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Terra Muta
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E-book325 pagine3 ore

Terra Muta

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Terremoti naturali o artificiali? Lutti e sofferenza infinita. L’Italia è scossa da una sequenza insolita di sismi che mietono vittime ignare e causano danni incalcolabili. È in atto una guerra ambientale non dichiarata, sottoposta al segreto di Stato. Di mezzo c’è la mano armata di un’entità oscura che minaccia la vita nel Belpaese. Alzi la mano chi sa che il 13 dicembre 2007, addirittura dall’estero, la Costituzione tricolore, repubblicana ed antifascista, è stata di fatto congelata senza “colpo ferire”. E che nientedimeno, al di sopra delle Forze dell’Ordine italiane (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza) s’erge senza alcun controllo della Magistratura e del Parlamento tricolore, un altro organismo con diritto di vita, di morte e di distruzione su chiunque. Insomma, la democrazia in Italia è stata abolita. Così, dietro le quinte è entrato in scena un insospettabile sistema di potere che dirige l’esistenza nello Stivale a sovranità ormai azzerata. In questi tempi confusi, l’eccesso di informazione si traduce in difetto di sapere. Ma un giornalista italiano, libero e indipendente, ha fatto luce, prove alla mano, su questo mistero, nonostante attentati e minacce di morte. Non più vittime. La sua esortazione è SU LA TESTA, prima che sia troppo tardi, prima che vada in onda il disastro finale.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2013
ISBN9788868220259
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    Anteprima del libro

    Terra Muta - Gianni Lannes

    Brecht

    Nota d’Autore

    Ho scritto e fotografato per una vita le realtà del mondo. Ho solcato mari, ho attraversato oceani, ho scalato montagne, ho corso nel cuore dei continenti. Ho raccontato guerre brutali e ho documentato esodi di umanità dolente. Ho visto morire innocenti, perfino i bambini. Poi ho subito attentati, ho ricevuto minacce di morte, ho ingoiato polvere, ho sopportato infimi tribunali, ho soffocato lacrime, e tutto, e solo, per il dovere di cronaca, per un imperativo etico, per il diritto alla verità.

    Non sono stato ascoltato da chi detiene il Potere, ma ho deciso di mettere, ancora una volta, tutto nero su bianco. Lo faccio però in una forma diversa: non un elenco di atti, fonti, date e documenti, bensì una storia di fatti inequivocabili legata dalla presenza di un giornalista particolare, Lucien, che camminerà sulle mie orme e vedrà con i miei occhi. Egli non è il protagonista di una vicenda, così come non lo sono io, ma solo un mezzo per raccontare un’inchiesta complessa ed offrirla alla comprensione di tutti. Mi auguro però che Lucien sia preso in considerazione e che dopo l’ultima pagina ogni lettore possa vedere il mondo che lo circonda con occhi diversi.

    Buon viaggio nelle disavventure del Pianeta Gaia.

    Gianni Lannes

    C’ERA UNA VOLTA…

    Mi hanno insegnato a vivere come se dovessi morire subito. Ho imparato a pensare come se non dovessi morire mai.

    Per venticinque anni ho raccontato nelle mie inchieste, in Italia e all’estero, vicende reali e terribili. Adesso ho deciso di narrare una storia concreta ma in maniera diversa, come se fosse frutto della mia immaginazione. Lo scopo è stimolare la consapevolezza del lettore, provando ad arricchire la percezione degli eventi scatenati da una singolare sequenza di terremoti che si stanno consumando sotto i nostri occhi, eppure non percepibili dai nostri sensi. Il dramma è che, in attesa di una probabile catastrofe finale, regna nell’opinione pubblica un clima di disinformazione totalitaria. La regia dietro le quinte appare orchestrata ai massimi livelli di regime. È di questa anomalia della percezione, di questo sonno dell’intelligenza, di questo letargo pilotato della ragione, che sono maggiormente preoccupato e ciò a prescindere dai disastri imminenti preannunciati dagli esperti istituzionali, pianificati da chi vuole instaurare, a «fin di bene» s’intende, un nuovo ordine mondiale.[1]

    Fantascienza? Decisamente no! L’Appendice di questo volume, a cui si rimandano gli increduli ed i disinformatori di professione, contiene una selezione di prove inoppugnabili per chiunque.

    Perché allora non si eseguono ricerche scientifiche indipendenti sulle cause artificiali dei terremoti? Cosa sono le armi globali in dotazione ai gendarmi planetari? Chi ha mai sentito parlare di HAARP, AMISR e PAMIR?[2] Qual è il loro vero funzionamento? Alzi la mano chi sa chi lo sa. Si tratta di armamenti sconosciuti all’umanità. Perché in Italia gli addetti ufficiali (civili) alle rilevazioni sismiche manipolano i dati sensibili? Perché tredicimila persone, compresi tanti bambini, a Messina vivono ancora nelle baracche del terremoto dell’anno 1908? Perché si continua a sperperare il denaro pubblico in canali e rivoli dei soliti amici dei compari, e non si fa nulla per mettere in sicurezza il territorio? Quali mostri può generare il Potere?

    Le risposte a queste domande sono occultate da una coltre di segreti di Stati. Non a caso Mario Monti si è attribuito poteri speciali modificando in peggio la legge sul segreto di Stato. Tra l’altro il premier dimissionario, ha messo in atto due mosse legislative ad hoc con il beneplacito, o comunque la calcolata disattenzione del Parlamento.[3] Dalla cosiddetta Unità d’Italia, è appunto il segreto altolocato a dipanare la storia tricolore.[4]

    Un dato di fatto: la ricerca scientifica è ormai interamente soggiogata dal dominio militare e da interessi commerciali. La guerra ecologica è partita da questa base, oscurata per lungo tempo all’attenzione dell’Umanità.

    Questo volume può apparire come un romanzo di fantascienza, ma non c’è alcun intento di stupire con effetti speciali. Spesso la verità è a tal punto incredibile da prestarsi ad essere interpretata come un parto della fantasia. Allora il responso finisce inevitabilmente per essere più di uno. Sarà il lettore a stabilire se questa storia è fantastica ed inverosimile, fantasiosa ma verosimile, o inverosimile ma autentica.

    Vorrei solo che la straordinaria risorsa dell’Essere umano, quella di poter osservare l’Universo circostante e fare congetture su di esso, tornasse ad essere un patrimonio critico fondamentale della collettività. Sono consapevole di quanto fragile sia l’autonomia di pensiero, quanto la presunzione di ragionare su determinati argomenti scomodi, per comprendere i quali sono sufficienti basi elementari.

    «Fermare la diffusione del sapere è uno strumento di controllo per il potere, perché conoscere è saper leggere, interpretare, verificare di persona e non fidarsi di quello che ti dicono. La conoscenza ti fa dubitare. Soprattutto del potere. Di ogni potere» ammonisce Dario Fo.

    Occorre prestare attenzione all’eccesso di informazione, perché si traduce in difetto di sapere. In effetti, la censura non è altro che il modo concreto di travestire, escludere, eludere o negare, quei contenuti che rischierebbero di mettere in pericolo la presunta legittimità dell’ordine supremo: lo Stato vanta il monopolio legittimo e superiore della violenza.

    La ricerca dell’armonia sociale, tuttavia, esclude la guerra. Il rispetto dell’ambiente non è dissociabile dall’attenzione per la vita umana. In un Paese libero le domande bisogna necessariamente osarle, perché sono le mancate risposte delle Autorità, di chi detiene sempre il potere, ad inquinare la democrazia, a distruggere lo Stato di diritto, ad annichilire la civiltà.

    Italya! In lingua ebraica è l’isola delle meraviglie. Ma il nome Italia deriverebbe dall’accadico Atalu che significa terra del tramonto. Allo stesso modo gli ellenici la chiamarono Ausonia, da Eos (tramonto) e vi posero l’entrata dell’Averno, il regno dei morti. Veleggiando da Est sull’Italia tramonta il sole. Ed Erebu (oscurità) ha dato invece il nome all’Europa.[5]

    C’entra Madre Natura? Oppure va in onda su un canale sconosciuto un nuovo ordine mondiale, o meglio, un incubo a stelle e strisce? L’Italia trema in modo singolare da quattro anni e forse più, ma pochi se ne sono accorti: soltanto gli addetti ai lavori, blindati nelle torri d’avorio accademiche. Uno stillicidio in salsa bellica di timori e tremori che non varca la cronaca quotidiana o la diretta televisiva. Le cause reali? Chi sa, tace per convenienza, obbedienza o paura. Allora, naturale o artificiale? Sembra un miracolo in divisa stellare la genesi sismica che attanaglia lo Stivale. Nel frattempo si contano vittime e si registrano danni. Insomma, nel Terzo Millennio torna a regnare la paura: la più importante arma di distruzione di massa delle coscienze, già annichilite.

    C’era una volta L’Aquila, presto inghiottita nel dimenticatoio nazionale. Emergono i ricordi di una strage umana con 309 vittime, sepolte nella memoria. Alla sei del mattino affiorava la luce, si apriva dal cielo per illuminare le lacrime. C’era un odore di terra marcia. Ed i rumori erano solo quelli delle macerie, come una pietra d’argilla che si sgretola fra le mani. Sedici bare, Spoon River[6] di bimbi sotto i miei occhi perduti per sempre.

    Io c’ero. Ma lei è rimasta fra le macerie. Il medico di Fossa, che l’ha tenuta fra le braccia, ha detto che è morta soffocata dai calcinacci. Il suo volto era grigio e bianco, come se fosse adombrato da un velo. La piccola aveva una sorella gemella che si è salvata.

    Un terremoto lo riconosci anche da questo inferno terreno: la morte resta in silenzio, il lavoro sporco l’ha già realizzato al buio, in un lampo, senza tanti scrupoli, proprio come gli uomini in alta uniforme che ronzano dall’alto di una casa bianca, a distanza stratosferica di sicurezza, imperturbabili ed onnipotenti.

    La prima cosa che ho visto arrivando in Abruzzo era la chiesa di Paganica che stava per esplodere, con la pancia in bilico sempre più dilaniata dalle scosse telluriche. Sembrava un tempio gravido, prossimo ad un aborto di esistenze terrene. Adesso è rimasta solo la croce sopra un cumulo di pietre rotte e di polvere di calce.

    I terremoti fanno sempre dei morti come delle guerre, anzi sono i conflitti dell’era moderna, il progresso tecnico che avanza inesorabilmente con la benedizione della santa scienza. Appunto! L’AGARD: la scienza al servizio della difesa. Così titola un’illuminante monografia pubblicata dalla NATO nel 1962. Numeri che divorano anche il dolore, come i corpi allineati sotto gli alberi a Paganica, pietosamente nascosti dalle coperte.

    Tra loro c’erano il vecchio del borgo ed un bimbo di otto mesi. Anche ad Onna li hanno avvolti stendendoli su bancali di legno sopra un prato. In fondo, questo viaggio annunciato ma inascoltato dentro al cerchio del disastro, è un’altra collezione di numeri già dimenticati e di voci remote. Insomma, una litania di paesi spezzati in due: passando da L’Aquila a San Demetrio, Pizzoli, Rocca di Mezzo, Paganica, Fossa, Villa Sant’Angelo, San Gregorio, Poggio Picenza e poi San Pio delle Camere, Tempera, Camarda.

    Dall’alto è come guardare una guerra in televisione, un raccapriccio schermato appena dalla lontananza del cielo. Ma quando l’elicottero scende ruotando l’aria, quei volti che alzano gli occhi dal basso, fra le macerie sfarinate, che si sono improvvisamente accumulate lì accanto sui resti delle case, è come se avessero le stesse lacrime di tutti quei mobili sfracellati, delle quinte spezzate dei palazzi. Due, in particolare, mi hanno fatto tremare i polsi come l’assedio di Sarajevo: la casa dello studente ed il moderno ospedale antisismico, atterrato peggio della carta velina.

    Nei giorni dei terremoti, nelle sue lune terribili quando nel cielo si oscurano le stelle, anche le cose parlano, basta compulsarle. Come quando ti fermi a guardare le mura sgretolate dell’Orfanotrofio dell’Immacolata Concezione di San Gregorio, sulla strada che circonda L’Aquila, e anche dal cielo è come se quelle rovine, quelle pietre sciolte dalla violenza raccontassero la loro muta agonia.

    Dall’alto tutte queste storie di dolore non le vedi, non le intravedi e neppure le annusi. L’immagine che resta è grande come una mappa della sofferenza invisibile, come la linea parallela che separa Onna da Paganica, raccogliendo l’epicentro dell’ennesimo terremoto senza colpevoli ma con mandanti occulti.

    Si scorge un prato, una distesa verde con l’erba umida che scintilla sotto il sole. Fino a qualche giorno prima della tragedia era un posto tranquillo, meraviglioso con i mandorli fioriti che salutavano la primavera. Poi in una manciata di secondi, dall’orrido buio, sono arrivate la morte e la distruzione. Non c’è più nulla ad Onna. Le case con le persone dentro, i sorrisi dei bambini, le speranze dei giovani, la serena tranquillità dei vecchi. Tutto finito, consumato, seppellito. Alla fine ci sono stati solo uomini in lacrime che allineavano sull’erba, perché quello era il punto di raccolta, dei corpi martoriati, strappati alle macerie che intravedevi tutt’intorno, attraverso una spessa nube di polvere. Onna è morta, non esiste più. I poveri resti di chi l’abitava sono stati adunati in barella. Mucchietti di carne ed ossa frantumate, compresse dal peso delle pietre e delle travi piombate giù in un niente alle tre e mezza della notte, secondo più, attimo meno. I Vigili del Fuoco li hanno cullati sulla nuda terra, sollevando i lenzuoli di sangue, posando le mani su quello scempio umano e adagiando quel po’ che c’era nelle bare. Il macabro censimento delle vittime era tenuto da un carabiniere con i capelli grigi e gli occhi stanchi, che annotava i nomi su un registro. Poco distante, uomini e donne con lo sguardo allucinato, aspettavano di sentire un richiamo, fissando muti, come ipnotizzati dall’ansia che li opprimeva, le portantine che si accalcavano senza sosta. Il milite annotava le generalità, poi lo sussurrava all’orecchio di una donna che si avvicinava al gruppo in attesa. Era quello il segnale che dava sfogo al dolore fino a quel momento represso. I Vigili del Fuoco scavavano da ore. Sembrava che le macerie non dovessero finire mai ad Onna. Non smettevano neanche quando la terra, ogni tanto, ricominciava a sussultare, scatenando la paura e paralizzando i superstiti che fissavano il vuoto attoniti. A sera, iniziava a grandinare ed il grande prato verde si trasformava in un pantano grigio. Poco più in là una ragazza balbettava un nome: Berardino. Si chiamava Antonella, si era salvata per un pelo assieme alla madre, al fratello e al padre. «Berardino era un mio amico – dice – era amico di tutti. Aveva venticinque anni. Si dava un gran da fare per la gente di Onna. Ma Berardino non c’è più, il paese non c’è più». Antonella è un grumo di dolore ma anche di rabbia. «Per mesi – racconta – abbiamo vissuto nella paura, fra mille scosse di terremoto». E racconta cosa è accaduto tra il 5 ed il 6 aprile 2009 poco prima che la morte irrompesse nelle case del minuscolo borgo: «Era già notte, alle 11, quando la terra ha tremato. Una scossa violentissima. Siamo usciti tutti dalle case, non sapevamo che fare. Ma le tv locali ripetevano che si trattava di fenomeni di assestamento, che non c’era da preoccuparsi. Non è venuto nessuno, qui, a dirci cosa fare. Così dopo un po’ siamo rientrati. Se qualcuno ci avesse detto di rimanere all’aperto, se ci avessero dato un’indicazione, non ci sarebbero stati tanti morti». Già! Sempre lo Stato, assente, che sguazza e specula nelle disgrazie, silente per interesse inconfessabile dall’Unità d’Italia.

    Rabbia è la parola che sgorga spontanea, quando sono anni che si classifica il territorio nazionale, mettendo in luce quanto sia esposto a rischi naturali, ma senza profferire verbo su quelli artificiali, innescati dalla mano armata dell’uomo. Al popolo italiota sembra di poter vivere in Scandinavia, ma il terremoto di L’Aquila e poi dell’Emilia ci ricorda brutalmente che non è così, che nel Giardino d’Europa ci sono alluvioni, frane ed eruzioni vulcaniche, che in buona misura possono essere previste, e terremoti di cui, invece, non si sa né l’ora o il giorno né tanto meno il mese o l’anno in cui si scateneranno. È però certo che arriveranno e ormai si sa bene dove: in Friuli, in Garfagnana, nella dorsale appenninica umbro-marchigiano-abruzzese, in Irpinia, in Calabria, nel Gargano e nella Sicilia orientale. Ed anche con che tipo di danno! Veramente catastrofici nello Stretto di Messina, in Irpinia e nella provincia di Catania. Luoghi dove imperversa dal 2003, l’aerosolterapia militare a base di scie chimiche.

    Magrado ciò, non viene speso un centesimo nel risanamento anti-sismico degli edifici pubblici, anzi si progettano faraoniche grandi opere (ad esempio, il Ponte sullo Stretto) che stornano quattrini di Stato dall’unico uso sensato. Misure urgenti per la crescita del Paese ha legiferato dulcis in fundo il Governo Monti con l’approvazione parlamentare. E come se non bastasse si ipotizzano piani edilizi che permetterebbero la sopraelevazione degli edifici, proprio una delle cause più frequenti di crollo da terremoto, come insegna la storia dei nostri sismi, da quello di Messina e Reggio Calabria del 1908, aggravato dall’aver ignorato, già allora, le norme antisismiche borboniche che vietavano di innalzarsi a più di dieci metri d’altezza e di sovraccaricare gli edifici. In definitiva, se si seguitano a calpestare le regole antisismiche, col beneplacito o l’indifferenza dello Stato, non bastano gli scongiuri a difendersi dall’irreparabile.

    Mai e poi mai è stato messo in dubbio il principio basilare in virtù del quale lo Stato ha la piena responsabilità di procedere alla ricostruzione delle case distrutte e alla ristrutturazione degli edifici lesionati. Ciò fino a quando è apparso dal nulla il Regime delle banche, grazie al quale le cose sono cambiate radicalmente. Nell’Italia amministrata dal Governo Monti, secondo i dati ufficiali di Bankitalia, il debito pubblico è aumentato di ben 117 miliardi di euro, salendo a 2.014 miliardi di euro al termine dell’anno 2012. Ma dove sono andati a finire i quattrini che il popolo tricolore ha versato in maggiori tasse? I soldi pubblici invece di creare lavoro, sviluppo e crescita vengono usati per acquistare armamenti negli USA. Ad esempio 90 aerei da guerra F 35 del valore di 15 miliardi di euro e ben due sommergibili in Germania al modico prezzo di 2 miliardi di euro. Le spese belliche sono aumentate fino a 30 miliardi di euro nell’anno in corso. La cura Monti ha funzionato? Il prodotto interno lordo è sceso in un anno di ben 2,6 punti percentuali. L’intervento per conto terzi si è tradotto nel fallimento di 80 mila aziende soltanto nel 2012. L’Italia è in recessione, che vuol dire: boom della disoccupazione (a quota 3 milioni di unità), diminuzione della produzione ed inflazione. Aumenta in modo vertiginoso solo la povertà materiale e spirituale.[7]

    Ed abbondano i conflitti di interesse sempre più macroscopici ma occulti. Il tecnico di Goldman Sachs dimostrando un tempismo eccezionale, già consulente di Moodys, affiliato al Club Bilderberg,[8] ha infatti inserito, poco prima del sisma in Emilia, nel Decreto di riforma della Protezione Civile, un articolo che sgrava totalmente lo Stato dalla responsabilità di ricostruire (o rifondere) gli immobili distrutti o danneggiati dalle calamità naturali, subordinando i diritti dei cittadini colpiti alla stipula di assicurazioni private, secondo un meccanismo che nel testo legislativo non è ancora stato approfondito.

    Ergo? Dovremmo farla finita di menzionare ipotetiche catastrofi naturali, addebitando l’unica responsabilità a Gaia. In realtà è solo la nostra incapacità, ignoranza o malafede nel rapportarci con il rischio ed una delittuosa propensione a perdere la memoria degli eventi passati. Ma in Italia nessun luogo è immune e la Terra sollecitata per capriccio e sete di dominio non smetterà di ricordarcelo.

    Esistono due dimensioni parallele e tangenti, divise da una barriera invalicabile. Con raccapriccio si constata che la gente comune vive in una sfera fittizia, irreale, costruita su solide illusioni, su un’aberrante regolarità, tra casa, posto di lavoro, luoghi di divertimento. La popolazione non si

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