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Il lavoro autonomo economicamente dipendente
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E-book262 pagine3 ore

Il lavoro autonomo economicamente dipendente

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Info su questo ebook

Le riflessioni presenti nell’elaborato rispondono all'esigenza di comprendere meglio, nel quadro della precarizzazione e della flessibilizzazione del mercato del lavoro, la recente evoluzione del lavoro autonomo, che sotto l'effetto di profonde trasformazioni sia economiche che sociali ha assunto forme diverse da quelle tradizionalmente riconosciute nei paesi UE. In tale ambito di ricerca particolare interesse rivestono le forme di lavoro indipendente sviluppatesi nell’arco dell’ultimo trentennio all’interno dell’organizzazione produttiva, e che hanno portato ad un’estensione dell’ambito di operatività della disciplina del lavoro autonomo, non più volta a regolare la sola tipologia classica di mestieri (di agricoltore, artigiano, commerciante ed esercente professioni liberali), ma attiva in settori che in passato erano terre quasi inesplorate.
LinguaItaliano
Data di uscita6 feb 2016
ISBN9788892551008
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    Il lavoro autonomo economicamente dipendente - Domenico Cannizzaro

    Domenico Cannizzaro

    Il lavoro autonomo economicamente dipendente: profili comparativi nell’esperienza normativa italiana, tedesca e spagnola

    UUID: 31e54f98-cd1f-11e5-8167-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Introduzione

    Capitolo I

    L’emersione del lavoro autonomo economicamente dipendente

    La crisi della rigida dicotomia lavoro autonomo/lavoro subordinato: la possibilità di introdurre una tutela modulare

    La dipendenza economica come criterio giuridico di individuazione del LED ([28])

    I tentativi di codificazione della dipendenza economica in Italia

    Tutela del lavoro autonomo economicamente dipendente genuino e legislazione antielusiva contro il falso lavoro autonomo: due nozioni e due finalità da tenere distinte

    Capitolo II

    L’introduzione dell’art. 409 n. 3 c.p.c.

    Le tutele nelle collaborazioni coordinate e continuative

    L’abuso nel ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative negli anni novanta el’introduzione del lavoro a progetto (d. lgs. n. 276/2003)

    L’ampliamento delle tutele

    Profili critici nella coordinazione e nel potere di coordinamento del committente

    Le modifiche introdotte dalla legge 92/2012 (c.d. riforma Fornero)

    Capitolo III

    Considerazioni preliminari

    L’estensione ai collaboratori simil-dipendenti di alcune tutele del lavoro subordinato

    La nozione di arbeitnehmerähnliche Person ed i suoi requisiti

    Le discipline particolari del collaboratore da casa e dell’agente di commercio arbeitnehmerähnliche

    Profili comparativi tra la disciplina dei rapporti c.d. parasubordinati dell’ordinamento italiano e il lavoro simil-dipendente dell’ordinamento tedesco

    Capitolo IV

    L’introduzione dell’Estatuto del Trabajador Autónomo (Ley n. 20/2007): la nascita del lavoro autonomo economicamente dipendente

    Le condizioni specifiche per l’esecuzione di un’attività economica o professionale come lavoratore economicamente dipendente

    La dipendenza economica come caratteristica definitoria del TRADE

    Le principali tutele del lavoro autonomo economicamente dipendente

    I problemi riscontrati nell’applicazione

    Profili comparativi tra la disciplina spagnola del lavoro autonomo economicamente dipendente e quella italiana del lavoro parasubordinato

    Profili comparativi tra la disciplina spagnola del lavoro autonomo economicamente dipendente e quella tedesca del lavoro simil-dipendente

    Conclusioni

    Bibliografia

    In lingua italiana

    In lingua tedesca

    In lingua inglese

    In lingua spagnola

    Note

    Introduzione

    Le riflessioni sul lavoro autonomo economicamente dipendente che saranno esposte nei capitoli seguenti, rispondono all'esigenza di comprendere meglio la recente evoluzione del lavoro autonomo che, sotto l'effetto di profonde trasformazioni sia economiche che sociali, ha assunto forme diverse da quelle tradizionalmente riconosciute nei paesi dell'UE.

    L'esistenza di una nuova categoria di lavoratori, i quali condividono alcune caratteristiche comuni sia al lavoro subordinato che al lavoro autonomo, è stata riconosciuta giuridicamente soltanto da una parte dei Paesi europei.

    Ai fini della presente ricerca verranno prese in considerazione le legislazioni italiana, tedesca e spagnola.

    La legislazione italiana ha introdotto nel 1973 la disciplina del lavoro parasubordinato, mentre la quella tedesca prima, e quella spagnola poi, hanno introdotto discipline specifiche individuate tramite l’indicatore di dipendenza economica del prestatore di lavoro nei confronti di un committente prevalente.

    L'obiettivo generale delle legislazioni nazionali esistenti è quello di contribuire a tutelare meglio categorie di lavoratori autonomi caratterizzati da una situazione di debolezza contrattuale senza tuttavia assimilarle ai lavoratori subordinati.

    Gli ordinamenti italiano, tedesco e spagnolo contemplano, in questo senso, l'esistenza di una categoria intermedia tra lo status di lavoratore subordinato e quello di lavoratore autonomo; si osserva, tuttavia, che solo nelle legislazioni tedesca e spagnola è lo stato di dipendenza economica a dare origine ad una serie di diritti non riconosciuti ad altre categorie di lavoratori autonomi, anche se inferiori a quelli dei lavoratori subordinati.

    La normativa sul lavoro parasubordinato prevede ugualmente un’estensione di diritti ai lavoratori subordinati, ma diverge dalle precedenti in quanto non utilizza indicatori di dipendenza economica per individuare la vulnerabilità del collaboratore autonomo, bensì criteri basati sulla modalità di svolgimento della prestazione.

    Al di là delle differenze che caratterizzano le realtà economiche e sociali dei diversi Paesi, la diversità delle normative nazionali può essere spiegata anche in virtù delle difficoltà legate al riconoscimento giuridico del lavoro autonomo economicamente dipendente.

    L'esistenza di tali categorie di lavoro intermedie può infatti suscitare legittime riserve.

    Vi è da temere che, anche nel caso in cui vengano chiariti i confini delle categorie giuridiche in questione, un riconoscimento del lavoro autonomo economicamente dipendente possa far di fatto confluire verso questa categoria soggetti che fino a quel momento venivano considerati lavoratori subordinati, ad esempio nel quadro delle strategie di esternalizzazione delle imprese.

    In questo senso le riflessioni sul riconoscimento del lavoro autonomo economicamente dipendente non possono essere completamente scisse da quelle relative al c.d. falso lavoro autonomo.

    Quest'ultimo costituisce una realtà di cui si possono trovare testimonianze in molti paesi dell'UE, in modo particolare in settori come l'edilizia, in cui questa pratica illecita è talmente diffusa da giustificare la recente adozione di una posizione comune da parte delle parti sociali europee del settore.

    È innegabile che vi siano lavoratori formalmente autonomi (entrambe le parti definiscono in questi termini il rapporto di lavoro che le lega) che però esercitano la loro attività nelle stesse condizioni di un lavoratore subordinato.

    Queste situazioni corrispondono in generale all'ipotesi in cui il datore di lavoro qualifichi le prestazioni effettuate come lavoro autonomo per evitare l'applicazione del diritto del lavoro e/o del diritto in materia di sicurezza sociale.

    Nel Capitolo I verrà approfondito quest’aspetto e in particolare la necessità di tenere distinte l’applicazione di normative con funzioni antifraudolente dall’elaborazione di forme di tutela specifiche per il lavoro autonomo.

    Al Capitolo II del presente elaborato verrà affrontata, in chiave critica, la disciplina italiana del lavoro parasubordinato, mentre nei Capitoli III e IV saranno analizzate, con profili comparativi, la legislazione tedesca sul lavoro simil-dipendente e quella spagnola sul lavoro autonomo economicamente dipendente, entrambe basate sulla dipendenza economica quale criterio di estensione delle protezioni.

    Tramite queste normative, il collaboratore autonomo può beneficiare di diritti in materia di protezione sociale, o anche di garanzie analoghe a quelle offerte dal diritto del lavoro ai lavoratori subordinati.

    In quanto tali, questi diritti si applicano ai rapporti individuali tra il collaboratore e il suo cliente (reddito minimo, durata del lavoro, ecc.), ma si spingono fino al riconoscimento del diritto dei lavoratori autonomi a organizzarsi e intraprendere azioni collettive per difendere e perseguire i loro interessi professionali.

    Al di là dei rischi che esso presenta, che vanno comunque tenuti in considerazione, il riconoscimento dello status di lavoratore autonomo economicamente dipendente o parasubordinato, costituisce lo strumento per conferire maggiori protezioni giuridiche a lavoratori che non sono, giuridicamente parlando, lavoratori subordinati, bensì veri e propri lavoratori autonomi, e al tempo stesso si trovano in una situazione tale da non poter beneficiare della protezione economica derivante dalla possibilità di avere un accesso ampio al mercato.

    Sotto questo aspetto, oltre alla protezione che può offrire in termini di sicurezza sociale e di statuto professionale, il riconoscimento del lavoro autonomo economicamente dipendente può anche essere uno strumento per rafforzare l'imprenditorialità.

    In questa fase di sviluppo dei servizi transfrontalieri, la diversità delle legislazioni in materia è una questione che interessa tutti i Paesi dell’Unione europea. L’armonizzazione degli statuti professionali a livello comunitario, a cominciare dalla stessa definizione di lavoro autonomo economicamente dipendente, non è però cosa facile.

    In particolare, nessuna riflessione su questo tema può ignorare la diversità delle normative e della prassi nazionali dei Paesi membri dato che, in base alla legislazione sociale europea, la definizione di lavoratore e di imprenditore viene formulata a livello nazionale.

    Non si può fingere, tuttavia, di ignorare l'imperiosa necessità di comprendere meglio l'evoluzione del lavoro autonomo, altrimenti, una fascia sempre più ampia di lavoratori rischierebbe di rimanere priva di protezione.

    Lo scopo della presente ricerca è quello di analizzare, nello specifico, le differenti normative adottate dai legislatori italiano, tedesco e spagnolo, per avere la possibilità di confrontare gli effetti sortiti dalle differenti scelte normative nel contesto sociale e lavorativo.

    In particolare di fondamentale importanza risulta essere la comparazione tra i diversi indicatori utilizzati dai tre Paesi per far emergere, all’interno della categoria del lavoro autonomo comune, quella specifica sub-categoria di lavoro parasubordinato o economicamente dipendente bisognosa di maggiori forme di tutela.

    Capitolo I

    Lavoro autonomo economicamente dipendente e falso lavoro autonomo

    SOMMARIO: 1. L’emersione del lavoro autonomo economicamente dipendente. – 2. La crisi della rigida dicotomia lavoro autonomo/lavoro subordinato: la possibilità di introdurre una tutela modulare- 3. La dipendenza economica come criterio giuridico di individuazione del LED - 3.1 Il rapporto Supiot: l’avvio e la successiva evoluzione del dibattito in ambito europeo - 3.2 Gli indici normativi di riconoscimento del LED e il confronto con la para-subordinazione: equivoci da chiarire e utilità di una comparazione con i sistemi tedesco e spagnolo - 3.3 La collocazione del lavoratore economicamente dipendente all’interno dell’area del lavoro autonomo – 4. I tentativi di codificazione della dipendenza economica in Italia. - 4.1 I disegni di legge Treu (AS n. 2145/2010) e Ichino (AS n.1873/2009) - 4.2 Il progetto di legge dello statuto del lavoro autonomo Regione Veneto (n.443/2009) – 5. Tutela del lavoro autonomo economicamente dipendente genuino e legislazione antielusiva contro il falso lavoro autonomo: due nozioni e due finalità da tenere distinte.

    L’emersione del lavoro autonomo economicamente dipendente

    Il passaggio dal modello di organizzazione societario Taylor-Fordista ad uno di transizione, definito con qualche margine di ambiguità post-fordista([1]), ha modificato radicalmente lo scenario dei rapporti di lavoro.

    In contrapposizione al modello dominante del lavoro tipico, per tale intendendosi il lavoro subordinato a tempo indeterminato ed a tempo pieno, si è assistito ad una progressiva articolazione delle forme di prestazione.

    Tale processo trasformativo, iniziato nella seconda metà del secolo scorso ed ancora in itinere, è avvenuto per la forza concomitante di cambiamenti nei sistemi produttivi, nei cicli di vita e nei rapporti fra attività lavorativa e modello familiare. L’agire delle imprese all’interno di un contesto economico profondamente diverso rispetto al passato, in un mercato di stampo internazionale e globalizzato, ne ha esaltato infatti la competitività e quindi l’esigenza di ridurre i costi di produzione, e tra questi, anche quelli del lavoro([2]).

    Così l’impresa, nell’ottica della riduzione dei costi ha mutato in modo progressivo la propria struttura per il tramite di processi di restructuring, outsourcing e downsizing, mentre sul versante dell’impiego si è registrato un aumento di richieste da parte dei lavoratori di attenuare o modulare diversamente tempi e carichi di lavoro principalmente per ragioni di cura e formazione.

    Di conseguenza si è affermata l’esigenza di una maggiore mobilità spaziale e temporale dei lavoratori, con l’utilizzo da un lato di forme flessibili e temporanee di lavoro subordinato e dall’altro di forme indipendenti di lavoro autonomo.

    In tale ambito di ricerca particolare interesse rivestono le nuove forme di lavoro indipendente sviluppatesi all’interno dell’organizzazione produttiva, tramite cui si è verificata un’estensione dell’ambito di operatività della disciplina del lavoro autonomo, non più volta a regolare la sola tipologia classica di mestieri (di agricoltore, artigiano, commerciante ed esercente professioni liberali), ma attiva in settori che fino a quel momento erano terre quasi inesplorate.

    La tendenza estensiva della disciplina del lavoro autonomo è stata determinata prevalentemente dalla decisione delle imprese di utilizzare figure lavorative dotate di ampi margini di indipendenza nei processi di decentramento produttivo.

    Il lavoratore autonomo si è trovato così inserito in un contesto di attività industriali o di servizi, continuando però a conservare al contempo il proprio regime di indipendenza e autonomia.

    Seppure in tale ambito di operatività i nuovi lavori autonomi tendono ad avvicinarsi al lavoro subordinato per la modalità in cui avviene lo svolgimento delle mansioni, è bene sottolineare che tali mestieri non sono, giuridicamente parlando, di lavoro subordinato.

    Si tratta bensì di veri e propri lavori autonomi che, a differenza delle tipologie classiche dello scorso secolo, sono in una situazione tale da non poter beneficiare della protezione economica derivante dalla possibilità di lavorare per una pluralità di committenti, poiché la prestazione lavorativa è svolta in modo più o meno esclusivo per un’unica ditta cliente.

    Queste nuove forme di lavoro che vengono usualmente indicate con la formula di "lavoro autonomo debole" o come lavori autonomi di seconda generazione([3]) o in alcuni ordinamenti europei, con quella di lavoro autonomo economicamente dipendente, non si identificano con uno specifico tipo di lavoro; sono invece caratterizzate da un’estrema eterogeneità di situazioni lavorative.

    In tal senso basti pensare all’ampiezza delle attività svolte da tale figure professionali che vanno dal servizio pony express ed operatore di call center, al consulente aziendale e all’ amministratore di società, e ancora dal remisier di borsa al gestore di un impianto di carburante([4]).

    A dispetto dell’eterogeneità, tali nuove forme lavorative possono essere raccolte in un'unica categoria per la presenza di quattro indicatori caratterizzanti, sintomatici di una situazione di debolezza economica dell’attività lavorativa, in particolare:

    la tendenza alla mono-committenza;

    la continuità della prestazione nel tempo;

    lo svolgimento dell’attività in forma prevalentemente personale;

    l’assenza di predisposizione di assetti imprenditoriali o di effettivo contatto con il mercato.

    Tali condizioni, sia nella fase preliminare all’instaurazione del contratto di lavoro, sia nella fase di svolgimento della prestazione, indeboliscono il principio della libera contrattazione tra le parti, cioè della contrattazione governata dall’autonomia della volontà([5]), collocando il prestatore di lavoro autonomo in una posizione di debolezza economica nei confronti dell’attività del committente principale e l’intero rapporto in uno scenario di asimmetria contrattuale.

    Basti pensare che in Italia, con riferimento all'anno 2010, l'Isfol ha stimato che i lavoratori parasubordinati siano circa 1milione e 422mila, il 46,9% dei quali assunti con un contratto a progetto che frutterebbe mediamente un reddito di 9.855 euro l'anno. Un reddito molto basso, insufficiente addirittura a far fronte alle esigenze della vita quotidiana.

    Sorge, allora, anche per questa categoria di lavoratori autonomi l’opportunità di introdurre strumenti di tutela giuridica, per il tramite di norme imperative, volti a controbilanciare la posizione del prestatore debole, e a ripristinare una situazione di equilibrio che sul piano sostanziale risulterebbe altrimenti compromessa.

    In questo senso la vis attrattiva del tipo fondamentale di lavoro subordinato, nonostante l’elevata elasticità del concetto, si è rivelata inadatta a tutelare i lavori autonomi deboli/dipendenti per due ordini di motivi.

    Da un lato, a causa del potere direttivo del datore di lavoro quale indice qualificatorio assorbente della categoria di lavoro subordinato, conseguente all’adozione del criterio di subordinazione in senso tecnico-funzionale([6]), ontologicamente incompatibile con una prestazione svolta all’interno di spazi di autonomia relativamente ampi.

    Dall’altro a causa dei mutamenti dell’organizzazione di impresa e delle forme di erogazione della prestazione lavorativa, soggetta a vincoli impliciti di produzione o risultato, in luogo dei tradizionali vincoli espliciti d’obbedienza.

    L’impossibilità di applicare l’art. 2094 c.c. a rapporti di lavoro che mantengono un alto margine di autonomia nello svolgimento della prestazione([7]) e la conseguente applicabilità delle limitatissime tutele del contratto d’opera([8]), hanno inevitabilmente attirato sin dagli ultimi decenni del secolo scorso una particolare attenzione dei giuristi sul composito universo del lavoro autonomo c.d. di seconda generazione.

    Si è osservato che questa seconda generazione di professioni, crescenti per numero e per importanza, sono nell’ambito della nuova economia quasi invisibili alle lenti della regolazione giuslavoristica: il diritto del lavoro li sfiora appena([9]).

    Essa, invece, proprio per l’eterogeneità delle situazioni di lavoro che si celano dietro una categoria solo apparentemente unitaria di lavoro autonomo, richiederebbe una disciplina regolativa specifica.

    Una disciplina orientata anzitutto a far emergere il lavoro autonomo economicamente dipendente all’interno dell’ampia categoria del lavoro autonomo, tramite l’adozione di specifici criteri normativi volti a definire, in modo chiaro, in che cosa consista tale dipendenza economica e come si manifesti nella realtà sociale, per poi fornire alla nuova categoria un quadro di tutele modellato sui propri bisogni e sulle rispettive

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