Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord: Linee del drago, luoghi di potere… Dall’Irlanda al Piemonte: l’antica conoscenza nascosta
Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord: Linee del drago, luoghi di potere… Dall’Irlanda al Piemonte: l’antica conoscenza nascosta
Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord: Linee del drago, luoghi di potere… Dall’Irlanda al Piemonte: l’antica conoscenza nascosta
E-book318 pagine4 ore

Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord: Linee del drago, luoghi di potere… Dall’Irlanda al Piemonte: l’antica conoscenza nascosta

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord – Un viaggio alla scoperta degli antichi luoghi di potere del pianeta

Mi leverò e andrò, ora, andrò a Innisfree,
E costruirò una capanna laggiù, fatta d’argilla e canne,
Nove filari a fave avrò laggiù, un’arnia per le api da miele,
E solo starò nella radura ronzante d’api.
E avrò un po’ di pace laggiù, ché la pace discende goccia a goccia,
Discende dai velami del mattino fin dove canta il grillo;
La mezzanotte è tutto un luccichio, il meriggio purpurea incandescenza,
La sera è piena d’ali di fanello.
Mi leverò e andrò, ora, ché sempre notte e giorno
Odo l’acqua del lago lambire con lievi suoni la sponda;
Stando in mezzo alla strada, sui marciapiedi grigi,
La sento nella fonda intimità del cuore.
William Butler Yeats

I nostri antenati celto-liguri, che vissero migliaia di anni fa, avevano un rapporto con la vita, con la morte e con la natura infinitamente più ricco del nostro. In altre parole, amavano profondamente, accettavano e comprendevano i misteri della vita, della morte e della natura.

In questo libro l’autore ci accompagnerà alla scoperta dei siti da lui scoperti in quasi 30 anni di ricerche di geografia sacra e della tradizione spirituale dei druidi e delle druidesse che vissero prima dell’avvento del cristianesimo.

Con questo libro scoprirai:
  • la connessione con i luoghi sacri e di potere della “Grande madre” Terra
  • i luoghi di Geografia sacra del Piemonte (Torino, Sacra di San Michele, monte magico Musinè, città di Rama, ecc.)
  • i misteri delle terre antiche di Francia, di Inghilterra e dell’Irlanda, coi i loro miti e leggende
…e molto altro ancora.
LinguaItaliano
EditoreOne Books
Data di uscita15 apr 2022
ISBN9788833802978
Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord: Linee del drago, luoghi di potere… Dall’Irlanda al Piemonte: l’antica conoscenza nascosta

Correlato a Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord

Ebook correlati

Storia per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Geografia Sacra e tradizione segreta del Nord - Andrea Cogerino

    Ringraziamenti

    Ringrazio sentitamente quattro donne. Innanzitutto Barbara ed Enri della Uno: senza di loro questo libro non sarebbe nato e uscito; quindi Erika e Sophia, che hanno letto il manoscritto prima che lo consegnassi e mi hanno dato importanti feedback. In particolare Erika, a cui è stato sottoposto il materiale bruto della primissima stesura.

    Grazie, grazie, grazie!!! Dopo questa vita finirete nel Paradiso dei druidi! Anche se non c’è.

    E poi ringrazio Mauro per la Prefazione, e non solo, e Prabhat, l’editur, compagni di viaggio in questi primi 10 anni alla Uno. Voi finirete nel Paradiso delle druidesse, spero.

    Prefazione

    di Mauro Biglino

    Abbiamo davvero camminato tanto, un sacco di volte... lungo quei sentieri, nei boschi, a calpestare foglie e rami secchi, tra anfratti, valloncelli, antiche e grandi mura di pietre che testimoniano il secolare intervento dell’uomo in quel territorio di cui Andrea ci parla nel libro con quel gusto e quella capacità di intrigare che appartengono per natura a chi sa vivere le situazioni prima ancora di raccontarle.

    Così infatti è Rubiana Jones, definizione quanto mai calzante per Andrea Cogerino, un uomo dei boschi e delle montagne che – da sempre, potremmo dire con una apparente iperbole – spinge la sua curiosità alla ricerca e alla riscoperta del passato in un territorio che possiede una quantità di memorie storiche tale da soddisfare anche i palati più esigenti.

    La sua passione per i luoghi cosiddetti sacri’ – così come per la geografia altrettanto definita sacra e alla quale lui si accosta con tanto rispetto – traspare in ogni sua parola, in ogni sua affascinante descrizione, in ogni ricordo di cose" viste e trovate, un ricordo che viene gelosamente custodito in un animo che fa tesoro di ogni più piccolo e apparentemente insignificante particolare.

    In questo libro si ritrovano le stesse sensazioni che si vivono quando si cammina con lui sui versanti ricchi di testimonianze celtiche e romane di un territorio (la Valle di Susa, in quella parte della provincia di Torino che si spinge fino alla Francia) che però potrebbe conservare ben più di ciò che si presenta allo sguardo, pure attento, del ricercatore appassionato.

    Le testimonianze che rimandano alla mitica e antichissima città di Rama arricchiscono di elementi affascinanti ciò che, per così dire, è venuto dopo e si conosce anche attraverso gli scritti degli antichi: Giulio Cesare, uno dei più importanti.

    Come già abbiamo avuto modo di scrivere anni fa in un articolo pubblicato dalla rivista Fenix (Anno IV, n. 29, Marzo 2011) il conquistatore delle gallie scrisse nel De bello gallico (1,10): «... ipse in Italia magnis itineribus contendi duasque ibi legiones conscribit et tres... qua proximum iter in ulteriorem galliam per Alpes erat... Ibi Ceutrones et Graioceli et Caturiges locis superioribus occupatis itinere exercitumprohibere conantur. Complutibus his proeliis pulsis ab Ocelo, quod est citerioris prvinciae extremum, ... inde in Allobrogum fines, ab Allobrogibus in Segusiavos exercitum ducit».

    In sintesi, egli prese cinque legioni per superare la resistenza opposta dalla tribù dei Celti (Galli) che presidiavano i monti da anni esplorati dall’autore e, solo dopo avere combattuto molte battaglie, riuscì ad averne la meglio cacciandoli (pulsis ab Ocelo): sappiamo purtroppo che fanno così i conquistatori dotati di superiorità economica e finanziaria quando decidono che un territorio rientra nella loro sfera di interesse.

    Molte sono state le battaglie perché quelle tribù erano ben attestate e ancora oggi, chi guarda dal basso i versanti della valle, non riesce neppure a immaginare quante testimonianze di quel lontano passato ci siano ancora, anche se malauguratamente dimenticate nei boschi e lungo i costoni di montagne che, toccando i 3500 metri di altitudine, offrono un orizzonte che nei secoli ha affascinato scienziati, viaggiatori, artisti, poeti...

    Andrea però va oltre, porta i suoi scarponi e il suo sguardo in un possibile passato ancora più remoto; va alla ricerca di altre fonti, scopre elementi, prova a mettere assieme dei dati per costruire un mosaico che possiede i colori della storia e del mito, che diffonde gli aromi coinvolgenti di un passato che potrebbe essere stato ma che ancora non è perché, ad ora, non riconosciuto in via ufficiale.

    Ma sappiamo bene che la scienza e la conoscenza, per crescere e arricchirsi di nuovi elementi, hanno la necessità assolutamente imprescindibile di essere alimentate dalla fantasia, dalla capacità e dal coraggio di provare a guardare oltre, sfidando spesso anche il senso comune e la cosiddetta verità ufficiale.

    Così fa l’autore Andrea Cogerino (Rubiana Jones), nel cui cognome si leggono assonanze con antichi siti celtici: una popolazione celtica proveniente dalla zona svizzero-francese del Jura si trasferì nel I millennio a.C. a Rubiana. Da qui il nome del colle Giuràn (con resti anche di abitazioni dell’età del Ferro), e di tutti i cognomi delle casate rubianine d.o.c., che mantengono tutti la radice del toponimo (Giorda, Girodo, Cogerino, Girardi...).

    E da qui il nome stesso di Rubiana, dalla divinità celtica Arubianus: uno dei luoghi privilegiati da cui parte la ricerca.

    Una sorta di predestinazione, un legame che è rimasto costante nei secoli e che, attraverso il nome, unisce il passato a Rubiana Jones? Ovviamente non lo sappiamo, ma è davvero curioso il pensarlo e nulla lo può impedire: il mondo della fantasia è per definizione libero.

    Così come è libero il camminare di Andrea nei luoghi che tanto ama e che avvolgono la sua vita, facendosi portatori di significati la cui valenza può affascinare ogni mente curiosa.

    Questo libro è in realtà un’appassionata testimonianza, pertanto, a chi si accinge a leggerlo, mi piace augurare soprattutto un sincero buon viaggio nel mondo della storia e del mito (che sappiamo avere sempre fondamento storico) in compagnia di Andrea.

    Mauro Biglino

    Introduzione

    «C’è chi dice che Dio esiste e chi è convinto che non esista.

    La verità, come sempre, sarà nel mezzo».

    William Butler Yeats

    In questa frase del premio Nobel Yeats c’è uno dei segreti del Nord. Del loro sentire.

    Gli antichi celto-liguri abitanti delle Terre del Nord – più precisamente, dell’Europa nordoccidentale – avevano un’anima crepuscolare, amavano le terre di confine, il limitare dei pozzi e del mare, il giorno che non era più giorno, la notte che ancora non era notte. Amavano il sacro numero Tre, e tutto quello che sta nel mezzo. Senza nome. Senza forma. Senza parole.

    Io amo questo sentire. Amo il sapore misterioso dell’inesprimibile. Amo le contraddizioni. I nonsense. La mancanza di logica. Amo la vita quando è surreale – ma mi verrebbe anche da dire: quando è iper-reale...

    E naturalmente amo Yeats, il grande poeta irlandese, cultore e bardo, cantore e ricercatore dell’antica sapienza druidica. Nel libro compariranno le sue citazioni e ci terrà compagnia durante il viaggio: desidero davvero che la Lettrice e il Lettore possano assaporare – qua e là, al di là dei racconti, delle argomentazioni, delle suggestioni che scriverò – quel gusto arcaico dell’indefinibile, il crepuscolare limite o terra di confine cui venne dato il nome di Avalon: l’isola di Avalon, l’isola che non c’è.

    Amo la tradizione celtica del Nord, amo il Sud-Ovest dell’Inghilterra, dove vado spesso in esplorazione e pellegrinaggio. Torno a casa. Amo l’Irlanda e quest’estate la cosa più bella – che mai dimenticherò – del mio tour di cicloturismo furono le parole della farmacista di una sperduta cittadina del Sud-Est. Italiano? mi disse dopo qualche scambio di battute e risate (gli Irlandesi sono davvero molto simpatici, anche nel senso etimologico del termine). Ma tu sembri più irlandese degli Irlandesi!!.

    Questo libro è la mia storia d’amore. Un amore lungo, fedele, con una Donna bellissima, e misteriosissima, che non ha nome. La chiameremo come il poeta, Innisfree.

    Un amore a cui nel libro alluderò utilizzando il nome generico di Geografia sacra: una passione che misteriosamente, nel 1992, è nata in me, e non mi ha più abbandonato.

    L’isola del lago d’Innisfree

    Mi leverò e andrò, ora, andrò a Innisfree,

    E costruirò una capanna laggiù, fatta d’argilla e canne,

    Nove filari a fave avrò laggiù, un’arnia per le api da miele,

    E solo starò nella radura ronzante d’api.

    E avrò un po’ di pace laggiù, ché la pace discende goccia a goccia,

    Discende dai velami del mattino fin dove canta il grillo;

    La mezzanotte è tutto un luccichio,

    il meriggio purpurea incandescenza,

    La sera è piena d’ali di fanello.

    Mi leverò e andrò, ora, ché sempre notte e giorno

    Odo l’acqua del lago lambire con lievi suoni la sponda;

    Stando in mezzo alla strada, sui marciapiedi grigi,

    La sento nella fonda intimità del cuore.

    Il libro è formato da due Sezioni:

    nella prima parte parlerò di me, delle scoperte che ho fatto negli ultimi 25 anni, del mio amore per la Geografia sacra e per le mie Terre misteriose;

    nella seconda mi occuperò degli antichi dèi celto-liguri e della tradizione spirituale del Nord, il Druidismo: viaggeremo dalla Francia, patria dei Templari, all’Inghilterra di Avalon, fino all’Irlanda dei Túatha Dé Danann.

    Ognuno degli otto capitoli del libro è concepito come miniviaggio a sé stante, e può quindi essere letto non nell’ordine in cui si trova.

    La libertà anarchica, intuitiva, è uno dei Segreti del Nord. Invito pertanto le Lettrici e i Lettori a seguire, se lo desiderano, il flusso delle intuizioni personali e, liberamente ispirati dai propri interessi e curiosità, confezionarsi il proprio personale viaggio di lettura.

    Anche una lettura a spirale, infatti, e non lineare come ci vogliono insegnare, potrà giungere al cuore del messaggio che desidero trasmettere: l’amore per la Geografia sacra e per il Druidismo.

    Buona Lettura. Buon Viaggio

    Sezione 1

    Geografia sacra

    «Benché gli spiriti siano tutti cento volte

    ben disposti verso gli uomini,

    essi provano un’avversione per le persone piene di sé e testarde,

    come i dogmatici, gli scienziati, gli ubriaconi e gli ingordi,

    e per ogni genere di persona volgare e litigiosa;

    amano invece gli uomini semplici,

    che sono ingenui e infantili, innocenti e sinceri:

    e meno vanità e ipocrisia c’è in un uomo,

    più facile gli sarà avvicinarli;

    ma in genere sono timidi come animali selvatici».

    W. B. Yeats

    1

    I primi anni, le prime scoperte

    Un villaggio preistorico sconosciuto

    Nel 1992 ero iscritto al primo anno di Università, facoltà di Filosofia. All’epoca conoscevo bene l’inglese perché andavo in Inghilterra dai miei zii, nel Dorset, per le vacanze studio estive. Mia madre era la maestra del piccolo paese di montagna in cui vivevo e son tornato a vivere: Rubiana, in Val di Susa. Il sindaco di allora un giorno le portò un articolo, in inglese, tratto da una rivista archeologica olandese. Scritto da un ingegnere torinese che viveva da anni nei Paesi Bassi, ma che ogni tanto ritornava in patria. Si trattava di tradurre l’articolo perché parlava di un villaggio neolitico "Castellum type", mi sembra di ricordare, ritrovato da qualche parte proprio a Rubiana. Con tanto di fotografie.

    Ricordo quel momento in cui lessi l’articolo. Qualcosa si accese in me. L’entusiasmo.

    Ora, l’entusiasmo, come ci suggerisce l’etimologia del termine (essere abitati dal proprio dio interiore – dal greco en, dentro, e thèos, dio: Il dio dentro), dovrebbe essere la regola, la misura del nostro essere sul Cammino. Sono convinto di questo. Quando sentiamo che qualcosa, qualunque cosa sia, ci riempie di entusiasmo, ci illumina le cellule del corpo e ce le fa brillare, vibrare, ecco: noi siamo tenuti ad ascoltare quel messaggio degli dèi. E dobbiamo seguire quella vocazione. Quella comunicazione.

    All’epoca non mi occupavo di Geografia sacra, né tantomeno di archeologia. Però, qualche anno prima, in libreria a casa, avevo trovato un testo di Peter Kolosimo¹, un pioniere dell’archeologia misteriosa. Un libro anni Settanta, con foto, immagini, e tante suggestioni che già avevano riattivato le mie cellule, sprigionato sostanze nel mio corpo alchemico.

    Kolosimo ovviamente aveva vissuto a Torino, la città della magia. Torino, in quegli anni Sessanta-Settanta, era davvero la culla del Mistero, dello Stra-ordinario: qui viveva anche il più grande... sensitivo? mistico? mago? – non so come definirlo. Insomma, Gustavo Adolfo Rol, forse la figura più magica e misteriosa del mondo nella seconda metà del Novecento. L’uomo più famoso ed enigmatico del pianeta Terra, in virtù di poteri che sbalordirono tutti. Ecco, Torino. Terra di magia. La città magica. Una sua allieva, amica e discepola, la giornalista Giuditta Dembech, pubblicò in quegli anni un testo di riferimento: Torino città magica. Fu un successo. Fu, insieme ai libri di Kolosimo credo, un riattivare nelle cellule di molti l’entusiasmo per la conoscenza altra, misteriosa, non convenzionale, e per noi piemontesi un risvegliare il senso di appartenenza a una terra di Geografia sacra.

    Riscoprivamo le nostre radici magiche ed esoteriche. Un richiamo animale ancestrale, arcaico.

    Molte persone, come me e prima di me, hanno sentito quel fascino irresistibile e desiderio profondo di cercare qualcosa che esulasse dalla solita spiegazioncina ateista materialista razionalista dominante. La Cerca del Graal, potremmo definire questa sete. La ricerca del Senso più alto della nostra vita, del nostro brancolare in questo pianetino sperduto nell’universo. E tutto questo a partire da un senso di appartenenza magico a una terra, la nostra terra. Torino in questo caso, e la Val di Susa.

    Giuditta Dembech pubblicò anche l’imprescindibile Musinè magico: ecco qui ulteriori tracce, semi, suggestioni. Qualcuno come lei, prima di me, aveva esplorato queste mie montagne magiche e aveva rinvenuto tracce, non censite dalla Storia ufficiale, di antichi insediamenti umani. Celtici. Ma ancora anteriori: neolitici. Incisioni rupestri, croci, coppelle, siti megalitici, dolmen, menhir... Le tracce del passaggio nella Preistoria di popolazioni del Nord. La stessa cultura che definirei celto-ligure – la stessa che ha edificato, per intenderci, Newgrange in Irlanda e Stonehenge in Inghilterra – migliaia di anni fa era arrivata nelle nostre terre. Le aveva amate. Le aveva vissute. Aveva lasciato tracce del loro passaggio. C’erano segni su roccia di loro.

    A Rubiana, nel mio piccolo paese di montagna, c’era dunque un villaggio neolitico a castello? Con tanto di mura difensive, fossato, e quant’altro? In un bosco sperduto al centro di una pietraia? Le foto parlavano chiaro. Dovevo trovarlo! Tradussi l’articolo per il sindaco, ma più che altro misi gli scarponcini – all’epoca si chiamavano così; ora son diventate scarpe da trekking, molto più cool – e cominciai a esplorare il territorio. Boschi, monti, pascoli alpini.

    Va detto che il mio piccolo paese ha meno di 2000 abitanti, è vero, son quattro case in croce, ma il territorio comunale si estende per vastissimi chilometri quadrati in una conca tra i 400 e i 2000 metri, circondata da montagne impervie, spesso aspre e inospitali, boschi intricati e inesplorati. Mi concentrai, non ricordo perché², in un’area ben definita. Camminai. Esplorai. Ricercai. Niente. Infine, ricordo bene, il padre di una mia compagna delle elementari, noto esperto del territorio e soprattutto noto bulajé (cercatore di funghi porcini, i "bulè), mi suggerì di andare a dare un’occhiata a strani muretti in una certa località a 900-1000 metri – che guarda caso era più o meno lo stesso settore in cui già mi ero concentrato. Fu così che lo trovai. Un incredibile villaggio costituito da una trentina di muretti circolari, protetto da mura difensive, con un fossato a difenderlo, e poi una via in diagonale delimitata da piccoli menhir, pietre piatte conficcate nel terreno che portavano al fiume. Insomma: un villaggio preistorico a castello (Castellum type")? Ero senza parole. Si era risvegliato qualcosa in me. Era il 1992. Da allora non ho più finito di esplorare, camminare, indagare, ricercare. E di perdermi felice dentro i boschi.

    La cosa più curiosa di quel villaggio, però, era il diametro delle abitazioni circolari: un metro o poco più. Due, tre metri al massimo. Ricordo ancora il mio amico Dando, con cui andavo in Inghilterra in quegli anni. L’avevo coinvolto, insieme al mitologico Nino (dovrei scrivere un libro solo su lui), nello scavo archeologico al villaggio (avevamo 19 anni, era inverno, ci eravamo messi a scavare con una pala da neve – eravamo molto surreali e bizzarri). Ma la cosa più surreale e bizzarra, degna dell’english humour, fu l’ipotesi di Dando per spiegare i ridotti diametri delle casette circolari. Come facevano a sdraiarsi in così poco spazio? avevo chiesto io. La sua risposta immediata fu: Ma è ovvio: all’epoca, nella preistoria, erano diversi da noi, più selvaggi, animaleschi: dormivano in piedi, come i cavalli.

    L’aveva detto col sorriso tra i denti, ma io non me ne accorsi. Sembrava serio. Cominciai a immaginare questi uomini e donne di 3500 anni fa che rimanevano in piedi tutta la notte, assorti in un sonno animale misterioso.

    Capii, nei minuti successivi, due cose. Primo: Dando aveva un umorismo che adoravo, che volevo assorbire alchemicamente e fare mio (cosa che ho sempre cercato di realizzare e incarnare); secondo: sentii istintivamente che le popolazioni antiche erano davvero molto diverse da noi. Dei veri extraterrestri. (O meglio, dei veri extraterrestri credo saremmo noi ai loro occhi: abbiamo perduto completamente il senso di amore e appartenenza alla Dea, al pianeta, a Brighid – e molto altro, come vedremo nello svolgersi del libro).

    Una premessa metodologica

    Compresi in quel momento una cosa che negli anni di Ricerca sempre più ho sentito come vera: della psiche, del modus vivendi di popolazioni così antiche e lontane da noi, non possiamo veramente sapere quasi nulla. Troppo il divario culturale, direi proprio antropologico, che separa noi, uomini e donne moderni occidentali, da loro, uomini e donne della terra. Uomini e donne del Nord, probabilmente cultori del Femminino sacro, della Grande Madre. Adoratori delle Rocce, dei Fiumi, della Foresta. Uomini e donne forse più vicini alla saggezza istintiva degli animali. E infinitamente più magici, misteriosi, ma allo stesso tempo concreti, pragmatici, terra terra. Questa è l’idea che mi sto facendo di loro. Sapendo bene che se mai un giorno, veramente, potrò andarli a trovare con la Macchina del Tempo, scoprirò che il 90% delle teorie formulate finora – da me e da tutti – è completamente sbagliato! Ho la sensazione, che sta crescendo sempre più, man mano che aumentano i miei studi e le mie scoperte, che noi, oggi, possiamo comprendere veramente poco, realmente, di quelle persone, uomini e donne che migliaia di anni fa popolavano le nostre terre. Ma torniamo alla nostra divagazione filosofica-psicologica-antropologica.

    Io credo questo, sembra una banalità ma ci tengo a dirlo: possiamo faticosamente comprendere realmente pochissimo di noi stessi, figuriamoci comprendere veramente l’altro (l’altro da noi oggi, e figuriamoci l’altro di 3000 anni fa!).

    Questa mi sembra la premessa che sento di fare: tutto quello che racconterò è lo specchio del mio mondo soggettivo, del mio sguardo sul mondo. È davvero il meglio che riesco a fare, perché ho passato la maggior parte del tempo così, a riflettere, a pensare, ma soprattutto a contemplare e a fantasticare: da piccolo stando sempre arrampicato su una betulla, da grande camminando e meditando per boschi e monti. Questo sguardo però, posso garantirlo, è stato sempre, sempre curioso e veramente innamorato delle cose che racconto. È lo sguardo frutto soprattutto del fuoco alchemico che, in quel famoso 1992, mi ha abitato e non mi ha più abbandonato. L’entusiasmo per la Ricerca del senso del Tutto e per la Geografia sacra.

    Desidero accompagnare lettrici e lettori in un viaggio nello Spazio e nel Tempo, proprio come faccio nei miei tour geosacra in cui porto gruppi di persone a esplorare, vedere, toccar con mano le pietre antiche. Ma in questo caso il viaggio sarà tutto della mente e dell’immaginazione. Della suggestione. Del potere magico dell’incanto. Mi piacerebbe tanto. Portare nelle pagine del libro qualcosa dell’incanto che negli anni ho recuperato dal mondo celto-ligure che ho esplorato. Qualcosa dei suoi druidi e druidesse. Qualcosa delle sue creature fantastiche – elfi, gnomi, fate...

    Ecco allora un’ipotesi di lavoro che dovetti accettare come vera, anzi, verosimile: quello che ho ri-scoperto nei boschi del mio paese, forse, non era altro che un villaggio di hobbit, o di elfi, o di gnomi. Piccolini piccolotti. Misteriosissimi. Molto diversi da noi, incomprensibili.

    E quindi i conti tornano: dormivano sdraiati!

    A parte gli scherzi. Per anni pensai che fosse la spiegazione più di buon senso. Erano davvero troppo corti i diametri delle abitazioni, per normali esseri umani.

    Fino a quando, lo scorso mese, curiosando nuovamente tra le pagine del famoso libro Musinè magico (Dembech, 1976), nel capitolo Sant’abaco e Rubiana (che mi era sfuggito!) non incappai nuovamente nel mio villaggio nella pietraia.

    Ecco le parole di Giuditta Dembech. Sta parlando della zona di sant’Abaco, sul Musinè, sopra Caselette, a qualche chilometro (una dozzina) da Rubiana. Sta raccontando quindi di un altro villaggio in tutto simile al mio, ma non lo stesso: andrò senz’altro nei prossimi tempi a cercarlo!

    «Appunto su uno di questi pianori intorno Sant’Abaco, si trovano stranissimi ammassi di pietre. Sono in prevalenza grossi ciottoli di fiume, levigati da un continuo attrito [...] Il fatto singolare è che questi massi si trovano su un pianoro in vetta a una collina, completamente allo scoperto e dove, secondo le più elementari leggi della fisica, un torrente non avrebbe mai potuto scorrere (a meno che l’acqua non si arrampichi in salita...). Si desume quindi che buona parte dei sassi sono stati portati quassù

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1