Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Triplice Seduzione
Triplice Seduzione
Triplice Seduzione
E-book164 pagine1 ora

Triplice Seduzione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Bianca Young e suo padre hanno tentato di fregarci. Pensavano che la mia famiglia fosse un branco di deficienti, e ora scopriranno cosa faranno tre atleti come noi del suo bellissimo corpo.
Andava in giro per il campus come se il mondo le appartenesse, ma l'avremmo portata a implorare pietà fino a che non avessimo finito con lei.
L'avremmo spogliata e sculacciata fino a farla diventare bagnata fradicia. Poi l'avremmo messa in riga per aver derubato la mia famiglia.
Le avremmo fatto gridare i nostri nomi a ogni orgasmo, prima di smettere.
Nessuno crea problemi alla famiglia Russo per poi passarla liscia.
Nessuno.

Nota dell'autrice: si tenga in considerazione che il materiale contenuto in questa serie non è adatto a tutti i lettori. È un reverse harem con qualche scena tenebrosa, inclusi gioco d'azzardo e abuso di alcool. Se vi piace leggere materiale di questo genere, allora questo libro è per voi!

LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2021
ISBN9798201813994
Triplice Seduzione

Correlato a Triplice Seduzione

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Triplice Seduzione

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Triplice Seduzione - Sarwah Creed

    Chi è Sarwah Creed

    Sarwah Creed è l’autrice della serie The FlirtChat. Quando non scrive, corre o ascolta musica. Vive con i suoi tre figli a Madrid.

    Per saperne di più su Sarwah, collegati alle sue pagine social:

    Facebook/Instagram: @SarwahCreedAuthor

    Newsletter  ——http://eepurl.com/g0cLoH

    Triplice Seduzione

    Bianca Young e suo padre hanno tentato di fregarci. Pensavano che la mia famiglia fosse un branco di deficienti, e ora scopriranno cosa faranno tre atleti come noi del suo bellissimo corpo.

    Andava in giro per il campus come se il mondo le appartenesse, ma l’avremmo portata a implorare pietà fino a che non avessimo finito con lei.

    L’avremmo spogliata e sculacciata fino a farla diventare bagnata fradicia. Poi l’avremmo messa in riga per aver derubato la mia famiglia.

    Le avremmo fatto gridare i nostri nomi a ogni orgasmo, prima di smettere.

    Nessuno crea problemi alla famiglia Russo per poi passarla liscia.

    Nessuno.

    Nota dell’autrice: si tenga in considerazione che il materiale contenuto in questa serie non è adatto a tutti i lettori. È un reverse harem con qualche scena tenebrosa, inclusi gioco d’azzardo e abuso di alcool. Se vi piace leggere materiale di questo genere, allora questo libro è per voi!

    Capitolo Uno 

    Bianca

    Papà, non sono nelle condizioni di uscire a cena. Ho un sacco di lavoro da fare dissi al telefono, facendo il broncio e chiedendomi in che guai si fosse cacciato stavolta. Sapevo che era quello l’unico vero motivo per cui mi aveva chiamato.

    Gli servivano soldi. Aveva sempre bisogno di soldi.

    Senti, ho bisogno che l’affare vada in porto. Senza cena non potrò sapere quando Dante tornerà in città. Ha tre gemelli del tuo stesso anno a Yale. Dovresti conoscerli. Le parole erano frammentate, e mi chiesi se fosse un problema di ricezione o se avesse paura.

    Chi sono? gli domandai. C’erano migliaia di studenti a Yale: come poteva aspettarsi che li conoscessi tutti?

    Non avevo tempo per quella conversazione. L’indomani era venerdì e dovevo presentare un’idea per la tesi. Era quasi mezzanotte e non avevo ancora combinato niente.

    Non lo so. Un paio di loro ha il nome che comincia con la A. Non può essere tanto difficile con i nomi italiani. Alessandro e...

    Adolfo dissi, rispondendo al suo inutile sforzo di ricordare il secondo nome con la A. Li conoscevo decisamente.

    Mi sedetti alla scrivania della mia camera al dormitorio rendendomi conto che la situazione era pessima. Uscire a cena con i ragazzi più fighi del campus non era una buona idea. Quelli avevano in mente una cosa soltanto: sesso, sesso e ancora sesso.

    Avevano il genere di reputazione per cui, se volevi essere scopata, bastava andare da loro. Ma se ti rifiutavano – cosa che succedeva tre volte su quattro – allora avevi qualcosa che non andava. Nessuna ragazza avrebbe più voluto avere niente a che fare con te perché ti eri accollata una cattiva reputazione, e nessun ragazzo ti avrebbe più voluta. Cavolo, se non andavi bene ai tre gemelli allora non eri buona per nessuno.

    Erano arroganti. Gli piaceva mettere in mostra i soldi. Sfoggiavano sempre le carte oro al Two Sheets, dove lavoravo, trattando la conquista di turno come una regina. Tutti l’avrebbero adorata perché apparteneva a quel venticinque per cento. Davvero pregevole...

    Non avevo idea del perché le ragazze si sottomettessero a una tale tortura. Pensavo di aver chiuso al liceo con questa merda – le ragazzacce – ma no. Arrivata a Yale, avevo scoperto che qui andava anche peggio. Nella peggiore delle ipotesi, la gente sapeva essere crudele.

    Bene! Li conosci! disse mio padre, entusiasta.

    Scossi la testa anche se non poteva vedermi. "So chi sono. Non è che ci parli. Non mi metterò mai a un tavolo con quei tre. Mi danno il vomito."

    Perché? So che sono grandi atleti. Uno gioca a baseball, uno a basket e l’altro a football. Non chiedermi chi gioca cosa, sto ancora cercando di ricordare il nome del terzo... senti, non ha importanza. Tutto quello che devi fare è sorridere, fare la carina e basta. Se Dante accetta l’accordo, potrebbe essere la risposta a tutti i nostri problemi.

    Sospirai, voltandomi a guardare lo specchio dall’altra parte della stanza. La frangia, come tutto il resto della mia persona, aveva bisogno di una bella sistemata. Avevo anche dei cerchi scuri sotto agli occhi. Ero stata così impegnata con la tesi e la mia vita in generale, essendo all’ultimo anno, che neanche ricordavo l’ultima volta che mi ero messa in ghingheri, soprattutto per una cena fuori. Quindi avevo anche estremo bisogno di qualcosa da mettermi.

    Ho vissuto quasi cinque anni sulla strada a sentirmi raccontare la stessa storia dissi, odiandomi per avergli spiattellato in faccia la verità. Però mi irritava che non prendesse il telefono solo per sentire la mia voce, o per salutarmi. Voleva sempre qualcosa. Non avrei più dovuto sorprendermi tanto, ma mi feriva comunque.

    Bianca, dobbiamo trasferirci. Sono in guai seri...

    Ecco com’era vivere con lui. Veniva a prendermi a scuola in anticipo, e io capivo che in ballo c’era la sua vita. Avevo perso un genitore per il cancro. Non avevo intenzione di perdere anche l’altro, pensavo ogni volta. Ma quel che era troppo era troppo.

    La nonna aveva tentato di aiutarlo inserendolo in un programma di riabilitazione per tirarlo fuori dalla dipendenza dal gioco, e sembrava migliorato quando ne era uscito... ma poi le cose erano solo peggiorate. Aveva venduto al banco dei pegni tutti gli averi della nonna. Aveva messo un’ipoteca sulla sua casa senza chiederglielo e le aveva rubato ogni singolo centesimo.

    Gli bastava passare davanti all’insegna di un casinò per strada o vedere della gente che giocava a poker in un film e subito tornava a puntare anche lui, come un gatto che segue una luce al neon, senza dare segno di potersi fermare, del tutto rapito da quel bagliore.

    La nonna viveva con lo zio Floyd a Rhode Island al momento, e così sarebbe stato per il futuro ipotizzabile. Non aveva sporto denuncia e non aveva detto niente alla banca quando erano venuti a prendersi casa sua.

    Papà aveva addirittura litigato con lo zio Floyd, che possedeva una grossa ditta immobiliare. Lo aveva accusato di essere cattivo e di non aiutarlo quando si trovava nei guai. Quand’era viva la mamma mi aveva raccontato che lo zio aveva aiutato papà più di una volta, poi si era stufato e gli aveva voltato le spalle. Era suo fratello minore, certo, ma mica voleva dire che dovesse rinunciare alla propria vita per salvare quella di papà.

    Lo zio mi aveva anche detto che potevo andare a stare da lui in ogni momento lo decidessi, e io avevo accettato l’invito compiuti i sedici anni. Altrimenti avrei passato la vita in mezzo alla strada con papà.

    All’inizio era stato divertente: era un’avventura, spostarsi da un posto all’altro. Ma crescendo mi ero resa conto di non avere amici, di non avere un posto da poter chiamare casa, e che le cose sarebbero state così per il resto della mia vita. Quando mi trasferii dallo zio Floyd papà smise di parlarmi, diceva che l’avevo abbandonato.

    Lo zio è sempre stato buono con me. Mi paga la retta e mi passa soldi per vivere, ma odio dover far affidamento su di lui per tutto: ha già fatto tantissimo per me, quindi il minimo che posso fare è tentare di sostenermi un poco. Di anno in anno le cose sono diventate sempre più costose, quindi ho iniziato a lavorare al Two Sheets, il bar studentesco, in modo da non dovermi sempre rivolgere a lui per il denaro.

    Aspettai pazientemente che papà dicesse qualcosa – qualsiasi cosa – in modo da riattaccare con la coscienza pulita. Erano passati cinque lunghi anni dall’ultima volta che avevamo parlato, e ora mi chiamava di punto in bianco, dal nulla, come se non mi avesse mai detto tutte quelle cose orribili quando lo avevo lasciato al motel.

    Bianca, ti prometto che è l’ultima volta. Iniziò a singhiozzare al telefono. Odiavo quando piangeva. Ci cascavo ogni singola volta, e sapevo che me ne sarei pentita.

    Tirai indietro la testa e inspirai a fondo, sapendo che probabilmente avrei maledetto per il resto della mia vita le parole che mi stavano per uscire di bocca.

    Ok; a che ora è la cena, e dove?

    Si mise a ridere. Di questo non preoccuparti.

    Poi sentii bussare alla porta. Era rimasto in corridoio per tutto il tempo. Come aveva fatto a scoprire dove trovarmi?

    Papà? dissi aprendo la porta, il telefono ancora in mano. All’inizio non lo riconobbi neanche. Erano passati solo cinque anni, ma da come era invecchiato potevano benissimo esserne trascorsi venti. Aveva perso quasi tutti i capelli, e i folti ricci scuri erano stati sostituiti da qualche rado ciuffo grigio.

    Tesoro, sapevo che avresti capito disse, stringendomi tra le braccia.

    Mi odiai per aver accettato la cena, e mi odiai ancora di più nel riconoscere la mia debolezza.

    ***

    L’indomani passai un’ora a prepararmi, a lisciarmi i capelli e smaltarmi le unghie. Iniziavo ad avere il dubbio di essere parte dell’accordo, che mi stesse offrendo come merce di scambio. Papà mi aveva assicurato di no, ma non ero sicura di credergli.

    C’era qualcosa di diverso stavolta, perché era più nervoso del solito. E io non ero mica scema: la bottiglia d’acqua che teneva in mano e dalla quale beveva come se ne andasse della sua stessa vita era piena di vodka.

    A volte mi chiedevo se fosse l’alcool a spingerlo a giocare d’azzardo o se fosse il gioco a indurlo a bere. Immaginavo che non avesse realmente importanza: se non l’avesse ammazzato l’alcool, allora l’avrebbero fatto gli scagnozzi che gli stavano alle calcagna.

    Avevo la sensazione che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto. Se il suo piano avesse funzionato come voleva, sarebbe scomparso. Se non fosse andata, sarebbe

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1