Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Qilana la Pura - Mondo 2.2
Qilana la Pura - Mondo 2.2
Qilana la Pura - Mondo 2.2
E-book445 pagine5 ore

Qilana la Pura - Mondo 2.2

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

I Guardiani della Fortezza nera di Askeen hanno lanciato l’allarme decretando la Pax Custodis e per la Centuria incombe un nuovo incarico. In ballo c’è l’esistenza di Alenna, indissolubilmente legata alla ragazzina di nome Qilana. La Pura, entrata ormai a pieno titolo nella leggenda, imperversa nel Quarto dell’Aria e della Terra, fomentando rivolte e smascherando l’ipocrisia della Chiesa di Lena. I nemici ne pretendono la testa, ma la Centuria è sulle sue tracce, determinata a salvarla per ottenere il compenso pattuito.

 

“Qilana la Pura”, secondo volume del Mondo Due, è il seguito de “Il Nuovo Quarto”, romanzo in download gratuito.
LinguaItaliano
Data di uscita18 lug 2014
ISBN9788890723063
Qilana la Pura - Mondo 2.2

Leggi altro di Andrea Zanotti

Correlato a Qilana la Pura - Mondo 2.2

Ebook correlati

Saghe per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Qilana la Pura - Mondo 2.2

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Qilana la Pura - Mondo 2.2 - Andrea Zanotti

    Monachesis

    I. Cuore dei Quarti – Pax Custodis

    Era giunto il momento.

    Nonostante l'età avanzata facesse di lui un uomo pacato e avvezzo a tutto, Hokmah quel giorno si sentiva ribollire le viscere: un ragazzino in attesa di assistere alla propria rappresentazione di guitti preferita.

    Il Conclave doveva decidere se promulgare la Pax Custodis.

    Almeno tre dei quattro Guardiani avrebbero dovuto votare a favore ed a quel punto le lotte fra i Quarti si sarebbero congelate, per volgere le risorse degli stessi a difesa di Askeen, anzi, di tutta Alenna.

    Da quando aveva ricevuto la risposta alla missiva inviata a Re Dotrik, l'anziano Geomastro non si era dato tregua, intessendo a ogni occasione rapporti di collaborazione con i propri parigrado e con i loro consiglieri.

    Un’azione estenuante che pareva aver dato dei frutti. Do ut des. Centellinando le informazioni fornite agli altri Custodi era riuscito ad estorcere loro importanti notizie.

    In realtà dalla missiva del Re del Quarto della Terra non filtrava nulla più che un mezzo assenso alle sue richieste, ma Hokmah si era convinto che il sovrano fosse rimasto neutrale solo per garantire le apparenze e per prevenire eventuali fughe di notizie o sciagurati furti della corrispondenza e per sviare possibili spie nemiche.

    Era fuor di dubbio comunque che non gli aveva proibito di confrontarsi con gli altri e questo era ciò che importava all’anziano Geomastro.

    La riluttanza a mettere in circolazione informazioni sulla loro patria era naturale, così come era impensabile che gli altri Guardiani fossero disposti a donare conoscenze senza pretenderne di rimando.

    Ad ogni modo anche i cenni fatti dal Re a proposito delle continue scaramucce con i seguaci di Lena da una parte e la liberazione di Zatalta dal controllo dei Domatori di Demoni dall'altra, non lasciavano presagire nulla di buono, confermando i suoi timori. Timori oramai ribaditi anche dagli altri Guardiani.

    Chi più esplicitamente, chi celandoli dietro turbini pindarici di parole che portavano tuttavia alle medesime conclusioni: la Chiesa di Lena aveva roccaforti in tutti i Quarti, tutte città portuali, dalle quali i seguaci della Dea della Pace ricevevano continui e misteriosi rifornimenti.

    Ogni assedio era risultato vano ed era capitato in più di un’occasione che fosse l’esercito attaccante a doverlo interrompere per mancanza di cibo e rifornimenti.

    Così era capitato nel suo Quarto, anche se Hokmah questo non l’aveva confessato ai compagni di guardia ad Askeen.

    Korinta era infatti ancora saldamente in mano alla Chiesa di Lena e l'avevano addirittura eletta a sede della Sorella della Dea, Astrid.

    Erano così giunti Candidi Templari a frotte, accompagnati da codazzi di Cavalieri della Concordia e immacolati.

    Una perdita grave per la posizione strategica ricoperta dalla città-porto, un tempo dedita al culto di Gluk e Gork, la divinità bicefala delle acque salate e di quelle dolci.

    Le mura fortificate che si ergevano a est a picco sul mare e a sud sull'estuario del Tamil, non erano servite a nulla contro il nemico interno: il popolo in rivolta per un tozzo di pane.

    Ora quei facinorosi avevano la più importante delle piazzeforti sul maggiore fiume del Quarto, in gran parte navigabile e che tagliava il Regno da parte a parte.

    Quello snodo fondamentale era divenuto un perfetto punto d'approdo per i rifornimenti dei ribelli.

    Perdere Korinta era stato un colpo devastante, soprattutto perchè a difenderla il Re aveva posto la leggendaria legione Ocra. Incredibile come gli straccioni di Lena avessero potuto sconfiggerla e come avessero respinto il seguente assalto della Legione Cremisi e di quella Porpora.

    Zatalta perlomeno era tornata nelle loro mani, ma i Domatori di Demoni continuavano a operarvi di nascosto, rintanati nelle grotte delle vette che circondavano la città come una corona puntuta.

    Re Dotrik accennava a eventi lugubri che continuavano a succedersi all'interno della città, quasi vi aleggiasse una maledizione capace di far vivere nel malessere la popolazione ed i legionari che vi aveva posto a presidio.

    Una vittoria quindi, ma dai risvolti amari.

    Il fatto stesso che il sovrano avesse dovuto inviare il suo braccio destro, Lord Blumen, era un segnale inequivocabile. Lo spietato Geomante, detto il Sarto per il suo vezzo di cucire occhi, bocche e dita ai dissidenti, la diceva lunga sull’instabilità di quella riconquista e sulla necessità di adottare il pugno di ferro.

    Il Guardiano non aveva fornito tali informazioni ai suoi pari, conscio che da questi sarebbero giunte direttamente ai rispettivi Quarti. Le sue concessioni riguardavano eventi minori e periferici che comunque a un orecchio attento sarebbero suonati come campanelli d’allarme.

    Sempre più messi uscivano dalla Fortezza Nera di Askeen verso i diversi regni, indice che i contatti erano continui e sempre più febbrili. I Regnanti non si fidavano gli uni degli altri e questo era un male in quel momento di pericolo globale.

    Hokmah si era mantenuto sul vago, confermando che anche nel reame della Terra l'azione di Domatori e seguaci di Lena si era fatta più insistente che mai.

    L'anziano era giunto alla conclusione che sancire la Pax Custodis non solo avrebbe concesso ad Askeen di ottenere l'attenzione e le risorse dai Quarti, ma avrebbe garantito alla sua terra natia di risolvere i problemi che la stavano dilaniando dall'interno, senza rischiare che i confinanti fossero tentati di approfittarne.

    Non temeva certo le genti dell'Aria, né quelle dell'Acqua, provate da un secolo di guerra fratricida, ma diffidava del mistero che avvolgeva l'intero Quarto del Fuoco.

    Con la Pax Custodis, il concilio che lo governava avrebbe dovuto accantonare eventuali piani di conquista, guerre sante e simili, per inviare Piromanti e Piromastri al servizio dei Guardiani.

    D'altronde la posta in palio era l'esistenza stessa di Alenna, di questo lui non dubitava.

    Senza rendersene conto era giunto innanzi alla stanza del conclave.

    Gli altri membri erano già seduti attorno al tavolo, in silenzio. La stanza era priva di finestre e solo i candelabri posti alle pareti illuminavano un ambiente claustrofobico.

    Il Geomastro salutò Ser Hellar che lo aveva accompagnato sin lì in rigoroso silenzio, e si chiuse la porta alle spalle.

    Non aveva idea di come sarebbe andata la votazione.

    Accomodandosi sullo scranno sorrise a Malet. Il Rabdomastro aveva contribuito a propria volta a fiaccare le resistenze del giovane Keter, e seppur l'Aeromante fosse ancora titubante, Hokmah sperava si fosse infine convinto.

    A quel punto il diniego di Binah sarebbe stato vano e anche il Quarto del Fuoco avrebbe dovuto sottomettersi alla Pax.

    «Bene, siamo al completo.» prese la parola Malet, fiducioso. «Oggi potrebbe essere la giornata giusta. Avete novità dai vostri Quarti da condividere con il resto del conclave?»

    Il silenzio dubbioso venne rotto dal giovane Keter, scuro in volto.

    «Quella puttana di Qilana imperversa nel Quarto dell'Aria. Forse siete voi, Malet, ad avere qualche novità per me? Mi sapete dire se la sgualdrinella è al soldo del vostro Re?»

    Il Rabdomastro non si aspettava quell'uscita e tantomeno la rabbia del giovane. Era convinto che l'Aeromante si fosse deciso ad aprirsi con loro. A lungo si erano parlati in privato affrontando lo spinoso argomento della guerra fra i rispettivi Quarti, giungendo alla conclusione che dopo un secolo di massacri con la Pax Custodis le loro genti avrebbero potuto trarre un minimo di conforto.

    Invece il giovane pareva essere tornato sulle proprie posizioni iniziali: odio e diffidenza. Forse aveva ricevuto qualche dispaccio o semplicemente aveva cambiato di nuovo idea. Le genti del Quarto dell’Aria d’altronde erano come delle banderuole, sempre pronte a mutare opinione.

    «Nobile Keter, siamo qui anche per porre rimedio alle scorrerie della Figlia di Lena… lo sapete bene che pure nel Quarto dell'Acqua si sono combattute battaglie contro gli immacolati e intere Isole Scudo si sono proclamate indipendenti e operano sotto il vessillo candido della Dea.»

    «Tuttavia» lo interruppe l'Aeromante «siete ancora in grado di contrastare le nostre Tribù solo grazie all'intervento di Qilana e alle sollevazioni popolari da lei fomentate!»

    Malet avrebbe potuto ricordare al giovane che i cittadini del Quarto dell'Aria erano sempre stati vessati e maltrattati dalle Tribù guerriere. Che gli stanziali avevano patito per secoli le loro angherie e l'intervento di Qilana era stato solo la scintilla di una ribellione che prima o poi sarebbe deflagrata ugualmente. Eppure ribattere non avrebbe certo giovato all’obbiettivo.

    «La Pax Custodis, oltre a garantirci le risorse per contrastare il male incombente, permetterà alla gente comune di risollevarsi e ai regnanti dei Quarti di debellare ogni pericolo.» intervenne pacato Hokmah.

    Keter era combattuto. L'espressione del volto tradiva l'orgoglio tipico della sua stirpe guerriera che considerava la pace alla stregua di un fallimento.

    «Siamo proprio sicuri, Hokmah, che questa pace che tanto andate cercando non serva in effetti solo a Re Dotrik per cercare di sedare i problemi interni? Circolano voci insistenti su battaglie combattute entro i vostri confini. Battaglie immancabilmente perse dalle vostre prestigiose legioni…»

    La voce della piromante suonava distorta da un godimento a stento trattenuto. Binah lo fissò con aria di sfida, per poi portare il medesimo sguardo su Malet.

    «Oppure, voi. Non ditemi che questa pace non consentirebbe a Re Saleon di leccarsi le ferite, di rifiatare ora che i guerrieri dell'Aria lo stanno strapazzando?»

    Era evidente che i confini del Quarto del Fuoco fossero chiusi solo in entrata. Le loro spie dovevano imperversare per tutta Alenna. Binah era ben informata, e non esitava a sfruttare quelle conoscenze per attizzare il fuoco della diffidenza.

    «Suvvia, evitiamo di impantanarci in diatribe puer…»

    Le parole di Malet vennero troncate da un rumore secco. La porta venne spalancata con violenza e lo stipite cozzò contro la parete.

    Ser Hellar, pallido in viso, fece un passo nella stanza seguito dagli altri comandanti.

    «Come osate?» protestò Keter sbalordito per quell'intrusione.

    «La crepa… si è allargata…»

    La crepa nella prigione di cristallo che custodiva il Mago folle si era effettivamente allungata. Questa volta non vi erano dubbi.

    I Guardiani erano rimasti per ore a fissare il drappo sospeso per aria con il terrore che qualcosa potesse avvenire.

    Per fortuna di Alenna, la reliquia era rimasta immobile, e il cristallo non si era incrinato ulteriormente.

    Su proposta di Keter alla fine erano tornati a chiudersi in conclave, ordinando ai propri capitani di avvisarli immediatamente se ci fosse stata qualche novità.

    L'anziano Geomastro era stato il primo a dirsi d'accordo e li aveva guidati stancamente attraverso i labirintici corridoi per tornare alla stanzetta delle riunioni.

    Malet era pallido come uno straccio. Barcollava sul punto di crollare sotto il terrore che lo pervadeva.

    Hokmah se ne rendeva perfettamente conto, ma capiva anche che quell'ennesimo segnale, per quanto drammatico, era giunto nel momento propizio. Ora anche l'Aeromante Keter aveva paura.

    Nonostante il giovane facesse di tutto per nasconderlo, all'anziano non erano sfuggite le goccioline di sudore che ne imperlavano la fronte sotto i folti boccoli ed i leggeri tremori delle mani al minimo rumore.

    Era il momento per sottoporre loro la votazione. Poco importava l'apparente indifferenza della donna. Il cipiglio sul volto di Binah non era mutato di una virgola e lo sguardo duro diceva solo che li considerava dei patetici vigliacchi.

    «Credo non ci sia più tempo per le discussioni. E’ giunto il momento di votare.»

    Il volto di Hokmah pareva ancor più vecchio del solito, lo sguardo contrito e la fronte un dedalo di rughe profonde come forre.

    Si chiuse la porta alle spalle e li fece accomodare in attesa della loro scelta definitiva.

    Lui non aveva dubbi.

    II. Realtà non-ordinaria – Ulnar, l'equilibratore

    Nella Sala del Tuono, sorvegliata da una ventina di Guardie della Tempesta, erano convenuti i Figli di Prima Generazione: gli Antichi.

    Primi fra gli Dei di tutti i Pantheon, diretta emanazione della Triade, a sua volta discendenza di Perfezione, gli Antichi attendevano che il loro Padre Ulnar chiarisse le finalità di quell’adunanza.

    In realtà solo alcuni di essi erano presenti, e la cosa non aggradava certo il loro Signore, la cui massa corporea turbolenta aleggiava sul massiccio trono d’oro.

    Non solo quindi gli altri membri della Triade si erano permessi di astenersi, ma anche alcuni fra i suoi Figli non avevano accolto la chiamata.

    Lena, la Dea della Pace e Gluk e Gork, la Divinità Bicefala delle acque dolci e salate, erano assenti. I loro troni, fatti rispettivamente di fiori variopinti il primo e di un vortice marino il secondo, erano miseramente vuoti.

    Spiccava anche l'assenza sul Trono di Fuoco: Asul, membro della Triade e vertice della Forza e del Mutamento, non era fra i presenti. La sua postazione sguarnita era un brulicare convulso di fiamme eterne.

    Il Dio non amava quel genere di incontri, preferendo rimanersene confinato lontano da tutte le altre entità, che considerava indegne della sua compagnia. Gli unici ad aver accesso al suo Tempio-Vulcano erano i Sommi Elementali del Fuoco e alcuni Barghul.

    Ulnar non aveva poteri in merito.

    Non avrebbe potuto imporre le proprie scelte al Signore del Fuoco neppure se avesse voluto. Non senza scatenare un conflitto cosmico di proporzioni tali da mettere a repentaglio le loro stesse esistenze e non era certo intenzionato a giungere a tanto. L'equilibrio, il mantenimento dello status quo, era il fine ultimo del Padre e Protettore dell’Universo.

    Anche la Madre, la Regina Nulla aveva lasciato deserto il proprio scranno.

    Purtroppo anche questa non era un novità.

    Da lustri la Dea, colei che avrebbe dovuto costituire il vertice amorevole e conciliante della Triade, dava segni di malessere. L’interesse che mostrava per i Mondi dei mortali si era fatto morboso, la sua condanna a non poter più generare uomini integri, insopportabile.

    La Dea stava esagerando con gli interventi nei Mondi e questo, temeva Ulnar, avrebbe comportato una possibile reazione di altre entità, innescando eventi a catena capaci di minare l'equilibrio.

    Inoltre era un affronto insopportabile che un membro della Triade insozzasse il proprio essere immischiandosi con le miserabili vicende umane.

    Se non fosse stato per il proprio ruolo di stabilizzatore, eredità diretta di Perfezione, il Dio del Tuono avrebbe smosso i Livelli dei Regni Divini per scegliersi compagni più affidabili quali membri della Triade.

    La scomparsa di Perfezione era riscontrabile anche in quello.

    La sola idea dei cataclismi che un tale scenario gli avrebbe messo innanzi era sufficiente però a far desistere da quell’intento il Padre degli Dei.

    L’aver paventato quell’ipotesi gli aveva concesso visioni sconcertanti.

    Detronizzare Asul e Nulla avrebbe richiesto un’alleanza trasversale fra lui e tutti gli Antichi, e questo era forse valutabile, ma anche l’intervento di alcune creature abissali, senza le quali Ulnar temeva che il mutamento dello status quo non sarebbe stato raggiunto: troppe le forze e reazioni contrarie che avrebbe innescato.

    Scenari ad ogni modo troppo rischiosi ed i cui esiti neppure il Tracciatore di Sentieri sarebbe riuscito a vagliare.

    Nella sua immane saggezza, Ulnar decise di accantonare quei pensieri e di procedere con la cerimonia. Incitò i propri Figli, iniziando a cantare. Assieme recitarono la formula di apertura del consiglio degli Antichi.

    Karima, Astor, Olmeth, Ivorea e Ghizo, fusero le voci divine in quella perorazione al ritorno di Perfezione che sempre apriva quel genere d’incontri.

    Prima ancora che la litania giungesse al termine, sullo scranno composto di turbini marini comparve la Divinità Bicefala adorata dai mortali con il nome di Gluk e Gork.

    Gli occhi del Signore del Tuono Ulnar avvamparono sprizzando barbagli dalla coltre fumosa che ne costituiva il corpo possente. Due rubini ardevano dalle aperture cesellate nell'elmo completo che calzava sul capo.

    La rabbia per il ritardo dei figli fu stemperata dal fatto che questi si unirono ossequiosamente al coro e dalla constatazione che alla fine, l'unica a mancare fosse Lena.

    Un’assenza non certo imprevista, visto che sarebbe stata proprio la Dea della Pace l'oggetto di quel ritrovo.

    Quando il cantico fu concluso, il Padre degli Antichi fece un cenno con la mano corazzata d'oro e subito le Guardie della Tempesta che stazionavano ordinatamente lungo le pareti della Sala del Tuono, si accomiatarono lasciando quello spazio a disposizione delle Deità.

    I possenti guerrieri, l'elitè delle armate dei Regni Divini, si mossero con silenzio sovrannaturale. Le loro massicce corazze di ardesia bianca non emisero alcun rumore, nè le devastanti alabarde di diamante stridettero strascicate sul pavimento.

    Seduti in circolo i Figli osservavano il Padre, in attesa di conoscere la ragione di quella chiamata per i più inattesa.

    «Cosa sono io per l'Universo, Figli miei?»

    Le parole di Ulnar rotolarono loro addosso come macigni divelti da un dirupo scosceso.

    Gli Antichi di Prima Generazione rimasero in silenzio. Sapevano che il loro Signore non desiderava una risposta, ma solo autocompiacersi.

    Il Sovrano del Tuono fece correre lo sguardo su ognuno di loro.

    I più insofferenti erano senza dubbio Astor e Olmeth. Per motivi opposti, sicuramente, ma ugualmente infastiditi da quel forzato silenzio.

    Il Padre sapeva dell'odio provato dal Dio della Guerra nei suoi confronti. Era certo che prima o poi la ferocia di questo ne avrebbe travolto il buon senso che lo aveva mantenuto fedele per i millenni.

    Scaricare la propria ira e il desiderio di sopraffazione sui Mondi degli uomini non lo avrebbe soddisfatto ancora a lungo. Entro pochi lustri avrebbe cercato di rovesciare il Trono del Tuono.

    Era un tratto che lo rendeva molto simile ad Asul, il Dio del Fuoco, ma a differenza di questo non aveva gli stessi poteri. Almeno per adesso. La tendenza a far proseliti fra i mortali, a regalar loro poteri tali da renderli eroi, aumentava le file dei suoi seguaci e le anime che affluivano e orbitavano attorno ai suoi Reami.

    L’immenso pianeta-fortezza che ne costituiva la dimora raccoglieva di millennio in millennio sempre più anime di paladini espandendo al contempo i propri confini.

    Prima o dopo, Ulnar ne era certo, avrebbe dovuto affrontarli al fine di ridimensionare l’ambizione del Dio della Guerra e ripristinare il ciclo della Storia.

    La forma corporea scelta da questo, un colosso in armatura completa dalla carnagione nera, poggiava supponente sul trono costruito da migliaia di armi fuse e intrecciate.

    Astor dissimulava la propria rabbia e questo fece sorridere il Padre.

    Il bellicoso Signore della Guerra stava facendo progressi, arrivando quasi a mascherare la propria indole. Eppure non poteva certo celare nulla alla mente divina del Patrono della Tempesta.

    E poi, Olmeth, il Dio della Sapienza, sfregava le paia di mani multiple in un movimento nervoso, perenne. Neppure il saio bruno che ne copriva la figura dinoccolata riusciva a celarne le fattezze bizzarre.

    Olmeth avrebbe voluto rispondere, compiacerlo, sfoggiare la propria conoscenza illimitata, ma si tratteneva, conoscendo il desiderio del Padre di intavolare un monologo.

    Gli altri erano all'apparenza tranquilli.

    Ulnar percepiva curiosità in Gluk e Gork e attesa in Ivorea, mentre Ghizo era indecifrabile.

    Il Dio era un mistero anche per lui.

    Dalle forme sgraziate, basso e tozzo, con lunghi capelli celesti e folta barba a trecce ramate, era il più silenzioso e schivo dei Figli. Non aveva molti seguaci fra i mortali, nè era interessato a far proseliti. I pochi umani che reputavano il Fato un'entità dotata dei connotati tipici di un Dio, lo veneravano come il Tracciatore di Sentieri.

    Destino, Fato, Fortuna o Malasorte gli rubavano la scena il più delle volte, sottraendogli la propria identità. Eppure Ghizo non se ne rammaricava, perseguendo una vita ascetica e solitaria. Non possedeva neppure un proprio Reame, preferendo vagare incessantemente, nè Ulnar l'aveva mai visto rivendicare anime o riconoscere figliastri.

    Troppe volte il Padre si era interrogato sulla natura di quel Figlio per perdere ulteriore tempo.

    «Io sono la quiete, l’equilibrio, il potere. Io sono colui che fa rivivere Perfezione. Sono io ad aver sconfitto i Titani, io ad aver liberato i Regni Divini dai loro vizi, io ad aver condannato il Mago folle Isyl a un’immortalità incompleta e a una prigionia eterna su tutti i Mondi che la sua ubiquità gli consente di infestare. Sono io ad aver generato infiniti figli e a presiedere l’esistenza stessa dell’Universo.»

    I volti della Prole Divina lì raccolta lo osservavano con finto interesse, ne era cosciente, ma ugualmente quella forma di costrizione cui si sottoponevano dimostrava tutto il loro timore nei suoi confronti.

    «Ogni azione che mette a repentaglio i poteri consolidati che risiedono nella mia essenza, deve cessare. Ora, Figli miei prediletti, cosa potete dirmi in proposito? Cosa mi turba?»

    Questa volta gli Antichi compresero che la domanda del Padre era reale. Anomala, ma reale. Un’ammissione d'imperfezione forse.

    Nessuno ebbe però la forza di prendere la parola temendo possibili conseguenze impreviste.

    La massa eterea di fumo corazzato che costituiva la figura del Dio del Tuono si agitò come un fronte nuvoloso che si muta in banchi temporaleschi. Scariche di energia presero a balenare in quell’ammasso di nebbia.

    Ivorea che aveva richiesto a Ulnar quell’incontro, faticò a trattenersi. Era sul punto di svelare a tutti le ragioni della convocazione, quando Ulnar riprese a tuonare.

    «Allora Olmeth, figlio mio, ti convoco in qualità di Custode dei Segreti. Cosa mi puoi dire a riguardo? Pare che il germe impiantato nell'anima degli uomini dal Mago Isyl stia germogliando. I suoi folli seguaci si ostinano a spingersi in ricerche quanto mai sconsiderate. Varcano porte che dovrebbero essere precluse non solo ai semplici mortali, ma anche a molti dei nostri figli dei ranghi inferiori.»

    Il Dio della Sapienza parve a disagio, la testa a clessidra che ciondolava a destra e a sinistra. Gli ingranaggi che aveva per volto si misero in moto, accelerando di secondo in secondo.

    «Non credi di stare abbassando troppo la guardia?» rincarò la dose Ulnar.

    Le ruote dentate cessarono di colpo il loro moto perpetuo e un cloc precedette la risposta del Dio della Conoscenza.

    «Padre, a differenza di molti tuoi figli, io reputo il Tempo troppo prezioso. L'orizzonte infinito che ci caratterizza non mi annoia, né mi mette al riparo dal fallimento. I campi dello scibile sono in perenne mutamento, la mia sete di conoscenza è inestinguibile!» le sue infinite braccia gesticolavano in modo convulso. «Non merito la tua punizione…»

    «Punizione, Figlio? E chi ha mai parlato di punizione?»

    «Non è forse un castigo quello di dover presiedere allo scibile universale? Arginare e nascondere ciò che dovrebbe essere mostrato con orgoglio? Fare da guardiano a forze tanto potenti?»

    Gli occhi di Ulnar brillarono, mentre il Dio rifletteva.

    Non era possibile che Olmeth arrivasse a temere i mortali, per quanto alcuni di questi si autodefinissero pomposamente Domatori di Demoni. Erano dei semplici ladri di conoscenze, nulla più e come tali dovevano essere trattati.

    «Hai schiere di servitori da dedicare a tali mansioni.» lo rimbrottò infine.

    Il Dio della Sapienza si limitò a muovere il capo, i bulbi oculari posti ai fianchi della clessidra che vagavano alla rinfusa.

    «I Demoni vogliono accedere alla conoscenza, più ancora che ai Regni Divini. Il Tartaro dove sono rinchiusi viene violato con risibile facilità…» azzardò imbarazzato il Dio.

    «Di che vai cianciando?» lo interruppe bruscamente Ivorea.

    La Dea Guerriera, un corpo acefalo dalla muscolosa pelle d’avorio, era stizzita, ma Ulnar intervenne a placare la Guardiana, la sua prediletta, una Dea priva di occhi, per applicare senza possibilità di sconti, senza guardare in faccia a nessuno, la legge del Padre.

    «Lascialo parlare, Figlia, cerchiamo di capire, tutti assieme.»

    L’accusa del Dio della Conoscenza era in realtà chiara ed esplicita.

    A Ivorea spettava l’incarico della sorveglianza degli accessi ai Livelli dei Regni Divini, così come ai cancelli del Tartaro e ai suoi baratri.

    Olmeth era solo il Guardiano della Conoscenza, ma per proteggere questa era fondamentale che Ivorea non lasciasse Demoni, o Domatori di Demoni, a scorrazzare per i piani Celesti.

    Il Dio dalle forme bizzarre optò comunque per il silenzio, e attese che fosse il Padre a riprendere il discorso.

    «Due sono le cose che turbano la mia quiete.» disse infine questo cambiando apparentemente discorso. «Forse collegate fra loro. E’ Ivorea ad avermi avvertito. Un Dio, o presunto tale, è stato detronizzato e vive ora confinato nel Tartaro assieme ai Demoni. Questo porta ulteriore scompiglio in quelle lande, creando tumulti e migrazioni. La creatura non è mia discendenza diretta» si affrettò ad aggiungere, sapendo che tutti i presenti conoscevano la sua passione per Dee, Semidee, Driadi, Fate e mortali e lo stuolo di mezzisangue generati da quelle unioni.

    «Vorrei capire chi ne sia il padre. Ivorea mi dice di aver percepito potere in quest’entità. Una forza che deve originare perlomeno da uno di voi. Non è un semidio dei bassi livelli, con l’icore annacquato!»

    Un brusio serpeggiò fra i presenti.

    Tutti scossero la testa, negando ogni addebito anche sotto il torchio dello sguardo furioso del Dio del Tuono.

    I nuovi arrivi erano sempre oggetto di mille pettegolezzi: Semidei, Eroi, e divinità inferiori erano capaci di portare un po’ di sano scompiglio nelle monotone esistenze di tutti loro, soprattutto se si dimostravano dotati di seguito e potere.

    Di questo Ulnar non era contento e stroncò sul nascere le domande che presto gli avrebbero rivolto, procedendo: «Sempre vostra Sorella Ivorea, come mi aveva già anticipato Karima, mi segnala che il Regno di Lena è vuoto. Dai livelli inferiori sono già cominciate le prime incursioni che presto potrebbero tramutarsi in veri assedi per occuparne la sede. Dov’è quindi vostra Sorella?»

    Tutti l’osservarono dubbiosi, indecisi se quell’ulteriore ammissione d’ignoranza fosse un tranello. Eppure il Padre degli Dei pareva incapace di dare risposta alle proprie domande.

    Come era possibile? E come avrebbero potuto rispondervi loro?

    Ulnar tuonò.

    «Mi credete forse incapace? Dubitate del mio potere? No, Figli miei, non commettete questo errore. Forze immense sono dispiegate al fine di celare ai miei occhi onniscienti la realtà dei fatti. Poteri che intendo riportare all’ordine una volta per tutte. Per questo vi ho chiamati. Tali forze non possono essere sufficienti ad occultare anche alla vostra vista ciò che accade nei Mondi.»

    Il suo sguardo cupo si piantò su Karima.

    La Dea dell’Amore sentì la prorompenza del Padre sospingerla a parlare, a confessare tutto ciò che sapeva. Non cercò neppure di resistere a quell’invito prima che esso mutasse in dolorosa costrizione.

    «La dimora di mia sorella è abbandonata, Padre. Il Palazzo della Pace è deserto e le conseguenze si ripercuotono sui Mondi. Tale sede non può rimanere vacante per così lungo tempo pena uno squilibrio pericoloso.»

    Gli occhi della Dea, due laghi celesti incastonati in un volto angelico e incorniciati da folti boccoli color albicocca, si spostarono su Astor.

    Il Dio della Guerra le sorrise di rimando, snobbando la muta richiesta di indulgere sui Mondi, di non approfittare dell’assenza della sorella, di non far dilagare la Guerra in ogni dove, ora che la Pace era orfana della propria Paladina.

    «Figlia, mi stai dicendo solo parte della verità a tua disposizione. Non è affar mio scoprire in che bizzarre avventure si sia cacciata tua sorella. Conosci le sue idee e il vezzo di volerle imporre ai mortali, nonostante questi abbiano dimostrato infinite volte il loro disprezzo per la Pace da lei professata.»

    Il Dio della Guerra Astor, fece un grugnito a completa approvazione delle parole del Padre, ricevendo un’occhiataccia da Karima.

    La Dea dell’Amore sapeva.

    Grazie al suo rapporto speciale con l’Araldo della Torre Bianca era riuscita a vedere lì dove lo sguardo degli altri Antichi pareva bloccarsi: il Nuovo Quarto, la zona oscurata del Mondo di Alenna.

    Sapeva che la Regina Nulla era in combutta con un’entità che si faceva chiamare il Traghettatore dei Mondi, ma non comprendeva come questo centrasse con la scomparsa di Lena.

    Aveva compreso anche che il Dio detronizzato era uno dei Nuovi Dei, Bboar il Possente, ma non aveva idea dell’origine di quell’essere che indubbiamente possedeva vestigia divine. Tuttavia non poteva elargire queste conoscenze a Ulnar, non senza tradire la fiducia dell’Araldo.

    Se Ulnar e gli Antichi avessero scoperto delle Torri, era certa che si sarebbe scatenata una guerra celeste capace di spezzare la spina dorsale dell’Universo intero.

    Neppure lei comprendeva appieno il ruolo delle Torri, i loro rapporti con Demoni e uomini dotati di potere, né era capace di contattarne gli abitanti se non sfruttando congiunzioni astrali favorevoli.

    Aveva solo intuito che le Torri erano in perenne movimento, costruzioni mutevoli che stazionavano a cavallo fra i Mondi dei mortali e la Realtà non-ordinaria, ma che non appartenevano né agli uni, né all’altra.

    Certo era che suo Padre non avrebbe concesso loro di esistere se solo fosse riuscito a scorgerle. Le avrebbe percepite come una minaccia, una possibile fonte di turbamento.

    Doveva quindi mentire, usare le proprie doti di persuasione per convincere l’Equilibratore.

    Ogni menzogna sarebbe stata smascherata all’istante dal Dio del Tuono, perciò avrebbe utilizzato una mezza verità: lo avrebbe indirizzato su Alenna, senza spiegarne le ragioni.

    «Un amore distorto, questo è quanto percepisco. E’ questo ad avere attratto la mia attenzione su un Mondo dei mortali. Lì ho scoperto una zona d’ombra, dove la mia vista non può arrivare…»

    Ulnar era sconcertato.

    «Uomini che celano i propri affari a una Divinità di Prima Generazione? Mi prendi forse in giro, Karima?»

    Il rombo che aveva assunto per tonalità la voce del Padre fece vibrare l’intera sala. Gli scranni sui quali gli Antichi erano seduti vacillarono sotto quelle parole sferzanti.

    L’amore col quale Karima cercò di avvolgersi e proteggersi le concesse tuttavia la forza per replicare.

    «Padre, te ne supplico, prova a sondare quel Mondo. Le mie parole sono autentiche, la mia forza non è sufficiente.»

    Astor le rise in faccia con aria di superiorità. Lo stesso scherno lesse negli sguardi di Gluk e Gork. Invece, ancor più preoccupante fu l’occhiata di cupidigia che le riservò il Tracciatore di Sentieri, Ghizo.

    «Calma, Figli miei. Se Karima ammette la propria impotenza, sarà mia premura correrle in aiuto, svelarle ciò che da sola non riesce a comprendere.»

    Anche il tono del Signore degli Antichi era carico di ironia, ma ancor prima che questo potesse continuare fu Ghizo a fermarli.

    «Faresti bene, Padre, a prestarle fede, invece che schernirla.»

    L’uscita del Tracciatore dei Sentieri fece calare il silenzio nella stanza.

    Il Dio giocherellava con le treccioline della propria barba dura come stecchi di ferro emettendo un rumore rugginoso.

    Ulnar si sollevò in piedi. La forma divina parve aumentare di dimensione fino a sovrastarli tutti, a colmare l’intera sala con un

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1