Come star bene in Europa: Indirizzi di politica economica all’alba della terza Repubblica
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Alcune considerazioni sul ruolo dei fattori economici, di quelli finanziari e di quelli politici, nel contesto di un’Europa con meriti antiguerra, ma ancora lontanissima dal coordinamento dell’economia e della finanza comunitaria.
Un futuro da riprogettare e un elenco di possibili azioni correttive, a partire dalla politica che non sembra comprendere a fondo il suo ruolo quando antepone le promesse elettorali ai reali bisogni del Paese.
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Anteprima del libro
Come star bene in Europa - Eduardo Martone
Tavola dei Contenuti (TOC)
Titolo pagina
INTRODUZIONE
Cap. 1
Cap. 2
DOMANDA E OFFERTA
L’INTERVENTO PUBBLICO
I DANNI DELL’INFLAZIONE
LE SPINTE PER IL CAMBIAMENTO
Cap. 3
LA CRISI ECONOMICA DEL ‘29
LE REGOLE DELLA PIANIFICAZIONE
Cap. 4
I PRINCIPI KEYNESIANI
I NOSTRI ANNI DIFFICILI
UN’ESPERIENZA PERSONALE
Cap. 5
DALLA CRISI AL CONSUMISMO
ECONOMIA DI MERCATO E RECESSIONE
POLITICHE MONETARIE E FISCALI
Cap. 6
ECONOMIA PUBBLICA E LIBERO MERCATO
IL PREVALERE DELLA FINANZA
MONETARISMO E DEREGOLAMENTAZIONE
Cap. 7
GENESI DI UN FENOMENO RECENTE
PREGI E DIFETTI DEL NUOVO CORSO
EVOLUZIONE DELLA GLOBALIZZAZIONE
CAP. 8
LE SOLUZIONI POSSIBILI
UN AUSPICIO PER IL FUTURO
Cap. 9
UN FUTURO DA RIPROGETTARE
EDUARDO MARTONE
COME STAR BENE
IN EUROPA
Indirizzi di politica economica
all’alba della terza Repubblica
S A G G I S T I C A
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
AssoBook Editore © 2020 Padova
www.assobook.it
Alla memoria del chiarissimo
prof. Giuseppe Palomba,
economista ed esoterista napoletano
"Abbiamo bisogno di una legge Europea, di una Corte di Cassazione Europea, di un sistema monetario unico, di pesi e di misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta Europa. Avrei voluto fare di tutti i popoli europei un unico popolo... Questa era la soluzione!"
Napoleone Bonaparte
Trovo che il mondo di oggi sia profondamente cambiato: è diventato più piccolo, sia per l’evoluzione delle moderne tecnologie, sia per la nuova economia globale e anche per il grande accrescimento della popolazione. Però, la nostra consapevolezza non si è evoluta nello stesso modo: continuiamo ad aggrapparci ad antichi confini nazionali e al pensiero di
noi e
loro".
Dalai Lama
INTRODUZIONE
Economia e confusione sembrano oggi, A.D. 2019, regnare sovrane nel nostro Paese, dove ciascuno si sente autorizzato a dire la sua, solo perché ne ha sentito parlare, oppure perché appartiene a qualche gruppo di opinionisti politici di questo governo, di quello che c’era prima o che non ha ancora avuto la possibilità di essere eletto e governare.
Come si fa a sostenere che regalando soldi a destra e a manca si pratica una manovra espansiva? Con quale ragionamento logico si perviene all’idea che mandare in pensione prima chi lavora crea PIL? Come si fa a non capire che in un Paese indebitato come il nostro non si possono proporre manovre di finta espansione se queste espandono solo il debito nazionale? È così difficile capire perché le manovre a debito fanno aumentare lo spread? Perché i finanziatori del debito pubblico (che si fidano meno), indirizzano altrove la finanza, oppure chiedono interessi più elevati a compensazione del rischio maggiore?
Lo so, è bassa finanza da padre di famiglia, ma seguendo le varie trasmissioni televisive, dove le parti illustrano il proprio pensiero sulle teorie economiche e su cosa il governo dovrebbe fare o evitare, c’è da andare in confusione e perdere il personale orientamento maturato nel corso di interi lustri attraverso lo studio e la concreta applicazione, sia pure in un ambito aziendale, e quindi non riferibile alla Pubblica Amministrazione.
Della serietà insita in questa materia, coltivata a tratti e per mero piacere, me ne feci a suo tempo una ragione leggendo un pensiero di John Maynard Keynes che recitava così:
"The ideas of economists and political philosophers, both when they are right and when they are wrong, are more powerful than is commonly understood. Indeed the world is ruled by little else. Practical men, who believe themselves to be quite exempt from any intellectual influence, are usually the slaves of some defunct economist."
Ovvero, tradotto in Italiano:
"Le idee degli economisti puri e di quelli filosofeggianti, sia quando sono nel giusto, sia quando sbagliano, sono avulse dalla conoscenza della gente comune.
Il mondo non è governato dalle loro idee, ma da qualcosa di diverso. Gli uomini pragmatici, infatti, che erroneamente credono di essere esenti da influenze intellettuali, sono di solito solo schiavi di qualche economista defunto."
Mi fu subito più chiaro che le teorie economiche, intese come politica economica, fossero tante e che ogni parte in causa comprendeva o professava solo ciò che meglio rispondeva al proprio ruolo o agli interessi che rappresentava.
Lo Stato, però, è assimilabile a una grande azienda e, come tale, dovrebbe essere irreprensibile nel preparare il suo piano pluriennale economico e finanziario nel breve e lungo termine. Il rigore in questo caso è d’obbligo perché una tale azione programmatica coinvolge:
a) gli Italiani, quali azionisti di riferimento che hanno espresso le loro deleghe all’organismo istituzionale di rappresentanza;
b) le opposizioni, per le opportune verifiche di merito in contraddittorio;
c) il Parlamento, per le dovute approvazioni.
In aggiunta, l’appartenenza a una casa comune Europea non ci permette di ignorare i patti sottoscritti con gli altri Stati membri, cui siamo legati dall’uso della stessa moneta, l’euro, che esclude la possibilità d’indebitarsi oltre misura e non tollera spinte verso manovre di svalutazione monetaria, a difesa sia dell’Unione, sia dei singoli Stati aderenti.
Applicando pratiche aziendalistiche consolidate, si può ragionare e programmare sulla base degli stessi principi teorici di economia politica, quella cioè che studia il comportamento umano nel mercato inteso come relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi alternativi, come direbbe un professore della materia o un suo studente attento alle lezioni.
Scienza economica che può offrire quindi opportunità per alcune parti a discapito dell’intera collettività.
Nel ragionamento aziendalistico applicato allo Stato, ricorrerò agli insegnamenti del compianto chiarissimo professor Giuseppe Palomba, ex docente di economia a Napoli (quando la facoltà di Economia e Commercio era in zona Santa Lucia, via Partenope, e il magnifico rettore si chiamava