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L’importanza di osare: Cinque principi per realizzare pienamente il proprio potenziale nella vita e nel lavoro
L’importanza di osare: Cinque principi per realizzare pienamente il proprio potenziale nella vita e nel lavoro
L’importanza di osare: Cinque principi per realizzare pienamente il proprio potenziale nella vita e nel lavoro
E-book280 pagine3 ore

L’importanza di osare: Cinque principi per realizzare pienamente il proprio potenziale nella vita e nel lavoro

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Info su questo ebook

Bestseller nazionale negli Stati Uniti.

Questo libro è una chiamata all’azione per coloro che si propongono di avere una vita straordinaria e di apportare cambiamenti che diano luogo a vere e proprie trasformazioni.

Quando la presidente della National Geographic Society Jean Case ha iniziato a indagare sulle qualità distintive dei grandi changemaker (promotori del cambiamento), ha scoperto cinque caratteristiche sorprendenti che avevano tutti in comune. Non si trattava della ricchezza, di certi privilegi e neppure della genialità. Tutti questi uomini e queste donne eccezionali avevano scelto di piazzare una grande scommessa, correre rischi con audacia, apprendere dai propri fallimenti, spingersi al di là della “bolla” in cui vivevano e lasciare che il senso di urgenza prevalesse sulla paura.

In tutto il corso de L’importanza di osare, Jean illustra in toni vividi questi principi mediante la narrazione di storie – dalle esperienze trasformative che ha vissuto in prima persona alle rivoluzionarie scoperte di Jane Goodall nell’ambito della comprensione e della protezione degli scimpanzé, alla decisione del noto chef José Andrés di dedicarsi al pronto intervento portando la sua cucina nelle zone colpite da devastanti uragani per nutrire gli affamati, agli ambiziosi sforzi compiuti da Bryan Stevenson per porre fine alle detenzioni ingiuste e altro ancora. L’autrice apporta nuovi spunti a storie che potreste pensare di conoscere già — come il percorso seguito da Airbnb per arrivare a trasformare il settore dell’ospitalità partendo da zero, o lo storico moonshot di John F. Kennedy — e condivide perle tratte da promotori del cambiamento di cui non avete mai sentito parlare.

Intrecciando storytelling, consigli pratici e pura ispirazione, L’importanza di osare vi insegnerà come mettere in atto i cinque principi che accomunano le persone e le imprese di successo, in modo che anche voi possiate innescare quei tipi di svolte straordinarie che cambiano il mondo.
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2020
ISBN9788885783553
L’importanza di osare: Cinque principi per realizzare pienamente il proprio potenziale nella vita e nel lavoro

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    L’importanza di osare - Jean Case

    PARTE 1

    PIAZZA UNA GRANDE SCOMMESSA

    Parti dal punto esatto in cui ti trovi

    Sii audace

    Abbatti la barriera dei pregiudizi

    Sbircia dietro agli angoli

    E ora vai, piazza la tua grande scommessa

    1

    PARTI DAL PUNTO ESATTO IN CUI TI TROVI

    Un pomeriggio del 2005 ero seduta nella sala d’attesa della dottoressa Barbara Van Dahlen, amica e counselor di famiglia, una donna dallo spirito gentile e con un’eccellente reputazione. Aveva solleticato la mia curiosità quando l’avevo incontrata pochi giorni prima a un evento e mi aveva chiesto se fossi disponibile a rivederla. Ho un’idea, mi disse e mi piacerebbe molto spiegartela e sentire che cosa ne pensi. Così mi trovavo lì seduta a chiedermi di che cosa volesse parlare.

    Poco dopo la porta si aprì e Barbara mi accolse calorosamente nel suo studio. Esordì dicendo: Ho un problema. Ed è una cosa che stanno riscontrando anche altre persone che fanno il mio lavoro. Settimana dopo settimana riceveva richieste di servizi di counseling da uomini e donne dell’esercito e dalle loro famiglie. Mentre la guerra al terrore infuriava in Afganistan e in Irak, quasi 200.000 persone erano state chiamate a entrare in servizio attivo, in molti casi effettuando più missioni. Barbara mi descrisse la traumatica realtà della vita in quelle zone. I soldati portavano quel trauma a casa con sé: era in corso una crisi sempre più grave legata al disturbo da stress post traumatico. E lo stress associato allo svolgimento di molteplici missioni aveva fatto danni concreti a molte famiglie di militari. Purtroppo, mi spiegò, il Ministero per i veterani di guerra era sopraffatto dalla portata del problema. Non era in grado di far fronte alla domanda di servizi orientati alla salute mentale, ragion per cui troppi soldati e le rispettive famiglie erano lasciati privi delle risorse di cui avrebbero avuto bisogno.

    Barbara mi disse che si era presa carico personalmente di alcune famiglie pro bono, cioè a titolo gratuito, e aveva convinto altri colleghi a fare la stessa cosa. Offrire una sola ora di terapia gratis alla settimana non avrebbe creato problemi a nessun professionista, e la maggior parte dei medici con cui aveva parlato si era detta contenta di fare la sua piccola parte per aiutare le persone impegnate in prima linea.

    Ecco la mia idea, dunque disse Barbara. Voglio creare un network nazionale di medici e altri prestatori di assistenza disposti a cedere un’ora alla settimana. Se riusciamo a convincere un numero sufficiente di persone a prendersi questo impegno, potremo contribuire a colmare le lacune sul fronte dei servizi orientati alla salute mentale per le famiglie di militari.

    Rimasi seduta per un po’ a cercare di cogliere la portata della sua proposta, dopodiché la coprii di domande su come pensasse di costruire quella rete nazionale, di quale tipo di supporto avrebbe avuto bisogno e quale tempistica le sembrasse fattibile. Alla fine le posi la domanda più difficile: perché lei, una professionista che lavorava da sola e non aveva alcuna esperienza nello sviluppo di un’organizzazione, pensava di potercela fare?

    Perché il bisogno è urgente, le famiglie stanno soffrendo e l’idea di apportare una soluzione mi appassiona, rispose senza esitare.

    La grande scommessa di Barbara era che sarebbe riuscita a creare una rete di medici e prestatori di assistenza — nonché leader militari, politici e del settore privato — sufficientemente ampia da poter essere d’aiuto, e che quel semplice slogan, Give an Hour (Regala un’ora), avrebbe fatto presa su persone che volevano fare la differenza ma avevano poco tempo a disposizione. La sua visione mi convinse, e quando uscii dal suo ufficio la prospettiva di aiutarla mentre sviluppava la sua idea mi entusiasmava. L’organizzazione Give an Hour nacque poco tempo dopo.

    Negli anni trascorsi dal giorno di quell’incontro nell’ufficio di Barbara, migliaia di professionisti di tutto il Paese hanno risposto al suo appello. La sua rete di fornitori di assistenza, tutti dotati di regolare licenza, ha donato quasi 250.000 ore, pari a quasi 25 milioni di dollari di servizi di counseling — il tutto a titolo gratuito. Nel 2012 la rivista Time ha inserito Barbara nell’elenco delle 100 persone più influenti del mondo e la sua organizzazione ha ricevuto un rating a quattro stelle, il più elevato, da parte di Charity Navigator (l’associazione più grande degli Stati Uniti fra quelle che effettuano valutazioni di organizzazioni umanitarie) perché supera gli standard di settore.

    E Barbara non si è limitata a questo. È diventata una leader stimata nell’ambito della salute mentale, coordinando iniziative volte a ridurre lo stigma associato ai disturbi di questo tipo e coinvolgendo personaggi di alto profilo del mondo dell’intrattenimento perché contribuiscano a diffondere il suo messaggio e ad ampliare ulteriormente il movimento. Un documentario sul suo lavoro è stato trasmesso dal network PBS alla fine del 2017.

    La storia di Barbara testimonia in modo realmente degno di nota quello che un individuo può fare per cambiare il mondo. Senza alcuna esperienza nello sviluppo di un’organizzazione, senza un team di persone che la supportassero e senza i fondi e i contatti di cui sapeva di aver bisogno, ha piazzato una grande scommessa e l’ha portata avanti un passo alla volta. Partendo dal punto esatto in cui si trovava — quello di una counselor che offriva un’ora del suo tempo alla settimana — ha mostrato agli altri che potevano fare la stessa cosa. Ha chiesto solo un minimo impegno, e la risposta entusiastica che ha ricevuto è stata una conferma della validità del suo

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