Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La notte più dolce: Harmony Privé
La notte più dolce: Harmony Privé
La notte più dolce: Harmony Privé
E-book228 pagine2 ore

La notte più dolce: Harmony Privé

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

"Una notte, una sola notte per saziare il mio desiderio."
Ma dopo il primo assaggio, non avrà più via di scampo!

Abby Prendiegast adora la sua vita e il suo nuovo lavoro in una delle più rinomate pasticcerie della città, anche se trascorrere le giornate al fianco di Tanner King rappresenta una sfida sempre più difficile da affrontare. Il passato di Tanner è un luogo buio come l'inchiostro che adorna la sua pelle: lasciarsi andare all'irresistibile gusto delle sue labbra sarebbe facilissimo, ma Abby sa che se si concedesse anche un solo assaggio, sarebbe impossibile per lei non volerne ancora.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2018
ISBN9788858991329
La notte più dolce: Harmony Privé
Autore

Nicola Marsh

Giornalista, ha viaggiato per il mondo in cerca di grandi scoop. Scrivere romanzi, però, è sempre stato il suo sogno.

Leggi altro di Nicola Marsh

Autori correlati

Correlato a La notte più dolce

Ebook correlati

Narrativa romantica contemporanea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La notte più dolce

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La notte più dolce - Nicola Marsh

    successivo.

    1

    Abby

    Il D-Day avrebbe dovuto essere il giorno più felice della mia vita. Avevo previsto otto favolose ore a Le Miel, creando quei dolci francesi che avevo imparato ad apprezzare durante l'ultimo anno, seguite da una serata intima in compagnia di una bottiglia di Shiraz e di Channing Tatum.

    C'era forse un modo migliore di festeggiare un divorzio che con un robusto vino rosso per solleticare il mio palato e un tipo macho che trasudava fascino sullo schermo del mio televisore?

    Invece, i miei sogni di godermi un calice del mio personalissimo Ippocrene sbavando su Channing andarono in fumo a un'ora dal termine del mio turno, quando Remy King, il miglior datore di lavoro dell'Australia, cadde da una scala e finì qui, al Sidney Private Hospital.

    «Non sei obbligata a restare» disse, con occhi che tradivano quanto soffrisse anche se gli avevano somministrato una dose di antidolorifici in grado di sedare un elefante. «Torna al negozio.»

    «Se ne sta occupando Makayla.» Mi sedetti con cautela sul bordo del letto e gli presi la mano. «Inoltre, ho finito di preparare croissant, bignè e ciambelle prima che tu decidessi di esibirti nel tuo pessimo numero da circo, perciò a lei non resta altro che servire i clienti.»

    Lui fece un sorriso stentato, seguito da una smorfia. «La colpa è della scala.»

    «Già, si è spostata di lato sul pavimento sporco di farina di sua iniziativa.» Roteai gli occhi. «Se tu non fossi un capo favoloso e un amico, ti prenderei a calci nel sedere per essere stato così stupido.»

    «E se tu non fossi l'apprendista migliore che io abbia mai avuto, ti licenzierei sui due piedi per la tua sfacciataggine.»

    Gli strinsi la mano, ringraziando Dio che quell'uomo mi avesse offerto una possibilità proprio quando ne avevo più bisogno.

    A quanto pareva, lasciare il mio freddo e infido marito dopo nove soli mesi di matrimonio non era un atto concepibile per la famiglia Prendigast.

    Non che ai miei genitori importasse perché l'avevo fatto. Si preoccupavano esclusivamente per la loro preziosa reputazione di una delle famiglie più ricche di Sydney, perciò mi avevano tagliata fuori finanziariamente ed emotivamente per darmi una lezione.

    Si erano aspettati che, già la prima settimana, tornassi di corsa alla loro villa.

    Era passato un anno e, indovina? Non ero tornata.

    Tuttavia, malgrado i loro difetti, i miei mi mancavano. Come mi mancavano gli amici. Ma il giorno fatidico in cui ero uscita dalla mia vecchia vita ed ero entrata in quella nuova, mi ero lasciata alle spalle Abigail Prendigast, la figlia perfetta in un mondo perfetto, che faceva esattamente quello che le dicevano di fare.

    «Cosa c'è che non va?» Remy socchiuse gli occhi, studiandomi. «Se si tratta della pasticceria, non preoccuparti, non devi gestirla da sola. Ho già contattato Tanner, che sarà felice di aiutare a dirigerla mentre io mi rimetto in piedi.»

    Mi irrigidii. Anche se non avevo mai incontrato il fratello minore di Remy, ne avevo sentito parlare abbastanza per farmene un'opinione. Che non era buona.

    Quell'individuo dava l'impressione di essere un irresponsabile. Un irresponsabile ricco che dirigeva nightclub e bar lungo la costa orientale, ma passava la maggior parte del tempo scorrazzando all'estero e scialacquando il suo patrimonio in donne.

    Ciononostante, per chissà quale motivo, sembrava che Remy lo adorasse. Avevo avvertito un'emozione sincera nella sua voce ogni volta che Tanner chiamava da una delle sue remote destinazioni. Suppongo che dovevo riconoscergli il merito di essersi tenuto in contatto con il fratello malgrado il suo stile di vita da playboy.

    L'avevo perfino visto una volta, mentre Remy parlava con lui via Skype. Si era trattato di una visione fuggevole di capelli e occhi neri e di una mascella ruvida di barba. Bel tipo, se ti piaceva il genere. A me? Io preferivo il tipo privo di complicazioni, l'opposto di Bardley, il mio ex, e lo sguardo torvo che avevo scorto in Tanner era sufficiente per dirmi che quell'uomo significava molte complicazioni.

    «Tanner non è all'estero?» chiesi, più calma di quanto mi sentissi. Non avevo bisogno che un estraneo, incapace di distinguere una pralina da una pesca melba, mi spiasse alle spalle. Ero sicura di saper svolgere bene il mio lavoro a Le Miel, e potevo fare a meno di un ricco pivello che mi intralciasse. «Perché sono in grado di occuparmi di tutto da sola.»

    «Non puoi occuparti della produzione e pensare anche a tutto il resto.» La preoccupazione gli offuscò lo sguardo prima che battesse le ciglia, tanto che mi chiesi se non me lo fossi immaginato. «Tanner è un ottimo uomo d'affari. Ha diretto diversi ristoranti. Si occuperà di gestire Le Miel per un mese, prima del mio ritorno.»

    «Un mese?» ripetei io, urlando mio malgrado, e Remy scoppiò in una risatina.

    «È quello che ha detto il dottore. A quanto pare, guarirò tanto più rapidamente quanto più eviterò di pesare sulla caviglia fratturata e farò riposare le costole rotte.» Remy strizzò l'occhio. «Chi l'avrebbe detto?»

    Dannazione. Avrei dovuto capirlo che non poteva muoversi per il negozio con le stampelle avendo anche tre costole rotte. Tuttavia, quando aveva detto che Tanner avrebbe soprinteso alla gestione quotidiana, avevo previsto una settimana al massimo. Adesso mi toccava sopportare quel playboy giramondo per un mese?

    Vergognandomi del mio egoismo quando il mio amico soffriva, gli strinsi di nuovo la mano. «Concentrati a guarire in fretta. Io mi occuperò del resto.»

    «Intendi dire noi

    Una voce profonda risuonò alle mie spalle, il genere di voce che evocava immagini di locali fumosi e anime oscure. Profonda. Piena. Con un sottofondo di impudenza che mi mise subito in guardia. Mi voltai e il mio sguardo incontrò quello del diavolo in persona.

    Merda. Quegli occhi. Di un colore terra di Siena sorprendente, quasi dorato. Non fu però il colore a innervosirmi tanto quanto il modo in cui mi fissavano.

    Come se fossi una gustosa tarte tatin in attesa di essere divorata.

    Un brivido involontario mi corse lungo la schiena mentre quello sguardo avido si puntava sulla mia mano che copriva quella di Remy.

    «Non è una scena toccante?» Il suo tono, flemmatico e insolente, mi fece inalberare. «Mi auguro di non avere interrotto niente.»

    Ritirai di scatto la mano mentre Remy diceva: «Non essere idiota. Tanner, lei è Abby, la mia apprendista e lo chef migliore di pasticceria francese che ci sia al mondo, a parte Parigi».

    «Dopo di te, naturalmente, fra'.» Lo sguardo critico di Tanner si concentrò su di me e che mi venisse un colpo se alcune mie parti che da più di un anno non venivano toccate da un uomo, non si rianimarono di colpo. Alla grande.

    «È ovvio.» Remy sorrise, ed era evidente l'affetto mentre faceva cenno a Tanner di avvicinarsi. «Grazie per avere accettato.»

    «Il piacere è mio.» Mentre Tanner avanzava, mi alzai e resistetti all'impulso di fuggire.

    Come se non fossero bastati quegli occhi a mandarmi la testa nel pallone, a mano a mano che si avvicinava mi rendevo conto di quanto fosse imponente. Almeno un metro e novanta, con il genere di fisico tonificato da ore e ore di palestra. O da altri tipi di ginnastica.

    Diamine. Quella da dove era saltata fuori? Per la seconda volta in meno di un minuto, l'avevo associato al sesso.

    Avevo davvero bisogno di una botta tra le lenzuola. Sempre che ne avessi avuto voglia.

    Dopo Bardley, la mancanza di rapporti sessuali non era stata un problema. Ero troppo impegnata a rifarmi una vita che non comportasse tè mondani, cene costose per corteggiare clienti e gite in barca i fine settimana. Tutto quanto a corollario della mia laurea in economia e commercio. Un'altra cosa che mi ero lasciata alle spalle. Fantastico!

    «In effetti, non avresti potuto scegliere un momento migliore.» Con la sua presenza, Tanner riduceva le dimensioni della stanza. «Stavo cercando una nuova sfida.»

    Mi sentii formicolare la pelle quando il suo sguardo sfrontato mi fece capire che non stava parlando solo di Le Miel.

    O Remy era ignaro della tensione che vibrava fra Tanner e me, oppure gli antidolorifici avevano fatto effetto perché ci fece cenno di andarcene.

    «Bene. Perché voi due non fate conoscenza e lasciate che io mi crogioli nelle mie sofferenze?»

    «Il tuo desiderio è per me un ordine, fra'.» Tanner si chinò per abbracciarlo in modo goffo, un gesto imprevisto che, mio malgrado, me lo rese un po' più simpatico. «Ti terrò informato. E non preoccuparti, la pasticceria andrà bene.»

    «Abbi cura di te, Rem» dissi io, aggirando il letto per portarmi sul lato opposto rispetto a Tanner, prima di chinarmi per baciarlo sulla guancia. «Guarisci in fretta, d'accordo?»

    «Lo farò.» Il suo sorriso impudente mi avvertì che quello che stava per dirmi non mi sarebbe piaciuto. «Adesso sei nelle abili mani di Tanner.»

    Arrossii mentre immaginavo esattamente cosa si sarebbe provato trovandosi, alla lettera, in quelle mani.

    Poi commisi l'errore di alzare lo sguardo nel momento in cui Tanner sollevava in alto le mani in questione, con gli angoli della bocca sollevati in un sorriso irresistibile. «Donna fortunata.»

    Si potevano usare molte parole per descrivere il mio stato d'animo in quel momento.

    Fortunata non era senz'altro una delle tante.

    2

    Tanner

    Non stavo scherzando quando avevo detto a Remy che ero pronto per una nuova sfida. Ma l'algida bionda dai freddi occhi azzurri e dall'atteggiamento altrettanto glaciale non rientrava tra queste.

    Accanto a lei si sarebbe congelato anche un pupazzo di neve.

    Dal momento in cui mi aveva fissato dall'alto in basso, l'avevo classificata. Ragazza ricca e annoiata che giocava per un po' a infornare dolci. Probabilmente come quelli che creava, da bambina, nella sua supertecnologica cucina giocattolo, sognando che un principe azzurro con un conto stratosferico in banca arrivasse a salvarla.

    Già, le donne come lei vivevano in un mondo di fiabe.

    Il che imponeva una domanda: perché era rimasta per un anno?

    Dieci mesi prima, durante una delle nostre telefonate, Remy mi aveva ragguagliato sulla sua protetta. Aveva detto che, un giorno, una delle sue migliori clienti era entrata nella pasticceria, stralunata e scarmigliata, supplicandolo di darle un lavoro. A quanto pareva, aveva sempre sognato di diventare chef pasticciera.

    Che stronzata.

    Non avevo idea a che gioco stesse giocando quella Abby, ma il fatto che Remy le avesse offerto l'appartamento sopra la pasticceria mentre rimetteva insieme i pezzi della sua vita, e che ci abitasse ancora, significava che ero obbligato a tenerla d'occhio per scoprire cosa aveva in mente.

    Hanno tutti un secondo fine. L'avevo imparato a mie spese. Pertanto, se la principessa di ghiaccio stava approfittando di mio fratello, l'avrei presa a calci nel posteriore così velocemente che non si sarebbe nemmeno resa conto di cosa le stava per succedere. Ed era un posteriore delizioso. Molto, da quello che avevo intravisto quando si era chinata per baciare Remy.

    Era stato un gesto commovente, indice di un affetto che si poteva definire autentico, se non avessi saputo come stavano le cose.

    Le donne come lei erano delle maestre dell'inganno, e se il suo scopo era di raggirare mio fratello – convincendolo magari a regalarle parte delle azioni di Le Miel – l'aspettava una brutta sorpresa.

    Remy era stato sempre troppo generoso. Uno dei motivi, probabilmente, per cui nostro padre aveva tollerato lui e disprezzato me. Ma, spesso, era anche un bel problema.

    «Dovremmo tornare alla pasticceria» suggerì Abby mentre uscivamo dall'ospedale. «Makayla, una delle dipendenti, sarà oberata di lavoro.»

    «Non così in fretta, dolcezza.» La mia mano scattò, sfiorandole le reni, e una specie di corrente elettrica mi serpeggiò lungo il braccio. «Prima dobbiamo imparare a conoscerci.»

    Lei mi fissò come se avessi suggerito che, per farlo, dovevamo denudarci, e io sorrisi. Non era un pensiero sgradevole, considerando quanto sarebbe stato divertente infrangere quella facciata impenetrabile.

    «Ossia, andiamo a bere un caffè in quel bar al porto, ma se avevi qualcos'altro in mente, mi adeguo.» Aggiunsi una strizzata d'occhio, sapendo che l'avrebbe irritata.

    Come era prevedibile, lei si raddrizzò in tutto il suo metro e settantacinque. Per essere una donna, era alta. Io le preferivo piccole e malleabili, non grandi e bellicose.

    «Il mio nome non è dolcezza» dichiarò, sollevando il mento con alterigia.

    «Ti piacerebbe che lo fosse?» Mi protesi verso di lei, prevedendo che sarebbe balzata indietro come un gatto spaventato.

    Quando non mosse un muscolo e mi fissò in cagnesco con quei grandi occhi, di un azzurro simile a quello di un ghiacciaio che avevo visto una volta in Nuova Zelanda, non potei non ammirarla, un po'.

    «Le cose stanno così. Amo il mio lavoro e rispetto tuo fratello. Mi ha offerto una possibilità quando nessun altro l'avrebbe fatto, e non intendo mandare tutto all'aria per un Casanova spocchioso che non sa tenerselo nei pantaloni. Afferrato il concetto?»

    Mi colpì al torace con un dito. Mi colpì, davvero. E io l'ammirai ancor di più per avere le palle di tenere testa alle mie sfacciate allusioni che miravano a farla infuriare.

    «Perciò, piantala con queste stupide avance e parliamo di affari.»

    Non riuscii a trattenere un'altra battuta. «Affari sporchi?»

    «Accidenti se sei seccante» borbottò lei, voltandomi le spalle e allontanandosi.

    D'accordo, forse avevo esagerato, anche se farla infuriare aveva i suoi vantaggi. Nel caso specifico, adesso potevo godere di una visione perfetta del suo sedere.

    La mia valutazione precedente non era stata del tutto corretta. Era delizioso. Sodo e arrotondato, posto in risalto dagli aderenti pantaloni neri che indossavano i dipendenti della pasticceria.

    La pasticceria...

    Avevo promesso a Remy che mi sarei assicurato che filasse tutto liscio durante la sua assenza, e avevo sempre mantenuto le mie promesse. Anche se ero un bastardo che non permetteva a nessuno di avvicinarsi troppo, Remy era diverso. Era mio fratello, ed ero in debito con lui.

    Questo significava che dovevo comportarmi bene con la signorina dal delizioso fondoschiena.

    «Ehi, aspetta.» La raggiunsi con pochi lunghi passi. «Ascolta, puoi attribuire la mia idiozia al jet lag, considerando che sono atterrato solo ieri sera tardi da Los Angeles.»

    Lei mi lanciò un'occhiata esasperata che lasciava intendere come non si fosse ammorbidita neanche un po'.

    «Andiamo a bere quel caffè, e prometto di comportarmi bene.» Alzai in alto le mani per mostrarle che ero sincero. «Cosa ne dici?»

    Lei esitò, mordendosi il labbro inferiore, e che mi venisse un accidente se quel gesto innocente non mi colpì dritto all'uccello. Contrariamente a quanto si credeva, non scopavo qualsiasi cosa avesse due gambe, ed erano diversi mesi che non andavo con una donna.

    Era tempo di porvi rimedio se la principessa di ghiaccio mi arrapava con il semplice gesto di mordersi il labbro.

    «Coraggio, Abby, non mordo.» Mi trattenni dall'aggiungere a meno che tu non me lo chieda gentilmente, perché non avrebbe aiutato il mio stato di eccitazione.

    Dopo quella che parve un'eternità, lei annuì in tono sostenuto. «Bene.»

    Invece, non andava bene per niente. Perché mentre percorrevamo gli ultimi cinquanta metri fino al bar colsi una traccia della sua fragranza. Un miscuglio inebriante di vaniglia e noce di cocco, che mi indusse a chiedermi se la pelle avesse un sapore così buono come il profumo.

    Merda. Remy mi avrebbe evirato se avessi flirtato con la sua protetta. Non che volessi farlo. Una cosa era provocare, un'altra andare fino in fondo.

    Quando, però, una folata di vento le sbatté in faccia alcune bionde ciocche di capelli e mi prudettero le dita dalla voglia di scostargliele, capii che quattro settimane accanto ad Abby sarebbero state lunghe. Eccitatamente lunghe.

    Morivo dalla voglia di una nuova sfida.

    A quanto pareva, il mio desiderio era stato esaudito.

    3

    Abby

    Non avevo tempo da perdere.

    Sarei dovuta tornare a Le Miel e assicurarmi che Makayla riuscisse a gestire la situazione.

    Invece, dovevo essere gentile

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1