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Viaggi di Timoteo (I): Incontri con l’Angelo e altre creature straordinarie
Viaggi di Timoteo (I): Incontri con l’Angelo e altre creature straordinarie
Viaggi di Timoteo (I): Incontri con l’Angelo e altre creature straordinarie
E-book145 pagine1 ora

Viaggi di Timoteo (I): Incontri con l’Angelo e altre creature straordinarie

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Info su questo ebook

I viaggi di Timoteo – Incontri con l’Angelo e altre creature straordinarie è una favola per bambini e ragazzi che narra i viaggi visionari del piccolo Timoteo; un racconto di amicizia, fede e amore per la Nuova Era.
Sei anni, ultimo erede di una particolarissima famiglia, Tim – come tutti lo chiamano – vive in un’antica dimora architettata da un misterioso trisavolo scomparso, ricca di congegni sofisticati e passaggi segreti, al tempo stesso fatata e custode di oggetti arcani. Da qui, e dalla curiosità circa il significato di una vecchia leggenda, inizia la sua straordinaria avventura, condivisa con Socrate, l’orso di pezza, saggio amico parlante. Nelle magiche escursioni, che affronta con coraggio e a volte a rischio della vita, incontra esseri di lontani pianeti e di universi paralleli, dove impara nuovi e stupefacenti modi di comunicare amore e di pregare. Scopre la bellezza e l’origine comune della vita, l’immenso potere del suono, la straordinaria forza creatrice del pensiero, la potenza taumaturgica della fede. Si ritrova coinvolto nella lotta tra bene e male; affronta e vince la paura della solitudine, dell’ignoto, della diversità e l’illusoria minaccia dei mostri creati dalla mente umana. Grazie ai poteri di un cristallo maestro, dentro il
quale vede le sue vite passate, recupera frammenti di antiche lezioni apprese nel corso delle sue esistenze e ricostruisce il suo percorso evolutivo.
Il viaggio attraverso altri mondi e altre dimensioni, è sostenuto dalla presenza amorevole di un Angelo, sua celeste eterna guida, e dalla voce dell’orso Socrate, che scoprirà essere la voce del suo autentico «io».
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2014
ISBN9788863651720
Viaggi di Timoteo (I): Incontri con l’Angelo e altre creature straordinarie

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    Anteprima del libro

    Viaggi di Timoteo (I) - Grazia Castelli Siscar

    copertina.

    I - UN ARCOBALENO SPETTACOLARE

    Il temporale aveva strappato la seta azzurra del cielo. Brandiva poderose zampate sulle nuvole dense dell’aria impazzita e, come un feroce leone volante, le squarciava per scaraventare acqua sulla terra. I suoi ruggiti si udivano sempre più lontani. Una criniera di nembi grigi lo inseguiva trivellata dal sole, proiettando luci e ombre sulla città.

    Dalla finestra bagnata di pioggia della sua camera, Tim guardava fuori, seduto accanto a Socrate, l’orso di pezza.

    Era il pomeriggio ideale per le riflessioni fuori dall’ordinario; l’aria elettrica svegliava pensieri assopiti e stuzzicava nuove idee.

    Come d’incanto apparve un arcobaleno spettacolare e il bambino e l’orso rimasero a guardarlo estasiati, a lungo, fino alla sua completa dissolvenza.

    «Che ci sarà di vero in quell’antica leggenda che narra di pentole colme di monete d’oro alla fine degli arcobaleni e gnomi avari che se ne stanno laggiù, tutti soli, a custodire un tesoro, invece di spassarsela? Non ti sembra molto strano?» Chiese Tim rompendo il silenzio.

    «Perché non lo chiedi a loro, i tuoi amici gnomi?» rispose Socrate sorridendo.

    Il bambino lo trovò un buon consiglio. Socrate sapeva sempre qual era la cosa giusta da fare. Anche quando scherzava.

    Tim viveva con i genitori nella casa progettata dal nonno di sua nonna, una casa altrettanto bizzarra quanto lui. Uomo tormentato, di leggendaria bellezza e grande cultura, il trisavolo si era spinto fino ai più remoti angoli della Terra. A dorso di mulo negli aspri sentieri di montagna, in groppa a cammelli attraverso deserti infiniti, su veloci canoe lungo tortuosi fiumi, a cavallo nelle steppe desolate, a piedi e a colpi di machete dentro impenetrabili foreste… ma nessuno seppe mai cosa andava cercando. In famiglia si sussurrava fosse uno studioso di scienze occulte. Dall’ultima spedizione non fece più ritorno e la sua misteriosa scomparsa aveva alimentato ogni sorta di leggende e dicerie sul suo conto.

    L’edificio, dunque, rispecchiava l’indole enigmatica del costruttore. Le numerose stanze, i corridoi e le piccole antica mere erano quasi tutte comunicanti, un vero e pro prio dedalo di passaggi segreti, celati abilmente da librerie scorrevoli, finti armadi a muro e molti altri sofisticati meccanismi. Un geniale labirinto dal quale sembrava impossibile uscire. Era necessario conoscere i congegni che aprivano i passaggi ma anche il misterioso feno meno dell’orientamento intuitivo a occhi chiusi.

    Due ripide scale segrete salivano dalle cantine alla soffitta. Una era scavata nella profondità del muro esterno volto a nord, l’altra correva insospettabile e tortuosa tra le pareti interne della casa. Il loro accesso era possibile quasi da ogni piano ma accuratamente nascosto, ora da un dipinto a grandezza d’uomo, ora da uno specchio o un’armatura medioevale.

    All’ultimo piano, vicino alla camera di Tim, era appeso l’inquietante ritratto dell’avo, scuro in volto, con un’espressione tanto severa che nessuno si sarebbe sognato di infilargli un dito nell’occhio destro. Ma era il punto esatto da premere per azionare il meccanismo che apriva il quadro come una porta. Proprio dietro a quella immagine si celava l’unico accesso che conduceva a entrambe le scale, che solo là condividevano qualche gradino e incrociavano il loro percorso.

    Quella di Tim era dunque la stanza più isolata, lassù oltre i comignoli, a un passo dal cielo. Scavalcando la finestra ci si poteva arrampicare sui tetti dove, spesso, lui e Socrate passavano gran parte della notte a discutere sui misteri dell’universo e a scrutare il firmamento al di là delle stelle.

    Inoltre era un luogo magico.

    Sulla carta sbiadita dei muri, minuscoli disegni di fiori e animali del bosco si confondevano con creature dall’aspetto bizzarro. Ma era necessario guardare con molta attenzione per individuarle.

    Un pomeriggio di qualche anno prima, mentre contemplava assorto quelle strane forme, la carta da parati, che era magica, improvvisamente lo aveva risucchiato in quel mondo miste rioso.

    Quella fu la prima volta che Tim vide gli gnomi.

    Erano ometti buffi e un po’ scorbutici, indaffarati a correre su e giù per i tronchi degli alberi. Indossavano abiti di corteccia, cappucci di tela grezza calcati fino alle orecchie appuntite, e bron tolavano tutti insieme facendo uno strano brusio.

    Non si curavano di lui, ci volle del tempo perché vincessero la loro diffidenza.

    Finalmente un giorno, il più raggrinzito e bar buto, forse il più anziano, si era avvicinato e gli aveva rivolto la parola.

    «Ho pochissimo tempo, ragazzo. Siamo occupati, come vedi. Senza il nostro faticoso lavoro gli alberi non po trebbero crescere, nutrirsi, mettere nuove gemme a primavera e cambiare le foglie in autunno. Torna in inverno, ci sarà un po’ di calma e potremo parlare più a lungo».

    Aveva girato su se stesso ed era corso via.

    Nel viaggio successivo, compiuto qualche mese dopo, Tim non era riuscito a incontrarlo. In effetti non era ancora sopraggiunto l’inverno. Gli gnomi quel giorno sembravano tutti sfaccendati e per la prima volta gli diedero un po’ di confidenza. Si erano messi a correre verso di lui a turno per poi scappare sogghignando a gran velocità. Uno solo osò passare sotto le sue gambe, proba bilmente il vincitore di quella strana prova di co raggio.

    Decise di esplorare il bosco e fu così che conobbe le piccole fate dei fiori. Danzavano allegre sopra un arbusto di rose selva tiche compiendo strabilianti evoluzioni, leggere come farfalle. Erano esilissime e luminose, simili a donnine do tate di ali trasparenti, e tracciavano nell’aria sottili filamenti di luce colorata. Sembravano materializzare la gioia e la bellezza della fioritura.

    Quando videro Tim si misero a svo lazzare intorno a lui e le loro risa parevano il tintin nio di campanelli d’argento. Gli offrirono da bere dal calice di un fiore e poi svanirono come dissolte nel nulla.

    Tim stava per fare ritorno quando un canto dolcis simo lo aveva stregato e condotto fino alla riva di un ruscello. Lì, nell’acqua cristallina, nuotava una creatura di sconvolgente bellezza. Il suo corpo sinuoso e i lunghi capelli fluttuavano armoniosamente come le onde del mare. Il volto incantevole brillava di un sorriso radioso quando emerse spumeggiando dall’acqua.

    «Sono un’ondina, lo spirito del ruscello» disse.

    Tim voleva rispondere, ma era così emozionato e confuso che non gli usciva una sola parola.

    L’ondina aveva agitato le lunghe chiome e poi, ridendo divertita, si era rituffata nel ruscello ed era scomparsa.

    Quel pomeriggio Tim decise di compiere un altro viaggio nella speranza di trovare il vecchio gnomo e farsi rivelare il mistero della fa vola sull’arcobaleno. Sospettava che nelle favole e nelle leggende qualcuno avesse nascosto gli indizi di molti segreti.

    Ora il giorno si addolciva in un crepuscolo dorato. Le ombre della sera penetravano nella stanza gal leggiando in misteriosi chiaroscuri. Seduto a gambe incrociate sul pavimento, iniziò a respirare profondamente. A ogni espirazione il suo corpo si rilassava, la sua mente lasciava scor rere via i pensieri come nuvole soffiate lontano dal vento.

    Le immagini sul muro diventarono via via più con fuse fino a quando gli apparve davanti uno schermo lattiginoso. Mentre sentiva di rimpicciolire a dimensioni microscopiche, ne venne inghiottito e si ritrovò così, ancora una volta, nel mondo fatato.

    Cercò subito quello che secondo lui era il capo delle buffe creature dai grandi nasi e la faccia marrone, ed ebbe fortuna. Trovò il vecchietto che stava dirigendo i lavori di cicatrizzazione di un ramo spezzato.

    Questa volta fu molto cordiale e lo ascoltò con at tenzione, dandosi arie da grande esperto di segreti.

    «È tutto vero, c’è un tesoro alla fine dell’arcobaleno, ma non capisco come abbia fatto a trapelare nel vostro mondo una simile notizia! Devi stare molto attento, però. La strada per arrivare fin laggiù è zeppa di insidie. Inoltre lo gnomo custode è geloso del suo tesoro e può barattarlo solamente con una cosa ma, che io sappia, nessuno la possiede».

    «Cos’è?» chiese Tim.

    «Una rarità più preziosa di tutti i diamanti, i rubini e gli smeraldi del mondo, il cui valore è più grande di qualunque altra cosa tu possa immaginare».

    Lo gnomo fece una pausa e fissò intensamente il bambino.

    «La magica, potentissima fiamma di un cuore umano sincero» riprese sottovoce. «Il custode, infatti, fa delle domande alle quali è necessario rispondere con sincerità. Il guaio è che voi non vi rendete conto di rispon dere con un cumulo di bugie perché non conoscete bene il vostro stesso cuore. La punizione per es sere giunti al suo cospetto senza il dono richiesto è terribile. Si può perdere la vita».

    Tim divenne silenzioso. In qualche modo riusciva a comprendere che una simile qualità poteva essere conquistata solo a prezzo di grandi sacrifici.

    Decise di parlarne con Socrate anche se cono sceva già la sua opinione: lo avrebbe incoraggiato a tentare l’impresa.

    «Come possiamo avere un cuore sincero se non sappiamo nemmeno di raccontare bugie a noi stessi?» chiese Tim all’orsetto.

    «Devi trovare qualcuno che ne sappia di più del vecchio gnomo».

    «Ma chi, e dove?» borbottò tra sé il bambino.

    «Chi cerca davvero, trova!» aveva sentenziato Socrate.

    «Ho cose molto importanti da chiedere a qualcuno di provata sapienza. A chi posso rivolgermi?» Tim domandò ai genitori.

    Il papà e la mamma si scambiarono un’occhiata d’intesa. Erano abituati alle stravaganze del figlio e alle sue complicate domande. Rimasero in silenzio qualche istante.

    Il padre si arrotolò i baffi come era solito fare quando cercava una soluzione.

    La mamma fissò la

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