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Dragol
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E-book217 pagine3 ore

Dragol

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Info su questo ebook

Sono giovani, sono senza futuro, ma il presente lo vivono con intensità e immaginazione. Si chiamano Lombe, Gatto e Gol. Sono strambi, sono problematici, ma s’inventano un’agenzia investigativa. Di loro iniziativa, svolgono indagini sulla scomparsa di un neonato. “Se un bambino può scomparire così, nello scalpore fatuo che presto lascia il posto all’indifferenza, anche il mondo scompare con lui. Questo, infatti, non è un mondo. È un bidone della spazzatura. Ci trovi lo sporco, ma anche il sangue.”
Una storia cruda? Sì e no. Una storia comica? Sì e no. Una storia fantasy? Sì e no. Ma che storia è? Una storia unica nel suo genere. Ci trovi personaggi come Arturo Gelo, Carmen Paella, Ciclamino Bash, Gionni Potter, Judy Gorland, Luigi Bagnarola, Felicia Chelook, John Ueyn…
Ci trovi anche il Drago. Solo il Drago può indicare la via per trovare Bimbo Boy. E solo Gol sa come trovare il Drago. “Gli occhi del Drago sono enormi, espressivi, ma sembrano gli occhi di un folle, ora emettono luce carezzevole ora riflessi omicidi. Nella testa e nel cuore del Drago non ci sono pensieri e sentimenti umani. Che cosa ci sarà?”
LinguaItaliano
EditoreAquilino
Data di uscita14 gen 2014
ISBN9788868854980
Dragol

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    Anteprima del libro

    Dragol - Aquilino

    srl


    Bimbo Boy è scomparso

    Bimbo Boy è scomparso.

    Entri in un negozio per comprare quello che non ti serve e senti ripetere:

    Bimbo Boy è scomparso, a chi tocca?

    Attraversi il parco per fare prima. Costeggi il laghetto, una rana si tuffa e la invidi: senza possedere niente, ha tutto ciò che le serve. Anche la biscia, per farle amare di più la vita. T’imbatti in cinque teppistelli il cui tempo libero non prevede il tempo scuola. Giocano a calcio. Tiro fuori porta. Demetrio, deficiente! urla il più nevrotico mettendosi in fuga. Colpita una signora anziana che per lo spavento perde l’equilibrio e senti l’amica sussurrarle:

    Bimbo Boy è scomparso, che fai, Miranda, cadi?

    Cade, sì, e le microfratture non la lasceranno più in pace negli anni a venire, ogni volta che vedrà un pallone sentirà la bile in gola. Ma tu non ti volti nemmeno a guardare se cade o non cade, hai fretta di tornartene a casa e di farti i fatti tuoi come la totalità degli abitanti del posto infame che non ti ha dato né fama né soldi, solo solitudine; e il mutuo per la casa abitata dalla ex moglie. Si chiama Paula e sogna ancora di fare la modella, ma dovrebbe perdere una dozzina di chili. Te ne vai dritto per la tua strada e non sai che per Miranda inizia un calvario terapeutico che la fa arrancare da un santuario all’altro, ogni volta lasciando soldi o un gioiello.

    Tu non hai speranze di quel tipo, di nessun altro tipo, ti senti maledetto. Sei un compositore di musica fallito, hai dovuto vendere perfino il pianoforte. Ora pesti sui tasti di una pianola detestata dalla quale sei odiato. Detesti quello che non vedi dalla finestra con i vetri incrostati di polvere antica, detesti il trepestio sopra di te, detesti lo zampettare dei topi sotto di te, detesti le voci isteriche intorno a te, detesti il tuo detestare cupo: hai la nausea.

    Riscaldi un caffè iridescente che sembra petrolio, ma non lo bevi.

    Ti stendi sul divano e fissi il soffitto. Chiudi gli occhi. Esplori il buio alla ricerca di un sogno. Non lo trovi. È in atto un genocidio onirico. Il club dei padroni del mondo ha sancito che pace e prosperità si ottengono eliminando i sogni. Non le illusioni, sia chiaro. Il sonno dei cittadini deve essere sgombro e nero, un vuoto comatoso. Il giorno, al contrario, pieno di schermate e trilli.

    La tua schermata è il soffitto, i trilli i malumori isterici dei vicini. Chiudi gli occhi e speri di morire.

    Davvero l’avete visto al parco? Non è malato? domanda la professoressa fingendo di non sapere che anche lei sa. Sa che Demetrio Kovafis ha fatto la scelta estrema, il vagabondaggio vandalico al posto della scuola. Ne scrive il cognome nella casella degli assenti e pensa: bisogna che qualcuno si occupi del ragazzo prima che… Lo pensa da due anni, sempre con i puntini di sospensione, ma la deontologia professionale comporta una distorsione temporale cronica: uscita dall’aula, dimentica tutto di tutti. Sospira e scuote il capo, come se tra i capelli avesse pensieri peggio che pidocchi: lei più di così non può fare. Come fa a occuparsene a scuola? Le priorità vanno alla sicurezza, alla disciplina, al completamento del programma e alla compilazione del registro. A casa… In un flash, la sua vita impegnata: la madre con l’Alzheimer, il gruppo di preghiera, l’associazione di baratto solidale, le visite misericordiose nella casa di riposo dove spera di alloggiare al più presto la madre, gli incontri dalla psicologa con il figlio piromane, lo yoga per sopportare il malumore aggressivo del marito che rischia il licenziamento…

    Le manca il fiato, ma non vuole svenire in aula, lei è forte, ce la farà. Gesù abita nel suo cuore.

    Poi detta l’esercizio: Bimbo Boy è scomparso, dieci righe di argomentazione. Con una famiglia come quella... L’avranno ammazzato di botte e seppellito in giardino. Sospira ancora, martire: in un mondo di pagani, lei è la luce delle certezze schizofreniche. Soffre, ma il suo dolore ha un senso. Un giorno siederà in trono circondata dagli angeli; per il momento, si deve accontentare della sedia con braccioli dietro la cattedra, da dove dardeggia sguardi di repulsione sugli alunni.

    L’hanno graffitato nella sala d’aspetto della stazione. La firma? Spider. Chi è Spider? Nessuno lo sa. Nemmeno suo padre ferroviere. Facile, per Spider, fare una copia delle chiavi. Di notte, a uffici chiusi (il primo treno è quello delle 6.05), invita la banda a fumarsi il cervello sotto la pensilina. I direttissimi mitragliano l’oscurità con le luci livide delle cabine insonni e qualche volta sulla retina di Spider si stampa l’immagine fugace di uno sconosciuto in fuga. In fuga da che cosa? Da una vita di merda. E dove va? In un posto di merda. Tutti uguali, gli sconosciuti: gente di merda. Lui e la banda ogni tanto se ne occupano, quando uno di loro spaesato scende dal treno e cerca la solidarietà di qualcuno per orientarsi. Lo guidano al parco e lo abbandonano dietro gli arbusti di cotinus coggygria royal purple o albero della nebbia, nebbia purpurea, nebbia di sangue, picchiato e derubato. Gli sputano anche sulla faccia massacrata perché di soldi ne ha pochi. Gli lasciano qualche spicciolo con il consiglio di rimontare sul treno e di sparire dove non importa, ma lontano. Poi vanno a comprare la birra. Intanto, il malcapitato vomita sul cotinus, detto anche scotano o sommacco, un arbusto appartenente alla famiglia delle anacardiaceae che non ha mai fatto del male a nessuno, pur avendo le foglie insanguinate.

    Venti passi più in là, due mamme giovani parlano dei tre negozi di abbigliamento che hanno visto aprire e chiudere nel giro di un mese, e danno la colpa alle commesse incapaci, mentre i bimbi di tre e quattro anni giocano sull’erba con una lumaca di cui assaggiano la bava. Una delle due scoppia a ridere.

    Il treno se ne va. Ha lanciato un’occhiata dura a Spider imbrattatore, ma scompare già dove i binari sembra che s’incontrino, e non succede mai. La prima fermata è in riva al lago: di notte è uno specchio nero e la luna ci si annega. Anche il treno, a volte, ha la tentazione di tuffarsi. Dicono che dietro gli specchi… Ma lui non ci crede. Dietro gli specchi c’è un retrobottega squallido, nient’altro. E, davanti, questa ossessione di ripartire dopo ogni partenza. Trasporta persone che farebbero meglio a stare dove sono. I viaggi sono superfici riflettenti. Alla partenza un’immagine sorridente, all’arrivo il fornelletto per fare un caffè amaro. Superflui, gli itinerari.

    E Bimbo Boy? domanda uno della crew.

    Chi se ne frega risponde Spider. Ha una rabbia radicata profonda e la convinzione di averne tutto il diritto. Il padre non guadagna abbastanza da comperargli la moto che desidera; gli ha proposto un motorino da finocchio e ha risposto: tu compralo che io gli do fuoco. Vagano alla ricerca di muri vergini da taggare e intanto fanno crossing ricoprendo di vernice le schifezze altrui. Non per senso civico. Hanno il passo veloce dei predatori. Si sentono i più forti, anche se Spider quando è solo sente salire dalla pancia la voglia di piangere, e allora si odia. Deve stare sempre in compagnia, non importa di chi. Un giorno ne avrà tanta, quando farà carriera nell’import-export, sempre in giro per il mondo, mai solo, tre cellulari attivi, aggressivo e irriducibile, l’unica ansia quella di rimanere senza cocaina, un’ossessione; per il resto, un vincente.

    È scritto in caratteri incerti nell’agenda della guardia municipale: Bimbo Boy è scomparso, adozioni illegali o espianto d’organi? Benedetto Scola voleva fare il militare d’assalto, ma non ha il fisico. Ha tentato con i carabinieri, ma la burocrazia lo ha fermato. Grazie alla raccomandazione di un prozio monsignore è riuscito a superare il corso di polizia municipale. Ha la divisa, ha la pistola, ha un territorio da difendere, ha tutto. Spirito irrequieto, ha rinunciato a sposarsi per incompatibilità logistica. Può vivere solo in una casa caserma, dove al posto dei quadri ci sono mappe e foto segnaletiche; il salotto una palestra, la camera da letto una tenda da campo. Nessuna fidanzata gradisce il regolamento della vita coniugale schematizzato nei dieci comandamenti per la moglie patriottica. Una gli ha perfino detto: Tu sei matto. E lui non ha più frequentato ragazze regolari, tutte senza palle, preferendo lunghe conversazioni con le prostitute alle quali dice: Senti, dovrei portarti dentro, ma per questa volta facciamo così, che tu mi fai un servizio, però non devi dare nell’occhio, che se un cittadino infrange la legge io devo fare il mio dovere, capisci? Batti nell’ombra, tanto i maiali che ti scopano lo sanno dove lavori, e soprattutto non alzarti la gonna che sei senza mutande, lo so che è una bella promozione, ma dammi retta se in quel momento passa una famiglia dopo mi tocca arrestarti, capisci? Devo proprio metterlo, il preservativo?

    Mentre gorgheggia nell’orgasmo, ripensa all’unica volta in cui ha sparato. Sera invernale buia, una segnalazione poco chiara da una frazione in valle, a cento metri dal fiume. Antico mulino restaurato da un industriale fuggito dalla metropoli e dagli operai ghigliottinatori, muro di cinta poderoso e tre rottweiler assatanati. Ci vanno lui e una collega con la quale ci ha provato, ha dovuto schivare una sberla. Voci concitate, i cani ringhiano. Corrono all’ingresso, è chiuso. Suonano il campanello, picchiano pugni sulla porta, scavalca il muro dice lei, c’è il filo spinato risponde lui. Qualcuno viene ad aprire e grida: Sono andati di là!, mentre un cane sguscia fuori e si lancia all’inseguimento. Lui si precipita nella direzione indicata, la collega gli grida: Sta’ attento! e si accerta che tutti stiano bene. Benedetto Scola non la sente, è assordato dal cuore che pompa petrolio, non sangue; si butta sulla scia sonora del cane deciso a non mollare l’osso: quando mai capiterà di nuovo questa fortuna di fare un intervento da poliziotto? Dovrebbe telefonare ai carabinieri, lo sa, ma troverà una scusa per giustificarsi. Luci davanti a lui. Un’automobile, sente il motore avviarsi. La preda gli sfugge. Spara, e spara ancora. Un guaito. Il cane è morto. L’auto si allontana sgommando. Benedetto Scola ansima; non di fatica; di orgasmo; va a rimirare il cane morto; si china per esaminarlo negli occhi sbarrati; l’orgasmo ci mette tempo a estinguersi; pazzesco; un sorriso di soddisfazione profonda; è così, dunque, è così; facile; ancora non lo sa, ma la sua vita è a una svolta; si lascia trascinare nella direzione dei cani randagi morti ammazzati che nessuno reclama; ce ne sono a iosa, nel parco; orgasmi a non finire.

    Lo digita sulla tastiera un blogger locale, universitario a tempo perso, disoccupato a tempo pieno, stile ironico non sempre originale: Bimbo Boy è scomparso, meno male che io ci sono ancora. Ogni volta che pubblica un post, nel suo cuore ambizioso nasce la speranza che qualcuno lo noti, magari un giornalista nazionale o un network televisivo. Impossibile che continuino a fare a meno di me. Sta scrivendo anche un romanzo. Lo sta scrivendo da dieci anni. Un’opera epocale. Ideale per un film. Pensava di farne un fantasy, ma le ultime produzioni puntano sullo splatter d’azione.

    La gente vuole sangue? E lui gliene versa a ogni pagina. Gli dà soddisfazione ammazzare qualcuno in ogni capitolo, lo esalta la ricerca in internet dei modi di uccidere più efferati e sadici, lo eccita la nuova consapevolezza di sé come aguzzino e sterminatore. Non si sente un pervertito. Fa quello che fanno politici e riccastri, ne è convinto. Con la differenza che loro hanno il potere di ammazzare su larga scala, lui deve accontentarsi delle individualità. Non è cattivo, è solo arrabbiato. Dai compagni di liceo era chiamato Mammola. Li inserisce nella storia uno dopo l’altro e scrive dialoghi convulsi e spietati che glorificano il giustiziere e umiliano le vittime. Pubblica stralci sul blog e sparge indizi (anche fasulli) per giungere alla (impossibile) identificazione dei personaggi. La madre lo vede giorno e notte incollato al computer e lo supplica di uscire a prendere aria, non si vede com’è ridotto con gli occhi arrossati e l’espressione stralunata? Il padre ripete il mantra: cercati un lavoro. Lui, Pierluigi Calcaterra, figlio di impiegato comunale e di maestra d’asilo, ne evita lo sguardo per non rivelargli la luce vendicativa delle intenzioni: lo inserisce nel romanzo e lo fa morire sotto le macerie del palazzo civico in fiamme. Troppo tardi. Il padre gli ha trovato un lavoro odioso. Magazziniere di un centro commerciale. Lui, un intellettuale! Ma gli piacerà. Il confronto con i colleghi gli mostrerà in via definitiva la distanza astronomica che esiste tra lui e il resto dell’umanità.

    Nelle chat e nei social network il tema caldo è lui, Bimbo Boy. Bimbo Boy è scomparso, forse è stato inghiottito dalla rete, cercate nei vostri file. Migliaia di condivisioni. Commenti al limite della sanità mentale, alcuni urlati altri bisbigliati con perfidia, controcommenti acidi e violenti, alcuni sbraitati altri espressi in forma di minaccia non implicita. Insulti alle forze dell’ordine e alle famiglie arcobaleno, anatemi contro i pedofili che falciano i gigli di campo, citazioni bibliche e perle di saggezza di cibernauti abbrutiti dalle notti insonni davanti allo schermo in attesa di vedere il proprio nome citato o commentato, illudendosi di poter contare su amici e sostenitori, caduti in un abisso di frustrazione più profondo della bramosia di visibilità.

    Uno di loro, Amerigo Colombo, è in piena crisi depressiva violenta senza barlumi e biglietti di ritorno. Gli è morto il computer, non ha un soldo, il padre lavora part time, la madre disoccupata, lui ha spedito trecentoventisette email di curricoli, ha ottenuto solo tre risposte negative. Sta usando il notebook di un amico che tra due ore viene a riprenderselo, digita l’ultimo messaggio e ingoia una manciata di pillole sottratte alla madre uscita con le amiche, ansiolitici e sonniferi, cardiotonici e antireumatici, bevendoci sopra il cognac del padre, tutta quanta la bottiglia, poi prende il batticarne in cucina e si accanisce sul notebook, l’amico stronzo poteva anche lasciarglielo per un mese o due, tanto ne ha un altro, muoia internet con Sansone, e peccato non potere spaccare la testa a tutti i navigatori figli di puttana che quando lui ha scritto me ne vado via da questo schifo di mondo non hanno lasciato un commento, nemmeno uno, e che razza di amici sono? Gli manca il respiro tanto è agitato, poi gli manca tutto, ma al tutto non manca lui, proprio a nessuno.

    Accendi la radio e tra una pubblicità e l’altra senti che Bimbo Boy è scomparso: E adesso l’ultimo successo degli One Two Three, Bimbo Boy missing! annuncia Lidia Ferreri, laurea in filosofia, un fidanzato precario che non riesce a sposare perché le loro entrate mensili sono insufficienti per l’affitto le bollette la benzina la spesa, otto ore di brio radiofonico al giorno, le altre sedici sono di schifo interiore. Schifo per il proprio mestiere: ottimismo e superficialità, ridere e fare ridere, evitare le notizie angoscianti, criticare bonariamente tutto e tutti, basare le argomentazioni sul buonsenso medio che non sta mai né da una parte né dall’altra e allora dove sta? nessuno lo sa. Schifo per la politica e l’imprenditoria, schifo per i mass media e gli intellettuali, schifo per la televisione e il cinema, schifo per i best seller, schifo… Tutte le sere litiga con il fidanzato che le dice: Sembra che ti faccia tutto schifo! Lui si consola con i videogiochi. Lei va in coma online, legge il post di uno sconosciuto me ne vado via da questo schifo di mondo e pensa: fai bene. Allora si sente meno sfigata, leggendo che qualcuno si suicida. Lei una speranza ce l’ha: in radio ha conosciuto uno che fa televisione. Ci è uscita subito, si è fatta scopare, lo ha coccolato, alla fine lui le ha detto: Magari ci si rivede, che ne dici?

    Accendi il televisore, aspetti il

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