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Il Grande Spreco: Progrediti ma non evoluti: introduzione al pensiero sistemico
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Il Grande Spreco: Progrediti ma non evoluti: introduzione al pensiero sistemico
E-book301 pagine3 ore

Il Grande Spreco: Progrediti ma non evoluti: introduzione al pensiero sistemico

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PROGREDITI MA NON EVOLUTI: INTRODUZIONE AL PENSIERO SISTEMICO.

Cosa lega Copernico ai rettili? E un genio matematico agli orsi polari? Cosa hanno in comune il traffico e la crisi economica? O il mal di schiena e il gusto della marmellata?
Non ci rendiamo mai davvero conto, fino in fondo, di quanto tutto sia connesso, di quanto gli eventi, grandi o piccoli, personali o collettivi, ridicoli o tragici, siano intimamente collegati da una trama tanto fitta quanto sottile e indissolubile, invisibile a occhi non preparati. Così, nell’interpretare il mondo, ci concentriamo sul contenuto ignorando, della realtà, ciò che non ci hanno ancora insegnato a vedere, la sua parte più importante: la struttura.
È per questo motivo che l’impressionante progresso tecnologico e scientifico raggiunto dalla nostra specie non si è accompagnato a un’analoga evoluzione del pensiero né a un’adeguata consapevolezza circa le catene di causa-effetto legate alle azioni umane: le conseguenze più pericolose sono la semplificazione e l’impoverimento dei nostri processi decisionali che hanno finito con il preferire le soluzioni miopi e provvisorie a quelle profonde e strutturali.
Il Grande Spreco smonta le nostre certezze, anche le più antiche, radicate e intoccabili e proprio per questo eccezionalmente ingannevoli; rivela la nostra inadeguatezza e ridimensiona lo smisurato ego collettivo di una specie ritenuta dominante ma che, nel progredire, ha sbagliato quasi tutto.

Distante da pessimismi e ottimismi pregiudiziali, l’autore non solo dimostra l’assoluta necessità di cambiare paradigma di pensiero ma anche che la nostra specie possiede, oggi, quanto necessario a realizzare il più grande balzo evolutivo della storia dell’uomo.
Il libro, culturalmente rivoluzionario, dopo un’avvincente esplorazione dei nostri contraddittori meccanismi di formazione della scelta, introduce, con un taglio pratico, princìpi e regole di un nuovo modo di osservare la realtà e d’intervenire su di essa a diversi livelli: personale, aziendale, sociale, economico e istituzionale proponendo, di fatto, una via d’uscita.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2013
ISBN9788868851743
Il Grande Spreco: Progrediti ma non evoluti: introduzione al pensiero sistemico

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    Anteprima del libro

    Il Grande Spreco - Gianluigi Merlino

    puoi

    Come leggere questo libro

    Non complicarti la vita

    Ti sarà forse capitato di avere tra le mani qualche libro, specie nell’ambito della manualistica, il cui autore afferma di essere stato talmente bravo da strutturarlo in modo da consentirtene una lettura a caso, quella cioè che ignora la normale sequenza dei capitoli; così facendo puoi saltabeccare qua e là per prendere ciò che ritieni ti serva.

    Ammetto di nutrire una certa diffidenza nei confronti di quest'impostazione benché non escluda che ciò possa dipendere da un mio limite; a ogni modo qui il problema non si pone: questo libro leggilo, almeno la prima volta, semplicemente com'è stato scritto e poi fanne l’uso che preferisci.

    Ogni capitolo si trova lì per uno scopo, non complicarti la vita e sfoglia le pagine una dopo l’altra: sono anche numerate...

    G. M.

    N.B.

    In questo e-book sono presenti alcune immagini e può a volte accadere che la loro visualizzazione non avvenga in maniera ottimale: nella maggioranza dei casi il tutto si risolve utilizzando la funzione di zoom del dispositivo. Tuttavia il numero di modelli di eReader è in continuo aumento e, se il tuo dovesse incontrare qualche difficoltà di troppo, puoi scaricare tutte le immagini di questo libro all’indirizzo http://www.gianluigimerlino.it/IGSpic.pdf

    Premessa

    La parte più importante del libro

    Questo è un libro incompleto, come qualunque altro libro.

    La sua ambizione è di non essere incompiuto.

    Ma tale si rivelerà se dovesse andare a infoltire la già vasta schiera di quei libri che, una volta letti, non lasciano alcun segno nella tua vita, non introducono un pensiero nuovo o una lama di luce là in quell’angolo prima in penombra; sarà incompiuto se non diventerà, almeno una volta, pur se per pochi minuti, argomento di conversazione con un amico, fosse anche per parlarne criticamente; e sarà incompiuto se non ti farà arrabbiare nemmeno un po’ oppure non farà germogliare in te la benefica pianta del dubbio.

    Sarà incompiuto se non riuscirò a raggiungere almeno uno degli scopi che mi prefiggo ora, nell’iniziare a scriverlo: stimolare la tua curiosità e la tua riflessione spingendoti a guardare oltre la cortina fumogena delle tue abitudini e delle tue convinzioni più radicate; probabilmente ti provocherò e sarò forse urticante nel tentativo di suonarti la sveglia se sei fra coloro che credono fideisticamente nelle capacità razionali della mente umana e a esse, fideisticamente, si rimettono.

    Sarà incompiuto se, dopo averlo letto, non cambierai nulla del tuo comportamento, anche un solo, minimo aspetto.

    Sarà incompiuto se, alla fine, continuerai a credere irremovibilmente nella superiorità della specie umana senza prima aver chiarito cosa vuol dire essere superiori.

    Sarà incompiuto se continuerai a dare risposte più di quanto ti ponga domande.

    Questo libro non pretende di illuminare le menti ma solo di consegnarti una torcia: se accenderla, come usarla e quali tenebre dissipare, come sempre nella vita, dipenderà solo da te.

    Capitolo zero (o Introduzione)

    La parte del libro che nessuno legge

    Sono stato a lungo indeciso se prevedere o no un’introduzione per questo libro: ho scoperto infatti che molte persone tendono a saltarla, il che è un peccato perché spesso l’ho trovata più interessante dell’intero testo, come in una sorta di promessa non mantenuta.

    Allora ho pensato fosse una buona idea scrivere, in un più suggestivo "capitolo zero", quanto avevo previsto per l’introduzione, convinto come sono che siano davvero in pochi a saltare bizzarramente un capitolo; lo scopo è di non mandare perso qualcosa di potenzialmente interessante.

    Alla fine, come vedi, ho scelto una soluzione spuria così adesso non sai se questo è un capitolo o un’introduzione; d’altro canto questo è un libro che parla molto delle scelte, quindi perché non proporne subito una: salti questo capitolo temendo che sia un’introduzione dissimulata o decidi di proseguirne la lettura?

    Quale che sia la tua risposta essa si basa su una scelta, effettuata adesso o tempo fa: nel primo caso è una decisione, nel secondo un’abitudine.

    Ma andiamo con ordine.

    Sotto mentite spoglie

    Nel 1992, a cavallo dell’università, iniziai una professione che mai e poi mai avrei pensato di intraprendere: quella di promotore finanziario.

    Intendiamoci, la mia riluttanza a credere di poter svolgere quella professione non era dovuta ad alcun pregiudizio nei confronti della categoria ma solo a una mia evidente incompatibilità caratteriale (tale almeno mi pareva): ero un giovane ventitreenne con una personalità decisamente spigolosa, una certa vena di misantropia a tratti prepotentemente pulsante, una presunzione forse tipica dell’età, insomma, diversi tratti che non facevano di me un potenziale venditore di successo (non ha alcun rilievo qui cercare di capire perché poi lo feci anche se immagino che fu per sfida).

    Non a caso ho usato il termine venditore perché, pur essendo tutt’oggi conscio di quanto la preparazione tecnica sia necessaria in quella professione, non mi sfugge altresì l’importanza che le capacità relazionali e di persuasione rivestono nel raggiungimento di buoni successi in quel settore.

    Ehi, ma che c’entra questo? Non sarà mica l’ennesimo libro sulla vendita?

    No, non lo è affatto, te lo posso assicurare, te lo metto per iscritto, anche se, a onor del vero, non avrei alcuna difficoltà a dimostrare come ogni interazione finalizzata a ottenere qualcosa-da-qualcun-altro concretizzi, tecnicamente, una vendita, fosse anche fare la corte alla persona che ci piace, far cambiare idea a qualcuno o convincere un lettore a terminare la lettura della nostra opera; a ogni modo non è di questo che intendo parlare.

    Velocemente mi convinsi che, di fatto, non ero che un raffinato venditore di soldi e di speranze, ed era una gran bella fatica perché in tutte quelle trattative si annidava, senza eccezioni, una specie di cortocircuito: io non chiedevo denaro a fronte di un’automobile, di un cellulare, di una visita medica, di un biglietto aereo o cose simili, no, io chiedevo denaro oggi con la promessa di più denaro o benessere domani, il tutto garantito, in via pressoché esclusiva, dalla mia credibilità e da qualche tutela di legge percepita quasi sempre come insufficiente; in sostanza, nella transazione mancavano un vero oggetto o servizio tangibili e la vendita diventava la più difficile che si potesse immaginare.

    Dunque non avevo molta scelta: o mi formavo seriamente, maturando e crescendo come uomo e come professionista, o ogni giorno avrei fatto i conti con un altro di quei frustranti no che, ti assicuro, ho raccolto a bizzeffe.

    Paradossalmente credo che fu la mia presunzione a salvarmi perché in fondo a me stesso non accettavo che io, proprio io, non riuscissi a vincere quella partita; naturalmente non fu affatto facile perché la necessità di imparare si scontrava con la mia sufficienza, il mio orgoglio e le mie vanterie che creavano di fatto il più vero e resistente dei cortocircuiti: il conflitto tra la voglia di spuntarla e la mancanza di umiltà necessaria a riuscirci.

    Sia come sia, per me ormai non si trattava più solo di conoscere il mercato finanziario o le tecniche di vendita e di persuasione da ripetere più o meno a memoria, ma anche, e soprattutto, di comprendere come le persone decidevano nel profondo: cos'è che influenzava il loro comportamento che così spesso mi stupiva e, lo ammetto, mi irritava?

    Le due cose (convincere le persone e comprenderle) possono apparire legate, e di certo lo sono, ma non sono sovrapponibili e anzi la differenza tra loro è la stessa che passa tra una soluzione e lo strumento utilizzato per individuarla.

    Voglio farti un esempio: quando iniziamo ad andare a scuola e ci insegnano, poniamo, le addizioni, la maestra non ci fa imparare a memoria le infinite soluzioni delle infinite possibili addizioni date dalle infinite possibili combinazioni degli infiniti possibili addendi, giusto? Ci insegna un metodo. In altre parole ci consegna uno strumento, non le soluzioni. Ecco, questo è ciò che cercavo: uno strumento per capire profondamente e non il maggior numero possibile di soluzioni precotte per ottenere velocemente. La mia ambizione era scoprire perché le persone operano una determinata scelta e non imparare come vendere loro qualcosa; ai miei occhi poi sembrava del tutto evidente che avere le idee chiare circa il primo aspetto mi avrebbe portato, per naturale conseguenza, a muovermi con maggior agio nell’ambito del secondo.

    Oggi so per certo che gli sforzi orientati ad aumentare la mia efficacia professionale furono, di fatto, una ricerca, inconfessata e sotto mentite spoglie, di un modo funzionale per affrontare le mie inadeguatezze e i miei conflitti sia interiori che con il mondo esterno, gli uni fatalmente legati agli altri; col senno di poi, posso dire che è stata l’esperienza chiave della mia vita, la scintilla che ha causato un incendio mai del tutto domato.

    Alla fine, ho svolto quell’attività per quasi dieci anni conoscendo centinaia di persone, facendo incontri intensi e straordinari e toccando con mano le più contraddittorie delle azioni umane: trattare il denaro per il denaro mi ha mostrato infatti un mondo, e spesso un sottobosco, del tutto imprevedibile.

    Come evidente, ho poi cambiato vita e professione ma nel farlo ho mantenuto lo stesso impulso, la stessa curiosità: studiare e comprendere i processi e le strategie che le persone adottano quando devono operare una scelta, nonché gli elementi che la influenzano.

    Non dirò mai di essere arrivato alla meta perché mai credo che ci arriverò (e che delusione se così fosse...!) ma devo dire che, lungo il percorso, le idee mi si sono chiarite.

    Se questa introduz...ops, capitolo zero, ti stesse facendo balenare l’idea di avere fra le mani un libro sulla formazione della scelta, beh, sappi che ciò è vero ma solo in parte, e comunque non tecnicamente parlando; la sfida per me, ancor prima di proporti tecniche o modelli, principi o comportamenti, valori o competenze, è farti gettare uno sguardo oltre il tuo noto, oltre le tue abitudini, le tue conoscenze, i tuoi schemi irrigiditi, le tue pigrizie, un’occhiata anche, e soprattutto, là dove non penseresti mai di cercare e, addirittura, di trovare. È persuaderti a mettere in discussione ciò che credi di sapere e farti godere dell’idea che potresti migliorare la tua vita e le tue giornate in un modo del tutto inaspettato.

    Per fare questo proverò a raccontarti alcune delle cose che ho scoperto; non sarà il tuo percorso ideale, ciò è molto probabile, ma dopotutto è giusto così perché quella è la mia personale combinazione di addendi, non la tua. E a te, come nel mio caso, saranno utili gli strumenti, non le soluzioni di qualcun altro.

    Cercherò di essere meno tecnico possibile, "q.b.", quanto basta, come il sale nelle ricette, perché la tecnica puoi trovarla dietro la porta in qualunque momento, ogni volta che dovessi decidere di saperne di più, cosa che puoi iniziare a fare dopo aver letto questo libro, leggendone un altro o frequentando un seminario o un corso.

    Ho perso il conto delle persone conosciute nel mio lavoro di formatore e devo dire che la soddisfazione più grande è quando avverto che il loro sguardo cambia, quando cioè cominciano a sentire il desiderio di volgerlo in un’altra direzione, quando si accorgono di aver afferrato qualcosa che fino a quel momento era loro sfuggito.

    Ecco, voglio fare questo, voglio portare l’attenzione del tuo sguardo prima su alcuni aspetti della vita di tutti noi e poi svelarne la struttura alla base, quella sottesa a ogni azione o attività umane; non sto scherzando, intendo davvero ogni attività umana.

    Nello scrigno delle moderne scienza e conoscenza è nascosto, ai più, uno strumento straordinario che ci regala un’opportunità storica, epocale: quella di rimettere, pur con fatica, le cose a posto.

    Forse non te ne hanno mai parlato, forse non te ne sei accorto o non ti ci sei soffermato, forse non ne hai avuto occasione, forse non hai cercato o forse sì; comunque stiano le cose, io sono persuaso che il tuo sguardo cambierà.

    Correva l’anno...

    Nella prima metà del secolo XVI un polacco che rispondeva al nome di Mikolaj Kopernik, a noi meglio noto come Niccolò Copernico, rivoluzionò la principale teoria astronomica sul sistema solare.

    E davvero si può parlare di rivoluzione; immagina solo il profondo, radicale mutamento che la teoria eliocentrica portò in ambito scientifico, culturale, sociale e filosofico: non più la Terra al centro del sistema solare ma il Sole stesso!

    A onor del vero il buon Mikolaj non ebbe a inventare (o meglio, scoprire) nulla di completamente nuovo: esistono infatti importanti evidenze secondo cui già Aristarco di Samo nel III sec. a.C., e altri dopo di lui, avevano proposto quel modello che a noi oggi appare scontato; ciò che accadde di certo fu che l’onere della prova conclusiva rimase a carico dello scienziato polacco il quale, meritevolmente, la fornì Urbi et Orbi.

    Quale che sia l’origine della prima intuizione, la portata della novità fu tale che nel corso del tempo la stessa locuzione rivoluzione copernicana ha assunto un suo significato semantico indipendente dall’evento storico, arrivando a indicare un "totale e radicale stravolgimento dello status quo" in qualunque settore dell’attività umana.

    Questo libro parla di un’altra possibile rivoluzione copernicana.

    Prima Parte - COME FUNZIONIAMO

    1. Big Bang & Big Brain

    "Senza causa o principio è impossibile

    che alcuna cosa esista o sia fatta"

    (Aristotele)

    1.1 Righe di evoluzione

    Nulla esisterebbe, né sarebbe mai esistito, senza una fondamentale dimensione della fisica: il tempo.

    Massa ed energia sarebbero prive di senso, del tutto sterili, delle non-entità se il tempo non concedesse loro di divenire e trasformarsi; ogni realtà immaginabile, ogni atto possibile, resterebbero inespressi, pura potenzialità, privi di qualunque collocazione fisica o metafisica; la loro stessa concezione costituirebbe un paradosso.

    Fortunatamente, però, il fiume del tempo ha trovato il modo di cominciare a scorrere e, miliardi di anni dopo, più a valle, ha preso a evolversi quanto di più stupefacente si sarebbe mai affacciato sul già mirabolante palcoscenico della Natura: il cervello umano.

    Oh, beninteso, nulla di autocelebrativo o antropocentrico in questa affermazione: è solo l’espressione di un’evidenza biologica e naturale unita, semmai, al rammarico per il suo cattivo uso.

    Ma quant’è davvero formidabile e potente il nostro cervello e di cosa è capace? Come è potuto diventare la macchina strabiliante che conosciamo?

    Il nostro cervello raggiunge il peso medio di 1450 gr, è circa il triplo delle dimensioni di quello dei primati geneticamente più vicini a noi (benché io conosca molti miei conspecifici che non sono stati avvisati dei due terzi in più in dotazione!), conta 100 miliardi di neuroni, milione più milione meno (approfitto di questa occasione per dire, una volta per tutte, che il cervello non è fatto solo di neuroni e che le sue straordinarie capacità sono legate più al tipo e al numero delle interconnessioni che alla mera quantità di cellule), è irrorato e alimentato da più di 16.000 km di vasi sanguigni e, in mezzo a mille altre, presenta una curiosità: se ne osservassi lo sviluppo in un embrione umano ti troveresti di fronte, con qualche piccolo trascurabile scostamento, alla proiezione di un film che ricalca la storia della sua evoluzione nel corso dei millenni; seduto in poltrona a goderti una così insolita pellicola, scopriresti inoltre con chiarezza che, ti piaccia oppure no, noi tutti discendiamo dai rettili.

    La parte più primitiva del cervello che l’uomo ha in comune con le specie dotate di un sistema nervoso in qualche modo organizzato o relativamente sviluppato, è il tronco cerebrale che, ancora oggi, condividiamo con i nostri progenitori striscianti.

    Ora: chi tra noi non ha sperimentato, in particolari occasioni, la grande potenza evocativa e chimicamente sconvolgente del proprio olfatto? Chi tra noi non ha percepito odori o profumi capaci di riportarlo con vividezza d’immagini e sensazioni ad avvenimenti passati, anche remoti?

    L’olfatto è senza ombra di dubbio il senso più profondamente radicato nella nostra coscienza, nel nostro centro di elaborazione dati. Esiste una ragione evolutiva.

    La prima struttura organizzata del nostro sistema nervoso centrale fu proprio il lobo olfattivo sul quale, e solo dopo il quale, iniziò l’evoluzione dei sistemi superiori come il limbico e il rinencefalo, via via arrivando alle cortecce e ai lobi prefrontali di... ultima generazione, è proprio il caso di dirlo.

    Per comprendere la ragione della centralità evolutiva dell’olfatto basti pensare che, diversamente dagli altri sensi, questo può arrivare a distanze di rilevamento eccezionali con manifesti vantaggi sia per i predatori che per le prede, senza contare l’importanza della marcatura olfattiva che ogni individuo, univocamente, possiede; tanto per fare un esempio, l’attuale orso polare è capace di individuare una possibile preda a oltre trentacinque chilometri, distanza improponibile per vista e udito.

    Il passo successivo, in senso evoluzionistico, non poteva che essere quello di associare agli odori i giusti comportamenti, in modo da aumentare l’utilità delle singole percezioni (olfattive ma non solo).

    E così fu: in altre parole si trattò di creare e memorizzare una gamma di comportamenti, finalizzati alla sicurezza (difesa) e all’alimentazione (ricerca e/o attacco), il più possibile caratterizzati da tempi di reazione rapidissimi.

    Quelle che noi chiamiamo reazioni istintive altro non sono che

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