Il drago e altre fiabe
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L'autore
Luigi Capuana (Mineo, 28 maggio 1839 – Catania, 29 novembre 1915) è stato uno scrittore, critico letterario e giornalista italiano, teorico tra i più importanti del Verismo.
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Anteprima del libro
Il drago e altre fiabe - Luigi Capuana
Ringraziamenti
Il drago
- Uh! Il Drago!
Le due bambine, che s’erano messe a giocare presso il muricciolo del ponticello dove la zia le aveva appostate per chiedere l’elemosina ai passanti, alla vista del vecchio che arrivava a cavallo all’asino, s’erano subito rimesse a sedere, la maggiore sul muricciolo, la minore per terra; e ripetevano insieme sottovoce:
- Uh! Il Drago! Il Drago!
Don Paolo Drago - drago di nome e di fatto, diceva la gente - arrivato davanti a loro, si era fermato, trattenendo l’asino con una leggera tirata della cavezza.
- Che fate qui? - le sgridò; - tornate a casa, e dite a quella strega di vostra zia: Don Paolo non vuole che domandiamo l’elemosina! Tornate a casa.
E vedendo che le bambine non si muovevano, fece una specie di grugnito minaccioso che le impaurì.
Infatti quella mattina finsero d’andare via zitte zitte, e allo svolto dello stradone si fermarono, aspettando che Don Paolo si fosse allontanato; poi, saltellanti, tornarono al loro posto, la maggiore sul muricciolo, la minore per terra: questa spettinata, scalza, con la camicia a brandelli; l’altra, scalza anche lei, ma un po’ più ravviata, col fazzoletto azzurro di cotone, a palline bianche, avvolto attorno alla testa.
Il Drago, come ordinariamente lo chiamavano, abitava di faccia a loro; e la sera, al ritorno dalla campagna, trovatele davanti all’uscio di casa, domandò alla maggiore, col tono burbero che gli era abituale:
- Dov’è quella strega di tua zia?
- È fuori di casa.
- Glie l’hai detto: Don Paolo non vuole che domandiamo l’elemosina?
- No.
- Glie lo dirò io.
E aspettò, alla finestra, che la vecchia ritornasse.
Brutta e sudicia, ella arrivava con un canestro vuoto al braccio, borbottando e trascinando la gamba storta. Don Paolo l’apostrofò di lassù:
- Come? Mandate quest’orfanelle a domandar l’elemosina? Non vi vergognate, stregaccia?
- Dategli da mangiare voi, - rispose la vecchia, - voi che non date neppure una buccia di fava a un cristiano!
- Io non sono suo parente e non ne ho l’obbligo! Fossero almeno ragazzi!
- Andate all’inferno, voi e i vostri quattrini!
E la strega, fatto un cenno alle bambine perché entrassero in casa, gli voltò le spalle e infilò l’uscio.
Due giorni dopo la stessa scena.
- Uh! Il Drago!
Le bambine s’erano rannicchiate una accosto all’altra, ma questa volta la maggiore tese timidamente la mano anche a lui, quasi per burla.
Il vecchio, fermato l’asino, disse alla bambina:
- Vieni qua, tieni; e tornate subito a casa. Oggi avete da mangiare.
Le porgeva mezza pagnotta, di quelle grosse e fatte in casa, che in Sicilia chiamano guasteddi.
La bambina spalancò gli occhi dalla meraviglia e non lo ringraziò.
- Se domani vi trovo di nuovo qui! - minacciò il Drago.
Che potevano farci le bambine? La zia voleva così. Si guardarono negli occhi, consultandosi.
- Andate, subito, andate! - brontolò il vecchio.
E questa volta andarono via davvero, portando intatta la mezza pagnotta alla zia.
Pareva incredibile. - Il Drago che faceva elemosina! Era dunque vicino a morire? - La vecchia zia si spiegò il caso a questo modo; ma la mattina dopo costrinse le bambine a ritornare al solito posto, per chiedere la carità. Finché non potevano lavorare, dovevano guadagnarsi da vivere cosi.
Appena le vide, Don Paolo diventò un drago addirittura.
- Di nuovo qui? Su, su a casa!
E siccome le bambine esitavano, così egli soggiunse:
- A casa! Vi accompagno io dalla strega!
E se le cacciò davanti; le bambine a piedi, lui a cavallo dell’asino, con le sopracciglia aggrottate, masticando parolacce all’indirizzo della strega.
La strega, che in quel momento si trovava seduta sullo scalino dell’uscio a far la calza, appena li vide in fondo alla via, si rizzò inviperita, e non attese che don Paolo parlasse, per urlare:
- Fatevi i fatti vostri, dragaccio! Che ve n’importa? Son figlie vostre, forse?
Ma don Paolo, che era una linguaccia anche lui, non si lasciò sopraffare; e senza scendere da cavallo, cominciò a vomitare vituperi contro la vecchia che non aveva coscienza e spingeva alla perdizione quelle due creature innocenti mandandole fuori il paese a chiedere l’elemosina, quasi non avessero nessuno.
Si era fatto un crocchio di donne e di operai attorno, che ridevano ma gli davano ragione.
All’ultimo la strega, che non era stata zitta e ne aveva dette a don Paolo di tutti i colori, avvicinandoseli con le braccia in alto e le mani aperte, spalancando tanto di bocca, gli urlò in faccia:
- Vi cuoce che chiedano l’elemosina? Mantenetele voi! Prendetevele! Campo a stento io e non so come fare. È assai che le tenga in casa a dormire!
E allora si vide un miracolo - come dissero poi tutti. Don Paolo saltava giù di sella, quasi volesse cavar gli occhi alla vecchia; e invece, afferrate per un braccio tutte e due le bambine cavava di tasca la chiave della porta, le spingeva dentro senza dire una parola, e poi rivolgendosi alla vecchia, che era rimasta lì come incantata, balbettava strozzato dallo sdegno:
- Strega! Strega! Sì, le prendo io!
Proprio un miracolo.
Da anni e anni il Drago viveva in quella sua tanaccia, facendosi tutto da sé. Due stanzoni al pianterreno, e quattro stanze affumicate al primo piano, per uno solo sarebbero state più che sufficienti; ma il pianterreno serviva da stalla, fienile, magazzino