Dalla Russia con dolore. Il nuovo disordine mondiale
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Anteprima del libro
Dalla Russia con dolore. Il nuovo disordine mondiale - Giulio Sapelli
© goWare
febbraio 2015, prima edizione digitale italiana
ISBN 978-88-6797-314-9
Copertina: Lorenzo Puliti
Redazione: Elisa Baglioni
Sviluppo ePub: Elisa Baglioni
goWare è una startup fiorentina specializzata in digital publishing
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Presentazione
Il passaggio dall’ordine al disordine internazionale è la cifra del nostro tempo. Le speranze suscitate dalla fine della Guerra fredda si sono trasformate in un incubo ancor più inquietante. Le grandi nazioni stentano a trovare una via d’uscita che restituisca al mondo l’equilibro perduto.
La Russia è al centro di questo dramma. Non soltanto perché c’è Putin, ma perché l’uscita caotica dal comunismo e la politica occidentale verso il grande Stato euroasiatico hanno fatto tornare d’attualità la questione russa. È proprio questo il punto che discute in questo saggio, pungente e illuminante, Giulio Sapelli che cerca di farci vedere una realtà che i telegiornali non ci raccontano.
Un discorso di Putin sulla situazione internazionale, una sua intervista all’emittente tedesca ARD e infine un’intervista di Michail Khodorkovsky, oppositore di Putin, completano questo testo che esce dagli schemi ripetuti.
* * *
Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica all’Università degli Studi di Milano ed editorialista del Messaggero
, è una delle voci più originali e fuori dal coro tra gli economisti italiani. Intellettuale poliedrico, unisce storia, filosofia, sociologia e cultura umanista in uno stile personalissimo e profondo.
A Maurice, in memoriam
La Russia nell’epoca del disordine mondiale
di Giulio Sapelli
1. L’era del disordine internazionale
Il segno dei tempi è oggi quello del passaggio dall’ordine al disordine internazionale. Al crollo dell’impero sovietico non è corrisposto un nuovo trattato internazionale che ricomponesse in una prospettiva di lungo periodo la ricostruzione di una nuova sistemazione "westfaliana", ossia fondata sul rispetto non solo delle sovranità, ma altresì della storia e della dignità culturale delle singole Nazioni. L’idea gollista di una nuova Europa estesa dall’Atlantico agli Urali non solo è fallita, ma si è trasformata in un accrescimento delle divisioni tra l’Europa e la Nazione euroasiatica per eccellenza, ossia la Russia.
Il declino egemonico degli USA sovrasta la divisione tra Europa ed Eurasia e la sovradetermina ormai in forma irreversibile.
Il benefico neodisegno imperiale USA del Trattato Transatlantico da un lato e di quello Transpacifico dall’altro, è teoricamente l’ultima chance che rimane per ritornare a un nuovo ordine cooperativo mondiale.
Esso, realisticamente, non può che essere sovradeterminato da una nuova egemonia USA cooperativa. Ciò che ostacola questo disegno è la crescita non negoziale cinese, da un lato, e l’isolamento russo dall’altro. Due fenomeni che non possono dar vita a un’unità strategica, perché sia la Russia, sia la Cina, sia la Germania sono tutti Stati, prima che Nazioni, che hanno una vocazione stand-alone, ossia autoreferenziale e anticooperativa. Anche il Giappone di Shinzō Abe riprende questa via con il neokeynesismo da armamento che segue il modello USA. Esso è antieuropeo in economia. Tale modello si oppone, come è noto, all’austerità ordoliberistica a dominazione teutonica che caratterizza la deflazione secolare appena iniziata grazie, appunto, alla fallimentare politica sin qui seguita in Europa. Una ferita che sanguinerà nel cuore dell’Europa per molto tempo e ne protrarrà l’internazionale instabilità e fragilità disarmata.
Il fatto che gli USA non siano riusciti sino a ora a sconfiggere l’austerità teutonica, che mina alla base un corno del disegno neoimperiale prima richiamato, è il dramma della nostra epoca.
Il nesso tra iperregolazione liberista in economia da un lato, e crescita della crisi da isolazionismo della Russia – con l’aggressività verso la Crimea e l’Ucraina – dall’altro, induce a una ridefinizione dei rapporti tra economia e politica su scala mondiale. Gli USA hanno a tratti la consapevolezza di ciò. È dimostrato dalla ripresa dei rapporti negoziali diplomatici e non solo con Cuba: una vicenda che rimette in gioco anche la diplomazia vaticana, che trae i frutti da un lavoro ventennale iniziato con Papa Giovanni XXIII. Ma gli USA non hanno più la forza intellettuale e morale, di avere una performance regolare e continua in questa direzione neoimperiale diretta a ricostituire l’ordine e non a distruggerlo, come hanno fatto con immensi danni in Iraq e in Libia in primo luogo.
Il futuro non sarà asiatico, ma africano. Per esempio, per quanto riguarda le risorse energetiche l’Asia, salvo il carbone, ne è carente in forma esponenziale rispetto all’Africa. Per questo è essenziale ricostruire o costruire la statualità africana. La crisi provocata dalle primavere arabe, inoltre, immediatamente trasmutatesi in autunno, è tracimata nella crescita del disordine centroafricano a cui l’attivismo francese ha aggiunto più instabilità che mai (come sempre accade con Nazioni che hanno ambizioni imperiali che perseguono senza tuttavia averne più i mezzi).
Il tema dello State-building è il tema centrale. L’ISIS si abbatte ricostituendo una solidarietà internazionale che in primo luogo favorisca il superamento dello scisma islamico con retroterra statuali contrapposti (Stati del Golfo da un lato e Iran dall’altro). E in secondo luogo non crei nell’OPEC il punto di caduta delle divisioni islamiche e insieme dell’indebolimento degli USA. Anni or sono nessuno si sarebbe mai permesso di usare i differenziali di quote prodotte dell’OPEC per indebolire lo shale gas e il tight oil USA come oggi accade, cogliendo anche l’occasione per intensificare le sanzioni contro la Russia.
Non indebolire la Russia è essenziale per ricostruire l’ordine mondiale, in primis nei confronti del mondo arabo e persiano.
Questa infernale situazione di disordine va risolta nel lungo periodo, riformando i trattati europei, senza di cui la ripresa economica non verrà mai e si avrà, invece, una asimmetria sempre più drammatica tra la Germania e i paesi mediterraneo-continentali.
È solo ricostruendo una visione neoimperiale che si fondi sulla difesa delle sovranità statuali sia in Europa, sia Africa, sia in Asia, che si può iniziare a ricostruire l’ordine mondiale, non riproponendo la triste sciagura di una politica internazionale delle grandi e medie potenze fondata, invece, sui cosiddetti diritti umani, anziché sul fondamentale principio del realismo. E il principio del realismo ci deve far riconoscere che i veri nemici della civilizzazione vengono dall’instabilità scismatica dell’Islam e dalla Cina che sta divenendo una potenza sempre più aggressiva; non dalla Russia, quali che siano le regionali crisi in atto.
Se il principio ordinativo europeo si fonda sull’equilibrio tra Stati, quello asiatico – ahimé – si fonda secolarmente sulla gerarchia e quindi sulla sottomissione tra Stati.
Questo implica minacciare l’uso della forza con sempre più decisione da parte sia degli USA sia dell’Europa, e quindi della Russia, senza infingimenti e irrisolutezze se si vuole impedire l’accentuarsi del disordine internazionale e delle minacce alla stessa pace mondiale.
Per far questo occorre ricostruire una leadership intellettuale e morale dell’Occidente, senza esitazioni e senza infingimenti.
Gli ostacoli alla ricostruzione dell’ordine internazionale sono anche economici.
2. La globalizzazione cambia verso
È per questo che l’esame della situazione economica mondiale è necessario.
La globalizzazione, infatti, segna il passo e le sue armate hanno cambiato spalla ai loro fucili. La recente fondazione di una sorta di nuova banca mondiale creata dai BRICS a Shanghai, ne è una prova e le crescenti tensioni con la Russia in Europa ne sono un’altra. Oggi la globalizzazione avviene non nell’ordine, ma nel disordine mondiale.
Il problema è che questa divaricazione diplomatica sul piano mondiale non si accomuna, come credevano alcuni anni or sono i