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Le Mille e una Botte
Le Mille e una Botte
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E-book253 pagine3 ore

Le Mille e una Botte

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Info su questo ebook

Romualdo, mentre viaggiava, a dorso di mulo, su una mulattiera scoscesa tra i monti al confine settentrionale del Pakistan, stava ripensando alla telefonata di quel bastardo di Patrizi che, con tono mellifluo, gli comunicava il cambiamento di programma, per questo progetto allucinante: “Ma come, Sartori, non è contento? E' stato proprio lei a chiedermi un'alternativa!” Romualdo Sartori, giovane ingegnere di una ditta petrolifera italiana, era così giunto in un piccolo sultanato sperduto tra le montagne al confine tra Pakistan e Afghanistan per verificare la scoperta di un enorme giacimento di petrolio, che si rivelerà ben superiore alle aspettative. Mentre dall’ Italia non arrivano istruzioni, favorendo l’intervento di concorrenti stranieri, Romualdo si trova coinvolto nella vita di corte proprio nei giorni in cui il Sultano, Suliman, è in procinto di sposare la bellissima favorita Leila, bramata anche dal figlio Ali. In un accavallarsi di improbabili eventi, assurde coincidenze e rocambolesche vicende determinate dalle trame dell’astuta Leila, ogni progetto e aspettativa dei protagonisti viene via via sovvertito, fino ad un finale imprevedibile.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mar 2016
ISBN9788892571082
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    Anteprima del libro

    Le Mille e una Botte - Guido Quagliardi

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    Le mille e una botte

    Guido Quagliardi

    PERSONAGGI

    Suliman: Sultan dell’Oman Beshui

    Ali: figlio di Suliman

    Leila: favorita di Suliman

    Lia: prima moglie di Suliman

    Rosalba: prima fiamma di Suliman

    Sarah, Phatima, Adalet: concubine

    Assalim: visir

    Mohamed: capo delle guardie

    Amalasor: eunuco guardiano dell’harem

    Abdul: servo di Suliman

    Ibrahim: predicatore

    Romualdo Sartori: funzionario dell’Italchimica

    Abbate e Caruso: tecnici dell’Italchimica

    Loredana: moglie di Sartori

    Patrizi: Responsabile del Personale dell’Italchimica

    Arabella: segretaria di Patrizi

    Imbonati: Direttore Commerciale dell’Italchimica

    John Spender: padrone di una piccola compagnia petrolifera

    Zadora: zingara

    * I *

    Era il primo giorno di sole che annunciava lo sciogliersi delle nevi e la fine del glaciale inverno.

    Con una marcia di alcune ore lungo il ripido sentiero che si inerpicava sulla montagna Suliman aveva finalmente raggiunto la Roccia della Meditazione, un enorme monolite in bilico sulla cresta rocciosa che contornava il cratere di un vulcano spento da secoli. Il vulcano, per l’immane sforzo di proiettarlo fin lassù, aveva evidentemente esaurito ogni energia, senza riuscire a scaraventarlo poi sulla vallata sottostante.

    Guardò la roccia con apprensione: era un miracolo come rimanesse in equilibrio. Se mai, per un disgraziato evento, fosse rotolata giù per il ripido pendio, avrebbe provocato una valanga di tali proporzioni da spazzar via l’unica piccola città del Sultanato, proprio ai piedi del Vulcano. Intorno alla roccia si erano create perciò, nel corso dei secoli, molte leggende spaventose, ma nessuno dei suoi predecessori si era mai preso la briga di costruire una nuova città in una posizione più sicura. E neppure lui, d’ altronde.

    Dalla cresta che dominava la valle Suliman poteva spaziare il suo sguardo su tutto il Sultanato di Oman Beshui, nazione, in verità, di ben modeste dimensioni e importanza, disteso su una terra avara, in una stretta valle chiusa in una cerchia di monti inerpicabili dove il ghiaccio regnava perenne e, proprio per questo, sopravvissuto per secoli nella totale indipendenza dai molto più potenti paesi confinanti. Sul terreno circostante la neve opponeva una strenua resistenza ai timidi raggi del sole, ancora indeciso se illuminare anche quella piccola valle, od occuparsi di ben più importanti questioni.

    Ben pallido sole, rifletteva Suliman, tornando con la mente a quella primavera di tanti anni prima quando, evaso per la prima volta dai confini angusti del Sultanato per approfondire i suoi studi, si era trovato in pochi giorni sbalzato in un mondo del tutto inatteso, così ricco e moderno rispetto alla sua povera, piccola, arretrata patria. Dopo un periodo iniziale di smarrimento, aveva scoperto nuove prospettive ed assaporato il gusto di una vita ben diversa da quella vissuta fino allora. Aveva così, per la prima volta, creduto di poter sfuggire al destino, trasformandosi in una persona comune, libera di agire senza dover essere sempre d' esempio e non costantemente oppressa dal giudizio dei saggi, dallo sguardo severo di suo padre, dalle amorevoli, ma anche troppo invadenti cure di sua madre e dalle invidie dei figli delle concubine....

    E Rosalba! Chissà che ne era di lei. Chissà se era ancora così bella e piena di vita. Chissà se, di tanto in tanto, si ricordava di lui. Il rimpianto si mescolò alla vergogna per la propria codardia. Pensare che non le aveva neppure mai rivelato la sua vera identità. E poi, dopo diversi mesi di baci, carezze e dolci parole sussurrate tenendosi per mano, come un vigliacco e un ingrato, era scomparso per sempre dalla sua vita, senza dirle una parola della partenza e senza mai più farle avere notizie.

    Con uno sforzo respinse le reminiscenze del passato in un cassetto della memoria che, pur gelosamente custodito, cercava di aprire il meno possibile.

    Il vento, per fortuna, si era placato, ed i raggi del sole sembravano finalmente aver acquisito una parvenza di calore. Giù nella valle un gruppo di pastori stava spingendo fuori dai recinti le greggi, l'unica ricchezza del Sultanato, o, forse, più propriamente, l'unica magra fonte di sostentamento. Quando il misericordioso Allah aveva voluto pennellare di nero petrolio tutte le terre abitate dai suoi fedeli, pur nella sua infinita generosità, doveva essersi dimenticato del pur fedelissimo e devotissimo Sultanato di Oman Beshui. D’ altronde chi mai poteva ricordarsi di questa sperduta terra? Chissà cosa aveva spinto il suo grande predecessore che portava il suo stesso nome, Suliman il Sommo, a fermare la lunghissima marcia intrapresa alla ricerca della gloria proprio in quella valle arida e inaccessibile?

    Certo, ai suoi tempi, Il Sommo Suliman di petrolio non poteva sapere, ma cos'altro aveva visto in quella terra desolata, da indurlo a fermare il suo cammino proprio lì? Non certo il clima, torrido d' estate e gelido d' inverno. Non miniere d' oro o d' argento, che non se n' era mai trovata traccia, ne’ la ricchezza dei campi, aride distese bruciate, buone al massimo per il pascolo. E neppure, scherzò con sé stesso, poteva essere stata l’attrazione per le umili contadine di quei miserabili villaggi, con le quali, secondo la leggenda, i suoi valorosi guerrieri si erano poi mescolati, dopo averne trucidato, con sacrosanto furore, padri, mariti e figli. O almeno così si poteva supporre, giudicando dalle loro discendenti, che non brillavano certo per avvenenza!

    Petrolio! C'era stata, in passato, una compagnia americana che aveva effettuato delle ricerche, ma neppure una goccia! E così se ne erano andati ancor più velocemente di come erano venuti.

    "Sia grazia ad Allah!" aveva commentato allora Ibrahim, il grande saggio della montagna, che paventava l'arrivo di orde di infedeli corrotti e corruttori.

    Certo, però, che un po' di dollari non avrebbero poi fatto tanto male! le casse del Sultanato piangevano miseria cronica ed i suoi sudditi sopravvivevano tra gli stenti, senza che lui potesse fare nulla per alleviarne le sofferenze. Ma, a dire il vero, non erano piaciuti neppure a lui quegli Americani, così arroganti e boriosi. Ben altra cosa i suoi vecchi amici italiani!

    Il cassetto segreto tornava a riaprirsi richiamando la memoria dei suoi giorni italiani: l’incredibile bellezza di Roma, le lezioni all’ università, i dibattiti tra studenti, ma soprattutto lei. Ricordò che una sera, mentre passeggiava lungo il Tevere con Rosalba, tenendole la mano, in una tiepida sera di primavera...

    L’improvviso interrompersi della quiete lo riportò bruscamente alla realtà: nella valle risuonavano squilli di tromba, in una confusa accozzaglia di note. Dovevano essere i musici che si preparavano per il giorno delle nozze.

    Aveva notato per la prima volta Leila un giorno che, per caso o per noia, si era spinto ai confini meridionali del Sultanato, dove si snodava l'unica strada, o mulattiera che dir si voglia, che collegava la valle con il resto del mondo. Poco più che una bambina, con i lunghi capelli sciolti al vento, a piedi nudi, rincorreva il suo cagnolino che le era sfuggito. Ancora giovanissima, eppure già promanava una sensualità sconvolgente. La flessuosità dei movimenti, quegli occhi neri e brillanti capaci di leggerti nell’anima, le labbra di porpora, sempre un po’ socchiuse a far intravedere i suoi denti bianchissimi, i capelli sciolti che mandavano riflessi di fuoco sotto il sole e la carnagione purissima, che invitava alle carezze....  Un prodigio della natura in quella terra dove le donne non brillavano sicuramente di quelle grazie che possono indurre nell' uomo passioni travolgenti. O, magari, non di un prodigio si era trattato, ma delle malefatte di un qualche viandante straniero, evidentemente di molto bell' aspetto, giunto chissà da dove e perché fino a quella valle sperduta per accoppiarsi a quella laida arpia di sua madre, forse spinto da lungo digiuno d' amore, o da una grave miopia. Ma questi pensieri li aveva tenuti per se ed aveva, invece, riempito di complimenti e regali quella megera della madre per convincerla a lasciargli portar via quel gioiello preziosissimo.

    Una goccia colpì la fronte di Suliman; il sole aveva alla fine deciso di arrendersi e la pioggia stava assumendo il controllo della vallata. Il Sultano si affrettò a riprendere la via del ritorno.

    * II *

    Di fronte alla piscina del Tanglin Club Romualdo sorseggiava una birra ghiacciata in compagnia dei tre amici con i quali aveva appena finito di disputare un epico incontro di tennis; a Singapore giocare tre set consecutivi nell’ intervallo per il pranzo è infatti audacia per lo meno comparabile alle gesta degli antichi samurai. In quell’ atmosfera soffocante, intrisa d’ umidità, resistono solo i più forti. In compenso si perdono litri di sudore e ci si libera di ogni stress, ammesso di poterne soffrire, come dirigenti di grandi società straniere, stanziati a Singapore.

    A differenza dei suoi tre amici, Romualdo di stress ne aveva però accumulato da vendere. Era infatti appena rientrato da un tour di lavoro massacrante, tra le più sperdute isole dell'Indonesia. Maledetto il giorno che si era voluto iscrivere a geologia, tracciando così il proprio destino! Altro che Manila, o Bangkok, mete abituali dei suoi amici, rappresentanti in Oriente di società commerciali o banche. In quelle città, dove a lui capitava ben raramente di fermarsi, salvo per le sale d’ attesa degli aeroporti, i suoi amici potevano spassarsela alla grande: alberghi a cinque stelle, confortevoli e con aria condizionata, cibi prelibati negli eleganti ristoranti degli hotel, locali notturni per trascorrere piacevolmente le ore serali e, magari, rimorchiare qualche bonazza locale...  Per non parlare di quegli handless restaurants di Bangkok dove il cibo ti veniva addirittura portato alle labbra dalle affusolate mani di avvenenti fanciulle, sempre disponibili e completamente all’ oscuro di quei principi che il femminismo aveva inculcato nelle menti del non più tanto gentil sesso occidentale, a partire da quella della sua super-emancipata moglie, Loredana.

    Al contrario, i suoi viaggi.... Che palle! Ben altra cosa fermarsi negli Hilton, Shangrila, o Burubudur di Bangkok, Kuala Lumpur, Manila o Giacarta e incontrare, di fronte a un drink ghiacciato, clienti facoltosi nelle lussuose cocktail lounge, per poi tornarsene agli ozi di Singapore, magari ritemprati da quelle avventurette così casuali di cui non tralasciavano mai di vantarsi.

    "Pensate, ero in ascensore quando è entrata una brunetta graziosissima. Le ho sorriso e, facendo finta di non conoscere l'hotel, le ho chiesto se per caso sapeva indicarmi da che parte si trovava la mia camera, il 303. Così mi ha accompagnato fino alla porta. A quel punto le ho chiesto se, per ringraziarla, potevo offrirle un drink dal mini-bar.... Ha detto subito sì. Ragazzi, che notte!  E la mattina se ne è andata senza neppure svegliarmi. Queste orientali, sempre così affascinate da noi occidentali!"

    Strano, a lui non era mai capitato. Quando gli si era avvicinata casualmente qualche ragazza, tailandese o indonesiana che fosse, aveva mostrato inequivocabilmente di essere più affascinata dal suo portafogli che dal macho aspetto occidentale. L’ amore a pagamento non lo interessava molto. Poi gli facevano anche pena quelle ragazze disponibili per pochi dollari.... O, forse, era solo una scusa per mascherare la sua timidezza e il suo imbarazzo nell’affrontare le donne? Comunque, non se l’era mai sentita ed era sempre rimasto, per virtù o codardia, fedele a Loredana.

    Preferì non approfondire. Aveva altro a cui pensare: quel rompiballe di Patrizi lo aveva chiamato per proporgli un incarico in India. Proposta di per sé interessante, ma figurarsi come l'avrebbe presa Loredana! Già che da quando era rientrato a Singapore non gli rivolgeva più la parola per via di una storia, che lui non aveva neppure ben capito, in cui c'entravano la Mariella, un programma alla televisione e il suo sciovinismo.

    Ma perché era sempre cosi aggressiva con lui? In pubblico però si comportava sempre da perfetta mogliettina, cosa che lo faceva andare ancor più in bestia. Si riscosse dai suoi pensieri.

    "Allora, ho preso la cassetta. Questa sera venite a vedere Milan-Napoli a casa di Roberto?" stava dicendo Ugo.

    "Ma dai, l'abbiamo già vista ieri." Rispose Alberto.

    Si, ma hai visto quel goal di Ibrahimovich? Una forza!

    Alcuni metri più in là Loredana, che sonnecchiava al sole allungata su una sedia sdraio, abbronzata come la pubblicità del coppertone e squizzata da un bikini a fiori rossi, fattosi ancora più succinto per via di quei maledetti tre chili che aveva preso negli ultimi mesi, si scosse bruscamente. Doveva essersi addormentata ed, ancora una volta, quell' orribile sogno era tornato a tormentarla. Per un attimo ebbe come la sensazione di un'unghia che le scivolasse giù per la schiena. Per motivi ignoti si trovava a correre, chissà perché seminuda, in un distesa di sabbia che non pareva aver mai fine, probabilmente il Sahara, quando uno sceicco, con tanto di turbante, scimitarra e mantello di prammatica, le tagliava improvvisamente la strada col suo focoso e scalpitante cavallo nero, schizzandola di sabbia e facendola rovinare a terra. Piombatole poi subito addosso, la trascinava sghignazzando sulla sabbia rovente, per poi...

    "Well, well, well, ci stiamo arrostendo come un pollastrello, eh, signora Sartori.  E' tornato finalmente il maritino!  Cosa ti ha portato, per farsi perdonare?"

    Sentila, questa stronza, ancora una volta a stuzzicarla, ricordandole che suo marito le aveva appena preso due giri di perle ad Hong Kong. A Romualdo non era mai neppure passato per la testa di regalarle perle, o diamanti. Al massimo qualche inutile cianfrusaglia artigianale. Le scuse erano sempre le stesse: lo stipendio ancora troppo modesto, la necessità di sacrificarsi per mettere da parte qualcosa... Mai che pensasse piuttosto ai sacrifici che imponeva a lei! E che figura le faceva fare con le amiche!

    "Ciao, Laura. Non ti ho sentito arrivare.  Che bel costume hai. Nuovo?"

    "Si, comprato a Parigi, quando sono andata il mese scorso con Ugo per quella convention di cui ti avevo parlato."

    Beata te! Romualdo non va mai che in posti del cavolo, abbandonati da Dio. Shit! Io gliel' ho detto che dovrebbe farsi rispettare di più, ma lui insiste col dire che non è possibile, che gli hanno appena assegnato l’incarico.... Sai come sono gli uomini! Sempre a menarla col loro lavoro. Come se noi donne non facessimo niente. Ma lasciamo perdere. Piuttosto, hai visto per caso la Gilda?

    "Non me ne parlare. L'ho sentita 'sta mattina che aveva un diavolo per capello. Era inferocita con quella cretina della Mina, no, Mila, o come cavolo si chiama, che l'altra sera è rimasta un quarto d' ora al telefono con una sua amica, che poi si è accorta che era invece un maschietto."

    Queste Filippine sono tutte delle gatte in calore, ingrifate come degli animali. Se solo volti loro le spalle.... Anche la mia, sapessi!

    Proprio come questa troietta qui, che ancora non si decide a portarci da bere. Ma l'hai vista, la scimmietta? Non sa neppure camminare. Guarda come ondeggia, con il suo culettino secco. Da dove viene, dalla giungla? Qui al club dovrebbero scegliere meglio il personale.

    Move up girl! Do you hear me? Are you alive? Bring me a squash, please, but with a lot of ice. Understood-la? Thank you.

    Intanto, alcuni metri più in là, altri otto occhi si voltavano, dimentichi delle gesta di Ibrahimovich, a osservare quel sedere ondeggiante che si avviava verso il bar. In nessuno di questi occhi si poteva leggere la minima traccia di disapprovazione.

    * III *

    Nelle prime ore della mattinata Suliman aveva convocato Ahmed Assalim, Gran Visir e Mohamed, capo della guardia.

    La riunione aveva luogo, come di solito, nella sala grande, il vasto ambiente ottagonale, situato al centro del palazzo, dove si svolgevano tutte le principali funzioni della vita di corte, dalle riunioni ufficiali ai pasti giornalieri. La sala, piuttosto grande, prendeva luce solamente da due patii laterali su cui si affacciavano, da un lato, gli appartamenti del Sultano e di suo figlio Ali e, dall’ altro, l'harem. L' ambiente, male illuminato e scarsamente ammobiliato, avrebbe potuto apparire piuttosto disadorno, se non fosse stato per i prodigiosi effetti coreografici offerti dalla visione, tramite un lungo colonnato che divideva i due ambienti, delle Terme di Allah, la grande sala semicircolare adiacente, costruita intorno ad una fonte di acqua calda sorgiva, inglobata nel palazzo. Doveva essere stata proprio quella fonte di calore naturale a determinare, in quella terra così poco favorita dal sole, la collocazione stessa del palazzo, parecchi secoli addietro. La stessa vegetazione naturale era stata conservata, tramite cure meticolose, con effetti sia decorativi che di parziale ostruzione alla vista delle terme da parte di coloro che si trovassero nella sala grande: oltre che da elemento decorativo e fonte di riscaldamento, questa specie di piscina naturale fungeva infatti anche da passaggio discreto tra l'harem e gli appartamenti del Sultano, unico uomo che avesse il diritto di accedervi. Salvo, naturalmente, Amalasor, l'eunuco.

    Il Sultano ed il gran visir erano intenti a mettere a punto gli ultimi dettagli

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