Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L’amante in carica
L’amante in carica
L’amante in carica
E-book152 pagine2 ore

L’amante in carica

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Incorreggibile donnaiolo, Pawel Kohoutek ha un’insopportabile abitudine: dilungarsi con le amanti sulle bellezze della sua regione natia e sulla eccentricità della sua famiglia. Incantata dai racconti e dalle promesse, l’ultima delle sue conquiste, ovvero l’amante in carica, si presenta nel casale di campagna dove lui abita con un’enorme valigia al seguito. Non sapendo come nascondere la presenza della donna alla moglie, al figlio e agli altri inquilini della vasta abitazione (tra cui i suoi genitori, i nonni, il vecchio pastore), Pawel la conduce nella soffitta dell’ex mattatoio. Portandole cibo e coperte riesce in qualche modo a gestire la situazione, fin quando si ritrova a dover fare i conti con l’audacia dell’amante, che abbandona il nascondiglio e decide di presentarsi alla famiglia di Kohoutek…

Con scrittura magistrale e l’ironia che lo distingue, Pilch mette in scena una delle sue più grandi ossessioni: la dipendenza dalle donne e dal sesso, su cui incombe severo l’occhio giudice dei luterani.
LinguaItaliano
Data di uscita2 apr 2014
ISBN9788897012948
L’amante in carica

Correlato a L’amante in carica

Ebook correlati

Narrativa cristiana per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L’amante in carica

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L’amante in carica - Pilch Jerzy

    le stelle

    titolo originale

    Inne rozkosze

    Jerzy Pilch

    L’AMANTE IN CARICA

    traduzione di Lorenzo Pompeo

    © 1995 Jerzy Pilch

    © 2011 Lantana editore srl

    ISBN: 978-88-97012-94-8

    www.lantanaeditore.com

    La pubblicazione di quest’opera è stata finanziata

    da Instytut Książki – The © Poland Translation Program.

    Una scrittura magistrale, che mette a nudo l’animo maschile in tutti i suoi aspetti, più o meno nobili.

    Incorreggibile donnaiolo, Pawel Kohoutek ha un’insopportabile abitudine: dilungarsi con le amanti sulle bellezze della sua regione natia e sulla eccentricità della sua famiglia. Incantata dai racconti e dalle promesse, l’ultima delle sue conquiste, ovvero l’amante in carica, si presenta nel casale di campagna dove lui abita con un’enorme valigia al seguito. Non sapendo come nascondere la presenza della donna alla moglie, al figlio e agli altri inquilini della vasta abitazione (tra cui i suoi genitori, i nonni, il vecchio pastore), Pawel la conduce nella soffitta dell’ex mattatoio. Portandole cibo e coperte riesce in qualche modo a gestire la situazione, fin quando si ritrova a dover fare i conti con l’audacia dell’amante, che abbandona il nascondiglio e decide di presentarsi alla famiglia di Kohoutek...

    Con scrittura magistrale e l’ironia che lo distingue, Pilch mette in scena una delle sue più grandi ossessioni: la dipendenza dalle donne e dal sesso, su cui incombe severo l’occhio giudice dei luterani.

    L’AMANTE IN CARICA

    I

    Quando, nell’anno Domini 1990, il dottore veterinario Paweł Kohoutek diede un’occhiata fuori dalla finestra e notò la sua amante in carica che passava per il giardino, col suo tipico tronfio fatalismo pensò che gli occorreva un’avventura che sarebbe dovuta servire da monito per tutti. L’attuale amante di Kohoutek portava un cappotto blu, la sua divina scatola cranica era coperta da un cappellino sbarazzino, mentre l’enorme valigia che si trascinava dietro lasciava nell’erba imbiancata di novembre le scure tracce della definitiva sconfitta.

    «Se fosse venuta per poco, solo per discutere con me, se fosse venuta a farmi una visita occasionale e non annunciata, sarebbe già stata questa una storia sconcertante», pensò Kohoutek. «Già così sarebbe stata una storia degna di un libro». Ma la sua amante non era venuta a fargli visita. Con due mani trascinava una valigia, mentre uno zaino pieno fino all’orlo gravava sulle sue esili spalle. Anche se Kohoutek la conosceva da appena diciassette settimane, sapeva perfettamente qual era il contenuto della valigia e dello zaino. Nella valigia c’erano i libri, nello zaino tutto il resto degli oggetti che le appartenevano. Kohoutek, chiudendo gli occhi, poteva elencare gli oggetti uno per uno, poteva senza difficoltà enumerare tutti i componenti del suo guardaroba: sette sottane nere, due camicette bianche, due camicie maschili color cachi, un vestito grigio a strisce bianche, tre minigonne nere, un paio di jeans e due paia di scarpe col tacco piatto, stivali fino al ginocchio, che l’amante in carica aveva ereditato dalla madre, un golf nero, una giacca maschile di tweed, che le stava benissimo, calze e alcune decine di mutandine bianche di vari modelli. Già, l’attuale donna di Kohoutek aveva messo in valigia tutto il suo patrimonio e poi era partita per stabilirsi definitivamente da lui dopo quel tormento fatto di brevi incontri e durato diciassette settimane. Aveva regolato i conti, pulito la stanza, aveva tirato giù dallo scaffale tutti i libri di Milan Kundera pubblicati in polacco, Il tentatore di Broch, Storia della filosofia di Tatarkiewicz, i libriccini con le poesie di Stanisław Barańczak e Ryszard Krynicki. Con una perversa meticolosità aveva messo in valigia anche la raccolta delle opere scelte del più grande scrittore polacco vivente, che da lettrice adorava in modo platonico, e del quale Kohoutek era geloso, ma in modo per nulla platonico. Ne era geloso come una bestia e non a torto: il più grande scrittore polacco vivente apparteneva all’immortale generazione degli infaticabili tombeur de femme. In poche parole, l’attuale amante di Kohoutek aveva impacchettato tutte le sue cose e i suoi libri, restituito la chiave alla padrona, era andata alla stazione, aveva comprato il biglietto ed era partita per il paese natale di Kohoutek. Non ci era mai stata, ma dai racconti di Kohoutek conosceva alla perfezione quel borgo abitato esclusivamente da evangelici luterani.

    Kohoutek aveva l’insopportabile abitudine sentimentale di raccontare alle sue donne della regione di Cieszyn. Quelle tentavano, si sforzavano, secondo lui inutilmente, di contenere la sua incontenibile meraviglia mentre lui sciorinava i racconti su Partecznik, Dziechciniec e Jurzyków, parlava della casa, che aveva costruito il suo bisnonno, il maestro macellaio Emilian Kohoutek, oppure del giardino, un tempo corte di un grande mattatoio. Ovviamente Kohoutek sapeva che la consuetudine di narrare alle sue amanti dei luoghi familiari non era solo insopportabile. Sapeva anche che si trattava di un’abitudine catastrofica. «A ogni modo, proprio in questa occasione», pensò Kohoutek, osservando la sua amante in carica passare attraverso il giardino, «nel caso di questa incredibile storia, ho un buon motivo per pensare alla catastrofe. Avrei fatto decisamente meglio a evitare di raccontarle della regione di Cieszyn, avrei fatto meglio a non parlare di me, a non darle l’indirizzo, il nome, il cognome, a non assentire a tutto, a non prometterle cose che non stanno né in cielo né in terra, magari a evitare quella compagnia così esuberante».

    Com’erano inutili, com’erano retorici, vacui e, fortunatamente, altrettanto momentanei i rimorsi di Kohoutek! Non bisognava prendere l’autobus della linea espresso A. Non bisognava girare mille volte da una località all’altra. Non bisognava fare alcuna domanda, e soprattutto non bisognava fare la prima domanda: «Mi scusi, signora, cosa legge?» Non bisognava massacrare il sistema nervoso centrale con quelle smisurate porzioni di mondo. Punto. Kohoutek ascoltò, e forse sussurrò, la prima riga delle lamentazioni: per un attimo riaffiorò il ricordo del leviatanico autobus della linea espresso A, nel quale la vide per la prima volta, ma nulla di più. Per la parte successiva delle lamentazioni, forse la più bella dal punto di vista stilistico, non c’era più tempo. Kohoutek osservava la sua amante in carica passare attraverso il giardino, il suo cervello dunque funzionava con una precisione assassina. Si chiese se qualcuno dei casigliani non l’avesse già notata.

    La madre di Kohoutek avrebbe potuto notare l’amante di suo figlio. L’avrebbe potuta notare il pastore o la moglie del pastore. L’avrebbe potuta notare anche la signora Wandzia o la madre della signora Wandzia. Oppure l’avrebbe potuta notare Oma, la nonna di Kohoutek. Il signor direttore, il nonno di Kohoutek, sospirando profondamente, avrebbe potuto arguire che qualcuno a cui il nipote era molto legato si trovava nel giardino. Il figlio di Kohoutek avrebbe potuto vedere l’amante del padre e anche la moglie l’avrebbe potuta scorgere. L’avrebbero potuta notare tutti. Ma per un briciolo di fortuna, o piuttosto per una colossale fortuna, era possibile che nessuno l’avesse notata. Erano in corso gli ultimi preparativi per il compleanno di Oma. Inoltre dal mattino, anzi, precisamente dalla sera prima, l’attenzione dei casigliani era rivolta ai due chili di polpette di manzo nascoste da Oma, la nonna di Kohoutek. La questione era urgente, perché ­ le polpette scadevano nell’arco di otto giorni e dall’acquisto ne erano passati già due. Il tempo avanzava impietosamente verso la sua formula definitiva: un barattolo di polpette di manzo che oltrepassa il termine di scadenza indica l’eternità che esplode con vampe sulfuree.

    La moglie del pastore guidava tutti sulle tracce delle polpette scomparse senza averne alcuna notizia, chiedendo a cena cosa fosse successo a quelle polpette. Quali polpette? Replicò con un’altra domanda la madre di Kohoutek. Quelle che ho comprato ieri. Tra otto giorni decorrerà il termine di scadenza e ne sono passati già due.

    «Oma!», la madre di Kohoutek si era rivolta a Oma, la nonna di Kohoutek; le sedeva accanto e, come al solito, a causa della sordità di Oma, ripeteva a voce alta e scandendo le parole quanto si diceva a tavola. A Kohoutek, il quale difficilmente potrebbe essere considerato un testimone neutrale dei fatti, sembrava sempre che tra i casigliani regnasse la segreta abitudine di riferire le battute di bocca in bocca.

    «Oma, cos’è successo alle polpette che ieri ha comprato la moglie del pastore? Tra otto giorni decorrerà il termine di scadenza».

    «Sono in frigo», replicò Oma.

    Era successo il giorno prima, ma Kohoutek lo ricordava così bene, come se fosse successo quel giorno. Kohoutek vide sé stesso: proprio lui, Kohoutek! Kohoutek che si alza dal tavolo, entra nella dispensa, apre il frigorifero e si mette a guardare lì: ci sono diversi piatti sugli scaffali illuminati da quei bagliori polari, ma delle polpette di manzo neanche l’ombra.

    Quando fu evidente che le polpette non stavano neanche in altri posti raggiungibili dai mortali, fu chiaro a tutti quanto era prevedibile: le polpette avevano fatto la stessa fine dei würstel, delle salsiccette, dei pasticci, degli arrosti, degli insaccati di pollo, degli sformati, della trippa, delle salsicce e di molti altre cibarie scrupolosamente e, in generale, irrimediabilmente nascoste da Oma.

    Il corso delle ricerche del giorno precedente riempiva ancora la testa di Kohoutek appoggiata sul vetro. Anche se si era svolta il giorno prima, a Kohoutek sembrava durasse da anni. Avevano cercato per tutta la sera e per tutto il pomeriggio seguente. Cominciava a serpeggiare un certo scoraggiamento, proporzionato al tempo trascorso nell’inutilità delle attività di ricerca. I primi evidenti segni dell’apatia, della mancanza di volontà, e persino della rivolta cominciarono pian piano a manifestarsi sui volti dei ricercatori esausti.

    A dire il vero la moglie del pastore non prese parte alle ricerche. Subito dopo il pranzo – zuppa di funghi con pasta, polpette di carne macinata di vitello, insalata con rape rosse, patate e composta di ciliegie –, dopo aver ingoiato l’ultimo boccone e dopo aver elegantemente sputato il nocciolo dell’ultima ciliegia sul piattino, la moglie del pastore, arrabbiata e spazientita per il disordine delle ricerche, ora più intense e ora più blande, si cambiò e andò in chiesa per l’incontro del circolo delle donne. Il pastore dichiarò che avrebbe controllato se per caso il barattolo non fosse stato nascosto tra i libri del suo studio. Con una cura eccessiva si chiuse alle spalle la porta laccata di bianco, e immediatamente calò un silenzio funebre, a evidente dimostrazione del fatto che di nuovo era preda dell’ispirazione, e con straordinaria rapidità, ingoiando lettere e parole, scrisse una delle sue infiammate prediche. Oma, nascondendo le polpette, era andata a ficcarsi chissà dove, o forse si sapeva, ovvero con ogni probabilità nello stesso posto di sempre. La moglie di Kohoutek studiava le lingue straniere. Il figlio di Kohoutek guardava i canali satellitari. Il nonno si trovava nel mondo dei sogni del miope goloso, al quale solo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1