Il Giubileo: Rinnovamento e riconciliazione
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Anteprima del libro
Il Giubileo - Montini Paolo VI
Paolo VI
IL GIUBILEO Rinnovamento e riconciliazione
Prima edizione: 2015
Ristampa: 2016
La collana è peer reviewed
Copyright © 2015 by Edizioni Studium - Roma
Per i testi pontifici
Copyright © by Libreria Editrice Vaticana
Versione cartacea: ISBN 978-88-382-4380-6
Versione digitale: ISBN 978-88-382-4444-5
www.edizionistudium.it
ISBN: 978-88-382-4444 -5
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Table of contents
Introduzione
I. IL PRIMO ANNUNZIO: GRANDE OCCASIONE DI RICONCILIAZIONE E DI RINNOVAMENTO
II. MOMENTO PRIVILEGIATO PER MISURARE LA NOSTRA ADESIONE A CRISTO
III. VERO E FALSO CONCETTO DEL RINNOVAMENTO RELIGIOSO
IV. SIAMO PROSSIMI A UN CHIARO MOMENTO DEL NOSTRO REALISMO RELIGIOSO
V. RICOMPORRE L’UNITÀ SPIRITUALE E REALE
VI. IL DOVERE CRISTIANO DI PROMUOVERE LA RICONCILIAZIONE
VII. ANNO SANTO: RINNOVAMENTO DELLA COSCIENZA PERSONALE
VIII. ANNO SANTO: VERIFICA DELLA VALIDITÀ DEL NOSTRO PENSIERO RELIGIOSO
IX. LA PROFESSIONE CRISTIANA CON LA COMPLETA TESTIMONIANZA DI VITA
X. L’UMILTÀ: ESIGENZA COSTITUZIONALE PER UN VERO CRISTIANO
XI. IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA NEL DISEGNO DELLA SALVEZZA
XII. LA PENITENZA: PUNTO OBBLIGATO NELLO SVOLGIMENTO DELLA NOSTRA SALVEZZA
XIII. PROMUOVERE LA RICONCILIAZIONE NELLA CHIESA E NELLA FAMIGLIA UMANA
XIV. LA RICONCILIAZIONE
XV. LA CROCE E LA GIOIA
XVI. DISCORSO AL SACRO COLLEGIO DEI CARDINALI
XVII. NUOVO PROGRAMMA DI VITA
XVIII. TESTIMONI DELL’ESISTENZA DI DIO
XIX. IL PRECETTO DELLA CARITÀ VERSO IL PROSSIMO
XX. ANNO SANTO: ATTO DI FEDE E DI SPERANZA
SOLENNE RITO DI CHIUSURA DELL’ANNO SANTO
Paolo VI
IL GIUBILEO
Rinnovamento e riconciliazione
A cura di Giacomo Canobbio
EDIZIONI STUDIUM - ROMA
Introduzione
Papa Francesco che in più circostanze ha mostrato di sentirsi discepolo
di Paolo VI ha disposto, fuori dalla scansione venticinquennale divenuta prassi negli ultimi tempi, la celebrazione di un anno giubilare sotto il segno della misericordia. Il pensiero non può non andare alla decisione di Paolo VI che dopo attenta riflessione aveva deciso di proporre alle Chiese locali la preparazione a un Anno Santo che si sarebbe celebrato nel 1975, a venticinque anni dal precedente, ma soprattutto a dieci anni dalla conclusione del concilio Vaticano II. La circostanza appariva opportuna per ravvivare la memoria del Concilio nel mezzo delle turbolenze che la recezione dello stesso aveva provocato. Un primo cenno alla possibile indizione dell’Anno Santo si trova nel discorso rivolto alla giunta capitolina il 15 gennaio 1973 in occasione degli auguri per il nuovo anno. Il cenno aveva il tono di una provocazione: le autorità comunali di Roma avrebbero dovuto prepararsi all'ipotetico Giubileo «cercando in primo luogo di far progredire la soluzione della questione bruciante dei baraccati
, e in secondo luogo di eliminare se non la triste realtà, l’ostensione almeno e la provocazione del mal costume»[1]. L’annuncio venne dato durante l’udienza generale del 9 maggio 1973[2].
Continuità tra Concilio e Anno Santo
L’annuncio provocò una grande eco, come lo stesso Papa osserverà durante l’udienza della settimana successiva[3]. L’eco non era però solo positiva: si riscontrò entusiasmo da una parte, critiche dall’altra. Tra queste va ricordata quella che vedeva nella ripresa di una pratica medievale la conferma di una svolta conservatrice
di Paolo VI[4]. Il Papa nel dare l’annuncio mostrava di essere consapevole della difficoltà a comprendere il valore di una pratica ecclesiale che risale al 1300 e si preoccupava di dare una risposta alle critiche che sarebbero venute da quanti la ritenevano improponibile dopo la celebrazione del concilio Vaticano II. Con acuta perspicacia sottolineava che l’Anno Santo non sarebbe stato contro
il Concilio, bensì in continuità con esso. Annotava infatti: «Ci siamo domandati se una simile tradizione meriti d’essere mantenuta nel tempo nostro, tanto diverso dai tempi passati, e tanto condizionato, da un lato, dallo stile religioso impresso dal recente Concilio alla vita ecclesiale, e, dall'altro, dal disinteresse pratico di tanta parte del mondo moderno verso espressioni rituali d’altri secoli; e ci siamo subito convinti che la celebrazione dell’Anno Santo, non solo può innestarsi nella coerente linea spirituale del Concilio stesso, alla quale preme a noi di dare fedele svolgimento, ma può benissimo corrispondere e contribuire altresì allo sforzo indefesso e amoroso che la Chiesa rivolge ai bisogni morali della nostra età, all'interpretazione delle sue profonde aspirazioni, ed anche alla onesta condiscendenza verso certe forme delle sue espressioni esteriori preferite»[5]. Più volte nel corso della preparazione e dello svolgimento dell’Anno Santo Paolo VI tornerà a rimarcare la connessione tra Concilio e Anno Giubilare. Qui ci si limita a ricordare alcune ricorrenze. Nel discorso del 10 novembre 1973 rivolto ai partecipanti al Convegno della Conferenza Episcopale Italiana per l’Anno Santo Paolo VI così si esprimeva: «Esso [l’Anno Santo] non solo è in perfetta consonanza col suo [del Concilio] spirito, ma ne è anzi la continuazione e rappresenta una tappa fondamentale nell'applicazione delle sue indicazioni e direttive, sia come impegno di rinnovamento interiore, mediante il costante confronto con le esigenze del messaggio evangelico da approfondire e realizzare nella nostra quotidiana esistenza, sia come apertura alle esigenze del mondo contemporaneo, insoddisfatto del suo stesso benessere e bisognoso di vigoroso rilancio dei valori dello spirito. L’Anno Giubilare sarà così un’occasione per rivivere, meditare e comprendere meglio il programma del Concilio»[6]. Nell'udienza del 30 aprile 1975 giungerà a chiamare il Concilio «l’aratro dell’Anno Santo », quasi a dire che il Giubileo non solo si poneva in continuità con il Concilio, ma ne costituiva lo sviluppo, come dirà nel Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali il 23 giugno 1975: l’Anno Santo è «come la grande dimostrazione della vitalità del Concilio e della sua applicazione a livello di Chiesa universale; abbiamo qui l’indicazione che i suoi insegnamenti non sono caduti nel vuoto, oppure – come qualcuno ha detto – nell'abuso di semplici citazioni, ma sono entrati nella vita quotidiana, sono divenuti sostanza corroborante del pensiero e della vita pratica cristiana, nella ricerca appassionata e sincera della conformità con Cristo Via, Verità e Vita, nel confronto quotidiano e stimolante del suo Evangelo»[7].
La ragione del legame sta nella sintonia dell’obiettivo dei due eventi ecclesiali: il rinnovamento interiore dell’uomo, mediante un processo di autorinascita. E a quanti obiettavano che non era necessario un Anno Santo per il rinnovamento, nell'udienza del 13 giugno 1973 il Papa ricordava che la vita cristiana e più in generale umana conosce alternanze e nel momento attuale segnato dalla secolarizzazione appariva necessario riprendere, a mo’ di esame di coscienza, una verifica sulla condizione dell’uomo contemporaneo e domandarsi se egli «sappia ancora cavare dal suo cuore qualche sincero, sia pure informe, ma vivo e personale, colloquio con Dio»[8]. Paolo VI, che negli anni successivi al Vaticano II si era premurato di tenere vivo l’insegnamento del Concilio riprendendone i temi principali nelle udienze generali, coglieva il rischio che il Concilio fosse ormai ritenuto superato: in una cultura nella quale tutto si consuma in fretta si poteva pensare che il Vaticano II fosse stato un avvenimento da lasciarsi dietro le spalle. In effetti non mancavano alcuni che si proiettavano verso un futuro, peraltro poco definito, come se il passare degli anni richiedesse di considerare obsoleto ciò che solo pochi anni prima era stato celebrato. A Papa Montini, volendo dare continuità alla sua opera di guida nell'attuazione del Concilio, premeva che il processo di rinnovamento da esso iniziato non si interrompesse né per rifiuto dell’evento ecclesiale più importante del secolo XX né per desiderio di novità. Al contrario, l’Anno Santo sarebbe dovuto servire per continuare sulla strada del rinnovamento che il Concilio aveva intrapreso.
Il programma dell’Anno Santo: rinnovamento interiore
Nell'annuncio dell’Anno Giubilare Paolo VI aveva indicato in due termini lo scopo dello stesso: rinnovamento e riconciliazione. Nel corso delle catechesi si premurava di precisare che si trattava anzitutto di rinnovamento interiore. Per questo, osserverà il Papa durante l’udienza del 20 giugno 1973, benché si possa essere contenti del flusso delle persone che convergeranno verso Roma come segno della comunione universale, l’intento dell’Anno Santo non è affatto una manifestazione trionfalistica, bensì «la conversione dei cuori, il rinnovamento interiore degli animi, l’adesione personale delle coscienze. Prima l’uomo singolo e cosciente; poi la folla»; con l’aggiunta: «Vorremmo che questo aspetto personale ed interiore della grande impresa spirituale, ora iniziata, fosse in testa a tutti i programmi. Ognuno di noi deve sentirsi chiamato in causa per elaborare su se stesso, in se stesso, il rinnovamento religioso, psicologico, morale, operativo, al quale l’Anno Santo vuole arrivare»[9]. L’insistenza sul rinnovamento personale suonerà come un refrain in quasi tutte le catechesi, soprattutto del 1973, anno nel quale il tema dominante delle catechesi durante le udienze è appunto l’Anno Santo. Peraltro, ricordava il Papa, il rinnovamento è la caratteristica principale della vita cristiana come descritta nel Nuovo Testamento. Si deve però stare attenti a non confondere rinnovamento con adesione alle mode del momento. Per non cadere in questo rischio è necessario trovare criteri per attuare un autentico rinnovamento. Paolo VI sembra qui temere che il cosiddetto spirito del Concilio
, che aveva guidato alcune letture dei documenti vedendo in essi una rottura con il passato, diventi il criterio di un rinnovamento sradicato dalla tradizione fino