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Identità Sistemiche
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E-book779 pagine10 ore

Identità Sistemiche

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Info su questo ebook

Questa raccolta di Atti riunisce gli interventi presentati al Convegno Nazionale del
Centro Milanese di Terapia della Famiglia che si è svolto a Montegrotto Terme
nell’ottobre 2012 e a cui hanno preso parte allievi, ex allievi, didatti delle varie sedi
per discutere sulle “Identità Sistemiche”.
In un momento di crisi economica e sociale, nonché di cambiamenti, legati alla
crisi economica, ma anche sociale, il Convegno ha cercato di porre l’accento
sulle diversità e sulle identità con uno sguardo rivolto alla società, focalizzandosi
su cosa è normale e su cosa è patologico.
LinguaItaliano
Data di uscita22 apr 2014
ISBN9788869093241
Identità Sistemiche

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    Anteprima del libro

    Identità Sistemiche - A Cura Di Andrea Mosconi

    Toso

    Patrocini

    Città di Montegrotto Terme

    Provincia di Padova

    Regione Veneto

    Ordine dei Medici Chruirghi

    e Odontoiatri della Provincia di Padova

    Ordine degli Psicologi della Regione Veneto

    A Pio

    "La relazione terapeutica è il contesto in cui si

    sviluppa il processo terapeutico e, allo stesso tempo,

    costituisce un’esperienza di crescita e di formazione

    per il terapeuta. Diventare terapeuta significa

    imparare a vivere, ovvero a stare in relazione sempre

    meglio, con consapevolezza e capacità di auto-

    osservazione, oltre che con l’obiettivo di introdurre

    quelle differenze utili all’incremento delle possibilità

    di scelta del paziente, così da diventare un esperto

    della facilitazione. Allora la seduta terapeutica

    diventa una lezione di vita in cui essere consapevoli

    delle proprie emozioni significa essere vivi, mentre la

    continua ricerca del benessere deriva dallo scambio

    di benessere con l’altro".

    (Pio Peruzzi, 2007)

    Introduzione

    Andrea Mosconi,¹ Monica Pezzolo², Giada Racerro³

    L’idea di lasciare delle tracce fruibili, accessibili e soprattutto condivisibili, di ciò che è avvenuto e che è stato prodotto in occasione del Convegno Nazionale 2012 del Centro Milanese di Terapia della Famiglia, non rappresenta la mera esecuzione di un compito, per certi versi atteso e dovuto in quanto sede organizzatrice, ma diviene per noi ulteriore possibilità e ricca opportunità. Più nello specifico, in continuità con il titolo dato all’evento, quanto vi presentiamo riteniamo sia espressione concreta di quel sentimento d’appartenenza che ci ha portato nel corso del tempo, e che continua tutt’ora, a far evolvere o, parafrasando quanto verrà poi trattato da Andrea Mosconi, calibrare/negoziare/far interagire, i nostri livelli d’identità anche e soprattutto nei termini di identità sistemica.

    In tal senso l’essere parte di un sistema che co-costruisce la nostra definizione di terapeuti e di didatti del CMTF ci esorta a metterci costantemente in gioco perché il contributo che ciascuno di noi può dare come individuo diventi opportunità per il sistema, e dia forma a quel senso di appartenenza così vitale nel restituirci l’idea di noi stessi in termini di conferma.

    Pertanto in questa continua ricerca di benessere e salute attraverso l’essere visti, riteniamo che il rendere visibile ciò che abbiamo fatto in occasione del Residenziale, non solo alla nostra memoria ma altresì alla collettività, rappresenti un elemento di congruenza comunicativa tra ciò che pensiamo e ciò che agiamo.

    Questa nostra introduzione affonda le proprie radici verso gli ultimi mesi dell’anno 2011 quando come sede prevista, nell’iniziare a pensare alla realizzazione dell’annuale Convegno Nazionale del Centro Milanese di Terapia della Famiglia per il 2012, abbiamo dato forma al comitato scientifico, che nella definizione del titolo Identità Sistemiche ha trovato uno dei suoi primi spazi di riflessione e confronto.

    La scelta del titolo, come verrà poi ripreso nell’intervento introduttivo al Convegno di Andrea Mosconi, si connette al momento storico che la psicoterapia in generale sta attraversando, tra il mantenimento di una chiara identità e le perturbazioni che le arrivano dal costante evolvere del pensiero scientifico e del contesto culturale.

    Se a maggior ragione come terapeuti sistemici non possiamo pensarci in termini di sistema chiuso e se la conferma della nostra identità, che ci arriva dalla nostra storia, ci permette di coordinarci con le narrazioni prodotte dalle altre storie, non possiamo non essere incuriositi e connettere la nostra mente con quella degli altri.

    L’organizzazione quindi del Convegno Nazionale, la scelta della strutturazione delle sessioni per aree tematiche inerenti il tema dell’identità, l’estensione della partecipazione a relatori così prestigiosi come Giuseppe Gembillo e Silvio Merciai e, non per ultima, la presente pubblicazione rappresentano il nostro desiderio di rendere ogni nuova mente che si crea aperta a altre connessioni.

    In questa idea di mente ogni singolo contributo trova riconoscimento, segna la storia e diventa eredità in termini di pensiero, emozioni e memoria per l’Altro.

    Con questa premessa e con questo obiettivo prioritario abbiamo pertanto prodotto la seguente pubblicazione che rispetta la successione e la progressione dei lavori che hanno caratterizzato le tre giornate del Convegno Nazionale del CMTF e che ha visto alternare a relazioni magistrali in plenaria, il lavoro in sessioni e sottosessioni parallele su nuclei tematici individuati attorno al concetto di identità. Ma non solo, abbiamo voluto dar voce a tutti e a tutto quanto è nato dalla partecipazione condivisa e sentita.

    Trovano qui pertanto spazio anche gli interventi di tutti i nostri illustri relatori alle varie tavole rotonde compreso l’importante ruolo di restituzione, spunti e riflessioni svolto dai coordinatori sia delle sessioni plenarie che parallele.

    La scelta di realizzare un e-book ha permesso così di assegnare una voce ampia ed esaustiva alle parole, all’impegno e alla presenza di tutti, compreso chi tra noi non c’è purtroppo più, ma con noi e dentro di noi continua a lasciare costantemente la sua eredità di maestro, guida, collaboratore, esempio grande ma discreto: il nostro Pio Peruzzi, il nostro, così ci piace chiamarlo perché ci ha messo generosamente a disposizione la sua storia, la sua identità di clinico e formatore per contribuire a creare la nostra.

    Per concludere, abbiamo scelto, non solo di dar voce alle parole di ogni contributo, ma anche di poter rendere accessibili, attraverso il collegamento al sito del Centro Padovano di Terapia della Famiglia quelle immagini, che vedono nella voce e nel ricordo di Pio Peruzzi questa nostra costante ricerca di conferma, che partendo dal senso di sicurezza delle relazioni che abbiamo assaporato e dall’esperienza di dove veniamo, possono darci la spinta propulsiva e dinamica ad esplorare e ad aprirci ad altre relazioni. Questa è la ricchezza della nostra identità sistemica. Da qui parte l’apertura del nostro Convegno e di questa pubblicazione.

    1 Psichiatra, Psicoterapeuta, Didatta del Centro Milanese di Terapia della Famiglia, Co-Fondatore e Direttore del Centro Padovano di Terapia della Famiglia.

    2 Psicologa, Psicoterapeuta, Didatta del Centro Milanese di Terapia della Famiglia e docente presso la sede di Padova.

    3 Psicologa, Psicoterapeuta, Allieva-Didatta del Centro Padovano di Terapia della Famiglia.

    Prefazione

    Andrea Mosconi

    Identità e Identità sistemica

    I livelli dell’identità secondo l’Ottica Sistemica

    È ormai un dato acquisito e convalidato da Autori appartenenti alle più svariate discipline psicologiche e neuropsicologiche, che l’identità, la nostra identità, è la risultante della continua interazione/calibrazione/negoziazione tra il nostro hardware (corpo e sistema nervoso) e l’ambiente in cui viviamo (Watzlawich P. 1967, Bateson G. 1972, Maturana E. Varela F. 1980, Morin E. 1980, Guidano V. 1987, Liotti G. 1993, 1994, Cronen e coll. 1983., Fonagy, P. Target M. 1997, Daniel J. Siegel 2001, Damasio A. 2012). L’Ottica Sistemica ha da sempre sostenuto questa ipotesi che, si potrebbe dire, è nel suo DNA. Essa ha esplorato a diversi livelli il tema dell’identità. Più spesso tale esplorazione è stata indiretta in quanto si è considerato un tema di secondo piano essendo l’identità del singolo subordinata all’organizzazione del sistema e funzione di essa. Tuttavia nel tempo e soprattutto con la Cibernetica di Secondo Ordine, tale tema ha acquistato sempre maggiore rilevanza (Boscolo L. Bertrando P. 1996, Ugazio V. 1998, Visani E. Solfaroli Camillocci D. 2001) traendo vantaggio anche dall’integrazione con quanto poteva derivare da altre ottiche di psicoterapia. Vogliamo evidenziare gli aspetti principali di questo percorso. Il Quadrilatero Sistemico, costruito sulle fasi evolutive della storia dell’Ottica Sistemica (Mosconi A. 2008), può farci da guida per definire i diversi livelli di descrizione dell’identità.

    Nella sua prima formulazione (Mosconi A. 2004, Mosconi A. 2008, Mosconi A. e coll. 2013b) tale costrutto descriveva come l’Ottica Sistemica aveva concettualizzato la nascita di un problema ed i quattro livelli logici interconnessi si presentavano così:

    Tavola 1

    In questo lavoro segnalavamo, altresì, come si avevano, così, a disposizione quattro livelli di descrittivi:

    • Fenomenologico Individuale (la Narrazione del problema)

    • Generatore Individuale (il Funzionamento Individuale)

    • Fenomenologico Relazionale (le Modalità Comunicative del sistema)

    • Generatore Relazionale (la Storia e le evoluzioni del Sistema)

    Ai fini, tuttavia, del tema che vogliamo affrontare in questo lavoro è necessario considerare tali polarità ad un livello logico di astrazione più elevato e cioè al livello di descrizione cui ognuna di esse si colloca. Il Quadrilatero, allora, si presenta così:

    Tavola 2

    Questi quattro livelli ci possono guidare nella descrizione di differenti aspetti dell’identità illuminati dall’ottica sistemica.

    1) Livello Fenomenologico Individuale la NARRAZIONE: Questo livello dell’identità inizialmente è stato lasciato un po’ in secondo piano dagli autori sistemici. Nella Pragmatica della Comunicazione umana la NARRAZIONE, intesa sia come linguaggio verbale che non-verbale, viene presa in considerazione soprattutto per come essa definisce le regole della relazione tra i partecipanti. Particolare attenzione, infatti, viene data a come essa veicola conferme e disconferme, simmetrie e complementarietà, ma non di più. Le connessioni della NARRAZIONE con l’identità vi sono ma restano implicite e riassumibili in due aspetti: 1) l’affermare che la conferma nella relazione è probabilmente il più importante fattore di stabilità psichica (Watzlawick P. 1967). Tale affermazione mette, sì, in stretta correlazione intrapsichico e relazionale, ma è poi il secondo versante ad essere maggiormente considerato. 2) il fatto che il linguaggio verbale è poi esaminato come parte del 3° Assioma e cioè considerato dal punto di vista della punteggiatura dei fatti che esso sottende. Anche in questo caso si afferma, poi, che tale punteggiatura rende più stabile la definizione di relazione. Questo coglie la correlazione della Narrazione/punteggiatura con le premesse individuali che la guidano, ma poi l’analisi si ferma lì.

    Per tornare a valorizzare la NARRAZIONE verbale dal punto di vista semantico/linguistico e le sue correlazioni con l’identità bisognerà arrivare alla Cibernetica di Secondo Ordine ed al lavoro di Cronen W.B. E coll. (1983), Foster H. von (1987), Ugazio V. (1998) e molti altri. Il lavoro di questi ricercatori sistemici rimetterà, infatti, in posizione centrale il linguaggio come punto di contatto tra l’individuo ed il sistema. Di lì si tornerà a connettersi a due filoni che alla NARRAZIONE attribuiscono un valore primario: 1) la tradizione Ericksoniana che sottolineava la necessità di ricalcare il linguaggio del paziente per connettersi con la sua identità inconscia (Erickson M.H., Rossi E.L. 1979, Bandler R., Grinder J. 1984) e 2) la tradizione Cognitivista che lo considera veicolo centrale per le correlazioni con le problematiche dell’Attaccamento (Guidano V.F. 1987, Liotti G.1994).

    La componente non-verbale della NARRAZIONE, invece, resta per lungo tempo considerata solo come potente definitore delle regole di relazione. La sua funzione come parte integrante dell’identità e, quindi, come porta di accesso per il lavoro sull’identità stessa si potrebbe dire che è recuperata solo nell’importanza che nella tradizione della terapia sistemica viene data ai rituali ed alle prescrizioni. Solo recentemente pare che si venga ad affermare un nuovo filone di interesse nel campo della valorizzazione del linguaggio non-verbale nel lavoro terapeutico (Caillè Ph. Rey Y. 2005, Canevaro A. 2012, Mosconi A. e coll. 2006, Mosconi A. e coll. 2012). Il punto di connessione che sollecita il tornare a valorizzare questo versante della Narrazione, viene da due filoni: 1) le nuove acquisizioni in neuropsicologia che evidenziano come il pensiero sia primariamente guidato dalle emozioni ed illustra la validità di nuove terapie basate sul corpo (Fosha D. e coll. 2012) la terapia con i bambini (Mosconi A. e coll. 2012).

    In realtà il primo modo con cui noi ci presentiamo agli altri e gli altri si presentano a noi sono le nostre ed altrui NARRAZIONI. Esse sono la punta emergente, l’aspetto fenomenologico, di quel Sistema Coordinato di Storie (SCS), così la definiremo più avanti, che è la nostra identità. La NARRAZIONE è un insieme coordinato di: pensieri, parole, azioni, emozioni che testimoniano, nella loro struttura, tutto il lavoro di coordinamento che è stato compiuto e si sta compiendo in quel momento in cui avviene l’interazione. La loro costruzione nasce da un continuo dialogo tra un Sè che esperisce ed agisce ed un Sè che confronta e riflette sull’esperienza fatta e le attribuisce un significato relativamente alla necessità di sopravvivenza del nostro sistema nell’ambiente. Si può ipotizzare che sia la risultante di quel cogito ergo computo segnalato da Morin (1980) come parte costitutiva dell’identità e ricordata da Gembillo nella sua relazione presente in questo libro. Essa richiede l’accesso alla simbolizzazione. Tale passaggio è ed è stato in senso filogenetico, fondamentale per attribuire significato sia ad un comportamento (linguaggio non-verbale) che per la nascita della parola (linguaggio verbale). È l’accesso alla simbolizzazione che segna il più grande passaggio evolutivo della specie umana (Lupoi S. 2001). Esso permette all’uomo di descrivere e categorizzare rendendo possibile la formazione e la gestione della mappatura delle interazioni sociali (Ceccarelli M. 2001) dando l’accesso a quel coordinamento di descrizioni di cui si è parlato più sopra. Tale cambiamento sarà così radicale e potente da cambiare progressivamente lo stesso hardware (Donald M. 1991) tanto da poter ipotizzare una coevoluzione tra lo sviluppo della comunicazione simbolica, lo sviluppo cognitivo della mappa sociale, lo sviluppo neocorticale e lo sviluppo dell’organizzazione sociale (Ceccarelli M. 2001).

    Una conferma a ciò viene da Merciai S.A. e Cannella B. che nel loro lavoro Psicoanalisi delle terre di confine(2009) riportano in modo magistralmente critico i maggiori contributi attuali nel campo della neuropsicologia. Tali contributi sono estremamente utili ad una maggiore comprensione degli eventi psichici. Questi Autori proprio a proposito del linguaggio e delle sue correlazioni con i neuroni mirror ci ricordano che:

    Ampie popolazioni di neuroni mirror sono state identificate nella cosiddetta area di Broca, notoriamente implicate nella produzione del linguaggio e che secondo le ricerche del gruppo di Parma (in collaborazione con Michel A. Arbib) a proposito di un’origine incarnata del linguaggio, si è formulata la neural exploitation hipothesis che prevede che:

    le medesime strutture nervose che presiedono all’organizzazione dell’esecuzione motoria svolgano un ruolo anche nella comprensione semantica delle espressioni linguistiche che le descrivono.

    In questa direzione si esprime anche nel suo lavoro Il sé viene alla mente Damasio (2012), uno dei più importanti neuropsicologi attuali, segnalando che le strutture che presiedono alle attività di Coordinamento del nostro hardware sono potentemente implicate nella costruzione della coscienza autobiografica che, a sua volta, fa larghissimo affidamento sul linguaggio.

    Un rinforzo a tutto questo ci viene ovviamente, da un punto di vista fenomenologico ed in un campo molto più vicino all’ottica sistemica, dalla Teoria della Gestione Coordinata dei Significati (CMM) (W. B. Pearce e V. E. Cronen 1983).

    La considerazione conclusiva di tutto ciò è che i pensieri, parole, azioni ed emozioni che costituiscono la NARRAZIONE, sono il sistema emergente che sintetizza ed esprime tutto il lavoro di coordinamento dell’autonarrazione delle nostre interazioni con il mondo ed i nostri consimili che costruisce la nostra identità. Essa può, quindi, a buon diritto essere pensata non solo come un Sistema Coordinato di Storie (SCS), intese in senso della vita vissuta ed agita, ma come un Sistema Coordinato di Narrazioni (SCN). Questo livello dell’identità si presenta così potentemente come la porta di entrata ed uscita, via di accesso privilegiata ed inevitabile della connessione della mente nostra con quella degli altri.

    Quale grande attenzione, allora, dobbiamo avere come Terapeuti, ancor più se Sistemici, alla NARRAZIONE dei nostri clienti ed al linguaggio che la costruisce.

    Sintesi: Per questo primo livello dell’identità gli aspetti cui porre attenzione sono:

    • pensieri

    • parole

    • azioni

    • emozioni

    tipiche della Narrazione

    2) Livello Generatore Individuale la PERSONA: Questo il secondo livello è direttamente correlato con il primo. Il funzionamento interno della persona è stato notoriamente considerato come parte della scatola nera e, quindi non preso in considerazione. Ancora una volta solo con l’avvento della Cibernetica di Secondo Ordine, di torna a valorizzare questo aspetto. In realtà il lavoro di Bateson illustra ampiamente il modo di funzionare della mente. Il modello di mente proposto dall’ottica sistemica è quello di un elaboratore di informazioni/differenze che vengono dalla relazione. Tali informazioni (definizione della relazione, chi è up e chi down, permessi e divieti, regole, ecc..) verrebbero immagazzinate secondo la teoria dei tipi logici in insiemi omogenei e connesse tra loro, a livelli di complessità progressivamente più elevata, al fine di costruire la propria identità e trovare, così, il proprio posto/funzione nelle relazioni (Mosconi A. 2008). Essa si costruisce come un sistema alla ricerca, fin dalla sua nascita, di un accoppiamento strutturale con l’ambiente. La ricerca di un equilibrio interno al sistema secondo una dinamica autopoietica e ricorsiva è, come per ogni sistema, una delle sue funzioni caratterizzanti (Maturana U. Varela F. 1980). Senza che si possa generare tale evento il SISTEMA IDENTITÀ non potrebbe esistere. Saranno possibili solo gli accoppiamenti che permetteranno il mantenimento o il recupero di tale equilibrio, in un’infinita circolarità. Essendo, tuttavia, sistema strutturalmente e funzionalmente aperto, tale equilibrio sarà continuamente sottoposto ad adattamenti che, stante quanto detto sopra, si compieranno in modo compatibile con l’organizzazione stessa del sistema e con le differenti strutture che il sistema assumerà. È ancora Damasio (2012) che ci ricorda che sono le strutture di coordinamento e confronto tra le esperienze registrate dal nostro hardware a svolgere una parte fondamentale nella costruzione del Sè e dell’Identità. In tutto questo processo viene generata e poi ne diviene una funzione fondamentale la continua, stretta e ricorsiva connessione tra quei livelli che abbiamo considerato nelle narrazioni: pensiero, linguaggio, azione, esperienza ed emozione. Le riflessioni di Bateson sulla teoria dei tipi logici e le categorie logiche dell’apprendimento (Bateson G. 1972) e la scala tra Forma e Processo (Bateson G. 1979), offrono una buona ipotesi su quale sia il percorso seguito da tale progressione costruttiva. L’identità è quindi un sistema di storie di interazione legate da denominatori comuni che costituiscono le premesse autoreferenziali di tutte le storie possibili per quella organizzazione, finchè non si introduca una differenza che faccia differenza (Bateson G. 1979). Possiamo, quindi, anche a questo secondo livello considerarla un Sistema Coordinato di Storie (SCS). È come se fosse l’insieme delle risposte date nell’interazione con l’ambiente alle famose quattro domande presenti nella Pragmatica della Comunicazione: 1) Come vedo me nella relazione con te? 2) Come vedo te nella relazione con me? 3) Come penso che tu veda me nella relazione con te? 4) Come penso che tu veda te nella relazione con me? (Watzlawick P. e coll. 1967). L’accesso alla funzione riflessiva ed i processi di mentalizzazione (Fonagy, P. Target M. 1997) costituiranno un passaggio intermedio di fondamentale importanza per dare risposta a queste domande.

    Secondo Peter Fonagy e Mary Target ….. la «funzione riflessiva», è «l’acquisizione evolutiva che permette al bambino di rispondere non solo al comportamento degli altri, ma anche alla sua concezione dei loro sentimenti, credenze, speranze, aspettative, progetti, ecc.», cioè che «permette al bambino di leggere la mente delle persone» (Fonagy, P., Target, M., 1997, p. 101, 102). La funzione riflessiva costituisce quindi una sorta di mediatore tra i fatti e le risposte dell’individuo a questi. Possedere una «teoria della mente» permette di lavorare nell’ambito della credenza, della rappresentazione mentale, e di costruire modelli di causalità più complessi per spiegare ciò che accade intorno a noi.(Bologna L. Mosconi A. 2010, 2013a).

    In questo percorso costruttivo la forza trainante, secondo l’ottica sistemica, sarà la ricerca della conferma nella relazione considerata, come detto, il più forte fattore di stabilità psichica. Cecchin amava dire che: il bisogno fondamentale dell’uomo è quello di essere visto nella relazione con gli altri (Peruzzi P. 2005). Le vicende, quindi, della conferma/disconferma sono alla base della costruzione del Sè e quindi dell’identità. Il capire che posto occupiamo nella relazione con gli altri è per l’Ottica Sistemica l’esigenza fondamentale della mente, ed avere la sensazione di trovarlo è in grado di farci sperimentare quel senso di stabilità interna che, come detto sopra, la nostra mente, intesa a sua volta come sistema, cerca e che identifica come stato di benessere. Al contrario, il non capirlo è fonte di instabilità e di sofferenza. I nomi dati nel tempo alle configurazioni relazionali capaci di generare questa sensazione sono a tutti noti: doppio legame (Watzlawick P. 1967. Bateson G. 1972), circuito ricorsivo bizzarro (Cronen V.E. e coll 1982), imbroglio relazionale (Selvini Palazzoli M. e coll 1988). Comunque sia è la sensazione della incongruenza/discrepanza tra quanto di pensava di essere e quanto ci si accorge di essere nella relazione che svolge la parte centrale nel funzionamento interno della PERSONA. L’incongruenza dei livelli verbale e non verbale, vissuti nella relazione, creerebbe una difficoltà della tipizzazione logica dei messaggi e quindi un’indecidibilità dei processi mentali e dell’identità stessa. In questo senso l’ottica sistemica offre un modello abbastanza semplificato della struttura interna del funzionamento della PERSONA. Gli approfondimenti che sono stati fatti successivamente sono relativi soprattutto alle aree relazionali maggiormente soggette a disconferma correlate con la gravità del sintomo ed alle aree o premesse semantiche significative del sistema correlate con il senso di Sè e con la semantica del sintomo (Sluski C. 1978, Selvini Palazzoli e coll. 1988, Malagoli Togliatti M. e Telfener U. 1991, Casagrande G., Mosconi A. 2006). Centrale, tuttavia, in tutte queste ricerche resta la disconferma/incongruenza/discrepanza nei messaggi ricevuti quale meccanismo esplicativo della destrutturazione dell’identità della PERSONA. Si ha l’impressione che resti invariato quel: il doppio legame come fattore patogeno universale messo da Sluski come titolo del suo famoso articolo di molti anni orsono (1978). L’incongruenza alimenterebbe il disagio e sosterrebbe la nascita del sintomo, la semantica del sistema gli darebbe la forma. La PERSONA sceglierebbe il sintomo maggiormente coordinato con le premesse semantiche del suo sistema. Tale semplificazione decisa dall’ottica sistemica, tuttavia, è, a mio avviso, un punto di forza in quanto si pone ad un livello meta. Esso permette di includere anche quanto evidenziato nei modelli di funzionamento della PERSONA proposti da altre ottiche nell’ambito della psicoterapia, non contraddicendole, ma ponendosi in continuità con esse. Infatti a ben pensarci non esiste poi grande differenza tra l’ipotesi di un Conflitto Edipico irrisolto, proposto dalla Psicoanalisi, ed un Triangolo Perverso. Sfido, infatti, qualunque figlio ad identificarsi, superando così il Conflitto Edipico, con un genitore in conflitto con l’altro e perciò ostile al figlio stesso. Di queste due ipotesi, a mio avviso, l’una esplora gli aspetti affettivi e di identificazione, l’altra le dinamiche comunicative e relazionali che li permettono. Parimenti non è poi così diverso un Attaccamento Insicuro, di matrice Cognitivista, da un Doppio Legame. L’uno descrive gli aspetti riguardanti il Sistema di Attaccamento e l’altra la dinamica comunicativa che lo caratterizza. E cosa analoga di può dire riguardo alle caratteristiche della relazione genitore – figlio che permette l’avviarsi dei processi di mentalizzazione. Infatti sono tre gli aspetti fondamentali che devono essere presenti nella relazione genitore-bambino per un adeguato sviluppo della mentalizzazione:

    • il genitore deve vedere il bambino come essere pensante;

    • deve essere in grado di sintonizzarsi affettivamente con lui;

    • deve stabilire con il bambino una relazione di attaccamento sicuro.

    (Fonagy P., Target M., 1997)

    Utilizzando un linguaggio sistemico, potremmo dire che, perché la funzione riflessiva si sviluppi in modo adeguato, è fondamentale un atteggiamento genitoriale di conferma del sé del bambino (Bologna L. Mosconi A. 2010, 2013a).

    Le domande, quindi, che ognuno dei terapeuti appartenenti a questi indirizzi si farebbe riguardo ai meccanismi costruttori dell’identità ed al funzionamento interno della PERSONA sono differenti in quanto si porrebbero ad un livello differente. Per ognuno di essi, infatti, risultano interessanti le variabili ritenute centrali per il proprio modello di mente. Esse potrebbero essere così riassunte:

    Lo Psicodinamico:

    • In quale fase dello sviluppo affettivo si trova il paziente?

    • Quali i meccanismi di difesa e la struttura dell’Io?

    Nell’ottica psicoanalitica, infatti, sono le funzioni dell’Io a svolgere la parte centrale (Luoni G. 2001).

    Il Terapeuta Cognitivo-Comportamentale:

    • Quale relazione di Attaccamento ha avuto il paziente?

    • Quali Modelli Operativi Interni vengono attivati

    • Quale l’idea di Sè e del mondo?

    • Quali aspetti dell’idea di sé sono maggiormente compromessi (p.es. autoefficacia, autovalutazione, ecc....)?

    Le domande chiave, invece, per un terapeuta sistemico al fine di capire il funzionamento interno della PERSONA /paziente, invece, sono:

    • Da chi si aspettava di essere confermato/visto maggiormente il paziente?

    • Quali disconferme sono state più importanti per lui?

    • Quali effetti hanno avuto sulla sua modalità di definirsi nelle relazioni?

    Ma la questione che si pone, a mio avviso è: Sono poi tanto differenti gli aspetti investigati. Come cominciamo ad intravvedere e vedremo più chiaramente alla fine di questo lavoro, tutti questi aspetti possono essere messi in collegamento l’uno con l’altro e sono spesso complementari.

    Infatti si può considerare che ognuno descriva ad un livello logico differente il funzionamento di una unica entità: la PERSONA.

    Riassumendo, allora, si può dire che: funzioni dell’Io, idea di Sè e del mondo, Modelli Operativi Interni, ed effetti di tutto ciò sul modo di definirsi nelle relazioni, si pongono in una stretta consequenzialità.

    Giova, infatti, per questo livello dell’identità integrare le nostre descrizioni con quelle derivate da altre ottiche (Mosconi A. e coll. 2013b).

    Sintesi: per questo secondo livello dell’identità gli aspetti cui porre attenzione sono molti:

    • l’idea di Sè che la persona ha nelle relazioni con il mondo

    • quanto profondamente invalida il proprio senso di autovalore

    • quanto compromesse sono le sue capacità cognitive

    • la semantica e le parole chiave con cui esprime tutto ciò

    • da chi si aspettava maggiore conferme

    • i gesti tipici con cui commenta i momenti chiave della propria Narrazione

    3) Livello Fenomenologico Relazionale la COMUNICAZIONE: Questo livello dell’identità è relativamente più facile da definire essendo quello su cui l’Ottica Sistemica si è imperniata. È stato, infatti, il primo aspetto di cui si è occupata la Pragmatica della Comunicazione. Tra tutti gli Assiomi quello che, a mio avviso, riveste maggiore importanza è il Secondo. È, infatti, l’aspetto di definizione della relazione a contribuire maggiormente alla costruzione delle regole del sistema. Come si è detto più sopra, quindi, tutto il Sistema Coordinato di Storie (SCS) ed il Sistema Coordinato delle Narrazioni (SCN) che costruisce la nostra identità, si esprimerebbe fenomenologicamente in una variabile critica emergente: IL NOSTRO MODO DI DEFINIRCI NELLA RELAZIONE. Anche qui l’ottica sistemica ci offre una mirabile sintesi dei tanti modi possibili di descrivere questo aspetto dell’identità. Altre ottiche sono molto più variegate. L’ottica sistemica no! Essa sintetizza i tanti possibili modi di porsi in due categorie: tendi a definirti UP o DOWN? Come se ognuno di noi mutuasse dalla storia di interazione un Pattern Critico (PC) che caratterizza di fondo questo aspetto. La questione che si può porre è: Ma in quali situazioni si evidenzia maggiormente questo pattern?. La risposta non sembra difficile. Se, come detto nei livelli precedenti, la ricerca di un equilibrio interno al sistema secondo una dinamica autopoietica e ricorsiva è, come per ogni sistema, una delle sue funzioni caratterizzanti e se Il capire che posto occupiamo nella relazione con gli altri è per l’Ottica Sistemica l’esigenza fondamentale della mente, ed avere la sensazione di trovarlo è in grado di farci sperimentare quel senso di stabilità interna che la nostra mente, intesa a sua volta come sistema, cerca e che identifica come stato di benessere e se al contrario, il non capirlo è fonte di instabilità e di sofferenza allora se ne può dedurre che le situazioni in cui maggiormente si evidenzia il Pattern Critico (PC) di ognuno di noi sono le situazioni in cui o ci pare di avere trovato chi ci conferma o è messa a rischio l’idea di noi stessi e quindi la nostra stabilità. Queste situazioni sono presumibilmente: 1) relazioni nuove, 2) i conflitti, 3) gli innamoramenti, 4) gli abbandoni. Si può ipotizzare che il Pattern Critico (PC) emerga tanto più quanto più la relazione in cui si verificano questi eventi è significativa per il soggetto. Dobbiamo, quindi, porre particolare attenzione a tali situazioni, nostre ed altrui per focalizzare questo livello dell’identità che possiamo definire il Pattern Relazionale Prevalente (PRP).

    Sintesi: per questo terzo livello dell’identità gli aspetti cui porre attenzione sono:

    • qual’è il Pattern Critico (PC) della Persona se UP o DOWN

    • quali sono le situazioni critiche in cui emerge di più

    • qual’è il Pattern Relazionale Prevalente (PRP) di queste situazioni: conflitto, abbandono, innamoramento, ecc...e con chi

    4) Livello Generatore Relazionale le RELAZIONI: Anche questo secondo livello relazionale è centrale per l’Ottica Sistemica anche se non è stato trattato dal punto di vista dell’identità. Perché il nostro Pattern Criticosi stabilizzi è necessario che: 1) la relazione nella quale facciamo la scelta di assumere quella modalità relazionale sia significativa, 2) l’esperienza si ripeta nel tempo. Vi è una progressione nella ripetizione di un’esperienza relazionale che va dal singolo pattern comunicativo fino alla relazione. Essa potrebbe essere raffigurata nella sequenza:

    In questa progressione che va dal singolo messaggio inteso come proposta di relazione al Gioco Familiare (Selvini Palazzoli M. e coll. 1988) e che coinvolge gli appartenenti ad un sistema nel definire la natura delle loro relazioni, ognuno assume un FUNZIONEnel Gioco del sistema. Il concetto di funzione viene trattato fin dall’inizio nella Pragmatica per rendere chiaro come, divenuti sistema, i comportamenti di ognuno sono inscindibilmente correlati a quelli degli altri ed ognuno tende a stabilizzare e permettere i comportamenti altrui. L’organizzazione progressiva di questi livelli della relazione non avviene secondo un processo cosciente, ma spesso per deutero-apprendimento indotto da aspetti della relazione di cui non siamo coscienti. Ciò significa che ognuno, senza saperlo, ridurrà il range delle scelte possibili e nel processo di calibrazione assumerà premesse, pensieri e modi di definirsi nella relazione parte della FUNZIONE che egli svolge nel sistema. Questo è espresso molto chiaramente dalla metafora della Strategia dell’attore nel Gioco Familiare (Selvini Palazzoli M. e coll. 1988). Ora anche per questo livello dell’identità la domanda più rilevante per le nostre riflessioni ci sembra essere: Quali relazioni o aspetti del Gioco Familiare influenzano in modo più incisivo le scelte della definizione di relazione?. Ancora una volta la risposta sembra essere: le relazioni che assumono un significato vitale per il soggetto e le situazioni relazionali di maggior impatto per la sicurezza del Sè. Quindi delle tante funzioni che ognuno di noi può assumere nel suo sistema in tanti differenti momenti della vita, le più interessanti e correlate al Pattern Critico (PC) saranno: le funzioni assunte nelle appartenenze, abbandoni, conflitti con e tra le figure con cui si hanno le relazioni vitali. Da questo si può dedurre quale importanza assume il tema dell’Ipotesi, tanto centrale per il Milan Model (Selvini Palazzoli M. e coll. 1980). È difficile, a nostro avviso, cogliere con precisione tutto quanto stiamo dicendo se di essa viene fatta una costruzione approssimativa e non costruita insieme con gli interessati, guidati e sostenuti da una sincera curiosità (Cecchin G.F. 1987). Questo è il motivo più profondo per cui abbiamo più volte insistito sulla necessità di approfondire con cura tutti i temi dell’Ipotesi considerandoli dei veri PILASTRI portanti di un’Ipotesi plausibile (Gonzo M. e coll. 1999, Mosconi A. e coll. 2013b). Essi, giova ricordarlo, sono:

    • Composizione del Sistema

    • Storia del problema e suo effetto pragmatico sulle relazioni nel Sistema

    • Storia Trigenerazionale

    • Caratteri e Relazioni

    • Loro ipotesi ed aspettative verso la terapia

    • Non-verbale

    La trattazione sistematica di tutti questi temi è in grado di fornire tutte le informazioni utili alla definizione di tutti i livelli dell’identità.

    Sintesi: Per questo quarto livello dell’identità gli aspetti cui porre attenzione sono:

    • quali sono gli eventi critici che hanno caratterizzato la vita del sistema

    • quale funzione la Persona ha assunto in tali situazioni

    • come questa può essere correlata con il Pattern Critico (PC) ed il Pattern Relazionale Prevalente (PRP) delle situazioni critiche in cui è emerso di più il problema

    Sintetizzando ora i LIVELLI DELL’IDENTITÀ, scandendoli sul Quadrilatero e collegandoli anche con i contributi delle altre ottiche, la tavola 2 viene integrata come segue:

    Tavola 3

    La connessione con altre Ottiche

    L’ultima riflessione può essere fatta relativamente alla connessione tra tutti questi livelli ed al contributo che ci può venire dalle altre ottiche di psicoterapia. Abbiamo già avuto modo di dire più sopra riteniamo che, a nostro avviso, le differenti definizioni del Sè sono integrabili come descrizioni a differenti livelli di un’unica entità: la PERSONA. Riteniamo questa una riflessione importante per favorire a vantaggio dei pazienti una maggiore integrazione tra i modelli utilizzati dai terapeuti. Spesso ci troviamo a collaborare con colleghi di ottica differente e giova avere un’idea unificante. I pazienti si trovano, infatti spesso in questa situazione:

    Tavola 4

    Ciò che più lo può disorientare è che ognuno gli rifletta un’idea differente del suo Sè e dei metodi di cura con un comprensibile aumento di confusione:

    Tavola 5

    Richiamandoci, invece, alla famosa scala tra FORMA e PROCESSO proposta da Bateson in Mente e Natura, a nostro avviso, si potrebbe dire che tutte le descrizioni proposte potrebbero essere poste ad un livello differente:

    Tavola 6

    La Narrazione è il primo livello fenomenologico sul piano della FORMA in cui ci rappresentiamo. Il soggetto costruisce la forma della Narrazione e si muove all’interno di essa mettendo in relazione i personaggi e tutti gli elementi secondo le proprie premesse e costruendo il racconto e ricostruendo al tempo stesso la propria identità. Il racconto costruisce l’identità dei personaggi, ma al tempo stesso, in ogni sua parte come detto, esso è l’identità narrativa del soggetto narrante (Visani E. 2001). Sul piano del PROCESSO possiamo riconoscere il modo di operare di tutte le funzioni dell’io che sceglierà i vocaboli, la semantica, rimuoverà le parti del discorso, trasformerà, sposterà, opererà proiezioni, ecc....secondo quelle dinamiche che la Psicoanalisi ha approfondito il modo mirabile. Tutto questo modo di operare si può considerare abbia un suo punto di uscita e sintesi nella FORMA che assumerà l’idea di Sè e della propria relazione con il mondo che il soggetto esprime. A sua volta tale livello sarà rivelatore, sul piano del PROCESSO, dei Modelli Operativi Interni attivati dal soggetto nella Narrazione. È questo il livello approfondito dai ricercatori di matrice Cognitivista. Ma l’idea di Sè e del mondo prende a sua volta FORMA nel modo di definirsi nella relazione, categoria come si è detto di matrice sistemica. Ma, come abbiamo visto, sul piano del PROCESSO, cioè del modo di agire nel mondo, questo è connesso alla funzione che il soggetto assume nel sistema.

    Visti in questa prospettiva i differenti livelli dell’identità non mostrerebbero soluzioni di continuo ed i terapeuti anche di differente indirizzo potrebbero conversare approfondendo il modo di essere dei loro pazienti integrando i saperi anziché contrapponendoli (Mosconi A. 2013a, 2013b).

    L’Identità Sistemica

    Si può a questo punto chiedersi: Quali premesse potremmo mettere alla base dell’Identità di un Terapeuta Sistemico? Quale Narrazione/Modo di operare dentro di Sè/Modo di definirsi nella relazione con il mondo/Funzione nella relazione con gli altri può essere tipica dell’Ottica Sistemica? La domanda è rilevante proprio perchè è alla base del lavoro che ha promosso il Congresso IDENTITÀ SISTEMICHE" che è contenuto in questo libro. La domanda è cruciale altresì perchè siamo una scuola di Formazione (Mosconi A. 2011).

    Proviamo a sintetizzarle come segue:

    1) visione contestuale

    capacità, cioè, di mantenere un doppio livello di attenzione sull’Individuo e sul Sistema e sul Gioco di tutto l’ insieme. Come spesso amava dire Cecchin qualunque sia il problema portato o il comportamento agito, la Narrazione di un Sistemico parte dalla domanda: Da chi vuole essere vista questa persona per fare quello che sta facendo? e continuava:allora vai a cercare un padre una madre, un cane, si anche un cane può essere importante..... (Peruzzi P. 2005) insomma vai a costruire il sistema significativo per quella persona e per quel comportamento. Come sappiamo la accezione di sistema significativo è mutata nel tempo e si è passati dal Sistema con storia al Sistema dei conviventi al Sistema creato dal problema (Gonzo M. e coll. 1999), ma il punto centrale resta questo: ogni comportamento è permesso da un insieme di altri comportamenti che a sua volta rinforza. Vale a dire: un comportamento non è comprensibile se non nel suo contesto (Watzlawich P. 1967).

    2) visione interattiva e pragmatica

    la premessa è che ogni comportamento è un messaggio atto a definire le regole della relazione. Ne conseguono alcune altre premesse:

    • capacità di non venire sedotti dalla mente dentro ma vedere l’interazione tra. Ora possiamo aggiungere anche che è necessario padroneggiare a tal punto questa premessa da riuscire a vedere la mente dentro e tutte le sue espressioni (pensieri, parole, azioni, emozioni) come parte della ricerca di trovare, come detto, un posto nelle relazioni e tenere tutto presente per sapere cogliere le connessioni;

    • passare dalle intenzioni, pensieri, azioni, emozioni alle regole di relazione. Come si è visto questa sembra essere la chiave di passaggio per una visione sistemica e relazionale;

    • passare dal benessere individuale alla buona organizzazione del sistema. Questo significa credere che lavorando sulle regole della relazione, cioè tra, si arriva inevitabilmente a modificare la mente dentro;

    • passare dalle qualità individuali alla funzione svolta nel sistema. Questo concetto sintetizza, come si è visto, molti dei livelli dell’identità individuale ed un sistemico deve sapere parlare alle persone che gli portano un problema e gli narrano la propria vita, di come la funzione svolta nel proprio sistema abbia improntato le premesse di quanto essi dicono.

    3) visione circolare

    Dalla causalità lineare (causa, colpa) alla circolarità (feed – back reciproco). Non si insisterà mai abbastanza su questo punto in quanto è una premessa che ristruttura radicalmente il modo lineare di pensare di tutti noi soprattutto quando sentendoci feriti e/o disconfermati ci accaniamo ad incolpare gli altri della nostra infelicità. Un terapeuta che utilizza una premessa circolare spontaneamente diviene neutrale rispetto a tutti i componenti di un sistema. Pensa come gli altri hanno permesso che Tizio facesse così.... ma anche come Tizio è stato al gioco ed ha permesso che loro facessero così con lui. Come si può capire questo introduce una visione attiva, positiva e responsabilizzante delle persone che sono viste come attori partecipi delle proprie scelte di vita. È una fortissima conferma nella relazione che diamo a chi ci chiede aiuto.

    4) visione non reificante e descrittiva

    È la passione e l’interesse per le storie di relazione che muove un Terapeuta Sistemico non, certo, la voglia di etichettare. Queste storie in cui non vi è mai una fine, se non dove fittiziamente la si vuole mettere, dove ogni fatto rimanda ad un altro ed ogni cosa trova il suo senso e non è mai accaduta per nulla. Bateson (1979) diceva che la Natura (con la N maiuscola) non commette mai errori e, aggiungiamo noi, non può che permettere che accada ciò che può accadere. A noi scoprire solo il come. Ma non basta sapere costruire queste storie per essere terapeutici il bello è condividerle! Ed ecco allora la parola magica e fin troppo abusata che, tuttavia, suggerisce un’altra premessa importantissima: co-costruzione. La si è ripetuta così tanto che a volte viene il timore che non vi si ponga tutta l’attenzione che merita. Suggerisce un profondo interesse per ogni aspetto della Narrazione dell’altro e la premessa paradossale di chiedere alla persona che ci chiede aiuto di essere attiva e partecipe della costruzione di questo aiuto. In qualche modo è chiedere al nostro paziente (in questo caso chi ha la pazienza di seguirci) di essere il consulente ed a volte il supervisore delle nostre ipotesi e dei percorsi narrativi che gli proponiamo. Sapere che: nulla è veramente conosciuto se non è condiviso.

    Una storia, inoltre, include la premessa cara a Sluski di restituire dinamismo e senso ai comportamenti (1992). Nessuno sembra folle se se ne capiscono le ragioni. Ed ecco che vi è un modo sicuro di depatologizzare: storicizzare e contestualizzare. La premessa, quindi, è: dall’essere al comportarsi in un certo momento ed in risposta a...e così via. È più facile così passare dal giudizio al punto di vista o all’idea che ci si era fatti o magari al pregiudizio avuto a sua volta per dei buoni motivi.

    Nell’argomentare tutto ciò sentiamo crescere la sensazione di sollievo e apertura connessa all’ultima premessa che chiude e completa queste nostre riflessioni.

    5) visione positiva

    A nostro avviso essa coinvolge e sostiene tutti i livelli di questa IDENTITÀ SISTEMICA che stiamo cercando di delineare. La sola idea che un problema ed il sintomo stesso nasca dal desiderio di cercare una soluzione ai dilemmi relazionali che incontriamo nel corso della nostra vita ci permette di alzare la testa e sentirci sempre con lo sguardo rivolto proprio a questo: passare dal problema alla ricerca di soluzioni. Erickson amava dire se hai saputo inventare un sintomo saprai anche inventare la soluzione (1984). Quale grande sollecitazione ad attivare le proprie risorse interne, a rievocare o prendere in considerazione idee positive su di sé che possano permettere nuovi apprendimenti. La nostra impressione è che questo attivi, in tempo reale, una vera esperienza emozionale correttiva a chi si rivolge a noi. E non è forse questo il senso più profondo della psicoterapia? Di ogni psicoterapia?

    Conclusione

    Abbiamo cercato di delineare alcuni aspetti che si possono articolare attorno al tema dell’identità. Restano ancora molte cose da dire ed il problema che si pone soprattutto per una Scuola di formazione è riflettere ancora una volta su quali siano i percorsi formativi più adatti a sollecitare le premesse cui si è fatto cenno. Ma anche questa è una Narrazione che deve essere costruita con gli allievi stessi. Proprio a questo avevamo pensato con Pio Peruzzi, Co-direttore del Centro Padovano di Terapia della Famiglia e caro amico recentemente scomparso, quando si è iniziato a pensare a questo Convegno: avere la possibilità di riflettere a come mantenere nei più differenti contesti e di fronte ai problemi più disparati un’ IDENTITÀ SISTEMICA.

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    Presentazione del Convegno ed interventi delle Autorità

    Vicesindaco di Montegrotto Terme - Luca Squarcina

    Un saluto a tutti da parte di tutta l’amministrazione e un ringraziamento per il tema che sarà affrontato.

    Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto - Marco Nicolussi

    Siamo una comunità sempre più presente nel Veneto, 8.000 psicologi di cui il 62% sono anche psicoterapeuti. Certamente nell’ambito dei paradigmi teorici delle specializzazioni in psicoterapia quello sistemico-relazionale è importante a dimostrazione dell’efficacia ed efficienza della psicoterapia. Tutte le evidenze scientifiche nella letteratura di questi ultimi anni e i correlati neurali dimostrano quanto la psicoterapia sia funzionale ed efficace e faccia modifiche anche permanenti nel nostro sistema nervoso centrale. A tal fine la terapia sistemico-relazionale, la cosiddetta terapia della famiglia, dimostra l’efficacia e l’efficienza anche in un progetto che io ho preso dall’esperienza di Roma, del prof. Solano, medico-psicologo, professore universitario alla Sapienza, il modello riguarda lo psicologo di base in cui l’approccio sistemico-relazionale, nel lavoro con il medico di medicina generale e con le persone a cui si rivolgono, dimostra la sua importanza. Un altro aspetto importante che sto affrontando è il lavoro con le scuole di psicoterapia. Presenterò prossimamente una consulta delle scuole di psicoterapia del Veneto.

    Vice-presidente dell’Ordine dei Medici, Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Padova - Cosimo Guerra

    Come medico di famiglia sono ben contento di essere in un convegno di terapia della famiglia. Giornalmente noi medici ci rendiamo conto delle difficoltà delle famiglie, ci piace essere chiamati non medici di base ma medici di famiglia, se è possibile, perché pur nella sua frantumazione la famiglia è ancora un nucleo importante. Dal punto di vista legislativo ci sono molti fermenti e cambiamenti e quella con lo psicologo potrebbe essere un’utile collaborazione.

    Andrea Mosconi

    Grazie di essere intervenuti e grazie per i contenuti che ci avete portato. È bello vedere come le cose si stanno sempre di più connettendo e che le aree di possibile collaborazione tra psicologi, medici, psicoterapeuti, nel territorio, possono essere un qualcosa su cui inizia un pensiero specifico e possono nascere iniziative di connessione.

    Ricordo di Pio Peruzzi

    Andrea Mosconi

    "Un passaggio un po’ più difficile ora, di solito con Pio dicevamo…comincia tu…comincio io…di ogni seminario, residenziale, cose fatte assieme c’era questo cercare di darsi la palla per alternarsi, quindi un passaggio difficile ma credo che lo dobbiamo vivere con questa voglia e desiderio di ricordarlo, non così, per cui le cose passano, ma ricordarlo perché sia presente qui con noi. Ad aiutarmi in questo passaggio chiedo di salire sul palco a Maurizio Viaro, Anna Castellucci e Lia Mastropaolo. Ho chiesto a loro di aiutarmi e portare la loro testimonianza ed esperienza, un loro contributo.

    Io partirei dal presentare di Pio un aspetto che forse non tutti conoscete, l’aspetto di Pio pilota di auto, un aspetto più giocoso ma che ha molto a che fare con come era lui anche in terapia e come docente."

    Video Un altro ricordo di Pio Peruzzi scaricabile dal sito del Cptf

    "Pio era anche così, ognuno di noi ha

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