascio, ti sembra rispettoso nel confronto dei tuoi colleghi che ogni giorno si sfiancano come disgraziati per cercare di mandare avanti la baracca? Non è per niente rispettoso lasciarli soli nella merda, tu non hai mai voluto lasciare qualcuno nella merda, ma ora lo hai fatto, o per lo meno hai cercato. Hai titubato un istante, e questo non ti può essere concesso. La coerenza, tu hai sempre cercato di essere coerente, di non contraddire ciò che dicevi. Hai detto che ti saresti impegnato fino a fondo, ma è così? Forse è così, forse sei coerente, ma ne parleremo dopo, forse vedo ancora una via d'uscita se sei coerente. La determinazione, questa qualità che hai sempre sottolineato in te e che hai più volte ribadito con fermezza, ricordi quanto ne andavi fiero? Dov'è questa determinazione ora, dove sono le tue palle, dov'è la motivazione? Non sei più nulla, sei solo il contenitore di una mente malata, di un'anima distrutta dal suo stesso peso, sei il tuo inizio, la tua crescita, il tuo bagliore e la tua distruzione, sei caduto ancora prima di iniziare a correre, sei ridicolo. Che senso hai in questo pianeta, cosa vuoi dalla vita? Vivi in un mondo spietato e cinico, non c'è spazio per i deboli, per i sensibili, per i fragili, questi vengono spazzati via alla prima raffica di vento, non esiste che tu non sappia cosa vuoi dalla vita, fino a prima eri certo di cosa desideravi, ora cosa vuoi?

    Renditene conto, hai avuto la tua grande occasione, una gallina dalle uova d'oro, e l'hai sprecata. Non tornerai più su, non ci sono seconde chance per i deboli, per chi sbaglia. La verità è che tu non ne hai diritto, e questo lo sai. Avanti, spegni quella sigaretta e comincia a scendere le scale. Fatti spazio fra la ringhiera e le persone, oltrepassa i tornelli e vai ancora più giù. Hai detto che sei coerente? Allora io ho la soluzione che fa al tuo caso, è l'unica cosa che tu possa fare prima di far precipitare ulteriormente le cose, per salvare il salvabile ed espiare le tue ridicole colpe. Sii coerente con te stesso, accetta il fatto di essere solo un peso per gli altri ma soprattutto per te stesso e fà come ti dico.

    Ho pensato a tutto, scendi le ultime scale e ti metti in attesa sul mezzanino. Appena vedi la metro, richiami l'attenzione della persona di fianco a te, e le consegni il tuo badge aziendale. Lì ci sono la tua foto, il tuo nome e il cognome, oltre al nome dell'azienda per cui lavori e per la quale tu sarai la causa di un forte danno di immagine e denaro, ti potranno riconoscere con facilità e risalire alla tua famiglia quando sarà tutto finito. Dopodichè, non appena vedi la metro a cinque metri di distanza, non pensare a niente e lanciati. I binari sono elettrificati, se ne andrà via tutto non appena li toccherai con una qualsiasi parte del corpo, poi il vagone del Meneghino compirà il resto del lavoro. Ricordati di calcolare bene le distanze e i tempi, altrimenti il conducente potrebbe avere il tempo di fermarsi, e non sbagliare mira e finire a sbattere sull'altra banchina, almeno questa cosa vedi di farla bene. Avanti, finiamola qui, è l'unico modo.

    Le scuole superiori

    Alle scuole elementari ero il classico secchione tutto casa e scuola, uscivo poco, facevo poco sport, facevo i compiti subito dopo pranzo ed ero il primo della classe. Mi importava solo quello, ero convinto che tutto il senso di quello che facevo fosse nell’ottenere valutazioni positive da parte delle insegnanti e l’apprezzamento dei miei compagni di classe. Per questo, volevo sempre essere il primo. Ogni volta che ci ripenso mi viene da ridere, avevo i miei hobby, certo, erano però quelli tipici di un secchione: lettura, videogiochi, fumetti, cartoni animati. Super Nintendo, Spiderman, Batman, Ken il Guerriero e più o meno tutti gli anime giapponesi che trasmettevano nelle emittenti televisive locali, che oggi sono diventate quasi forme di culto. Bimbo stai buono se no ti mando in collegio o nella tana delle tigri e la sera ti chiudo nella batcaverna e se non fai il bravo ti tocco le tempie e ti scoppia la testa. Se mangi i funghi diventi grande, ma ricorda che da un grande potere derivano grandi responsabilità.

    Un problema che ho sempre avuto, e di cui parlerò meglio successivamente, è il fatto che in vita mia ho sempre guardato al passato con negatività. Vedevo me indietro nel tempo, e mi guardavo con disprezzo, cercando continuamente di migliorare in qualcosa, di diventare meglio di quello spocchiosetto timido e poco loquace bambinetto fragile che ero. Non mi sono mai accettato per quello che fossi. Sono sempre stato una persona fortemente insicura e fragile, permalosa (almeno fino a un certo punto della mia vita), lunatica e complicata più di quanto lasciassi intravedere. Vivevo rinchiuso in un involucro che all’esterno dava un’impressione di sicurezza e certezza, in realtà dentro ero l’esatto opposto.

    Alle scuole medie, complice l’adolescenza, cominciai a cambiare atteggiamento. Cercavo di dimostrarmi simpatico con battute stupide e sfottò, fingevo di non essere un secchione, studiavo sempre meno e al contempo mi sentivo sempre più a disagio. Vedevo i miei amici e sembravano tutti avere un carattere, mentre io mi facevo influenzare da qualsiasi cosa e non riuscivo ad avere una mia mentalità. In effetti, è una cosa normale per un adolescente vedere certi sbruffoncelli e cercare di imitarli perché questi trasmettono un’immagine risoluta, carismatica e sicura di sé.

    Verso il termine delle medie, venne il momento di decidere che scuola frequentare per i successivi 5 anni. Non avevo idea di che cosa fare, finchè mio padre mi propose di frequentare l’I.T.I.S. Kennedy, a Pordenone, indirizzo informatico, con l’idea che io e lui, al termine della mia istruzione, avremmo potuto aprire insieme un negozio di pc¹.

    Non avevo la minima intenzione di frequentare il liceo, perché ciò avrebbe comportato la necessità di frequentare l’Università, e non accettavo l’idea di dover continuare a studiare anche oltre i vent’anni. Convinto di ciò, mi iscrissi a quella scuola. La conoscevo di fama, perché sapevo che era durissima e che i primi anni quasi la metà degli alunni di una classe veniva bocciata.² Il primo impatto fu durissimo: una classe di soli maschi, dove io ero il più basso e tra l’altro l’unico rimasto ad avere ancora la voce da bambino.

    Presto divenni lo zimbello della classe. C’era un ragazzo che mi aveva preso di mira, il classico bulletto della scuola più alto degli altri, spocchioso e superiore a tutti, dalla bocca del quale pendevano tutti i suoi amichetti leccaculo. Avete presente Tony Manero? Toglietegli i muscoli, vestitelo da truzzo, tingetegli i capelli e mettetegli un paio di Buffalo e un giubbotto della Space Trip. Eccolo lì.

    I primi weekend li passavo completamente spaesato, percependomi come la persona più insignificante del pianeta. Mi sentivo vuoto, a scuola andavo bene perché passavo ogni pomeriggio a studiare ed ero tra quelli con voti più alti, i professori mi vedevano in buona luce ma i compagni di classe no. Tra l’altro, avevo la sfiga di venire sempre interrogato per primo, quindi mi ero abituato a studiare subito per evitare improvvise picconate.

    Piano piano però cominciai a tirare fuori le unghie, cominciai a rispondere a tono agli insulti e agli sfottò, cominciai a dire quello che pensavo. Gradualmente l’atteggiamento dei miei compagni di classe si faceva più conciliante. Anche il bullo, che inizialmente mi tormentava nel tragitto che dalle scale del secondo piano del Kennedy portava al piazzale delle corriere, cominciava a rompermi di meno le scatole. Fino a che non lo fece più e addirittura cominciammo ad andare d’accordo.

    Cominciai a farmi notare perché facevo il verso ai professori, ne evidenziavo i difetti e gli accenti, e iniziavo a fare l’idiota e il ribelle a lezione. La professoressa di inglese mi detestava, ogni occasione era buona per potermi mettere il bastone tra le ruote. Purtroppo, nella sua materia andavo alquanto bene. Cominciai a prendere le prime note nel libretto personale perché dicevo parolacce, e in alcuni casi ne facevo prendere ad altri. Addirittura cominciai ad andare in marina³, anche se la prima volta, preso dai sensi di colpa e dall’incapacità di falsificare la firma di mia madre, rivelai ai miei genitori del mio atto peccatore. Non uscii per un weekend.

    Il primo anno si concluse bene, saltai per intero l’ultima settimana di scuola per i seguenti motivi:

    Ero a posto con i voti e nelle ultime lezioni si tenevano solamente le interrogazioni per chi voleva recuperare le insufficienze o non aveva abbastanza valutazioni nel registro.

    Passando da un anno scolastico al successivo, cambiavano il registro e il libretto personale. Dunque non mi avrebbero chiesto la giustificazione per l’anno successivo, e i miei genitori non avrebbero mai saputo nulla.

    Inoltre finalmente il mio tono di voce era cambiato. Me ne accorsi durante un’interrogazione in geografia, quando notai che la voce che sentivo uscire dalla mia gola non era più quella a cui ero abituato. Fu uno spettacolo, ero partito benissimo poi cominciai a parlare solo per sentire il mio nuovo timbro vocale, senza fare attenzione a quello che dicevo. Il giorno prima sarei stato in grado di prendere almeno 8, infine presi un 6. E molto tirato.

    L’estate purtroppo cominciai a fumare, vizio che mi porto appresso tutt’ora. Inizialmente ero riuscito a resistere, sebbene tutti i miei amici fumassero, tuttavia cominciai a dare i primi tiri di petto e, come si sa, una sigaretta tira l’altra.

    L’anno scolastico successivo cominciò nel peggiore dei modi. I primi mesi non avevo assolutamente voglia di studiare e quindi i voti erano tutti sul 4/5. Poi cominciavo ad avere fame già verso le 10, quindi mangiavo la brioche prima di ricreazione. Una professoressa la prese così sul personale da persuadere i colleghi ad inviare una lettera di richiamo direttamente a casa. Di solito quelle lettere arrivavano a rischio di bocciatura. I miei non ci pensarono due volte: via il pc, via le chiavi di casa. A studiare, punto.

    Mio malgrado quindi ripresi a studiare e alzai i voti, riportandoli tutti sulla sufficienza. Il mio comportamento era tale da essere considerato ai livelli di un ribelle. Andavo d’accordo con gran parte dei miei compagni di classe e ormai mi stavo specializzando nel fare l’imitazione dei professori, di alcuni compagni di classe e dei personaggi dei film.

    Nel frattempo cominciai a coltivare altri hobby: cominciai ad ascoltare musica hip hop (no, guarda che 2Pac è ancora vivo, quel bastardo di Biggie ha sbagliato mira! No, non è stato Biggie, era il suo produttore! No, è stato il presidente degli USA, Reagan!) e mi appassionai di skateboarding (anche se sulla tavola non ero un granchè) .

    Quasi quotidianamente io e i miei amici ci incontravamo presso la rampa di skateboard al Progetto Giovani del nostro paese, dove passavamo i pomeriggi a cercare di fare qualche numero, a criticare i truzzi, e soprattutto a fare casino (scusaci Katia, ti abbiamo praticamente buttato giù il posto, ma all’epoca eravamo degli ingenui idioti e non ce ne fregava nulla!).

    C’era un programma alla televisione di nome Jackass, che veniva trasmesso su MTV. Un gruppo di stuntmen professionisti, capeggiati dal baldo Johhny Knoxville, si cimentava nelle imprese più idiote al mondo, come picchiarsi in mezzo a Chinatown travestiti da Panda, fare bungee jumping aggrappati l’uno all’altro, inalare un verme dal naso per farlo uscire dalla bocca, mangiare un gelato al piscio ed altro ancora. La prima scritta che compariva prima della sigla era Attenzione, tutto ciò a cui state per assistere è compiuto da una equipe di stuntmen professionisti. Non imitate quello che loro stanno facendo. Solo degli idioti avrebbero cercato di emularli, cioè noi. Ci munimmo di fotocamere digitali per filmare le nostre imprese, comprammo qualcosa al supermercato giusto per munirci del carrello e poi cominciammo. Al Progetto Giovani c’era un deposito sotto un portico dove venivano tenuti momentaneamente vari oggetti e mobili in disuso, oltre al materiale di proprietà della Pro Loco. Da un pannello ricavammo una rampa di lancio per il carrello della spesa. Per eliminare le prove del furto, togliemmo il manico con l’insegna della Pam. Un mio amico si sedette nel carrello mentre noi lo spingevamo. Il carrello non fece neanche un balzo. Si rebaltò appena passato il gradino della rampa provvisoria, e uno spigolo colpì il mio amico sul bacino facendogli un male allucinante. Tutto filmato con il sottofondo delle nostre risate. Un altro numero prevedeva che ci lanciassimo con lo skateboard su di una siepe, per poi filmarci mentre ci cappottavamo su di essa. Un mio amico centrò un alveare e finì punto per 5 o 6 volte sulla coscia sinistra. Feci 6 o 7 foto di lui che si contorceva dal dolore ai piedi della rampa per skateboard, che se venivano riprodotte in sequenza sembravano un cartone animato.

    Facevamo gli idioti e ci divertivamo un sacco. Ma soprattutto, ci sentivamo diversi perché avevamo il coraggio di fare cose che gli altri non facevamo. Un paio di sere fingevamo di menarci al lato della strada, per vedere se alcune macchine si fermavano. Se ciò succedeva, scappavamo via. Finimmo per montare un videoclip con in sottofondo Toxicity dei System of a Down dove si alternavano filmati e fotografie di noi con lo skateboard a scene di emerita idiozia come quelle appena descritte.

    Fu da lì che cominciai a sentirmi un ribelle. Non me ne accorgevo nemmeno, ma stavo cominciando a sviluppare una mia mentalità. Agli inizi, come molti adolescenti, era condita con frasi del tipo la vita è una merda, che senso ha vivere se prima o poi dobbiamo morire, siamo governati da degli idioti (questa però ritengo sia tuttora veritiera), viviamo in un paese di merda, ecc...

    La sera dopo l’ultimo giorno di scuola mi presi la prima sbornia, dietro alla Pam, in fondo al parcheggio. Avevamo qualche birra, una bottiglia di vino bianco, una di rosso e una bottiglia di Vodka alla pesca. Saltavo a destra e a manca in preda a una strana eccitazione, mi rebaltavo a terra ogni 5 minuti, di cui una volta sopra al piscio di un mio amico. Questo poveraccio stava vomitando davanti a una siepe mentre gli altri ridevano e gli sputavano sulle orecchie. Presto finii anch’io a rigettare tutto, non prima di essermi rebaltato a terra un’altra volta per colpa di un mio amico che mi aveva spinto e sottratto 5 Euro con l’inganno. Non berrò né fumerò mai più per il resto della mia vita. Mai fidarsi delle promesse di un coglione ubriaco. La notte sognai che vomitavo ancora, per poi svegliarmi la mattina completamente intontito, accorgermi che non era un sogno, buttare a lavare le lenzuola del letto impregnate di vomito e farmi scoprire da mia madre mentre le stavo gettando nel cestino della biancheria.

    <>

    Cominciò la terza superiore. Finito il biennio formativo, cominciava il triennio di specializzazione. Eccezion fatta per 2 miei compagni di classe dei due anni precedenti, mi trovai in una classe completamente nuova. A differenza della prima superiore, le cose andarono molto meglio. Conobbi in fretta buona parte dei colleghi, e addirittura i cosiddetti bulli erano quelli con cui andavo maggiormente d’accordo. Ci fumavamo le canne nel bagno dello spogliatoio della palestra, mentre gli altri giocavano a calcetto, basket o pallavolo⁴. Un paio di volte rischiammo di essere scoperti dal professore, per fortuna l’addetto al rollaggio si trovava in fondo al bagno e riuscì a nascondere la mista prima che l’insegnante lo raggiungesse.

    Per quanto riguarda lo studio, facevo il

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