CRONISTORIA DI UN CONFLITTO - La crisi ucraina vista dall'Italia
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Anteprima del libro
CRONISTORIA DI UN CONFLITTO - La crisi ucraina vista dall'Italia - Francesco Luigi Favara
dall’Italia
Prefazione
Da tempo seguo con interesse gli avvenimenti ed i fatti nel mondo che sta attorno a noi, appassionato di natura, ambiente, storia, politica, ho cominciato a cercare di leggere tutto quello che è presente nelle notizie che ci vengono fornite dai media.
Mi è spesso capitato di verificare, anche attraverso la mia esperienza professionale diretta, che molto di frequente tali notizie non rispondono o solo in parte rispecchiano la realtà.
Così la mia innata curiosità di ricercatore, seppur non accademico, mi ha spinto a tentare di arrivare alla fonte delle notizie o quantomeno a ricercare una pluralità di fonti da mettere a confronto, per arrivare ad identificare, almeno, una mia
verità.
Osservare con i propri occhi
è da tempo diventato il mio motto. Se non è possibile farlo direttamente, quantomeno è opportuno analizzare con spirito critico ciò che accade intorno a noi.
Spesso per interessi diversi, ci vengono presentati fatti nel modo che fa gioco a chi li presenta, poiché la ricerca del consenso e la formazione di un’opinione pubblica, che pervada la massa, sono alla base di qualunque forma di governo.
Osservare con i propri occhi e formare quindi una propria opinione sui fatti sta alla base della libertà. Libertà di coscienza e libertà di pensiero. Libertà di coscienza e libertà di pensiero non significano tuttavia libertà di azione, poiché la propria libertà di azione deve sempre essere messa di fronte alla libertà del prossimo, per il quale la nostra azione potrebbe essere in contrasto con la sua libertà di vita.
Sulla base di questi principi che fanno parte integrante del mio modo di pensare e di essere, ho focalizzato, più recentemente, il mio interesse sulle vicende internazionali e più in generale sulla geopolitica.
Non tutto è casuale. Contatti, con persone più direttamente coinvolte nelle tragiche vicende che hanno sconvolto e stanno ancora sconvolgendo l’est europeo e più in particolare l’Ucraina, mi hanno spinto a dedicare un po’ del mio tempo a memorizzare attraverso un blog, miei pensieri, osservazioni, commenti su ciò che leggevo e mi veniva riferito da chi vive sul posto. La raccolta organica dei post memorizzati, integrata da ulteriori notizie provenienti da fonti diverse, mi hanno consentito la stesura del presente volumetto, che spero possa essere utile al lettore per conoscere gli avvenimenti e, sulla base di ciò che scrivevo prima, gli consenta di costruire una propria opinione sui fatti.
Riassumo quindi, in queste pagine, in una sorta di diario, le informazioni raccolte dall’Italia, che comprendono, come detto, testimonianze e documenti di fonte italiana, internazionale e locale.
Sintesi dei contenuti
Sono qui identificati tutti i principali eventi che hanno determinato e caratterizzato il conflitto scoppiato a partire dai primi mesi del 2014 nell’est, sud-est dell’Ucraina nella regione del Donbas, compresa tra gli Oblast di Lugansk e Donetsk. Conflitto innescato nel novembre
2013 e che purtroppo non ha ancora visto il suo termine, causando migliaia di vittime, anche civili e distruzione di abitazioni ed infrastrutture civili, di trasporto ed industriali.
Sono descritte con un maggiore grado di dettaglio le battaglie principali che hanno avuto un peso più rilevante nel conflitto ed hanno determinato la maggior perdita di vite umane e di attrezzature belliche.
Dato il momento storico particolare che ha visto il nascere del conflitto ucraino, sviluppato contemporaneamente a quanto stava accadendo in medio oriente, con l’avanzata dello Stato islamico, è stato presentato un parallelismo tra i due conflitti evidenziando per entrambi, l’inizio e gli sviluppi, le motivazioni, le parti coinvolte, il ruolo del governo, il ruolo dei ribelli
e la posizione dell’occidente.
Inizio della crisi
Partiamo dai fatti che hanno dato il via alla crisi e le prime fasi del suo sviluppo.
21 novembre 2013 - marzo 2014
Prima fase della crisi
La notte del 21 novembre 2013, iniziarono a Kiev delle manifestazioni, all'indomani della sospensione dei preparativi per la firma a Vilnius da parte del Governo ucraino di un accordo di associazione e di libero scambio, che l’Ucraina stava per avviare con l’Unione Europea.
Il presidente Viktor Yanukovyc, al momento della firma, fece marcia indietro, a seguito delle pressioni indotte dalla Russia, che metteva in evidenza l’inadeguatezza del sistema economico, normativo e produttivo ucraino, all’ingresso in quello europeo, senza nascondere la minaccia di cancellare lo sconto sulla fornitura di gas, che vedeva l’Ucraina impegnata con la Russia per 25 anni.
Il contratto era stato precedentemente firmato, da parte ucraina, dall’allora primo ministro Yulia Timoshenko (detenuta in carcere dal 2011 per abuso di potere
).
Questa retromarcia innescò le proteste iniziate pacificamente a Kiev in Piazza dell’Indipendenza (in seguito denominata Maidan
o EuroMaidan
).
Le proteste che presero spunto dal mancato accordo, si estesero alla denuncia della corruzione della classe dirigente e durarono circa 3 mesi, nonostante la presenza della polizia, le rigide temperature sotto zero e la neve, videro la partecipazione nutrita di alcune centinaia di migliaia di persone.
Con il passare delle settimane l’escalation delle proteste fu continua e la partecipazione pacifica e spontanea del popolo gradualmente divenne violenta, per le infiltrazioni di squadre di facinorosi e di attivisti del Pravi Sektor, organizzazione dichiaratamente e notoriamente di estrema destra neonazista e di altre formazioni politiche.
Violenti scontri ebbero luogo, già il 1º dicembre ma dal 19 al 25 gennaio 2014, si intensificarono ulteriormente, in risposta ai tentativi di repressione della polizia ed all'approvazione (16 gennaio 2014) di una legge contro la libertà di manifestazione.
La riforma prevedeva il divieto di accamparsi nei luoghi pubblici senza autorizzazione e la responsabilità penale per chi diffamava i funzionari governativi e chi distribuiva documenti estremisti
di propaganda.
Rapidamente la situazione degenerò con attacchi verso le forze dell’ordine che si limitavano a subire gli attacchi, in mancanza di precisi ordini superiori.
Yanukovyc sembrava inesistente e non si assumeva l’onere di riportare l’ordine sulla piazza.
Ci furono sparatorie ad opera di cecchini di schieramento allora ignoto. Complessivamente, secondo i dati del Ministero della sanità ucraino, tra il 30 novembre 2013 e il 14 aprile 2014, si registrarono 106 morti ammazzati, di cui 49 nella sola giornata del 20 febbraio
Di fatto venne accusato il presidente Yanukovyc di aver represso con il sangue una pacifica manifestazione.
Nonostante fosse stato quasi trovato un momento per un incontro tra il presidente ed i rappresentanti dei manifestanti, la situazione degenerò, con l’occupazione dei palazzi governativi e della residenza del presidente, che fu costretto alla fuga.
A quel punto la situazione del tutto degenerata era nelle mani di bande di violenti, saccheggiatori, lasciati completamente indisturbati.
Apparvero truppe organizzate
, probabilmente mercenari che operavano al posto dell’inesistente, incapace, non addestrato esercito regolare ucraino.
Si venne a sapere, anche per successiva dichiarazione della presidenza degli Stati Uniti d’America che i fondi per la manifestazione provenivano dagli USA fiancheggiati dalla UE e che i manifestanti erano pagati per manifestare
con circa 40 Euro al giorno.
Nei primi mesi del 2014, Barack Obama inviò Victoria Nuland, funzionaria incaricata dei rapporti statunitensi con Europa ed Eurasia, in missione diplomatica in Ucraina.
Il piano elaborato dall'Amministrazione americana prevedeva una messa all'angolo dell'Unione Europea, il cui ruolo sarebbe stato scavalcato, come rivelato da una dichiarazione trapelata dall'intercettazione illegale di un colloquio della Nuland con l'ambasciatore statunitense in Ucraina. Il linguaggio crudo e tranchant della Nuland generò infatti imbarazzo diplomatico tra Stati Uniti e Unione Europea.
A questo punto i tre lider della rivolta, il democratico Arseniy Yatsenyuk, il populista Vitaly Klitschko e l'ultra-nazionalista Oleh Tyahnibok, autoproclamarono sulla piazza un governo ed un presidente provvisorio, liberarono la Timoshenko e dichiararono la messa fuori legge della lingua russa, con riconoscimento in tutto il paese di quella ucraina; ciò venne considerata una evidente discriminazione delle popolazioni di lingua ed origine russa.
In Ucraina orientale e in Crimea, russofone e prevalentemente post- comuniste, questa azione venne vissuta come un golpe filo- occidentale, perpetrato ai danni di un presidente democraticamente eletto, soprattutto grazie ai loro voti e come una discriminazione nei loro confronti e nei confronti della loro cultura.
Questo fu l’elemento che scatenò la rivolta della Crimea, con popolazione prevalentemente russa e dove era stazionata la Flotta russa del Mar Nero, attraverso una concessione del governo ucraino. Il governo locale della Crimea rifiutò di riconoscere il nuovo governo centrale e il nuovo presidente ucraino, sostenendo che il cambiamento sarebbe avvenuto in violazione della costituzione ucraina vigente. La