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La vita extraterrestre: Stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali
La vita extraterrestre: Stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali
La vita extraterrestre: Stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali
E-book300 pagine4 ore

La vita extraterrestre: Stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali

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Quello della vita extraterrestre è uno dei temi più affascinanti eppure meno conosciuti, perché abbonda il sensazionalismo mentre scarseggiano i riferimenti affidabili. In questo libro l’autore, impegnato direttamente nella ricerca da oltre vent’anni, unisce in un unico appassionante racconto dati scientifici ed esperienze personali, presentandoci anzitutto la storia dell’astrobiologia, ovvero la ricerca della vita in forme semplici, finora condotta solo all’interno del sistema solare, e a seguire quella del SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), il programma che ricerca i segnali radio di altre civiltà, in cui l’Italia è da sempre molto attiva, seconda solo agli Stati Uniti. Quindi ci guida alla scoperta dell’affascinante tentativo di costruire un linguaggio per comunicare con specie intelligenti diverse dalla nostra. Infine, discute le implicazioni sociali, filosofiche e religiose che avrebbe una tale scoperta, presentando anche la posizione del papa Emerito Benedetto XVI, espressa in una lettera personale all’autore che viene qui pubblicata per la prima volta.

Paolo Musso è professore presso l’università dell’Insubria, dove insegna Fondamenti della modernità e Scienza e fantascienza, unico corso italiano sul tema. È membro della European Academy of Sciences and Arts e del SETI Committee della International Academy of Astronautics, nonché visiting professor presso la UCSS di Lima, dove nel 2017 ha diretto il progetto La vida en el universo come Fellow to Latin America della Oxford University. Dal 2020 è Direttore Scientifico del centro di ricerca internazionale InCosmICon (Intelligence in the Cosmic Context).

Claudio Maccone, autore della prefazione, è Direttore Tecnico per l’Esplorazione Scientifica dello Spazio della International Academy of Astronautics (IAA) e presidente del SETI Committee della stessa IAA.
LinguaItaliano
Data di uscita3 ott 2021
ISBN9788838251443
La vita extraterrestre: Stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali

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    La vita extraterrestre - Paolo Musso

    Paolo Musso

    La vita extraterrestre

    Stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura ed Universale sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    Copyright © 2021 by Edizioni Studium - Roma

    ISSN della collana Universale 2612-2812

    ISBN 978-88-382-5144-3

    www.edizionistudium.it

    UUID: a1000e25-f06a-4ca3-8332-49aa14b7c3ca

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    PREFAZIONE

    RINGRAZIAMENTI

    I. CERCANDO VITA SU ALTRI PIANETI

    1. Una precisazione metodologica

    2. La nascita dell’astrobiologia

    3. Una scoperta rivoluzionaria... sì, ma quanto?

    4. Organizzare la nostra ignoranza: l’Equazione di Drake

    5. La questione resta aperta

    II. A CACCIA DI ALTRE CIVILTÀ

    1. Il Paradosso di Fermi

    2. Il Principio di Clarke e lo stato di perfezione tecnologica

    3. Storia e leggenda del programma SETI

    4. Il franchising SETI e la sua seconda patria: l’Italia

    5. Il Grande Silenzio

    6. Vent’anni decisivi

    7. Il radiotelescopio lunare

    8. L’ultima frontiera

    III. LA COMUNICAZIONE INTERSTELLARE

    1. La più difficile decisione della storia

    2. Ingredienti per una telefonata cosmica

    3. Il codice

    4. Il linguaggio

    5. Il dizionario

    6. L’obiezione relativista e l’esempio di Nopoki

    7. Triplo salto mortale senza rete: dalla scienza alla cultura

    8. Perché pensarci già ora?

    IV. LE CONSEGUENZE DEL CONTATTO

    1. Tanto rumore per nulla?

    2. La filosofia di E.T.

    3. Fratelli dell’infinito

    4. Il Salvatore del cosmo

    5. Benedetto XVI e il SETI

    6. Dalle periferie del cosmo e della storia

    APPENDICE

    La lettera di Benedetto XVI

    BIBLIOGRAFIA RAGIONATA

    INDICE DEI NOMI

    UNIVERSALE STUDIUM

    Universale

    Studium

    117.

    Nuova serie

    Paolo Musso

    LA VITA EXTRATERRESTRE

    Stato della ricerca, prospettive future

    e implicazioni culturali

    Con una lettera inedita di Benedetto XVI

    Prefazione di Claudio Maccone

    Questo ebook è protetto da Watermark e contiene i dati di acquisto del lettore: Nome, Cognome, Id dell'utente, Nome dell'Editore, Nome del Content Supplier che ha inserito l'articolo, Data di vendita dell'articolo, Identificativo univoco dell'articolo. Identificativo univoco della riga d'ordine.

    È vietata e perseguibile a norma di legge l'utilizzazione non prevista dalle norme sui diritti d'autore, in particolare concernente la duplicazione, traduzioni, microfilm, la registrazione e l’elaborazione attraverso sistemi elettronici.

    Ad Antonio Serra e Glauco Guardigli,

    senza i quali questo libro non sarebbe mai nato

    e la mia vita sarebbe molto meno interessante.

    PREFAZIONE

    di Claudio Maccone

    Gentili lettori italiani,

    Voi avete sotto gli occhi il miglior libro di testo disponibile in italiano nel 2021 sui temi della vita extraterrestre e del SETI ( Search for Extra-Terrestrial Intelligence).

    Il Professor Paolo Musso, a cui mi lega un rapporto di stima e collaborazione culturale che dura da oltre 20 anni, ha descritto in modo chiaro e approfondito lo stato di quest’arte nel 2021 e anche che cosa possiamo aspettarci negli anni a venire, sia che avvenga il contatto con gli extraterrestri, sia che questo non avvenga.

    Musso non ha parlato solo dei problemi tecnologici e scientifici connessi alla ricerca attuale degli extraterrestri (SETI): egli ha anche affrontato il tema ben più vasto di quanto l’umanità sia preparata, o non ancora abbastanza preparata, al primo incontro con una o più civiltà aliene.

    Da fisico-matematico quale io sono, mi sento di affermare che queste civiltà sono probabilmente molto più avanzate della nostra, sia tecnologicamente che moralmente, essendo già sopravvissute per migliaia di anni, o per milioni di anni, prima di noi: proprio come tante stelle sono più vecchie del Sole, il quale ha appena 4,5 miliardi di anni di vita rispetto ai 13,787±0,020 miliardi di anni che ha invece tutto l’Universo. E, a vanto anche dell’Italia di oggi, scientifica e tecnologica, devo aggiungere che questo valore di 13,787±0,020 miliardi di anni è il tempo intercorso dal Big Bang ad oggi, secondo i risultati (2018) della missione spaziale Planck dell’ESA, costruita in parte a Torino negli stabilimenti della Thales Alenia Space, dove io stesso ho lavorato fino al 2004.

    La ricerca della vita extraterrestre è dunque un tema di grande interesse culturale, e quindi con piacere riconosco lo sforzo di Paolo Musso non solo nell’educare il pubblico italiano, ma anche nel renderlo consapevole che i tempi sono cambiati in meglio rispetto anche solo a pochi decenni fa. La ventennale collaborazione fra Musso e lo scrivente, fatta di libere conversazioni e di partecipazioni a congressi internazionali vertenti sulle missioni spaziali, sull’astrobiologia e sul SETI, come l’annuale International Astronautical Congress (IAC), ha dato i suoi frutti con questo ottimo libro di alto livello.

    Un ringraziamento speciale, poi, va anche al nostro comune amico Stelio Montebugnoli, già Direttore dei radiotelescopi di Medicina (Bologna), anch’egli ormai un 72-enne come il sottoscritto e anch’egli protagonista in Italia della rivoluzione SETI, una rivoluzione culturale tutt’altro che scontata fino a pochi decenni fa.

    Buona lettura, dunque, a tutti, ma soprattutto ai giovani, che in questo libro troveranno un’introduzione alle tematiche della vita extraterrestre molto più leggibile che non i testi universitari in lingua inglese.

    Torino, 2 gennaio 2021

    Claudio Maccone*

    * Direttore Tecnico per l’Esplorazione Scientifica dello Spazio della International Academy of Astronautics (IAA) e Presidente del SETI Permanent Committee della stessa IAA.

    RINGRAZIAMENTI

    Ad ogni libro che scrivo premetto sempre i ringraziamenti, che per me non sono solo un dovere, ma soprattutto un piacere, perché nella vita non c’è niente di più bello che avere qualcuno da ringraziare, e meglio ancora se invece di qualcuno soltanto sono molti. Vale anche in questo caso, però stavolta non avrebbe molto senso nominare tutti uno per uno, perché le persone che devo ringraziare sono praticamente le stesse che sono nominate nel libro, dalla prima all’ultima, comprese le poche che non ho potuto conoscere di persona, ma da cui ho comunque imparato molto indirettamente: perciò qui mi limiterò a citare solo quei pochi che non figurano nel testo o che devo ringraziare in modo particolare per qualche ragione particolare.

    E il primo e più speciale ringraziamento va a Sua Santità Benedetto XVI, che mi ha usato per ben due volte una straordinaria cortesia: la prima nel 2014, rispondendo ad alcune domande che gli avevo fatto su alcune questioni teologiche riguardanti la vita extraterrestre e la seconda adesso, autorizzandomi a pubblicare quella lettera in appendice al libro. Insieme a lui ringrazio anche tantissimo Monsignor Guido Marini, che ha fatto da tramite in entrambe le occasioni con grande cortesia ed efficacia.

    Il secondo ringraziamento speciale è per Claudio Maccone, Technical Director for Scientific Space Exploration della International Academy of Astronautics e Chairman del SETI Committee della stessa IAA, che, oltre ad avermi insegnato più di chiunque altro in questo campo tanto appassionante quanto difficile, non solo ha accettato di scrivermi la prefazione, ma ha anche rivisto l’intero manoscritto di sua spontanea iniziativa. Insieme a lui, ringrazio di cuore anche Stelio Montebugnoli, storico leader del SETI italiano, grazie al quale è cominciata questa straordinaria avventura.

    Il terzo grazie lo devo ai miei colleghi del corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università dell’Insubria, che hanno creduto fin dall’inizio e poi mi hanno sempre sostenuto in questa magnifica follia del corso su Scienza e fantascienza nei media e nella letteratura, primo e finora unico corso universitario italiano dedicato alla fantascienza, da cui è nato questo libro, prima in forma di diapositive, poi di dispensa e infine di libro compiuto. Insieme a loro devo ringraziare tutti gli altri che l’hanno reso possibile: anzitutto gli studenti dell’Insubria, che ne hanno decretato il successo con la loro partecipazione, sempre numerosa, ma soprattutto sempre entusiasta, come dimostrano anche gli elaborati finali, in cui fanno quasi sempre più di quanto io stesso pretenda da loro; quindi i 64 relatori che hanno partecipato (alcuni più volte) ai 51 incontri delle 8 edizioni del ciclo Scienza & Fantascienza che fin dall’inizio ha affiancato il corso, conferendogli uno spessore e un’ampiezza di orizzonti che da solo non sarei mai riuscito a raggiungere; e infine tutta la Sergio Bonelli Editore, ma soprattutto Antonio Serra e Glauco Guardigli, che sono stati i primi a cui mi sono rivolto in cerca di consigli quando è nata l’idea del corso e che fin dalla prima volta, quando per loro ero ancora un illustre sconosciuto, mi hanno entusiasticamente accolto ed aiutato: senza di loro il corso non sarebbe mai nato e di conseguenza neanche il libro, ma soprattutto la mia vita sarebbe oggi molto meno interessante e io stesso non sarei quello che sono.

    Il quarto ringraziamento va a tutti quelli che mi hanno aiutato nella realizzazione del progetto di Oxford del 2017, La vida en el universo, da cui poi è nato il centro di ricerca InCosmiCon, da me diretto, che abbiamo creato proprio quest’anno presso la mia Università dell’Insubria, le cui attività riguarderanno anche, benché non solo, il tema della vita extraterrestre, nonché tutti quelli che hanno accettato di diventarne membri. In particolare, ringrazio Piero Benvenuti, primo italiano nella storia a diventare Segretario Generale della IAU (International Astronomical Union), che ha accettato di ricoprire la carica di Presidente Onorario di InCosmiCon, il che in realtà rappresenta un onore innanzitutto per noi. Insieme a lui, un ringraziamento speciale va ai miei amici peruviani: Gian Battista Bolis, Vice-Rettore della UCSS, che è stato l’unico a credere fin dall’inizio nel progetto di Oxford, nonché Jorge Oliva e Ángel Gómez, che ne sono stati i responsabili scientifici rispettivamente per la UCSS e la UNIFÉ; il Rettore César Buendía, la Decana della facoltà di Educación Teresa Briozzo, i professori Janina Navarro, Guisella Azcona, Wilmer Atachaua, Patricia Vilcapuma, David Lagos, Giancarlo Castillo, Carlos Viaña, Julio Valdivia, Teófilo Vargas, Víctor Vera, insieme a Kristhian Ayala, Silvia Lostaunau e tutti i loro collaboratori della Oficina de Imagen Institucional della UCSS, che sono stati tutti determinanti, in vari modi, per la realizzazione del progetto; l’astronoma indipendente Carlota Pereyra e suo figlio Rodolfo, che hanno realizzato le serate di osservazione del cielo al telescopio a Nopoki; il Direttore di Nopoki Julio César Gonzáles, il professor Didier López, primo docente amazzonico a coinvolgersi nel progetto, e tutti gli altri docenti e studenti di Nopoki per la loro collaborazione; e inoltre César Delgado e Nilda Montes, che con la loro fantastica ospitalità mi hanno fatto incontrare molti dei protagonisti del progetto appena menzionati, nonché il grande Marcos Infantes, titolare, gestore e factotum dell’hotel più pazzo del mondo (tre camere e un cortile, fantastiche colazioni e simpatia a non finire), che, come lui mi dice sempre, è la mia casa a Lima, e lo è davvero.

    Infine, ringrazio l’amico Giuseppe Bertagna, alla cui discreta, ma indomita insistenza devo la decisione, che altrimenti forse non avrei mai preso, di trasformare quella che era una semplice dispensa ad uso dei miei studenti in un libro che spero possa essere utile a tutti; quindi Simone Bocchetta e tutte le Edizioni Studium per il lavoro preparatorio alla pubblicazione; il mio collega Alberto Vianelli per le tante utili discussioni e per la revisione della parte sull’astrobiologia; e, last but absolutely not least, mia mamma e il mio collaboratore Francesco Bertoldi, come sempre solerti e precisi correttori delle bozze.

    Torino, Natale 2020

    Nel suo senso più profondo

    la ricerca di intelligenza extraterrestre

    è una ricerca di noi stessi.

    ( Carl Sagan)

    I. CERCANDO VITA SU ALTRI PIANETI

    1. Una precisazione metodologica

    In questo libro parleremo sempre e solo della ricerca della vita come la conosciamo, cioè in forme simili a quelle esistenti sulla Terra. Questo approccio è spesso considerato troppo limitato in quanto antropocentrico, tuttavia ci sono molte buone ragioni per pensare che, al contrario, sia l’unico ragionevole.

    Anzitutto, attualmente non esiste (e probabilmente non può esistere, come per tutti i concetti fondamentali) una definizione esauriente della vita. Inoltre, non necessariamente una buona definizione teorica è anche una buona guida per la ricerca: per esempio, quella adottata ufficialmente dalla NASA nel 1984 su suggerimento del grande astronomo americano Carl Sagan (1934-1996) afferma che «la vita è un sistema chimico automantenuto capace di sperimentare evoluzione darwiniana», ma non c’è nessun esperimento concepibile che possa stabilire se un certo sistema sia capace o meno di evoluzione darwiniana, dato che quest’ultima si svolge su tempi troppo lunghi, mentre stabilire se sia automantenuto è, se non proprio impossibile, quantomeno estremamente difficile, tanto più che non è neanche ben chiaro cosa significhi esattamente. Perciò, se vogliamo costruire un esperimento funzionante è praticamente inevitabile partire da ciò che conosciamo, come peraltro accade anche in tutti gli altri campi della scienza senza che nessuno ci trovi niente di strano: sembra dunque che l’accusa di antropocentrismo nasca più da un pregiudizio ideologico che da un’autentica esigenza di maggior rigore scientifico.

    Inoltre, se una cosa è certa, è che la vita è un fenomeno basato sulla chimica ed estremamente complesso (in effetti il più complesso che conosciamo in tutto l’universo). Orbene, è noto da tempo che l’unica chimica che permette di generare una complessità adeguata alle esigenze della vita è quella del carbonio, che ha bisogno di acqua liquida e di condizioni ambientali abbastanza simili alla Terra, il che pone dei vincoli piuttosto stretti anche alla vita, dato che la selezione naturale spinge sempre gli organismi ad adattarsi all’ambiente. Spesso si cita come possibilità alternativa la chimica del silicio, ma in realtà, come qualsiasi chimico vi può confermare, non c’è assolutamente paragone, tanto che viene da chiedersi quale sia il vero motivo di questa immotivata insistenza. Personalmente credo che esso sia essenzialmente psicologico: infatti, essendo il silicio la base dei processori degli attuali computer, ciò sembra dare un qualche supporto all’idea (che per molti scienziati non è una semplice ipotesi, ma una vera e propria ossessione [1] ) che gli alieni potrebbero essere macchine anziché esseri biologici. Tuttavia, come ho detto, si tratta di una mera suggestione psicologica, dato che non c’è nessuna ragione al mondo per supporre che eventuali forme di vita basate sul silicio dovrebbero essere più simili alle macchine che alle forme di vita basate sul carbonio, anzi, la seconda alternativa è decisamente più probabile.

    Inoltre, già dagli anni Settanta sappiamo che nella polvere interstellare sono presenti moltissime molecole a base di carbonio (la prima delle quali, il radicale metilidinico CH, fu scoperta addirittura nel 1937), che non sono ancora vita, ma ne costituiscono i mattoni fondamentali (e per questo sono dette organiche, anche quando sono prodotte da processi inorganici). Tutto sembra dunque indicare che tali molecole si formano con grande facilità e che pertanto la chimica del carbonio non è solo la più versatile, ma anche la più comune in tutto l’universo.

    Come se non bastasse, anche sulla Terra ci sono sempre più indizi a favore della tesi della evoluzione convergente (si vedano per esempio il classico Conway Morris 2003 e il recente C´irkovic´ 2018), secondo la quale la vita tende a produrre sempre le stesse soluzioni in risposta agli stessi problemi: per esempio, gli animali terrestri hanno inventato l’occhio almeno una ventina di volte, in forme tutte leggermente diverse, ma sempre basate sugli stessi meccanismi di fondo. Anche la mia Università dell’Insubria ha dato il suo contributo alla verifica di tale ipotesi grazie al biologo Bruno Cerabolini (1958-vivente), che ha partecipato all’approfondito studio di Díaz et al. (2015), da cui è risultato che le combinazioni delle principali caratteristiche delle piante tendono a convergere, essendo il loro numero reale molto minore di quello teoricamente possibile. Risultati analoghi erano già stati ottenuti in passato a proposito di diverse forme di vita, ma questo articolo è particolarmente importante per la sua ampiezza e generalità.

    Ad ogni modo, qualsiasi cosa si pensi di questi argomenti teorici, ce n’è uno pratico che chiude la questione: infatti, come vedremo, è già così difficile cercare la vita come la conosciamo, che davvero non avrebbe senso mettersi a cercarla in forme completamente diverse, che, anche se esistessero, quasi certamente non saremmo nemmeno in grado di riconoscere come tali.


    [1] Nel nostro immaginario collettivo è molto diffusa l’idea che gli scienziati siano una sorta di spiriti disincarnati fatti di pura razionalità. Ovviamente non è così: gli scienziati sono uomini come tutti gli altri e quindi, esattamente come tutti gli altri, hanno anch’essi le loro ossessioni e le loro forme di irrazionalità. La vera forza della scienza non sta in una qualche forma di superiorità morale o intellettuale degli scienziati, che semplicemente non esiste (anche se viene spesso rivendicata), bensì nella sua straordinaria capacità di autocorrezione, a sua volta resa possibile dal suo metodo, definito nel Seicento dal genio di Galileo, che per questo, ancor più che per le sue scoperte, va considerato a buon diritto il vero padre della scienza moderna (Musso 2019, cap. 1).

    2. La nascita dell’astrobiologia

    La scienza che si occupa della ricerca della vita nello spazio in generale (cioè senza fare distinzioni tra vita intelligente e non, anche se di fatto si occupa essenzialmente di quest’ultima) era stata inizialmente chiamata bioastronomia (termine a volte usato ancor oggi e a cui sono rimasto affezionato) o esobiologia (che invece è ormai caduto nell’oblio), ma successivamente è prevalso il nome di astrobiologia, che quindi è quello che useremo nel seguito. Si tratta di una disciplina ancora relativamente giovane, che però negli ultimi tempi ha fatto passi da gigante.

    L’atto di nascita dell’astrobiologia può a buon diritto essere collocato tra il 20 luglio e il 3 settembre 1976, quando le due sonde robotiche gemelle Viking 1 e Viking 2 atterrarono su Marte con a bordo alcuni esperimenti per la ricerca della vita, anche se quello che cercavano non era un’evidenza diretta, ma solo delle reazioni chimiche che sulla Terra sono prodotte dal metabolismo dei batteri, ma anche da processi inorganici: non c’è quindi da stupirsi che dopo oltre 40 anni il loro risultato sia ancora controverso, anche se il loro significato storico è invece unanimemente riconosciuto. In effetti all’inizio, pur essendo state evidenziate alcune reazioni chimiche sospette, dopo i primi momenti di eccitazione ci fu un generale accordo sul fatto che fossero state prodotte da processi inorganici. Da una ventina d’anni in qua, tuttavia, tale conclusione ha cominciato ad essere messa sempre più spesso in discussione, al punto che oggi l’opinione favorevole alla loro origine biologica sembra addirittura aver preso il sopravvento. La verità, però, è che assai difficilmente si riuscirà a giungere a una conclusione certa e condivisa analizzando e rianalizzando esperimenti vecchi di oltre 40 anni. Solo nuove missioni con esperimenti più avanzati e meno ambigui potranno dirimere la questione una volta per tutte, cosa che potrebbe anche accadere in tempi brevi.

    Infatti, benché dopo i Viking, a dispetto delle molte missioni effettuate, non siano più stati fatti esperimenti diretti a rilevare la vita su Marte o su un qualsiasi altro corpo celeste, ormai tutte le principali Agenzie Spaziali del mondo hanno una sezione specificamente dedicata all’astrobiologia e molte delle missioni del prossimo futuro avranno a bordo esperimenti che, in un modo o nell’altro, avranno a che fare con la ricerca della vita o, almeno, di condizioni che ne permettano l’esistenza. La più importante sarà la missione ExoMars dell’ESA (ma che è al 33% italiana), la quale, dopo la tragica morte del lander Schiaparelli, precipitato su Marte il 19 ottobre 2016, dovrebbe lanciare nel 2022 (con 4 anni di ritardo sul previsto) il suo componente più importante, un rover robotico attrezzato per cercare, fra l’altro, tracce di vita presente o passata sia in superficie che nel sottosuolo fino a una profondità di 2 metri.

    Ben presto, quindi, ne sapremo molto di più... sempre, beninteso, che vada tutto liscio: nonostante gli enormi progressi della tecnologia spaziale, infatti, ancor oggi circa il 50% delle missioni su Marte falliscono, il che ha dato adito alle più fantasiose teorie complottiste. Ma la verità è molto più semplice: lo spazio è un ambiente molto ostile e noi abbiamo appena iniziato ad avventurarci in esso, per cui stupirsi che molte missioni falliscano sarebbe un po’ come stupirsi che molte navi affondassero ai tempi di Colombo e Magellano

    3. Una scoperta rivoluzionaria... sì, ma quanto?

    Anche a prima vista, è chiaro per chiunque che l’eventuale scoperta della vita al di fuori della Terra costituirebbe una rivoluzione scientifica senza precedenti, probabilmente superiore a qualsiasi altra verificatasi in precedenza.

    Benché questa convinzione istintiva sia in gran parte esatta, va tuttavia precisato che molto dipende da cosa si trova e da come lo si trova. Innanzitutto, è chiaro che un conto sarebbe trovare la vita in forme semplici, un conto ben diverso invece trovare vita intelligente (eventualità di cui parleremo più avanti). In secondo luogo, anche nel caso della vita semplice è possibile giungere alla sua scoperta attraverso due modalità fondamentali:

    1) evidenza diretta, cioè trovando esseri viventi su un altro pianeta durante una missione spaziale, umana o robotica che sia;

    2) evidenza indiretta, cioè trovando segni dell’esistenza di esseri viventi su un altro pianeta (i cosiddetti biomarkers) attraverso i telescopi, sia ottici che di altro tipo.

    Ora, il punto è che si tratta di due situazioni molto differenti fra loro, sotto alcuni aspetti addirittura opposte, accomunate solo dal dover affrontare entrambe problemi di estrema complessità, benché di diversa natura.

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