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La gabbia di carta: Sette paure comuni che bloccano la felicità delle donne
La gabbia di carta: Sette paure comuni che bloccano la felicità delle donne
La gabbia di carta: Sette paure comuni che bloccano la felicità delle donne
E-book136 pagine1 ora

La gabbia di carta: Sette paure comuni che bloccano la felicità delle donne

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Info su questo ebook

I sogni, le speranze per un futuro roseo poi la paura di deludere gli altri e la presa di posizione delle donne più coraggiose. Con "La gabbia di carta" , Michela Rosati offre alle lettrici spunti preziosi per raffinare l'attitudine ad esplorare la propria interiorità.
LinguaItaliano
Data di uscita22 apr 2016
ISBN9788867860982
La gabbia di carta: Sette paure comuni che bloccano la felicità delle donne

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    Anteprima del libro

    La gabbia di carta - Michela Rosati

    INTERMEDIA Edizioni

    INTERMEDIA Edizioni

    In copertina: disegno di Massimiliano Santini Michela Rosati

    La gabbia di carta

    7 comuni paure che bloccano la felicità delle donne A coloro che hanno accompagnato

    me verso me stessa

    e me stessa verso gli altri.

    Con gratitudine e infnito amore:

    niente sarebbe potuto andare meglio

    Prefazione

    I sogni, le speranze per un futuro roseo poi la paura di delu-dere gli altri e la presa di posizione delle donne più coraggio-se. Con La gabbia di carta, Michela Rosati offre alle lettrici spunti preziosi per raffnare l’attitudine ad esplorare la pro -pria interiorità. Otto capitoli chiari e descrittivi che rivelano il mondo interiore femminile considerato spesso un mistero. Una piacevole lettura di storie di tutti i giorni, dinamiche di una donna oggi costretta a destreggiarsi tra vecchi e nuovi stereotipi, una battaglia infnita tra i propri bisogni di autore -alizzazione, le aspettative e i desideri degli altri. L’autrice in questo libro suggerisce un nuovo modo di rap -portarsi con il nemico da sconfggere: la paura di essere se stesse, il timore di deludere i genitori, di non essere all’altez -za, di non meritare il successo, e infne ma non ultimo di non essere belle.

    La gabbia di carta è il libro che dovrebbero leggere tutti, f -glie, madri ma anche compagni, padri e nonni. Simona Burattini,

    giornalista, Tg 2

    Introduzione

    La mia vita è stata piena di situazioni tremende, la maggior parte delle quali non si è mai verifcata.

    Quando ho letto questa frase per la prima volta, sono rimasta sbalordita. L’ho contemplata a lungo e mi è sembrata taglien -te come la lama di un rasoio.

    Quelle poche parole sono proprio la sintesi perfetta di ciò che mi impegno a fare con i miei pazienti: li guido verso la consapevolezza che la perenne preoccupazione per qualcosa di catastrofco, che sembra dover sopraggiungere da un mo -mento all’altro quando cerchiamo di percorrere la strada per la felicità, è uno dei maggiori motivi per cui il cammino si interrompe o non comincia affatto.

    Intanto i giorni passano e le micro-insoddisfazioni quotidia -ne, di cui a volte sembriamo non accorgerci, corrodono il be-nessere psicologico.

    È una lunga storia che ha a che fare con la nostra natura di esseri umani.

    C’è stato un tempo in cui uomini e donne vivevano in un am -biente molto ostile. Dovevano guardarsi da attacchi di ogni tipo, dai cataclismi della natura, dalle malattie, dalla fame, dalla sete, dai predatori, e dovevano difendere i loro piccoli dalle medesime minacce.

    La vita era dura.

    Per questo facevano molta attenzione, allertavano i loro sensi e utilizzavano l’intelligenza per cercare di prevenire il perico -lo: ogni volta che il loro cuore sobbalzava, che le gambe co -minciavano a tremare, che il respiro si faceva rapido e corto,

    loro sapevano di dover fuggire.

    Se si trovavano con le spalle al muro, cercavano di combatte-re il nemico con tutta l’energia che avevano in corpo. Benché spesso fsicamente più deboli o malandati, le loro gambe e le loro braccia trovavano una forza insperata e riuscivano a trarsi in salvo.

    In situazioni rischiose, la paura, attraverso una serie di rea-zioni psicofsiologiche, faceva scattare l’allarme e li prepa -rava a fuggire, ad attaccare, oppure a immobilizzarsi, nella speranza di non essere stati notati.

    I nostri progenitori erano costantemente impegnati nel cer-care di migliorare le proprie difese, progettavano rifugi più sicuri, si tramandavano le conoscenze per distinguere il cibo buono da quello indigesto, inventavano armi ispirate agli ar -

    tigli che non possedevano, scrutavano il cielo per cercare di prevedere le stagioni.

    Ma, nonostante tutto, di fronte alle avversità quotidiane, la paura restava uno dei sistemi di salvaguardia più effcaci a loro disposizione.

    Uomini e donne provavano spavento e repulsione per deter-minati segnali, così da non sottovalutarli mai ed essere in gra-do di correre ai ripari tempestivamente. La paura li rendeva meno vulnerabili, li stimolava a reagire e a prevedere i rischi; si fdavano di lei.

    Gli esseri umani continuarono a esporsi, a esplorare l’am -biente, a migrare in altri luoghi e ad affrontare l’ignoto, per cercare condizioni più favorevoli. Donne, uomini e bambini compirono lunghi viaggi, popolando ogni angolo della terra.

    La paura era il loro talismano, la loro protezione. Oggi la nostra vita è molto più sicura, comoda e facile, di allora. Eppure si è complicata così tanto, sotto certi aspetti. La fuga, in senso fsico, non ci aiuta molto di questi tempi. Non è possibile correre lontano dal mutuo da pagare alla fne del mese, dal collega indisponente e irascibile, dall’imbaraz -zo, da un sentimento d’amore, da un dubbio o un rimorso. Capita quindi che, mentre passeggiamo per strada, siamo in macchina o facciamo la spesa, il nostro cuore inizi a battere più velocemente, il respiro si faccia corto e veloce, le gambe tremino, tanto da avere la sensazione di svenire. L’istinto ci dice di correre via, ma dove e perché? Nessuna belva feroce ci sta inseguendo.

    Sono predatori interiori quelli che ci assalgono all’improv -viso e proprio perché intangibili, non riusciamo a sbarazzar -cene.

    Allora ci sentiamo in gabbia, senza una via d’uscita. Come psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, molte per-sone si rivolgono a me in seguito a episodi di attacchi di pa-nico, a stati di forte ansia o rabbia, di inquietudine indefnita, quando si sentono in balia di dubbi assillanti o di emozioni troppo intense, quando invidiano agli altri la vita che avreb -bero voluto fare o il coraggio che avrebbero voluto avere. La maggior parte di loro ha già provato a risolvere il proble-ma utilizzando varie strategie, ma i tentativi fatti sono risul-tati effcaci solo a breve termine oppure sono stati del tutto vani.

    In base alla mia esperienza, donne e uomini sono ugualmente affitti da questo genere di tormenti, ma utilizzano modalità differenti per raccontarsi.

    Noi donne possediamo grandi risorse e un’interiorità ricca di sfumature, una sensibilità peculiare che ci contraddistingue. Eppure può succedere di rimanere incastrate a lungo in situa-zioni che ci impediscono di vivere una vita piena, luminosa, fruttuosa.

    Giudizi, paure, condizionamenti interni, reazioni, ci tengono in ostaggio, non riusciamo a procedere verso ciò che davvero desideriamo.

    Ci immergiamo nelle acque stagnanti del timore di non ri -uscire, di non piacere, di rimanere da sole, di essere tradite, nella convinzione che in noi ci sia qualcosa che non va o che sia troppo tardi per ricominciare.

    Insistiamo a svolgere attività che detestiamo, scegliamo part-ner che ci danneggiano, ci maceriamo in sogni irrealizzati, siamo in guerra col mondo.

    Vorremmo tanto avere il controllo della nostra esistenza e in-vece sentiamo di perderlo.

    Uno dei metodi migliori per intraprendere un percorso di con-sapevolezza e di cambiamento è senza dubbio la psicoterapia. Attraverso questo strumento cerco di aiutare le persone a esplorare la loro storia, a entrare in contatto con sentimenti negati o repressi, a individuare gli schemi di pensiero e di comportamento, ad acquisire nuove abilità, affnché le vec -chie abitudini non prendano più il sopravvento. Ho visto mol-te persone trasformare meravigliosamente la loro esistenza, imparando a lasciare andare ingranaggi obsoleti che stavano spegnendo la loro vitalità.

    Questo libro, dunque, non vuole in alcun modo sostituirsi a un intervento professionale, ma va considerato una sorta di benevolo stimolo a prendersi cura della parte nascosta, a por-si in ascolto di se stessi.

    In genere, quando qualcuno che ci sta veramente a cuore si trova in diffcoltà, non lo lasciamo neanche parlare, cerchia -mo subito di risolvere il problema, di suggerire la soluzione, perché di fronte alla sofferenza siamo presi da una sorta di smania che si chiama fare. E così ci comportiamo nei nostri confronti, quando siamo noi a stare male.

    Ma prima di ogni altra cosa, sarebbe davvero utile ascoltare con attenzione.

    Ascoltarci con attenzione.

    Proviamo ad essere pazienti, dedichiamoci del tempo. Quanto è importate e benefco darsi spazio e tempo, senza sentirsi costretti a fare nulla, lasciando che la soluzione emer-ga dall’interno!

    Il mio proposito è quello di rivolgere un invito gentile a pren -dere confdenza con la vostra personale gabbia, perché solo conoscendola saprete che da questa è sempre possibile uscire. Servono impegno e costanza, talvolta un supporto qualifca -

    to, ma è possibile ritrovare la serenità e sentirsi soddisfatti, qualunque infanzia abbiate avuto, qualunque sia la vostra età o il momento che state attraversando.

    Per incoraggiarvi a gettare un po’ di luce sulle paure profon -de che vi abitano, tra queste righe ho racchiuso e conden -sato storie, vicende che non appartengono a nessuna donna in particolare, eppure sono patrimonio di tutte, conoscenze che derivano dalla mia professione, lezioni che ho imparato dalle persone che ho avuto la fortuna di incontrare, perle di saggezza che ho raccolto strada facendo, leggendo romanzi, poesie, perdendomi in opere d’arte, ascoltando suoni, ritmi e canzoni, camminando nella natura e in altri modi. L’ho fatto perché credo che la gabbia che ci incastra abbia bisogno di essere osservata da vicino.

    La luce può aiutarci a distinguere ciò che è pericoloso da ciò che non lo è, può aiutarci a non considerare insormontabile ciò che può essere attraversato.

    Spero che quanto troverete scritto nelle prossime pagine sia per voi una specie di leva, una spinta a cercare nuove solu-zioni per affrancarvi da alcune illusioni della mente, soprat-tutto da quelle che tendono a bloccarvi. Uscire dalla gabbia

    e cambiare signifca sostanzialmente darvi la possibilità di soddisfare i vostri bisogni più veri e permettervi di seguire i vostri valori, senza ferire inutilmente gli altri, senza egoismi esasperati.

    Aprire una gabbia, anche se di carta, può risultare molto com-plicato, almeno in un primo momento, ma aprire signifca di -schiudere, rimuovere l’ostacolo per poter fnalmente vedere. Aprirvi a una nuova considerazione di voi stesse, dei vostri stati d’animo e della vita è il cambiamento di cui avete biso -gno per licenziare il pilota automatico che tenta di dirottare la vostra esistenza.

    È comodo, è vero, ma se lo lasciate agire indisturbato vi por-terà dove pare a lui e non dove voi volete andare. È sulla vostra strada, invece, che dovrete incamminarvi una volta uscite dalla gabbia, anche se occorre una buona dose di fducia, di aiuto da parte degli altri,

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