I lati oscuri della mente: Viaggio nel mondo sommerso degli istinti
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Anteprima del libro
I lati oscuri della mente - Cecilia Smeraldi
Una preziosa oscurità
And if I show you my dark side
Will you still hold me tonight?
Pink Floyd, The final cut
Premessa breve e inevitabile
Mentre scrivevo questo libro, l’entusiasmo e lo slancio iniziali sono stati ben presto attenuati dalle difficoltà incontrate. Nonostante la chiarezza della traccia iniziale che avevo stabilito, rimaneva l’impressione di trovarsi di fronte alla costruzione di un muro; ogni mattoncino che decidevo di aggiungere, ne rendeva necessari altri cento per spiegare in modo sufficientemente chiaro e completo ciò che avevo in testa.
Per fortuna un giorno, forse sfiancata dall’opprimente caldo estivo e dalle critiche perplesse degli amici a cui sottoponevo il work in progress, mi sono detta: «Ok, fermati. Immagina di essere di fronte ai pazienti. Smettila di circondarti di infinite teorie e scrivi come se parlassi con loro». Sorprendentemente, pensieri e parole hanno iniziato a fluire più liberamente.
Questo libro del resto è dedicato anche e soprattutto a loro, ai miei pazienti, passati e presenti. Nomi, volti e storie che non scorderò mai; persone che mi hanno insegnato tutto ciò che so, attendendo con pazienza che lo imparassi e che lo impari ancora, giorno dopo giorno.
C’è una frase che ripeto spesso nel mio lavoro clinico, probabilmente l’ho detta a ognuno di loro e qualcuno, stufo di sentirla, mi previene ormai con un sorriso ironico: «Pensieri ed emozioni non sono mai sbagliati in sé». In pratica, la scoperta dell’acqua calda, un concetto apparentemente banale e scontato. Eppure, quando pensieri ed emozioni disturbanti ci toccano in prima persona, riuscire a riconoscerli, accettarli e comunicarli è tutt’altro che semplice e scontato. Non è facile, perché spesso nella nostra vita abbiamo dovuto imparare a reprimere certi stati mentali o abbiamo trovato una modalità espressiva che, a lungo andare, diventa controproducente per noi e per chi ci circonda.
Ciò che rende problematica un’emozione e la mette in condizione di causare sofferenza, infatti, è spesso il tentativo di negarla o la tendenza ad agire senza affrontarla, per tentare di scappare da noi stessi. Questo vale per tutti gli stati mentali; anche i pensieri possono entrare e uscire dalla nostra mente in modo involontario, tanto da poter sembrare talvolta incongrui rispetto ad altri più abituali o accettabili. Non possiamo far altro che imparare a riconoscerli, provare a comprenderli se ne abbiamo voglia e infine farli scivolare via.
Quando non riusciamo in questo processo, i pensieri e le emozioni smettono di essere preziosi alleati nella vita di tutti i giorni, per trasformarsi nelle sbarre di una prigione sempre più stretta, in una nube oppressiva, spessa e minacciosa che avvolgendo parti di noi nell’oscurità finisce per influenzare la visione di noi stessi e degli altri e per alterare il modo in cui leggiamo le situazioni. In breve, per distorcere la vita stessa.
Tale distorsione può riguardare non solo i nostri personali stati mentali, ma anche la lettura di quelli altrui, bloccando una capacità fondamentale per una serena regolazione del sé e per lo sviluppo di una relazionalità sana e appagante. Potremmo chiederci quando e come si impari tutto ciò, quanto e come sia possibile rimediare ad eventuali carenze, quali siano le conseguenze di queste mancanze. Certo questo è un tema vasto, se non infinito e non è certo mia intenzione né facoltà trattarlo interamente. In questo libro le domande superano le risposte, però qualche ipotesi, che sicuramente differisce per ognuno di noi, è possibile farla, per avvicinarci al lato oscuro con attenzione, ma senza paura.
Prima di intraprendere questo viaggio nell’oscurità è meglio assicurarsi di avere qualche bussola che permetta di orientarsi.
Gli elementi della teoria analitica, quella di Jung in particolare, costituiscono il fil rouge che corre tra i vari argomenti, ma sicuramente sono stati poco più che accennati; innanzitutto, perché non mi reputo in grado di trattarli criticamente e inoltre perché, in questo caso, sono usati per una riflessione più generale sulla nostra personale oscurità. Ho dovuto necessariamente fare riferimento a due testi specialistici (Manuale Diagnostico Psicodinamico, seconda versione, abbreviato in PDM-2, e Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali, abbreviato in DSM-5) per descrivere nel modo più semplice e completo possibile i quadri clinici affrontati. I nostri compagni di viaggio sono autori, letterari ma non solo, di epoche, Paesi e culture differenti; gli artisti, infatti, spesso prima e meglio della psicologia, si sono confrontati con il lato oscuro, descrivendolo e talvolta comprendendolo con sensibilità e chiarezza, spesso superiori a quelle dei clinici. Alcune opere (letterarie e non) sono più note di altre e sono state ampiamente usate anche in differenti elaborati sulla clinica, ma ho sempre cercato di rileggerle con uno sguardo nuovo, più aperto rispetto ai pensieri e alle emozioni che evocavano in me, prima ancora che in altre persone. L’arte, infatti, in qualunque sua forma, è sempre amica e maestra, che ci sostiene nello scrutare le infinite luci e ombre di cui siamo fatti; un’amica che ci tiene per mano e ci guida nel cogliere e nel comprendere gli elementi più preziosi e profondi di noi.
Coraggio guardiamo
Il concetto di oscurità rimanda contemporaneamente agli abissi degli oceani e alla volta celeste; un buio freddo e lontano che possiamo scrutare avvolti da un fascino misterioso, ma senza particolare timore. Anche durante un’immersione o un viaggio spaziale, infatti, il buio è esterno rispetto alla persona che lo scruta e cerca di comprenderlo meglio.
L’oscurità sembra spesso favorire i pensieri, la capacità di distogliere lo sguardo dal mondo esterno per rivolgerlo alla propria interiorità; il canto notturno del pastore leopardiano, a ben vedere, è una riflessione su se stessi e sul mondo, favorita dalla notte di luna. Talvolta, tuttavia, manca la volontà, o la forza, di sostenere tale vista. Se, infatti, possiamo ammirare distaccati il buio intorno a noi, possiamo adottare la stessa disposizione d’animo verso pensieri, emozioni e volontà che nascono e crescono nella mente umana? Possiamo davvero accettare tutti gli impulsi interni a noi? Possiamo tollerare e spiegare agiti altrui apparentemente incomprensibili? È possibile credere alla natura tendenzialmente buona dell’uomo?
Queste domande non sono certo innovative; riecheggiano da secoli nella mente dell’uomo, pervadendo arte e filosofia di ogni tempo e luogo. Solo grazie alla scoperta dell’inconscio e alla nascita della psicologia, tuttavia, assistiamo a un tentativo sistematico di trovare delle risposte.
Sigmund Freud non ha certo bisogno di presentazioni; nel fervore positivista della sua epoca, in cui ci si rivolgeva fiduciosi alla scienza, certi di trovarvi ogni risposta, affrontò il buio più profondo, quello del nostro inconscio. Non solo, quindi, siamo avvolti da una natura misteriosa, non solo le domande sul mondo intorno a noi si moltiplicano a