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Meditazione cosmoteandrica: L'esperienza di Raimon Panikkar
Meditazione cosmoteandrica: L'esperienza di Raimon Panikkar
Meditazione cosmoteandrica: L'esperienza di Raimon Panikkar
E-book114 pagine1 ora

Meditazione cosmoteandrica: L'esperienza di Raimon Panikkar

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Info su questo ebook

“Che cosa voglio, quando mi siedo in meditazione prima dell’alba? Perché mi alzo così presto pur essendo andato a letto tardi e non avendo niente di “speciale” di farlo? Io non lo faccio perché voglio qualcosa, né per una maggiore forma di coscienza, né per piacere, né per la pace della mente o qualsiasi altra cosa. Eppure sento l’impulso di farlo”. (Raimon Panikkar)
LinguaItaliano
EditoreSteetlib
Data di uscita27 nov 2023
ISBN9791222480824
Meditazione cosmoteandrica: L'esperienza di Raimon Panikkar

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    Anteprima del libro

    Meditazione cosmoteandrica - Maciej Bielawski

    Sommario

    Introduzione

    La questione meditativa in Panikkar è particolare e per questo degna di attenzione. Lui si è pronunciato su molti temi: dalla mistica alla scienza, dall’ecologia alla cristologia, dal buddhismo all’induismo, dal mito al dialogo interreligioso; ma riguardo alla meditazione è rimasto piuttosto discreto. Non ha insegnato meditazione, non ha fondato un centro per la pratica meditativa e tra i suoi numerosi scritti, brevi e articolati, non ve ne è nessuno esplicitamente dedicato al meditare. Eppure ha vissuto un’epoca in cui ha avuto luogo una vera e propria esplosione del fenomeno meditativo su scala pressoché mondiale. Panikkar doveva esserne consapevole visto il suo essere attento scrutatore e commentatore di fenomeni culturali suoi contemporanei. Sappiamo inoltre che egli stesso meditava, anzi che era un meditativo e orante per eccellenza, e in alcuni periodi della sua vita anche un cultore di yoga, praticante zazen e attento studioso di testi spirituali cristiani, induisti, buddhisti e taoisti. Proprio questa sua discrezione in merito alla meditazione mi ha incuriosito e mi ha indotto allo studio e alla riflessione che presento in questo saggio.

    Esso fa parte di un insieme di indagini sul fenomeno meditativo che conduco da tempo. Si colloca nella serie di pubblicazioni che prendono in considerazione la meditazione vissuta e riflettuta da alcuni uomini come Bede Griffiths, Thomas Merton, George B ă lan, Niceforo il Solitario, Pietro Damasceno, Arsenij Troepol’skij (autore del Pellegrino russo ). Tale approccio richiede uno spazio, seppur breve, di attenzione che mi consenta di svolgere una riflessione in proposito.

    Se volessi sconvolgere il lettore potrei esordire dicendo che la meditazione in quanto tale non esiste, è solo un termine piuttosto astratto. A rigore esiste solo il meditare come azione e processo e concretamente esistono solo persone, uomini e donne, che meditano. La meditazione è un fenomeno umano, perciò per comprenderlo bisognerebbe rivolgersi in prima persona alle donne e agli uomini che meditano e che ne parlano. Certo, esistono testi e trascrizioni di discorsi sulla meditazione, ma sappiamo bene che si può parlare di tutto, anche di cose inesistenti o di ciò di cui non si ha nessuna esperienza o poca conoscenza. Chi può garantire che tali testi non siano una sorta di fiction spirituale? A mio parere, parte delle pubblicazioni in merito scadono nel fantasioso e sono , non solo di pessimo gusto, ma anche fuorvianti, false e pericolose. D’altra parte il meditare come azione e processo per sua natura sfugge alla riflessione e fare della meditazione un sostantivo immobilizza qualcosa che per sua natura è dinamico e vitale, per non parlare dell’esperienza del silenzio vero e proprio, della dimensione apofatica del meditare. Secondo molti il silenzio è un elemento costitutivo dell’esperienza meditativa, per cui parlarne significherebbe tradire l’esperienza stessa. Per questa ragione ho preferito occuparmi di persone concrete, del loro meditare e del loro parlare di meditazione. Saputo di qualcuno che meditava, ho cercato di scoprirne la prassi soffermandomi su quanto sceglieva di dire al riguardo. Forse il mio è un approccio personalistico, concreto, esperienziale o vissuto alla meditazione nel tentativo di riflettere a proposito di qualcosa che per definizione è in-(de-)finito.

    Ad ogni modo, prendendo ora in considerazione il caso Raimon Panikkar mi sorgono spontaneamente queste domande: come ha meditato, che cosa significava per lui meditazione e perché ne ha parlato così poco e solo indirettamente?

    Le persone che hanno conosciuto Panikkar bene, mi hanno detto vagamente che meditava, che faceva silenzio, che periodicamente si ritirava; negli incontri di studio proponeva pure momenti di raccoglimento silenzioso, ma queste persone non sono state in grado di dirmi anche come lo facesse, ossia che cosa faceva mentre meditava. Abbiamo anche fotografie del filosofo di Tavertet che siede in posizione di loto, raccolto in meditazione ma, conoscendo il personaggio, ci si potrebbe domandare se siano scatti rubati alla sua pratica meditativa o se ben preparati da una messa in posa prestabilita. Nei suoi scritti, qui e là, si trovano alcuni frammenti in materia di meditazione, ma di solito sono solo cenni occasionali, cioè incisi o divagazioni in cui il filosofo parla dell’argomento ma principalmente in funzione di un altro argomento, più importante, tema in quel momento della sua riflessione. Ho raccolto un certo numero di frammenti di questo tipo e li ho commentati, sfruttando l’occasione per dialogare con Panikkar e per cogliere qualcosa sulla meditazione dal suo punto di vista. Certo, non si può escludere, nel caso di questo pensatore, che lo scrivere fosse in realtà il suo principale processo o metodo meditativo, vista l’importanza che riconosceva a tale attività. Confesso che non di rado, leggendo alcune sue pagine, ho avuto l’esperienza di essere indotto, proprio attraverso la lettura, al processo meditativo per poi accorgermi che proprio mentre leggevo stavo meditando, forse proprio perché anche Panikkar scrittore mentre scriveva meditava. Ma tale spiegazione è troppo soggettiva e poi è valida solo per certe pagine particolarmente ispirate di Panikkar. Altre volte, lui stesso scrivendo, a mio parere, perdeva l’afflato meditativo scivolando in speculazioni intellettuali per le quali la sua mente era particolarmente dotata.

    Come materiali concreti su cui lavorare abbiamo a disposizione i frammenti del diario che Panikkar ha tenuto quasi per tutta la sua vita ed oggi pubblicati col titolo L’acqua della goccia (Jaca Book, 2018). Si tratta purtroppo di un’antologia, realizzata da Milena Carrara Pavan, e non di un testo integrale, perciò lo studio condotto, per quanto attento, è per sua natura soltanto parziale. In altre parole, non si può escludere, che in futuro appariranno testi di Panikkar più espliciti sul tema ma che al momento non sono stati inclusi nella così detta sua opera omnia, che, per quanto meritevole, rimane pur sempre un’antologia divulgativa dei testi più significativi di Panikkar senza quindi contenerli tutti.

    Sappiamo, ad esempio, che nel 1996 Panikkar ha condotto un seminario sulla meditazione presso la Comunità mondiale della meditazione cristiana fondata da John Main e poi guidata da Lawrance Freeman. Il suo corso, intitolato Il silenzio della vita, per quanto di mia conoscenza, non è stato registrato e non sono in grado di dire se ne esiste una versione scritta. Suppongo che nei diari inediti si possano trovare altri cenni sulla meditazione ma per il momento l’originale di quest’opera non è accessibile. Lo stesso si può dire delle lettere di Panikkar di cui si conosce l’esistenza ma che finora non sono state né raccolte né pubblicate. Non si può escludere che nel suo epistolario si potranno trovare alcuni frammenti espliciti sulla meditazione e sul meditare. Insomma, non ci resta che partire dai documenti a disposizione. Lo facciamo sapendo che il materiale su cui ci basiamo è parziale, perciò anche la nostra riflessione non può essere esauriente, soddisfacente e completa, ma meglio poco che nulla.

    Per cominciare mi rifaccio al suo famoso detto "Sono partito cristiano, mi sono scoperto indù, sono

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