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Sangue: versione filologica del racconto
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Sangue: versione filologica del racconto
E-book58 pagine30 minuti

Sangue: versione filologica del racconto

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Info su questo ebook

Ho letto l’eccellente racconto “Sangue” di Arcybašev, che, per la sua abilità artistica, è più potente di qualsiasi argomentazione per attirare le persone verso il vegetarianismo, o meglio, per liberarsi della superstizione relativa alla necessità di cibarsi di esseri viventi. Non sto a raccontarvi il contenuto di questo bel racconto, per non rovinarvelo, ma vi consiglio vivamente di acquisire dall’autore il permesso di pubblicarlo e di inserirlo integralmente o per estratti nella vostra rivista.
Con grande stima
Lev Tolstoj
LinguaItaliano
Data di uscita14 mar 2021
ISBN9788831462174
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    Anteprima del libro

    Sangue - Mihaìl Arcybašev

    Mihaìl Arcybašev

    Sangue

    versione filologica del racconto

    (1903)

    a cura di Bruno Osimo

    Copyright © Bruno Osimo 2020

    Titolo originale dell’opera: Кровь

    Traduzione dal russo di Rebecca Bossi, Maria Deliasanov, Alessia Gennari, Nicolas Grecchi, Alice Iotti, Chiara Lombardi, Elisa Massari, Martina Pagliafora, Silvia Paramithiotti, Francesca Pierri, Francesca Turri.

    Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica

    La stampa è realizzata come print on sale da Kindle Direct Publishing

    ISBN 9788831462174 per l’edizione elettronica

    ISBN 9788831462181 per l’edizione cartacea

    Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it

    Traslitterazione

    La traslitterazione è realizzata in base alla norma ISO 9:

    â si pronuncia come ‘ia’ in ‘fiato’ /ja/

    c si pronuncia come ‘z’ in ‘zozzo’ /ts/

    č si pronuncia come ‘c’ in ‘cena’ /tɕ/

    e si pronuncia come ‘ie’ in ‘fieno’ /je/

    ë si pronuncia come ‘io’ in ‘chiodo’ /jo/

    è si pronuncia come ‘e’ in ‘lercio’ /e/

    h si pronuncia come ‘c’ nel toscano ‘laconico’ /x/

    š si pronuncia come ‘sc’ in ‘scemo’ /ʂ/

    ŝ si pronuncia come ‘sc’ in ‘esci’ /ɕː/

    û si pronuncia come ‘iu’ in ‘fiuto’ /ju/

    z si pronuncia come ‘s’ in ‘rosa’ /z/

    ž si pronuncia come ‘s’ in ‘pleasure’ /ʐ/

    Sangue

    I

    Dai giovani possidenti Vinogràdov, sposati solo l’inverno scorso, che avevano vissuto tutto l’inverno in campagna, arrivarono ospiti: i due fratelli Borìsov e lo scrittore Gvózdev. Il maggiore dei Borìsov era un uomo sulla trentina molto magro, miope e molto buono. I capelli, come la barba, erano chiari e radi. Si chiamava Nikolàj Andréevič. Era libero docente.

    Suo fratello, studente, lo chiamavano tutti semplicemente Sergéj, tutti lo adoravano per il suo aspetto sano e bello, la sua allegria, il suo carattere equilibrato, la sua arguzia e le sue idee simpatiche.

    Gvózdev, Alekséj Petróvič, era un romanziere le cui opere erano molto apprezzate da quella parte del pubblico che innanzitutto richiede agli scrittori un’idea simpatica, sincera e buona. Si vestiva alla russa e si tagliava i capelli a scodella. Arrivarono tutti e tre nello stato d’animo migliore, e col loro arrivo rallegrarono l’atmosfera della casa.... Non solo i padroni di casa ma anche la servitù era contenta dell’arrivo di questi ospiti allegri e generosi. Ma soprattutto era contento lo stesso Vinogràdov: nonostante fosse sposato da poco, non si fosse ancora lasciato alle spalle il piacere febbrile dei primi contatti felici con la giovane moglie, bella e sana, la monotonia della vita di campagna e del solo amore cominciava a pesargli.

    Quando la carrozza del zemstvo[1] con attaccata una coppia di cavalli forti e robusti dalle code bagnate e legate, tintinnando e facendo rumore, si avvicinò al kryl'có[2] di casa Vinogràdov. Lo stesso Vinogràdov, senza cappotto né cappello, con addosso soltanto una vecchia tužurka[3] che portava in casa perché piaceva a sua moglie, sbucò sul kryl'có sorridendo allegro e vivace.

    «Bravi ragazzi che siete venuti!» esclamò con la bella voce squillante.

    Gli ospiti ridendo e rispondendo ai saluti balzarono fuori dalla carrozza, portando con sé i fucili e le cartucciere. Due meravigliosi cani da caccia saltarono fuori dietro di loro: il setter rosso scuro morbido e riccio di Gvózdev, di nome Aiax, e il gordon robusto e slanciato Marx, di Sergéj Borìsov.

    Quando arrivò il lavorante Ivàn, digrignando i denti, dalla carrozza prese due sacche di tela e seguendo i signori le mise in anticamera.

    «Cosa c’è?» chiese Vinogràdov, tutto felice, alzando le sopracciglia.

    Ivàn, sempre digrignando i denti rivoltò il bordo di un sacco e spuntò il collo di alcune bottiglie, argentate e rosse. Gvózdev, toltosi il cappotto, si fermò e con la mano libera si diede dei colpetti sul collo[4], in modo così espressivo da far ridere tutti.

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