Quasi sempre a ottobre
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Anteprima del libro
Quasi sempre a ottobre - Manuela Costantini
a cura di Franco Forte
Quasi sempre a ottobre
di Manuela Costantini
1.0 aprile 2014
ISBN versione ePub: 9788867752751
© 2014 Manuela Costantini
Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0 aprile 2014
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Indice
Colophon
Manuela Costantini
Quasi sempre a ottobre
Citazioni
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Delos Digital e il DRM
In questa collana
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Manuela Costantini
Manuela Costantini è nata a Giulianova, sul mare d’Abruzzo, dove vive e lavora come impiegata in una società di servizi. Ha da sempre la passione per la lettura e la scrittura. Ha pubblicato racconti su antologie, quotidiani e siti letterari. Ha partecipato a numerose antologie edite da Delos Books. Nel febbraio 2012 il racconto Le brave persone
è stato pubblicato in appendice ai Classici del Giallo Mondadori. Nel 2013 il racconto Le domande sbagliate
è stato pubblicato nell’antologia Mondadori Giallo 24
e nello stesso anno il racconto Fine dei giochi
è stato selezionato per l’antologia Carabinieri in giallo 6
, sempre per il Giallo Mondadori.
Milena rappresentava la sofferenza, la ribellione, l'intelligenza e la follia… troppe cose per una donna sola.
Avv. Licia Sardo
Finita, è finita, sta per finire, sta forse per finire. I chicchi si aggiungono ai chicchi a uno a uno, e un giorno, all'improvviso, c'è il mucchio, un piccolo mucchio, l'impossibile mucchio. Non possono più punirmi. Me ne vado nella mia cucina, tre metri per tre metri, ad aspettare che mi faccia un fischio. Sono dimensioni ideali, mi appoggerò alla tavola, guarderò il muro, aspettando che mi faccia un fischio.
Samuel Beckett
1
Anche stasera è ottobre.
Nella testa ha un vortice di mille pensieri, Milena. Se chiudo gli occhi scompare tutto, pensa. Era uno stratagemma che usava da bambina. Non funzionava allora e non funziona neppure adesso. Però ci prova ancora. Serra le palpebre. E comincia a contare i secondi che scorrono.
Scompare tutto, scompare tutto, scompare tutto, ripete come un mantra. Ma non si cancella quello che è successo. Quando era piccola era più facile. Lei chiudeva gli occhi, e insieme alle cose brutte sparivano anche i cattivi pensieri. Solo per un po’, perché ogni volta era costretta a rivivere ogni cosa, compresi i pensieri.
2
Maggio 1963
Sono seduta sul comò della camera dei miei genitori, la mamma mi sta infilando i calzettoni. Sono bianchi, traforati, mi arrivano al ginocchio. E poi le scarpe di vernice nera, quelle con la fibbia dorata. Mi piacciono così tanto. Le terrei anche per andare a letto. La mamma mi canta una canzoncina e mi prende un po’ in giro. Non riesco a pronunciare bene la parola marcondirondirondello
. Sento fischiettare sul pianerottolo. Ho imparato a riconoscere quel suono. Di solito, quando arriva fischiando, vuol dire che tra poco sarà molto arrabbiato. La chiave gira nella toppa. Il papà è a casa. Non c’è mai di giorno, torna la sera e mangia veloce. E vuole che stiamo tutte zitte. Poi se ne va in salotto e si siede sulla poltrona amaranto. Se ne sta lì finché comincia a russare, quando le cose vanno bene. Si toglie la cinghia o alza le mani, quando le cose non vanno tanto bene. E il non tanto bene succede quasi tutti i giorni.
– Svelta, vai, che il papà è tornato – mi dice la mamma, mettendomi giù a terra. Non mi ha allacciato le scarpe.
Corro in camera, quella che divido con mia sorella. Noi abbiamo già mangiato. La mamma ci fa sempre cenare prima, perché altrimenti il papà si arrabbia. Lei dice che lui non sopporta due bambine piccole, non sopporta il rumore che facciamo con le posate sui piatti o con la bottiglia per versare l’acqua nei bicchieri. Il papà non sopporta niente. E puzza sempre di vino.
Mi siedo per terra, provo a chiudere le scarpe, ma non ci riesco. Chiedo aiuto a mia sorella, lei mi fa no con la testa. Va be’, non fa niente, magari dico al papà di farlo. Mi affaccio in cucina. I miei genitori sono seduti a tavola.
Il papà mi guarda, ma non sorride. – La frutta? – chiede alla mamma. Da quando è rientrato, sono le prime parole che dice.
– È là – risponde lei, e gli indica la cesta sopra alla credenza.
Lui prende la bottiglia di vino e la lancia contro il muro di fianco al tavolo. – Devi fare le cose come dico io. Devi ubbidire, stupida. Se ti chiedo la frutta, non devi dire è là
, la devi prendere e basta – urla e afferra il polso della mamma, lo tiene stretto.
Lei non risponde, né prova a liberarsi dalla morsa della mano del papà, mentre lui le dà uno schiaffo forte sulla faccia. La mamma non piange, ma ha gli occhi lucidi. Si alza da tavola, resta zitta, e comincia a raccogliere i frammenti di vetro che si sono sparpagliati dappertutto.
Io vorrei aiutarla però ho troppa paura, e corro in camera mia. Mia sorella si tiene le mani sulle orecchie. Mi siedo di nuovo per terra e riprovo ad allacciare le scarpe. Devo riuscirci perché sono magiche e io mi trasformerò in una fatina e potrò danzare e incantare tutti. E tutti diventeranno più buoni. Mi piace ballare, ma nessuno diventa più buono. Il papà non è mai buono.
Ci provo a far entrare il fermaglio di metallo nel buco della cintina, ma non c’è niente da fare, le mie dita sono troppo piccole. E poi, forse, adesso che ci penso, le scarpette non hanno poteri magici. Devo comunque chiuderle, così potrò correre e scappare via. Ci penso a scappare. Non mi piace stare qui, quando c’è il papà. È sempre arrabbiato: perché c'è troppo rumore o perché c'è troppo silenzio, perché non è buono quello che la mamma ha preparato da mangiare o perché al lavoro non è andato bene qualcosa. O perché la frutta non è in tavola, come stasera.
Se chiudi gli occhi, compare
. È una storia che abbiamo letto a scuola. La storia di una pallina che si chiama Salta. Compare sempre quando i bimbi chiudono gli occhi e scompare quando li riaprono, così nessuno riesce mai a prenderla, né a vederla proprio bene. Però ogni bambino la può immaginare come vuole e Salta è magica davvero, mica come le mie scarpe. Basta chiudere gli occhi e darle la mano per ritrovarsi in un luogo fantastico.
Chiudo gli occhi, ma nonostante Salta, i rumori e le grida e le botte li sento lo stesso. Il papà sta picchiando forte la mamma e poi verrà qui a picchiare anche noi. E allora devo allacciarle per forza queste scarpe. Perché voglio scappare. Se ti allontani dai rumori e dalle botte, loro mica possono venirti dietro.
È come se si guardasse da fuori. È un’altra Milena quella seduta a terra, accanto a un letto scomodo e sfatto. È una Milena che ci ha provato, in ogni modo possibile, ma non ce l’ha fatta, e non ha altre soluzioni. Ogni problema ha una soluzione, le avevano detto. E ci aveva creduto. Ci aveva creduto davvero. Si è disposti a credere a qualunque cosa, pur di stare bene. Quale poteva essere la soluzione se il problema era proprio lei?
Adesso lo sa. Una soluzione c’è. L’unica possibile.
3
Settembre 1974
Non è che mi trucco tutti i