Nella casa del milionario: Harmony Collezione
Di Sara Craven
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Info su questo ebook
Tallie Paget si è trasferita a Londra per inseguire il sogno di diventare un'affermata scrittrice. In cerca di un alloggio, non crede alle proprie orecchie quando Kit le propone di prendersi cura del suo splendido appartamento mentre è lontano per lavoro. Tutto sembra crollare quando Mark Benedict, legittimo proprietario di casa e fratellastro di Kit, rientrato a Londra, scopre Tallie nella propria doccia e le chiede di andarsene. Quel sensuale incontro, però, non ha di certo lasciato indifferente Mark, e ha turbato anche i pensieri di Tallie.
Sara Craven
E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.
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Anteprima del libro
Nella casa del milionario - Sara Craven
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
One Night with His Virgin Mistress
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Sara Craven
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-587-7
Prologo
Ne aveva abbastanza!, decise. In primo luogo, era stato un viaggio da incubo, trascorso chiedendosi se ogni momento sarebbe anche stato il loro ultimo, poi il tragitto a bordo del cargo militare, quindi quella dannata farsa di conferenza stampa con un’infinita serie di domande.
Adesso voleva solo restare in completa solitudine, l’opportunità di togliersi di dosso quei vestiti ormai maleodoranti, e un fiume di acqua calda che lo ripulisse dalla polvere e dalla paura, trasformandolo di nuovo in un essere umano.
Invece quell’idiota di una giornalista seduta in prima fila continuava imperterrita a interrogarlo.
«Dunque, può descrivere per i miei lettori le sue sensazioni?» gli chiese proprio allora quest’ultima.
«Pensavo solo a salvarmi la pelle» replicò lui secco. «Cosa immaginava?»
«Lei ha portato tutti i suoi uomini al sicuro» insistette la donna. «Cosa si prova a essere un eroe?»
«Signora, non sono un eroe» la contraddisse lui. «Ho solo fatto il mio dovere. E, se non ha domande più sensate da rivolgermi, credo di avere finito qui.»
Gli avevano messo a disposizione una vettura e un’autista per accompagnarlo a casa, cosa di cui era grato, perché sapeva di non aver le forze per guidare. Ed era anche grato del fatto che, come per miracolo, possedeva ancora il proprio portafogli e le chiavi, e perché presto si sarebbe ritrovato nella tranquillità cui anelava.
Tuttavia, non appena entrò nell’appartamento chiudendosi la porta alle spalle, i sensi, acuiti dai pericoli corsi negli ultimi giorni, lo misero allerta.
Non era solo.
Rimase in ascolto per qualche istante, riconobbe lo scroscio dell’acqua nella doccia, e silenziosamente si avviò verso la camera da letto padronale.
Nel suo attuale stato d’animo, avrebbe anche potuto uccidere l’intruso con le proprie mani.
Entrò con passo deciso nel bagno, ma si fermò di scatto e fissò incredulo la snella figura chiaramente delineata dietro i pannelli di vetro della doccia.
«Non ci credo...» mormorò fra sé e sé, prima di aprire le porte della cabina e ritrovarsi di fronte a una giovane donna, nuda, bella e... terrorizzata.
1
Una settimana prima.
«Sembra quasi troppo bello per essere vero» sospirò Tallie Paget.
«In questo caso, forse lo è» ipotizzò Lorna, la sua amica. «Conosci a malapena quel tizio. Fammi un piacere, cerca di badare a te stessa.»
Tallie le sorrise con fare rassicurante. «È esattamente quello che devo fare, badare alla casa di Kit Benedict mentre lui è in Australia» ragionò. «Vivrò in un bell’appartamento senza pagare il canone di affitto, con a mio carico solo le bollette dell’elettricità e del riscaldamento... Mi sembra una soluzione migliore del morire di freddo in una soffitta mentre cerco di terminare il mio libro, posto che esista una soffitta che possa permettermi. C’è una parola che descrive questo tipo di situazione...»
«Follia» propose Lorna senza esitare.
«Fortuna» la corresse Tallie. «Ma pensa, se non avessi lavorato di sera in una delle enoteche rifornite da Kit, e se lui non mi avesse visto leggere gli annunci sul giornale alla ricerca di un giardino nel quale montare una tenda, nulla di tutto questo sarebbe successo.»
«Non sei costretta a lasciare l’appartamento dove vivi» sottolineò Lorna.
«No.» Tallie guardò la tazzina da caffè ormai vuota che stringeva in mano. «Ma non posso restare, considerate le circostanze. Josie ha chiarito che non ha intenzione di trasferirsi altrove per vivere con... lui.»
«Diavolo, tua cugina è incredibile» commentò Lorna. «Non sarei sorpresa se ti chiedesse di essere la sua damigella d’onore.»
«Nemmeno io» confermò Tallie. «Riesco persino a sentirla: "Ma, Natalie, mamma si offenderebbe terribilmente se tu rifiutassi... D’altra parte, non è che tu e Gareth foste davvero fidanzati".»
«Infatti» precisò Lorna. «Meglio così, direi.»
«So che prima o poi ti darò ragione» mormorò Tallie. «Al momento però non mi sento ancora pronta per farlo.»
«E questo Kit Benedict... Promettimi che non ti innamorerai di lui per ripicca.»
«Non sarebbe possibile, te l’ho già detto. Sarà in Australia per un sopraluogo ai vigneti. E poi non è il mio tipo.»
Il suo tipo, pensò con una punta di dolore, era alto e biondo, con i capelli che gli ricadevano sulla fronte, occhi blu e un sorriso pigro. Kit Benedict invece era di media altezza, scuro, e decisamente troppo pieno di se stesso.
«Ha bisogno di qualcuno che si prenda cura della sua casa» riprese. «E io ho bisogno di un posto in cui vivere. Tutto qui.»
«Com’è il suo appartamento?» volle sapere Lorna. «La tipica tana da scapolo, disseminata di bottiglie vuote e involucri di cibo da asporto?»
«L’esatto opposto. Si trova all’ultimo piano di un bellissimo palazzo d’epoca, e ha un salotto enorme, pieno di divani e poltrone e mobili antichi. Senza considerare il panorama mozzafiato su Londra, ovviamente. La cucina è il sogno di ogni donna, ci sono due stanze da letto, e Kit mi ha concesso di usare quella che preferisco. Prenderò la sua, naturalmente, quella padronale con bagno adiacente.»
La sua camera a casa di Josie aveva le dimensioni di una scatola da scarpe, pensò. Un letto singolo sotto il quale aveva infilato contenitori di plastica che fungevano da guardaroba. Il resto dei suoi vestiti era appeso a dei ganci sulla parete. Un tavolino, grande a sufficienza solo per il suo computer, e uno sgabello, completavano l’arredamento.
D’altro canto, sua cugina non aveva mai davvero desiderato che lei andasse a vivere lì. Le aveva offerto ospitalità solo perché fortemente sollecitata dalla famiglia, ma né lei né la sua amica Amanda, che occupavano le due camere decenti, l’avevano mai fatta sentire la benvenuta.
L’affitto però era molto basso, motivo per cui avrebbe sopportato tutto... Se non fosse stato per Gareth.
«L’appartamento è immacolato, perché due volte a settimana viene una cameriera, la signora Medland» spiegò. «E, da domani, tutto questo sarà mio» concluse con tono soddisfatto.
«Capisco» commentò Lorna. «Quello che invece non capisco è il perché di tanto lusso. A meno che questo Benedict non sia il proprietario dell’azienda di importazione di vini per la quale lavora.»
Tallie scosse la testa. «No, sembra che abbia ricevuto l’appartamento in eredità. C’è persino uno studio. Kit mi ha dato il permesso di lavorare lì.»
«Bene, suppongo di dover accettare che è tutto a posto, e che finalmente il destino ti ha sorriso» affermò Lorna. «Avrei voluto solo che ti trasferissi a Hallmount Road, ma da quando è arrivato il fidanzato di Nina, non c’è più spazio nemmeno per noi.»
«Non devi preoccuparti per me» la rassicurò Tallie. «Andrà tutto bene.»
Vorrei esserne davvero convinta, si disse poco dopo, mentre si recava all’agenzia pubblicitaria dove lavorava da tre settimane, in sostituzione di una segretaria che aveva contratto una violenta forma di morbillo. Si era adattata subito alla vita frenetica dell’agenzia, dimostrando – come aveva fatto durante tutti i precedenti impieghi – di essere coscienziosa, efficiente ed esperta nell’uso del computer. Le dispiaceva che fosse il suo ultimo giorno lì, specialmente perché il direttore aveva ventilato la possibilità di trasformare la sua collaborazione in un contratto a tempo indeterminato.
E forse Lorna non si era sbagliata affermando che era una pazzia rinunciare a una certezza in favore di un sogno. Ma lei sapeva di avere la possibilità di diventare una scrittrice, e se non ci avesse almeno provato se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita.
Era quello il progetto che l’aveva tenuta occupata durante l’ultimo anno, e che l’aveva spinta a mettere da parte ogni centesimo dei suoi guadagni per mantenersi quando avesse iniziato a scrivere.
La sua sarebbe stata un’esistenza ai limiti della sopravvivenza, ma era pronta ad affrontarla.
Tutto era cominciato quando si era iscritta a un concorso bandito da un giornale per giovani romanzieri esordienti. I partecipanti avrebbero dovuto scrivere i primi capitoli di un romanzo e lei, diciottenne in attesa dei risultati dell’esame di maturità, aveva inventato la storia di una giovane donna che, travestita da uomo, aveva viaggiato in tutta Europa, incorrendo in avventure strabilianti, per rintracciare il suo innamorato, un capitano dell’esercito di Wellington impegnato in una dura e sanguinosa battaglia.
Non aveva vinto, ma un’agente editoriale che aveva fatto parte della giuria l’aveva contattata poco dopo per invitarla a pranzo.
«Mio fratello Guy ha sempre saputo di volere diventare un veterinario, come nostro padre» aveva confidato alla donna, Alice Morgan, mentre erano sedute a un tavolo di un lussuoso ristorante. «I miei professori ritengono che io dovrei laurearmi in Letteratura Inglese o in Storia, per poi prendere l’abilitazione di insegnante. Io però non ne sono così sicura. Dunque ho deciso di concedermi un anno di tempo per riflettere.»
«Non hai mai considerato la scrittura come una professione?» le aveva chiesto l’agente.
«Oh, sì, ma soltanto in un futuro lontano. Immagino di dovermi prima procurare un impiego fisso per potermi mantenere.»
«Cosa pensi di fare durante quest’anno?»
«Be’, mio padre ha sempre bisogno di aiuto in ambulatorio, e poi ho seguito un corso di informatica e ritengo di poter trovare lavoro in un ufficio.»
La signora Morgan si era chinata verso di lei. «Ma cosa mi dici di Mariana? Intendi lasciarla nelle mani di quei malfattori, oppure finirai la sua storia?»
«In realtà, non ci ho pensato» aveva ammesso lei. «Ho partecipato al concorso solo per divertimento.»
«Infatti la tua storia non è perfetta, ma c’è tanto entusiasmo, e il punto di vista femminile è interessante. Se riuscirai a mantenere alto il livello, penso che ci sarà più di un editore disposto a pubblicare il tuo libro.»
«In questo caso, credo che dovrò seriamente prendere in considerazione la possibilità.»
«È proprio quello che volevo sentirti dire» aveva replicato la donna. «Devi curare con attenzione anche il protagonista maschile, il bellissimo William» aveva aggiunto. «Ti sei ispirata a qualcuno che conosci? Al tuo fidanzato, forse?»
«Non è il mio fidanzato» si era affrettata a negare Tallie, il viso in fiamme. «È solo qualcuno che incontro nel mio paese di tanto in tanto. I suoi genitori hanno un cottage dove trascorrono le vacanze, ma io lo conosco appena.»
In realtà, conosceva solo il suo nome. Gareth Hampton.
Era tornata a casa due ore dopo, con la testa piena dei consigli che le aveva dato la signora Morgan e senza più dubbi su quello che sarebbe stato il suo immediato futuro.
I suoi genitori avevano reagito con comprensibile perplessità quando lei aveva esposto il suo piano.
«Perché non puoi scrivere qui, a casa tua?» le aveva chiesto sua madre.
Perché – fra l’ambulatorio e le faccende domestiche – non avrebbe potuto concentrarsi, aveva spiegato Tallie. «Inoltre la signora Morgan mi ha consigliato di trasferirmi in città, dove è più facile reperire materiale per le mie ricerche» aveva aggiunto. «Così seguirò l’esempio di Lorna, e cercherò un piccolo appartamento a Londra da condividere con altre ragazze.»
Sua madre non aveva commentato ma, due giorni dopo, le aveva annunciato di aver parlato con lo zio Freddie, il quale aveva insistito affinché Tallie si trasferisse a casa della cugina Josie.
«Josie ha tre anni più di me, e noi due non abbiamo niente in comune» aveva protestato lei. «E poi lo sai che lei e la zia Val ci hanno sempre considerati come i parenti poveri.»
«Be’, da un punto di vista strettamente pragmatico, suppongo che lo siamo» aveva