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La vendetta della dea
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E-book76 pagine1 ora

La vendetta della dea

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Fantasy - romanzo breve (57 pagine) - Mai suscitare l’ira degli Antichi...


Gli antichi dei possono dare tutto ciò che si desidera oppure togliere ogni cosa. Gamil dei Due Fiumi, mago degli amuleti, osa sfidarli e, privato dei suoi poteri, naufraga sulle coste governate dall’ambiziosa Isharra, dove si pratica il culto del dio Utu. L’accoglienza sembra lenire il dolore della perdita, fino al momento in cui un antico talismano, il più pericoloso di tutti, riemerge dagli abissi in cui sembrava essere sprofondato.


Monica Serra, narratrice di mondi, è solita viaggiare tra universi fantastici: è stata a Diagon Alley, nei Sette Regni, su Tatooine, nella Contea, nelle Giungle delle Piogge e a Terramare, ha navigato sulla Folgore e pernottato all’Ammiraglio Benbow. Ha tre gatti e accumula libri. I suoi racconti sono stati pubblicati in varie antologie. La raccolta Lei. Storie di donne da tutti i mondi possibili (Altrimedia, 2018) sostiene la Susan G. Komen Italia (prevenzione dei tumori al seno). Nella collana Fantasy Tales di Delos Digital ha pubblicato il racconto Mi Rasna (2019), vincitore nel 2018 del premio intitolato a Gianfranco Viviani (sezione fantasy).

LinguaItaliano
Data di uscita22 ott 2019
ISBN9788825410259
La vendetta della dea

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    Anteprima del libro

    La vendetta della dea - Monica Serra

    9788825408812

    1

    – Non troverai una nave migliore di questa in tutto il Mare Inferiore.

    Il capitano incassò il pedaggio e soppesò le mine d’argento. Via via che contava le passava al nostromo, che a sua volta le posava su una bilancia per accertarsi che non fossero false.

    – È robusta, affidabile – continuò, senza staccare gli occhi dallo straniero. – Costruita con il miglior legno e dotata dell'equipaggio più abile che abbia mai solcato queste acque. – Indicò l’imponente veliero ormeggiato all’ultimo molo, un tre alberi armato con vele quadre, che si lasciava cullare dal lieve movimento delle acque del porto. Figlia del Vento, diceva l'incisione sul fianco. L’ondeggiare placido nella bruma mattutina strideva col frenetico viavai che, a bordo, accompagnava i preparativi per la partenza.

    Il forestiero gettò alla nave un'occhiata indifferente e il capitano lo scrutò incuriosito. Tutto in lui, dall’abbigliamento al modo di muoversi, lasciava intuire che non si trattasse del solito mercante giunto nelle Isole per concludere i suoi affari. L’ampia tunica di lino candida risaltava a confronto con le vesti dai colori accesi indossate dai marinai. I capelli così chiari da sembrare quasi bianchi, la barba corta e ben curata, l’abbronzatura dorata gli conferivano un’aria esotica, e davano risalto a due occhi azzurri e glaciali. Studiava con distacco ciò che lo circondava e il comandante quasi si risentì per la scarsa attenzione che l’uomo dedicava alla sua nave.

    – Cosa sei – tirò a indovinare, porgendogli il documento di viaggio che lo accettava come passeggero della Figlia del Vento, – un sacerdote?

    Lo straniero non rispose. Il suo bagaglio stava per essere issato a bordo e lo sguardo attento seguì i movimenti dei marinai che si passavano la cassa di legno di cedro lanciandosi richiami nella lingua gutturale delle Isole. Solo quando il baule fu deposto sul ponte e gli uomini passarono ad occuparsi delle vele parve rilassarsi.

    – Sono uno studioso – disse infine. Nient'altro. Prese il salvacondotto e lo ripose nella bisaccia che portava legata alla cinta.

    Il mare rifletteva i colori tenui dell’alba e da sud cominciava a levarsi un vento leggero. Un uomo si affacciò dal parapetto.

    – Tutti a bordo! – gridò. – Salpiamo subito, il vento è favorevole!

    Il capitano non perse tempo.

    – Andiamo, studioso. La Figlia del Vento non attenderà i tuoi comodi! – Afferrò la scaletta di corda e si arrampicò sul ponte. Il forestiero raccolse la propria sacca e salì sulla nave percorrendo la palanca in bilico tra il molo e la tolda. Gli uomini ritirarono la passerella, sciolsero le gomene, spiegarono le vele al vento. Nell’istante in cui la Figlia del Vento si staccò dall’ormeggio salutarono la partenza con un grido di esultanza. Un’onda azzurra s'infranse contro la chiglia e la nave acquistò velocità fendendo i flutti, sospinta da una brezza che si faceva più forte man mano che il legno prendeva il largo.

    Gamil dei Due Fiumi diede un’ultima occhiata all’immensa distesa liquida che ormai circondava l’imbarcazione, poi abbandonò il ponte e si ritirò nell’alloggio che gli era stato assegnato. Il chiarore del primo mattino si fece largo tra le ombre, separandole con tenui dita di luce. Lo spazio angusto consentiva a malapena di muoversi, la feritoia sulla parete di legno era come uno strappo, e lasciava intravedere uno sfondo grigio dalle sfumature bluastre che poteva indifferentemente essere mare o cielo. Un giaciglio essenziale se ne stava incassato nella paratia.

    Come ho potuto lasciarmi imbrogliare in questo modo?

    Si sentì un idiota al ricordo del prezzo pagato per affrontare la traversata.

    Ho dilapidato metà delle mie finanze in questo viaggio.

    Si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato, lanciò la sacca nella cuccia e vi si sdraiò. Il profumo di pulito si mescolò a una piacevole sensazione di leggera sorpresa. A quel punto si ritrovò a fissare il soffitto e a valutare ogni nodo, ogni incastro delle travi di legno scuro e lucido. Dopo un attento esame, corresse la prima impressione. Tutto sommato, la Figlia del Vento sembrava essere un buon legno.

    Il baule che aveva fatto portare a bordo riempiva il vuoto tra la parete e la cuccetta. Era il suo unico bagaglio, oltre la sacca in cui custodiva gli amuleti portatili, piccoli cilindri di pietre dure su cui erano incise maledizioni e formule propiziatorie. Si tirò su a sedere e cercò con le dita il piccolo nodo nascosto tra le venature del legno. Il meccanismo si attivò con uno scatto e il coperchio si aprì.

    Contemplò con un pizzico di orgoglio le tavolette d'argilla, ricoperte di simboli o figure, impilate nel cassone. Erano tantissime, poteva giurare di averne una per ogni città eretta fra i Due Fiumi, e anche per ogni isola del Mare Superiore e del Mare Inferiore. Ne prese una a caso e la sollevò alla luce. Aveva la forma rettangolare, come la maggior parte di quelle che aveva raccolto nei suoi viaggi; recava impresso un incantesimo benefico e uno dei lati corti era munito di un'appendice a forma di coda traforata, per lasciar passare il filo che avrebbe permesso di appenderla sulla porta della casa da proteggere. Appoggiò l'amuleto accanto a sé e ne prese un altro.

    Questo riportava l'effigie di un utukku, un demone del caos. Ne aveva decine di quel tipo. Nelle terre tra i due fiumi venivano usate per le maledizioni, e ritraevano volti laidi e ripugnanti, crani spolpati, fauci ruggenti di tigri e

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