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Pugnopugnopugno
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E-book176 pagine2 ore

Pugnopugnopugno

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Info su questo ebook

Squarcialupi, paesino dell’Umbria. Estate del 1983.

Luca Sifoni è un ragazzo di 16 anni, timido, insicuro, soggiogato dal padre Vittorio, autoritario e violento. Nel tentativo di conquistare una ragazza, Patrizia Mazzi, di cui è perdutamente innamorato, decide di organizzare una festa, la notte di ferragosto, in un casolare abbandonato dell’azienda paterna. Con l’aiuto degli amici Setteseghe, N’guilla, Ivano Trinca e i fratelli Parri, Luca progetta e prepara il grande evento. Arriva il gran giorno. Tra gli invitati Roberto Ciano detto Vangogghe, un ragazzo disturbato con la passione della pittura. Tutto sembra procedere per il meglio, quando a festa inoltrata, Luca si accorge che Patrizia Mazzi è scomparsa e con lei si è dileguato anche il povero Roberto. Si formano le coppie e nella notte, illuminata dalla luna piena, comincia la ricerca. Luca si ritrova con Francesca Iacobelli, la ragazza più bella del paese. In una radura, all’interno del bosco, ritrovano Roberto con un occhio tumefatto.

Cosa è successo? E Patrizia dove è finita?

Sono passati vent’anni e Luca ritorna per il funerale del padre, intenzionato a fare chiarezza su quella terribile estate del 1983 che ha cambiato per sempre le loro vite
LinguaItaliano
Data di uscita5 ott 2013
ISBN9788868555283
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    Anteprima del libro

    Pugnopugnopugno - Cristiano Castaldi

    PROLOGO

    Settembre 2003.

    Una giornata di sole.

    Cimitero di Squarcialupi.

    Una ventina di persone ad occhio e croce.

    Lei con una mano sulla bara, sembra volerla accompagnare nell’ultimo viaggio. I parenti e gli amici, più indietro, occhiali neri e fazzoletti bianchi, qualcuno piange o fa finta. Qualche conoscente, un paio di curiosi e defilato, ai margini del muro di recinzione Luca Sifoni. Tra pochi giorni compie 36 anni, ma non li dimostra; si veste ancora come un ragazzino, jeans slavati e maglione grigio, una barba di qualche giorno e la solita espressione come se la cosa non lo riguardasse.

    Uno, due,tre. Uno, due, tre. Uno, due,tre: un martellante, ritmico UNO,DUE,TRE! Il numero tre, così magico, così denso di significati durante tutta la sua adolescenza: ogni azione, dalla più insignificante alla più importante, deve finire a tre. Tre sorsi per finire il latte della colazione, tre saltelli per uscire da casa, tre pacche sulla spalla al suo compagno di banco Leonardo Parri, tre tiri al canestro prima di prendere la corriera che lo riporta a casa. Non sa perché, ma è schiavo della regola del tre, forse una strana forma di scaramanzia, forse odia il numero quattro e non vuole rischiare di arrivarci, forse è solo timidezza, un modo per chiudersi in se stesso.

    E quella mattina, al funerale, il trip riaffiora dopo che per tanti anni è rimasto sopito, in letargo, nascosto in un angolo remoto del suo cuore. La data della morte: il 3 settembre del duemila3. Luca si concentra su quella data. Poco importa che all’interno di quella bara lucida color mogano vi sia il cadavere di suo padre Vittorio.

    Ma poi alza lo sguardo e qualcosa attira la sua attenzione: qualcuno porta quegli occhiali, con le lenti e la montatura spessa. Lo stesso modello che Luca ritrovò rotti nel bosco quel pomeriggio del 16 agosto di vent’anni prima che segnò per sempre la sua infanzia e quella dei suoi amici.

    1

    Nell’estate dell’83 Ruggero Mari, detto Setteseghe, ha 16 anni ma ne dimostra più di 20. Se lo  guardi da lontano sembra un uomo fatto: piccolo di statura ma ben piazzato sulle gambe, capelli radi che fanno presagire una calvizie incipiente, un accenno di pancetta, mani da manovale e piedi enormi. Sul suo volto è dipinto un eterno sorriso triste, quasi ebete,  che fa da contraltare a due occhietti vispi e intelligenti.

    Ha smesso di andare a scuola nell’81, dopo la terza media,

    per aiutare il padre Egisto nei campi.

    - Sei l’unico figlio mio e ormai sei grande pe damme ‘na mano su pe li campi, così l’opra nun la devo chiamà e so tutte sorde risparambiate!

    Ruggero accetta la decisione paterna con rassegnazione, ma intimamente capisce che smettere di studiare non è una scelta saggia: seguire il babbo nella solitudine dei campi, ogni mattina che Dio mette in terra, vuol dire allontanarsi definitivamente dal sogno più grande. Si, perché Setteseghe, ha due soli interessi: la passera e i motori e una grande ambizione: diventare  meccanico della Ferrari.

    La leggenda dice che una mattina dopo aver visto in minigonna Francesca Iacobelli, in preda ad un raptus erotico di dimensioni spropositate, si chiude in bagno e riesce a venire sette volte di seguito senza farsi smosciare l’arnese.      

    - Non posso smettere di pensarci, un giorno o l’altro gli salto addosso nel primo vicolo buio e poi passo il resto della mia vita in galera, chissenefrega!

    Il soprannome glielo affibbia  il suo migliore amico, Gianni Parri, di due anni più vecchio, l’unico a possedere la patente, l’unico ad avere qualche vaga chance con la Iacobelli.

    Francesca Iacobelli il sogno di tutti i maschi in età ormonale.

    A Squarcialupi, un paese arroccato di 300 anime, non era dato di ammirare tale leggiadria se non nei mesi estivi: La Iacobelli, cugina di secondo grado di Ivano Trinca di anni 17, viene a trovare il cugino ogni estate e il paese assiste da spettatore allo sbocciare della bellezza prorompente di Francesca che nell’83 ha appena compiuto 16 anni. Il povero Setteseghe non se ne fa una ragione.

    - Calmati, rilassati e mettiti l’anima in pace caro Ruggero - lo esorta Gianni Parri dall’alto della sua esperienza di diciottenne navigato - la Iacobelli con te non ci verrebbe neanche se fossi l’ultimo uomo sulla terra.

    - e perché mai di grazia? - accenna Setteseghe vagamente piccato.

    - sei piccolo e bruttino e pure povero..secondo te la Iacobelli può essere attirata da uno come te? Quella a Roma c’ha il codazzo sotto casa e ti pare che non trova qualcuno che la va a prendere con la vespetta ultimo modello e magari la porta a cena fuori nel ristorante fico?

    - La vespetta la sto costruendo. Ho trovato un motore grippato da  Bellezza allo sfascio e ci sto lavorando. La scocca è di un Benelli in ottime condizioni. Qualche modifica, una riverniciata e il gioco è fatto. Poi lei è qui in vacanza e io sarò piccolo e bruttino ma se la becco un giorno o l’altro e me la porto nella vigna ti assicuro che a Roma col fighettino della vespetta non ci torna più - aggiunge sprezzante Setteseghe in un monologo auto celebrativo.

    - e allora provaci Ruggero e poi ne riparliamo -  chiude Gianni in tono di sfida. 

    Ruggero passa tutte le domeniche pomeriggio al Bar Centrale che è anche l’unico bar di Squarcialupi, ma non a giocare a carte o calcio balilla, come fanno gli altri ragazzi. E’ il primo ad occupare la sedia più vicina al televisore perché alle due comincia il gran premio di formula 1 e lui non può mancare l’appuntamento settimanale con i suoi amici meccanici nel box della macchina più famosa del mondo: la mitica Ferrari.

    Ruggero conosce tutto della Rossa di Maranello: motore, telaio, sospensioni, aerodinamica, piloti, collaudatori, ingegneri , e nome, cognome e data di nascita di tutti i meccanici che ne hanno fatto parte dal 1950 ad oggi. Il massimo per Ruggero è il pit-stop: durante quei 4/5 secondi ci si gioca la gara. Quando la macchina si ferma per il cambio gomme, Setteseghe va in estasi agonistica: chiama tutti i meccanici per nome, incitandoli a gran voce, e se le cose vanno male sostituisce ai nomi propri quelli dei santi, delle madonne e del padreterno, apostrofandoli con locuzioni che non possono essere ripetute senza una condanna certa al fuoco eterno.

    Si racconta di una beghina del paese che ha la sfortuna di entrare al bar Centrale, causa una pia missione,  durante la diretta tv del gran premio di Montecarlo dell’81. Catia, la barista, si accorge  della vecchina troppo tardi e non riesce a bloccarla : ciò che la malcapitata ha la sventura di ascoltare in quei 10 secondi, entra di diritto negli annali storici di Squarcialupi, tanto che la timorata di Dio, segnandosi, decide che mai più metterà piede in quel luogo di dubbia moralità e perversione. Si racconta altresì che la beghina si rifugia lesta in parrocchia, chiede udienza a Don Mario, con la supplica reiterata più volte della necessità urgentissima di un bravo esorcista, ultimo e disperato rimedio in grado di cacciare il maligno dal povero ragazzo invasato.

    L’8 maggio del 1982, durante le prove cronometrate del gran premio del Belgio, durante uno schianto a 225 km/h con l’allora pilota della March Jochen Mass, muore l’idolo incontrastato di Ruggero, il campione canadese della Ferrari Jilles Villeneuve.

    Ruggero, si trova sulla corriera che lo riporta a casa dopo la scuola, quando apprende la ferale notizia. Dopo una serie di smoccolamenti in ostrogoto che fanno presagire una reazione si violenta ma passeggera, entra in uno stato di cupa depressione. Si chiude nella sua stanza per due giorni e quattro notti senza toccar cibo, ingurgitando appena un sorso di un bibitone energetico a base di brodo di gallina che la mamma Argene gli prepara preoccupata. All’alba del terzo giorno il babbo decide di chiamare Gianni Parri con la speranza che l’amico possa far rinsavire il figliolo. Gianni capisce che non c’è tempo da  perdere: coinvolge il paese nella colletta più veloce della storia recente e con i soldi raccolti prende il primo treno per Roma e torna a Squarcialupi in serata.

    Entra nella stanza del malato con un pacchetto regalo e ne esce dopo circa 20 minuti con Ruggero, in lacrime, che stringe al petto un modellino in scala 1/30  della famosa ferrari126c2, l’auto maledetta nella quale aveva perso la vita pochi giorni prima il leggendario canadese.

    2

    Gianni Parri è alto, bello, simpatico ed estroverso.

    Nel paese è l’unico a rimorchiare e si ritrova spesso a raccontare le sue gesta sulla panchina davanti al bar, a tutti gli altri ragazzi che lo ascoltano in adorazione. Suo fratello Leonardo, per uno scherzo del destino, è l’esatto contrario di Gianni:  insignificante nell’aspetto, pallido come un cadavere, senza peli, occhiali da vista, mani bianche e deboli, perennemente sudate, non parla quasi mai, di quelli che non ti accorgi che ci sono. In realtà è intelligentissimo, raramente studia ma tutti lo considerano un secchione.

    La mamma Clara, figlia di contadini, da giovane di una bellezza radiosa, è affetta da una qualche forma di Alzheimer precoce, non fa altro che ripetere sempre le stesse cose:

    - Gianni l’hae presa la merenda che te la scorde sempre e nun ce so li sordi pe compralla al bar!

    - Mamma già me l’hai detto 60 volte…l’ho presa, l’ho presa..

    Clara a 16 anni, senza ragione apparente, smette di parlare. Il padre preoccupato, la porta in città dal medico che, dopo averla visitata accuratamente, gli prescrive una cura di fumenti e impacchi alle corde vocali. Passano due mesi e la mamma disperata decide di rivolgersi a Don Angelo, il sacerdote del paese. Decidono di portarla alla chiesa di Santa Cristina di Bolsena, dove è avvenuto il famoso miracolo del Santo Corporale, non si sa mai.

    Clara si ostina a non parlare.

    Finché a 18 anni conosce Evaristo.

    Lei è bella, lui è un uomo di poche parole; se sta zitta non è un problema, vorrà dire che non litigheranno.

    La sposa e vanno a vivere coi genitori di lui.

    Poi una mattina il miracolo.

    Clara si alza presto e prepara la colazione, poi come se niente fosse, dà un urlaccio al marito che intanto è al bagno a radersi:

    - Evaristoo, Evaristooo, sbrighete che il latte se fredda!

    Evaristo esce dal bagno con mezza barba fatta, con la faccia di uno che  gli è appena apparsa la Madonna in persona con in grembo il bambin Gesù, e vede la moglie intenta a rassettare la cucina come se nulla fosse.

    Clara guarita, da quella mattina non smette più di parlare ed Evaristo rimpiange quei quattro anni di convivenza in cui la moglie era muta.

    - Lascialo fa..lo sa lue come se deve comportà..nun ie ripete sempre le stesse cose Clà! - aggiunge Evaristo  spezzando una lancia in favore del figlio.

    Evaristo lavora la terra. L’anno scorso si è comprato il motocoltivatore dopo una settimana di ripensamenti e di insonnia cronica per le conseguenze che la spesa avrebbe potuto causare al bilancio familiare. Esce la mattina e torna la sera quando fa buio. A  parte la domenica che indossa l’abito bono, il resto della settimana è sempre strappo, incerottato sulle dita e perennemente sporco.

    C’ha un fratello che ha studiato e ora è medico, il zi Giorgio, e vorrebbe che i figli studiassero e si facessero una posizione, non come lui che:

    - So quarant’anni che tiro la carretta.

    Con l’altro figlio è tranquillo:

    - Leonardo è studioso e intelligente e c’ha voglia de fa, a scuola me dà tante soddisfazioni e quando porta la pagella so tutti otto e nove. E’ co quell’antro che nun ce dormo la notte!

    Gianni corre dietro alle gonne, gli piacciono le macchine di grossa cilindrata, la bella vita e le feste mondane. A scuola fin’adesso se l’è sempre cavata col rotto della cuffia, l’anno prossimo c’ha la maturità

    - speramo bene!

     A completare la famiglia Parri, il nonno Giovanni e la zitella Luigia di 40 anni, sorella di Evaristo.

    Il nonno Giovanni è vecchio e pieno di macchie marroni sulle mani e sul viso. Vegeta seduto su una sedia a sdraio di quelle col cuscino in vil pelle marrone ancora col cellophane intatto, "così nun se

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