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Il futuro della biblioteca e della professione: Atti del 57° e 58° Congresso  nazionale AIB
Il futuro della biblioteca e della professione: Atti del 57° e 58° Congresso  nazionale AIB
Il futuro della biblioteca e della professione: Atti del 57° e 58° Congresso  nazionale AIB
E-book570 pagine6 ore

Il futuro della biblioteca e della professione: Atti del 57° e 58° Congresso nazionale AIB

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Info su questo ebook

Il volume raccoglie gli atti del 57° e 58° congresso dell'Associazione italiana biblioteche, il primo - tenutosi a Roma il 17 e 18 novembre 2011 - dal titolo "Il futuro in biblioteca, la biblioteca in futuro", il secondo - tenutosi sempre a Roma il 28 e 29 novembre 2013 - dal titolo "Quale lavoro in biblioteca? Riconoscimento professionale e valorizzazione della professione bibliotecaria".
Nel caso del congresso del 2011 l’intervallo temporale che ci separa da quell’evento ha privato di attualità, almeno in parte, alcuni degli interventi che vennero allora presentati, che assumono oggi un valore più squisitamente storico, vista i cambiamenti avvenuti in questi pur pochi anni dal punto di vista tecnologico, certamente, ma anche sociale, politico, scientifico. Nondimeno, alcuni contenuti mantengono un loro interesse anche alla luce della contemporaneità e, in alcuni casi, sono diventati realtà più concrete, da prototipi, quando non addirittura, previsioni, vagheggiamenti o desideri, come nel caso del social reading o della presenza degli ebook nelle collezioni. Un'altra tematica del convegno che ha ricevuto la definitiva consacrazione è quella relativa agli aspetti più sociali dell’attività delle biblioteche.
Il congresso del 2013 ha avuto come tema il lavoro e la professione, tema non certo nuovo per l’Associazione; se però in passato il focus era essenzialmente sulla professione e il suo riconoscimento, in questo caso si è parlato ampiamente anche di lavoro. Si è inteso farlo per vedere come portare avanti in parallelo un effettivo riconoscimento professionale e proposte di modalità di lavoro per i professionisti bibliotecari che permettano di sviluppare le potenzialità, soprattutto dei giovani colleghi, a vantaggio della collettività. Tutto il congresso è stato percorso inoltre dalla tematica dell’advocacy delle biblioteche. Se il panorama e le prospettive sono difficili, emerge dagli atti la consapevolezza che senza bibliotecari non c’è biblioteca, che essere professionisti significa esserlo in ogni occasione e attività, quindi anche nelle difficoltà in cui ci troviamo.
LinguaItaliano
Data di uscita2 apr 2015
ISBN9788878122369
Il futuro della biblioteca e della professione: Atti del 57° e 58° Congresso  nazionale AIB

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    Anteprima del libro

    Il futuro della biblioteca e della professione - a cura di Andrea Marchitelli e Enrica Manenti

    Per la valutazione ex ante delle pubblicazioni monografiche l’Associazione italiana biblioteche ricorre a due esperti del settore, di cui almeno uno individuato all'esterno del Comitato scientifico.

    Il testo viene riesaminato da almeno uno dei due esperti dopo la revisione richiesta agli autori.

    Il Comitato scientifico è composto da: Giovanni Di Domenico, Anna Galluzzi, Alberto Petrucciani.

    Editing: Palmira M. Barbini

    © 2015 Associazione italiana biblioteche

    Produzione e diffusione: Associazione italiana biblioteche

    Viale Castro Pretorio 105 - 00185 Roma

    Tel. 064463532, fax 064441139

    e-mail aib@aib.it, http://www.aib.it

    ISBN 978-88-7812-236-9

    Sommario

    57º Congresso nazionale AIB

    Prefazione, di Andrea Marchitelli

    Prima sessione

    Ei fu. Siccome immobile. Relazione di apertura, di Stefano Parise

    Seconda Sessione

    Social reading: che cosa significa per università e biblioteche, di Nicola Cavalli

    Ebook, digital lending e intermediazione informativa. Stato dell’arte e prospettive, di Giulio Blasi

    Ebook italiani: quale bibliodiversità? Lo stato dell’arte 2011, di Laura Testoni

    Come si prestano i bit? Il digital lending sotto la lente del diritto d’autore, di Giorgio Spedicato

    Racconti itineranti: dall’autore al lettore, dal lettore all’autore. Una proposta didattica di integrazione del progetto lettura e biblioteca nel curricolo d’istituto, di Maria Spanovangelis, Maria Letizia Caponnetto e Caterina Navarra

    Libri Open Access: una realtà sostenibile?, di Andrea Capaccioni

    Terza sessione

    Una nuova biblioteconomia per una nuova epoca, di R. David Lankes

    La biblioteca intangibile, di Fabrizio Venerandi

    Piazze del sapere: il ruolo delle biblioteche in tempi di crisi, di Antonella Agnoli

    58° Congresso nazionale AIB

    Relazione introduttiva, Stefano Parise Presidente AIB

    Prima sessione: Il riconoscimento della professione in Europa e in Italia tra norme tecniche, qualificazione professionale e pratiche concrete

    La Commissione documentazione e informazione dell’UNI e la norma tecnica per la professione bibliotecaria (parte prima), di Paola Manoni

    La Commissione documentazione e informazione dell’UNI e la norma tecnica per la professione bibliotecaria (parte seconda), di Giovanna Mazzola Merola

    Il ruolo delle Associazioni per la definizione delle norme e per l’attestazione di qualità nel lavoro concreto dei professionisti, di Giuseppe Bruni

    Seconda Sessione: Giovani, lavoro e professione

    Precariato d’argento. 25 anni di esternalizzazione dei servizi nelle biblioteche pubbliche sarde, di Marilena Puggioni

    Nessuno si salva da solo: l’evoluzione di una biblioteca biomedica aperta ai pazienti nell’era del web e lo scambio generazionale, di Ivana Truccolo

    La Library 2.0 in luoghi atipici, per la comunicazione scientifica, nel settore degli alimenti, di Raul Ciappelloni

    Tendenze e sviluppi recenti nella disciplina normativa del mercato del lavoro in Italia, di Manuel Marocco

    New librarians and new ways of professional exchange: inspiration from the international context1, di Sebastian Wilke

    Contro il massimo ribasso: le esternalizzazioni dei servizi fra buone pratiche e svilimento delle professionalità, di Maria Abenante

    Terza sessione:Lavorare in biblioteca fra vecchie e nuove sfide

    Osservatorio Lavoro e professione AIB. Lavorare in biblioteca nell’Italia di oggi: l’indagine AIB sul lavoro in biblioteca 2013, di Rachele Arena e Ilario Ruocco

    Osservatorio Lavoro e professione AIB. Lavorare in biblioteca nell’Italia di oggi: una prima ricognizione qualitativa. I profili professionali, di Rachele Arena

    Analisi dell’offerta formativa italiana di corsi in biblioteconomia e alcune raccomandazioni per migliorarne la qualità, di Anna Maria Tammaro, Anna Della Fornace, Luisa Marquardt

    L’utilità e la spendibilità della formazione italiana in Library and Information Science: i risultati di un’indagine, di Simona Turbanti

    A Maltese academic library: The MCAST LLRC serving a varied and changing community for ten years (2003-2013) with a brief overview of other libraries in Malta, di Laurence V. Zerafa

    Costruire alleanze, costruire comunità. Il caso Pistoia, di Maria Stella Rasetti

    Conclusioni: L'AIB e la valorizzazione della professione bibliotecaria in Italia, di Enrica Manenti

    Sinossi

    Note biografiche dei curatori

    57º Congresso nazionale AIB

    Il futuro in biblioteca, la biblioteca in futuro

    Roma, Complesso di San Michele a Ripa grande 17-18 novembre 2011

    a cura di

    Andrea Marchitelli

    Roma

    Associazione italiana biblioteche

    2015

    Prefazione

    Andrea Marchitelli¹

    A distanza di oltre due anni e mezzo da quando si tenne il 57° Congresso nazionale AIB, dedicato al futuro della biblioteca, escono, finalmente, gli atti delle due giornate.

    L’intervallo temporale che ci separa da quell’evento ha privato di attualità, almeno in parte, alcuni degli interventi che vennero allora presentati e che riportiamo nelle pagine successive, che assumono oggi un valore più squisitamente storico, vista l’evoluzione, o comunque si voglia intendere, i cambiamenti, avvenuti in questi pur pochi anni, dal punto di vista tecnologico, certamente, ma anche sociale, politico, scientifico.

    Per nulla invecchiata, purtroppo in questo caso, è la relazione di apertura. Se non fosse rivolta a Lorenzo Ornaghi, allora Ministro per i beni e le attività culturali (al quale in così poco tempo sono succeduti Massimo Bray, con il quale il Ministero è divenuto «dei beni e delle attività culturali e del turismo», e Dario Franceschini) e se l’autore non fosse Stefano Parise, non più presidente dell’Associazione italiana biblioteche, parrebbe scritta oggi.

    Altri elementi del futuro in biblioteca, e forse ancora più di biblioteche del futuro, sono infatti diventati nel frattempo realtà più concrete, da prototipi, quando non addirittura, previsioni, vagheggiamenti o desideri, come nel caso del social reading, di cui scrive Nicola Cavalli, o della presenza degli ebook nelle collezioni, che diventa sempre più forte, nelle biblioteche delle università, degli enti di ricerca o comunque biblioteche specializzate che, come spesso accade, per prime hanno sperimentato questa tipologia di risorse, ma anche in quelle di pubblica lettura, che in alcuni casi diventano anche un luogo che permette alle persone di affrontare un digital divide sempre più pesante, aggravato, oltre che dalle carenze strutturali e infrastrutturali che paiono insanabili, ancora più dalla crisi economica che non accenna a esaurirsi.

    Oltre alle questioni legate a selezione e acquisizione di ebook, approfonditamente trattate negli interventi di Giulio Blasi e Laura Testoni, un tema fondamentale resta quello della messa a disposizione di tali risorse, in particolare attraverso il prestito (su questo, il circostanziato saggio di Giorgio Spedicato offre una ricognizione che rimane tuttora attuale) e la promozione della lettura, anche attraverso le nuove tecnologie, nelle scuole, tema centrale della relazione di Caponnetto, Navarra e Spanovangelis.

    Chiude la seconda sessione l’intervento di Andrea Capaccioni, dedicato a una ricognizione della disponibilità ad accesso aperto di monografie, che nel 2011 era una novità, poiché nei suoi primi anni di esistenza il movimento open access si è dedicato innanzitutto alle pubblicazioni periodiche.

    La terza sessione, in particolare gli interventi di Lankes e Agnoli, è dedicata agli aspetti più sociali dell’attività delle biblioteche, e si apre, a pochi mesi dalla pubblicazione dell’importante The atlas of new librarianship, con una relazione nella quale l’autore esemplifica e racconta il contenuto del volume, tratteggiando i contorni di una «nuova biblioteconomia per una nuova epoca», dove i bibliotecari sono tra gli attori principali della trasformazione delle comunità in cui operano, a maggior ragione in epoca di crisi, come ricorda Antonella Agnoli. Chiude la sessione l’intervento di Fabrizio Venerandi, che si focalizza anch’egli su un aspetto di profonda innovazione, non delle strutture bibliotecarie ma del prodotto libro, sul tema della produzione di ebook, in maniera che essi non siano la mera riproposizione, in forma digitale, di un contenuto che siamo stati abituati a conoscere e ad apprezzare in analogico, ma che possano esprimere al massimo le specificità che nel nuovo formato sono insite.

    Concludiamo ricordando che il programma del 57° Congresso è stato caratterizzato dalla decisione del Comitato scientifico di riservare una parte cospicua della durata del convegno a interventi selezionati attraverso una call for papers pubblica e una successiva revisione da parte di membri del Comitato scientifico stesso.

    1)

    Presidente del Comitato scientifico del 57° Congresso AIB.

    Prima sessione

    Ei fu. Siccome immobile. Relazione di apertura.

    Stefano Parise¹

    Il nostro Paese sta attraversando una fase drammatica, che si manifesta in primo luogo sotto forma di una crisi finanziaria senza precedenti e di una crisi politica che si è momentaneamente raggelata, anche se nessuno può dire se sia davvero alle nostre spalle. Faccio i miei migliori auguri a Mario Monti e al suo governo, in particolare al neo Ministro Lorenzo Ornaghi, perché dovrà mettere mano a una situazione di enorme complessità, dove gli elementi contingenti si intrecciano a una crisi di prospettive e all'esaurimento del patto sociale e generazionale che ha garantito nella seconda metà del secolo scorso crescita economica, aumento del benessere e della coesione sociale.

    La crisi della cultura è una crisi al quadrato, perché ai ritardi, alle croniche carenze, all’assenza di una visione strategica e di politiche coerenti si aggiunge ora la prospettiva della ritirata dello Stato dal suo sostegno in nome della insostenibilità economica del welfare e della sua immoralità intrinseca, perché le opportunità sono di chi può permettersele, con buona pace dell’art. 3 della Costituzione. Non è un problema che riguardi soltanto le biblioteche.

    Di fronte a ciò non basta serrare i ranghi e sperare che la tempesta passi senza fare troppi danni. Non serve nemmeno limitarsi alla denuncia e al lamento, perché le voci che si levano sono ormai un coro indistinto. Parlare della crisi delle biblioteche italiane e del loro futuro oggi ha senso solo se si è in grado di collocare il discorso all’interno delle grandi priorità nazionali. La richiesta di politiche bibliotecarie non ha alcuna efficacia al di fuori di questo orizzonte, è un esercizio di stile completamente autoreferenziale. Rischiamo di fare la fine dei dodo, gli uccelli immortalati dalla graffiante creatività degli autori del film L’era glaciale, troppo intenti a lottare per conquistare l'ultimo frutto rimasto per accorgersi che attorno a loro un mondo si sta estinguendo.

    Lo sforzo che ci è richiesto è quello di abbattere gli steccati che ci separano dalle altre professioni della conoscenza e di rileggere i confini come punti di contatto, non come limiti e separatezze. Serve lavorare sulle affinità e sulle convergenze, non riaffermare specificità disciplinari.

    Dobbiamo provare ad alzare lo sguardo oltre le sudate carte, oltre le nostre piccole (o grandi) questioni quotidiane per abbracciare un orizzonte più vasto. Il futuro delle biblioteche non si gioca più – se mai s’è giocato – sull’affermazione di questo o quello standard, di questo o quell’insieme di regole, ma sulla nostra capacità di sviluppare un discorso pubblico che ne riaffermi l’utilità in un mondo che cambia velocemente. Salvatore Settis, a proposito dei musei, ha richiamato la loro natura di «formazione storica, che, come le altre, può a un certo punto perdere di vitalit໲.

    L’identità, il senso e la funzione di qualsiasi istituto oggi va riaffermata continuamente, perché non esistono più zone franche e rendite di posizione. Dall’efficacia di questo esercizio dipenderanno sempre più finanziamenti e considerazione. Un compito strenuo, perché l’Italia è un paese drammaticamente alle prese con la propria arretratezza e non è in grado di interrogarsi sul senso dell’investimento culturale se non attraverso semplificazioni brutali e potenzialmente distruttive («con la cultura non si mangia»).

    Questa incapacità, questa sottovalutazione, si riflette anche negli atti ufficiali dei governi. Il piano Europa 2020 del governo italiano, ovvero il documento che fissa gli obiettivi che il nostro paese si è dato per realizzare l’obiettivo di una economia fondata sulla conoscenza, si pone come traguardo quello di rimanere fanalino di coda dei paesi europei per incidenza delle spese per la ricerca sul PIL e per tassi di istruzione secondaria³. L’investimento pubblico in innovazione è lo 0,56% del PIL (in Germania il 2,79). L'obiettivo è quello di portarlo nel 2020 all’1,53%.

    Servirebbe una rivalutazione della cultura in quanto elemento di coesione che rende più sicure le città, fa invecchiare meglio le persone, riduce i costi del welfare. Le biblioteche sono parte di questo sistema e alimentano la densità culturale delle città.

    Parlare al Paese di biblioteche soltanto come sistemi organizzati di documenti è un suicidio. Chiedere maggiore attenzione per le biblioteche significa contrapporre la coesione all’indifferenza sociale, la civiltà dell’approfondimento e del pensiero critico al degrado delle idee, il benessere diffuso perché pubblico alla deriva meritocratica fondata esclusivamente sul censo o su un malinteso élitarismo. Le parole chiave sono queste: welfare, coesione, innovazione e istruzione.

    La richiesta di sostegno e di risorse non può però essere disgiunta da una ormai non più rinviabile riorganizzazione del settore nel segno della ricerca di maggiore efficacia e dell’adozione di modelli organizzativi che superino l’impostazione fondata sull'appartenenza amministrativa e sui compartimenti stagni. Un percorso che riconosca la centralità del cittadino e il suo diritto a ottenere servizi degni di questo nome.

    L’AIB propone senza fortuna da quarant’anni di dare vita a un moderno sistema bibliotecario nazionale nel quale tutte le componenti operino in base a criteri di funzionalità, autonomia e complementarità, facendo riferimento a un quadro programmatico e a obiettivi concordati e condivisi. In questo modello lo Stato (cioè il MiBAC) dovrà smettere i panni del gestore diretto di 46 biblioteche che attualmente svolge, per concentrarsi sull’erogazione dei servizi nazionali alle altre biblioteche. Le università devono prevedere statutariamente l’istituzione di sistemi bibliotecari con funzioni di direzione di tutte le articolazioni bibliotecarie d’ateneo, oggi affidate alla responsabilità dei docenti senza un reale coordinamento e con enormi diseconomie, e impegnarsi a promuovere e diffondere l’open access come strategia per un accesso democratico e diffuso alla conoscenza scientifica e ai risultati della ricerca sostenuta con risorse pubbliche. Gli enti locali devono individuare un modello condiviso per il servizio bibliotecario pubblico che lo renda riconoscibile e riconosciuto a nord come nel meridione e abbracciare la cooperazione come filosofia e come metodo di lavoro, per raggiungere standard di servizio più elevati e contenere i costi.

    Cambiare, quindi, perché fermarsi equivale a perdersi. Nessuna delle professioni del libro sarà risparmiata dal procedere dell’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della lettura. Chi non saprà riconvertire il proprio ruolo adattandosi a giocare funzioni diverse con strumenti differenti, chi non rinnoverà le proprie competenze in vista di nuove specializzazioni è destinato a soccombere o a giocare un ruolo sempre più marginale. Come afferma Luca Ferrieri, gli editori dovranno fare un po’ i bibliotecari e le biblioteche diventeranno editori, o saranno loro partner; librerie e biblioteche dovranno collaborare per realizzare nuovi servizi (di consulenza, di mediazione, di ricerca) che saranno sempre più necessari ai lettori.

    La scelta del titolo del mio intervento è un richiamo a questa necessità. Un avvertimento a non considerare gattopardianamente il cambiamento, perché nulla potrà essere come prima e anche una grande tradizione culturale e professionale come quella bibliotecaria rischia di esaurirsi se non è in grado di evolvere con i tempi. Il «siccome», che Manzoni utilizza in funzione comparativa è qui inteso, con licenza poetica, causalmente: Ei fu «poiché» immobile. L’incapacità di cambiare come causa mortis. Lasciatemi dire che, qualora succedesse, la scomparsa non avrebbe nulla dello sgomento che traspare dall’ode manzoniana quanto piuttosto un sapore Marqueziano, da cronaca di una morte annunciata.

    Il rischio più grande, infatti, è che tale possibile marginalizzazione sia data per scontata nell’agenda sociale e politica. Se ne vedono le avvisaglie nel positivismo plaudente ma acritico che accompagna la diffusione di internet, «dove si può trovare tutto», e che ha spinto un commentatore qualche giorno fa a scrivere sulle pagine di un quotidiano che a fianco delle biblioteche storiche e universitarie è necessario «aprire sul territorio un pulviscolo di spazi, dove oltre agli scaffali coi libri ci sono aule internet, caffè, ambienti ricreativi e commerciali, gestiti dalle comunità del luogo, dai privati o dalle associazioni, non dallo stato»⁴. Le piazze del sapere gestite dalla buona volontà, con buona pace dei bibliotecari professionisti.

    Cambiare, dunque, ma come? Quali sono i fattori che sospingono il vento del cambiamento?

    lo spostamento di milioni di persone e il contatto fra tradizioni, culture e visioni diverse, che richiederà politiche estensive di integrazione interculturale;

    lo sviluppo tecnologico e il capitale intellettuale, fattori discriminanti perché dal secondo dipenderà l’applicazione innovativa delle tecnologie;

    le reti, l’aumento della loro capacità di trasmettere grandi quantità di dati e lo sviluppo di internet e dei social network richiederanno persone in grado di muoversi con facilità fra i canali di comunicazione, di trovare informazioni superando la difficoltà di scegliere, valutare, imparare;

    le differenziazioni territoriali e il ruolo che giocheranno i fattori immateriali e il patrimonio storico e culturale;

    l’invecchiamento della popolazione e l’innalzamento dell’attesa di vita delle persone che fra il 2010 e il 2025 andranno a costituire il più numeroso gruppo di anziani mai esistito. Queste persone, che godranno di buona salute, attesa di vita lunga, una relativa sicurezza economica, mezzi culturali più elevati che in passato, con la pensione aumenteranno il tempo da dedicare a se stessi e agli altri. Esse potranno essere catturate attraverso un’offerta mirata di servizi e supporti, in parte remoti in parte locali, o con l’organizzazione di momenti di vita collettiva, come già sono i gruppi di lettura. Il miglioramento delle condizioni fisiche e mentali amplierà l’ambito delle persone disponibili a svolgere attività di volontariato organizzato, anche in biblioteca.

    Per coloro che sono in condizioni di salute precaria o per i grandi vecchi, over 80, bisognerà prevedere servizi domestici, sfruttando i volontari per la consegna ma soprattutto per la necessaria opera preliminare di contatto e convincimento, che richiederà una serie di partnership con i servizi sociali.

    In prospettiva, ci dobbiamo aspettare invece una fascia sempre più consistente di anziani, i trentenni precari di oggi, che quando (e se...) andranno in pensione avranno un trattamento inadeguato. Il genere di anziano che si affaccerà alle porte delle nostre biblioteche a partire dal 2030 sarà un anziano sempre più acculturato, con una aspettativa di vita crescente e sempre più frequentemente privo di mezzi economici, che si rivolgerà alla biblioteca per leggere o consultare la rete con i dispositivi messi a disposizione dalla collettività, non disponendo di risorse proprie se non in misura limitata. La gratuità sarà quindi un fattore di apertura verso persone di qualsiasi censo.

    In un mondo che evolve in questa direzione, quale spazio immaginare per le biblioteche e per i bibliotecari? Quali i modi di essere della biblioteca che possono garantire valore aggiunto per i cittadini del XXI secolo?

    Credo ci siano almeno tre dimensioni rilevanti: la conservazione attiva della memoria, la territorialità e l’accesso.

    «Memoria»: le trasformazioni nei processi di produzione e trasmissione della conoscenza pongono problemi inediti alle strutture deputate alla conservazione della memoria editoriale delle nazioni ma non fanno venire meno la loro funzione. Che si tratti di supporti cartacei o digitali, la rappresentazione della produzione intellettuale e scientifica nazionale nella sua tendenziale completezza e integrità continuerà a essere un interesse nazionale, da perseguire in un quadro europeo. Oltre alla cura che dovrà continuare a essere dedicata alla tutela del lascito materiale del passato, al suo studio e alla conservazione, un impulso alla diffusione della sua conoscenza verrà certamente dall’avanzamento dei grandi progetti nazionali e internazionali di digitalizzazione massiva, soprattutto se saranno sciolti i nodi che, al di là delle difficoltà finanziarie, ne impediscono il pieno dispiegamento: mi riferisco alle norme che tutelano la proprietà intellettuale, che oggi soprattutto nella dimensione digitale rendono tutt’altro che agevoli questi processi. La prossima direttiva sulle opere orfane, in discussione a Bruxelles, è esemplare in questo senso.

    «Territorialità»: la centralità dei territori fa delle biblioteche uno degli elementi della loro attrattività. Ciò significa che biblioteche ben funzionanti, allestite in edifici accoglienti e prestigiosi possono svolgere un ruolo di primo piano nel complesso dell’offerta di opportunità culturali di una città, di una regione, di un territorio. Le biblioteche oggi sono uno dei pochi luoghi di incontro gratuiti e polarizzati culturalmente ancora disponibili per i cittadini. Spesso, nei piccoli centri, l’unico. La loro funzione è favorire processi di socializzazione fondati sulla condivisione di interessi, passioni e attività legati ai media, di realizzare l’eguaglianza delle opportunità nell’accesso alla conoscenza e all’informazione. Nei momenti di crisi le biblioteche possono (devono?) assumere un ruolo anticiclico, cioè offrire supporto e strumenti a chi non può permetterseli.

    Ma le biblioteche nel territorio possono giocare un ruolo enorme come presidio di alfabetizzazione alla modernità. In un mondo che dilata sempre più i suoi confini la possibilità di essere cittadini del mondo passa dalle competenze informative e dalle capacità di lettura e comprensione. Ignazio Visco e Piero Cipollone affermano che «nell’attuale contesto tecnologico la caratteristica più importante del capitale umano è data dal patrimonio di conoscenze, cioè dal bagaglio culturale, dalla specializzazione, dalla capacità di eseguire compiti complessi e di lavorare con tecnologie sofisticate. In particolare, tre dimensioni della conoscenza sono di particolare importanza in relazione alla tipologia di tecnologia oggi prevalente. La prima riguarda […] la capacità di elaborare l’informazione» ⁵. Si sa che le scienze economiche tendono alla semplificazione dei fenomeni. Noi, con Marta Nussbaum ⁶, crediamo che la complessità non possa essere governata se gli strumenti a disposizione sono sempre più poveri e rudimentali, mentre l’innovazione – ma direi anche la democrazia – richiede intelligenze flessibili e aperte, educate a pensare criticamente e addestrate a cercare, selezionare e valutare. Le biblioteche possono contribuire a rafforzare questa disposizione attraverso programmi mirati di alfabetizzazione informativa, come contributo al contrasto a nuove esclusioni e a nuove povertà. C’è, in questa ambizione, il problema della riconversione delle competenze dei bibliotecari oggi in attività.

    «Accesso»: l’ebook porterà a compimento il passaggio al digitale, accentuando il carattere della biblioteca come servizio al cittadino e richiederà specializzazione, ovvero capacità di offrire il servizio personalizzato in ragione delle capacità ed esigenze degli utenti, offrendolo su una molteplicità di canali.

    Questo passaggio non sarà indolore, perché richiede nuove attitudini e nuove professionalità, e soprattutto accentuerà le asimmetrie che caratterizzano la negoziazione dei diritti d’accesso. Oggi il prestito di un ebook ha poco a che vedere con il prestito cartaceo, perché la biblioteca non possiede la copia dell’opera che presta ma ne ha acquistato un certo numero di consultazioni. I prestiti nella dimensione digitale assomigliano a un noleggio i cui termini sono fissati unilateralmente dal proprietario. Siamo al depotenziamento delle eccezioni per le biblioteche a favore della soft law, degli accordi fra privati, con i detentori dei diritti in posizione di forza. Visto che il tema sarà affrontato da altri non mi dilungo. Mi limito a osservare che le associazioni professionali bibliotecarie di tutto il mondo hanno davanti un tema di lavoro prioritario: costruire le condizioni affinché anche nella dimensione digitale ci sia uno spazio per il prestito bibliotecario pubblico.

    I servizi di accesso offerti dalle biblioteche di ogni ordine e grado dovranno essere sempre più connotati per il loro valore aggiunto, dovranno essere servizi arricchiti con informazione aggregata o addirittura prodotta dalla biblioteca medesima e disponibili in rete.

    L’espansione gigantesca di internet a riempire ogni spazio e a comprendere ogni testo renderà vitale disporre di mappe e carte per orientarsi in questo oceano sterminato. I bibliotecari, che da sempre selezionano, catalogano, descrivono la conoscenza al fine renderla reperibile e utilizzabile, hanno le carte in regola per diventare i cartografi dell’era dell’informazione in rete, o le guide indiane per chi ha bisogno di essere accompagnato nell’esplorazione del web e nella ricerca di informazione potabile.

    Non sarà sufficiente digitalizzare, dare accesso a internet o mettere a disposizione gli ebook. I bibliotecari possono – meglio, devono, se ambiscono ad avere un futuro – iniziare ad abitare il web, trasferire e mettere a disposizione alle moltitudini della rete le loro competenze, imparare a essere presenti e attivi come categoria professionale organizzata e riconoscibile nei luoghi virtuali in cui oggi molte persone che non utilizzano le biblioteche cercano risposte qualificate ai loro quesiti. Sto parlando di Wikipedia e degli altri strumenti e servizi che hanno sostituito quelli tradizionali.

    Il nostro Paese ha bisogno di biblioteche che vogliano giocare un ruolo nella soluzione dei problemi dei cittadini, che sappiano metterli al centro. È questa la narrazione sulle biblioteche che dobbiamo sviluppare, è questa la funzione che i bibliotecari devono dimostrare di saper svolgere, se vogliono che la richiesta di maggiori risorse e maggiori attenzioni sia presa in considerazione.

    Il futuro è di chi saprà costruirselo. Il futuro è ora.

    1)

    Presidente AIB. 

    2)

    Salvatore Settis, Ma il museo ha un futuro?, «La Repubblica», 30 giugno 2006, p. 53: «L’istituzione-museo è assai recente. Ha poco più di duecento anni di vita, e la sua espansione a livello planetario ne ha molti di meno. Nulla garantisce che i musei debbano ancora esistere fra cento, duecento, trecento anni: essi sono una formazione storica che, come altre, può a un certo punto perdere vitalità».  

    3)

    <http://tinyurl.com/p3jaflt>. 

    4)

    Luca Nanniperi, La crisi salverà (forse) le biblioteche, «Europa», 8 novembre 2011, p. 11. 

    5)

    Piero Cipollone, Ignazio Visco, Il merito della società nella conoscenza, «Il Mulino», (2007), n. 1, p. 2, <http://www.astrid.eu/Economia-e/Note-e-con/visco-cipollone_mulino.pdf>. 

    6)

    Martha C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica. Bologna: Il Mulino, 2011. 

    Seconda Sessione

    Social reading: che cosa significa per università e biblioteche

    Nicola Cavalli¹

    La lettura e la sua dimensione sociale

    La lettura è sempre stata un’attività individuale, in cui l’attività di interpretazione e costruzione del significato avvenivano in larga parte grazie a delle operazioni mentali che rimanevano private e spesso implicite. L’esperienza dei gruppi di lettura ha aiutato da un lato la socializzazione, dall’altro l’esplicitazione dei processi di costruzione del significato. Data l’oggettiva difficoltà logistica nell’organizzazione dei gruppi di lettura, questo tipo di esperienze sono per lo più limitate a contesti e comunità ristrette e su temi di più larga diffusione. Grazie al web è invece possibile che l’attività del social reading acquisisca nuova forza ed esplori nuove possibilità.

    La lettura è uno scambio dialogico che coinvolge l’autore, il testo, il lettore. Questi tre elementi afferiscono, nella loro concretezza, a un particolare sistema semiotico, proprio di una determinata cultura, che funge da contesto dell’atto ermeneutico. L’analisi del sistema semiotico, al cui sviluppo ha dato un forte impulso l’analisi della comunicazione massmediale televisiva e giornalistica, vuole l’accordo di una cospicua parte di letteratura sull’importanza del ruolo del contesto ai fini dell’atto ermeneutico, il che ci aiuta a definire la qualità sociale del processo di comprensione del testo. Il contesto entra nel processo di comunicazione definito nei termini di campo d’esperienza del soggetto emittente-ricevente² come interattivo, influenzando ricezione e decodifica³; in maniera, più articolata, come interazione significativa tra le abilità, le attitudini, la conoscenza, il sistema sociale e la cultura di emittente e ricevente⁴, oppure, in maniera assoluta, come generatore in sé e per sé della comunicazione. L’obiettivo sociale della comunicazione intesa come scambio bidirezionale⁵, si accompagna all’idea dell’influenza sul processo comunicativo del gruppo primario di riferimento, della comunità e del sistema sociale nel suo insieme⁶.

    La dimensione sociale della lettura, nel caso del social reading, si concretizza in una condivisione asincrona o in alcuni casi anche sincrona dei risultati del processo ermeneutico di significazione del testo. Questi consistono nella pubblicazione online, abbinata al testo in oggetto, di rappresentazioni in forma scritta (note, appunti, catalogazioni) che i singoli lettori decidono di condividere con altri lettori iscritti alla piattaforma.

    Biblioteche e comunità

    L’appartenenza alla comunità per l’individuo è supporto al governo della complessità.

    Le caratteristiche degli ambienti digitali hanno acceso l’attenzione sulla possibilità di un modello alternativo di gestione dell’industria culturale, che organizzi la produzione e la diffusione della cultura in forma eccentrica, orizzontale, dinamica, fondata sulla collaborazione, orientata alla commistione, aperta al cambiamento. I media digitali costituiscono una cornice entro cui si collocano le interazioni dialogiche e i processi sociali alla base della costruzione condivisa del sapere e, al tempo stesso, come mediatori simbolici, li condizionano. Nonostante sia chiaro come le modalità di interazione sociale mediate dalla rete siano complementari e non sostitutive delle relazioni tradizionali⁷, riflettere sul valore autopoietico delle pratiche di comunicazione di un sistema⁸ come quello della comunicazione digitale, porta a considerare come cruciali nella costruzione della cultura la complessità delle relazione emergenti tra nodi⁹ e il valore dell’intelligenza connettiva¹⁰.

    Il concetto di comunità virtuale esplode a partire dagli anni Novanta. La comunità che si forma attorno a un sistema di social reading è una comunità web-based d’interesse: cioè utilizza le tecnologie web per il networking, uno scambio di informazioni a beneficio reciproco. Nel caso che il social reading venga promosso da un’istituzione, come può essere la biblioteca, la comunità può non essere solamente basata sul web, ma avere anche una dimensione fisica, il cui centro è la biblioteca, intesa come cardine della comunità, come luogo centrale di ritrovo e catalizzatore della comunità.

    La comunità interpretativa, operando in certi contesti istituzionali o all’interno del sistema culturale, supervisiona il flusso di sapere, giudicandolo valido o meno valido e costituisce in maniera concorde lo stesso testo¹¹: proprio in questo senso la biblioteca, le comunità che attorno a essa si formano e si sviluppano, le pratiche di social reading da essa promosse, possono essere dei punti cardine di diffusione e promozione della lettura e di promozione editoriale.

    Piattaforme di social reading

    Negli ultimi anni sono nate diverse piattaforme commerciali raggruppate sotto l’etichetta di social reading e anche i servizi dedicati alla lettura di ebook (servizi per l’acquisto e la lettura di testi digitali, di ebook) hanno incorporato funzionalità che sono state definite «sociali» ossia di scambio e interazione attorno ai testi, come la condivisione di commenti e citazioni sui social network o sulla piattaforma stessa.

    Bookliners, ad esempio¹², è un sito web commerciale che raggruppa i testi di diversi editori, sia di varia che di saggistica, permettendo agli utenti finali di leggere gratuitamente i testi, ove questo sia consentito dall’editore, piuttosto che di acquistare la versione digitale, fruibile unicamente online, e di consultarla attraverso l’apposita interfaccia che permette di inserire segnalibri, sottolineare, commentare e condividere la propria interazione con il testo con gruppi predefiniti. È inoltre possibile navigare il volume in base ai commenti inseriti, così come effettuare una ricerca nel full-text del testo che si sta leggendo.

    Il sito permette inoltre altre funzionalità, come la possibilità di scoprire nuovi libri di possibile interesse attraverso le letture di altri utenti, piuttosto che altre funzionalità di comunicazione e scambio tipiche dei social network.

    Bookliners.com è una piattaforma alquanto innovativa per l’Italia, ed è il primo sito web che sperimenta le possibilità della lettura sociale con diversi editori anche di varia.

    Vi è un’altra piattaforma italiana, anche questa giovanissima, che permette l’inserimento e la condivisione di commenti e segnalibri direttamente sul testo digitale, ReadME, raggiungibile a www.readmelibri.com. A differenza di Bookliners, ReadME non permette, al momento, di condividere i commenti in gruppi predefiniti, ma solamente in modo pubblico.

    Esperienza similari, che meriterebbero maggior spazio, sono, in ambito anglosassone BookGlutton e The Copia, probabilmente i capostipiti del genere. Non possiamo poi non citare anche la spagnola 24symbols.

    Anche i lettori di ebook come Kindle e Kobo permettono sia nella versione hardware che software di condividere i propri commenti di lettura, pur non essendo piattaforme dedicate esclusivamente a questo.

    Il fatto che anche lettori «generalisti» come questi si aprono a delle funzionalità di lettura sociale sono sicuramente indice delle grandi possibilità offerte dalla tecnologia in questo senso.

    In realtà la possibilità di condividere commenti è data già da tempo dalle piattaforme dei grandi editori scientifici angloamericani, come Springer, Sage, Elsevier e diversi altri. Tutte queste piattaforme e servizi sono appunto dette di social reading e si differenziano da siti e servizi che esistono invece dai primi anni del secolo in corso, come Anobii e Goodreads, in quanto questi ultimi permettono si lo scambio di pareri di lettura e delle proprie letture preferite, ma senza avere accesso al testo completo del libro, essendo nate prima del boom dell’ebook.

    Biblioteche e social reading

    È proprio il digitale e l’ebook che trasformano il testo e la lettura da attività principalmente solitaria ad attività, potenzialmente, principalmente sociale. In quest’ottica le note al testo, i propri appunti personali possono diventare parte di una discussione collettiva; il testo diviene un’interfaccia di comunicazione e scambio condivisa. E sempre in quest’ottica la biblioteca può diventare anche un luogo virtuale e digitale di scambio e di incontro, non un semplice distributore di contenuti, di file o di accesso all’informazione, ma anche di discussione intorno ad essa.

    Dall’Età dei Lumi la biblioteca accademica, e in seguito quella pubblica, ha sempre tenuto una posizione centrale di cuore dell’istituzione, sia simbolicamente che in termini di sua collocazione fisica. Le biblioteche delle grandi università sono sempre state centri di apprendimento e importanti luoghi di ritrovo per gli studiosi di tutto il mondo occidentale.

    Ma l’evoluzione di questi ultimi anni è vorticosa e per conservare questa sua centralità la biblioteca deve reinventarsi, sia per fare fronte alle difficoltà di budget, per tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, ma anche per continuare a servire i propri utenti soddisfacendo le loro mutate esigenze.

    Ora che gli studenti hanno la possibilità di usare i loro computer, piuttosto che uno smartphone, un tablet o un ereader in totale mobilità, che bisogno hanno di andare in biblioteca? Che senso ha la biblioteca come luogo?

    La biblioteca, che è ancora, deve essere e sarà, una combinazione del passato (collezioni cartacee) e del presente (nuove tecnologie dell'informazione), deve trovare nel connubio fra servizi fisici, tradizionali e virtuali e innovativi la sua ragion d’essere.

    Ciò che possiamo qui affermare è che, per venire incontro alle esigenze del presente digitale le biblioteche devono ripensare la loro attività online, digitale, virtuale in maniera da coinvolgere i propri utenti a un utilizzo collaborativo delle risorse presenti, senza appiattirsi su un modello di semplice fornitura della risorsa, di luogo dove scaricare l’ebook, ma di luogo nel quale sia possibile sentirsi partecipi di una comunità. In questo senso le piattaforme di social reading, le pratiche di social reading, direi, possono essere un buono spunto, dando la possibilità di integrare pratiche cartacee già diffuse come i gruppi di lettura (biblioteche pubbliche) e lo scambio di materiale didattico (biblioteche universitarie) con i loro equivalenti digitali (social reading, elearning e cooperative learning).

    Un caso di successo in questa direzione è sicuramente la New York Public Library. Questa biblioteca pubblica ha chiaramente rivalutato il suo ruolo all’interno dell’ecosistema dell’informazione di internet e ha trovato una serie di nuove identità. La NYPL è una rete sociale

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