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Memorie di una Viaggiatrice dello Spirito: Sulla via dello yoga, tra i sentieri dell’ermetismo, dell’alchimia e dello sciamanesimo.
Memorie di una Viaggiatrice dello Spirito: Sulla via dello yoga, tra i sentieri dell’ermetismo, dell’alchimia e dello sciamanesimo.
Memorie di una Viaggiatrice dello Spirito: Sulla via dello yoga, tra i sentieri dell’ermetismo, dell’alchimia e dello sciamanesimo.
E-book1.160 pagine12 ore

Memorie di una Viaggiatrice dello Spirito: Sulla via dello yoga, tra i sentieri dell’ermetismo, dell’alchimia e dello sciamanesimo.

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Info su questo ebook

Il libro è un’autobiografia nella quale l’autrice ripercorre tutti i momenti fondamentali del suo cammino spirituale: gli incontri con diversi maestri e con gruppi di diverse scuole esoteriche, le prove iniziatiche, i viaggi esteriori ed interiori, le piccole e grandi realizzazioni spirituali. L’autrice racconta come il cammino spirituale abbia cambiato completamente la sua vita sin da quando, appena adolescente, si è trovata a vivere parallelamente alla crescita reale la sua crescita spirituale.
Vengono riportati integralmente gli insegnamenti orali ricevuti, che le hanno tracciato una mappa di quel cammino che l’ha condotta ad esplorare l’Ignoto. L’antroposofia, il Raja-Kriya yoga, l’ermetismo e l’alchimia, in una pratica assidua e costante, le hanno rivelato profonde analogie con lo sciamanesimo di Castaneda e la Quarta Via di Gurdjieff: percorsi che, pur apparentemente diversi, sono confluiti coerentemente in un cammino unico e personale, lungo il quale ogni incontro, ogni libro e ogni insegnamento hanno avuto importanza. Gli insegnamenti dei vari maestri si sono via via riuniti come ad essere frammenti destinati a formare un quadro completo e ricco di significati. E l’Ignoto, sempre imprevedibile e sorprendente, ha condotto l’autrice lungo sentieri prima inimmaginabili. Se diventa pratica costante, vissuta in ogni attimo dell’esistenza, la spiritualità si intreccia profondamente con la vita, dando origine a misteriose coincidenze e incredibili esperienze, delle quali viene data ampia testimonianza in questo libro.
LinguaItaliano
Data di uscita26 lug 2016
ISBN9788898301645
Memorie di una Viaggiatrice dello Spirito: Sulla via dello yoga, tra i sentieri dell’ermetismo, dell’alchimia e dello sciamanesimo.

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    Sincero, profondo e decisamente illuminante. Grazie infinite per le Memorie

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Memorie di una Viaggiatrice dello Spirito - Hermelinda

Hermelinda

Memorie

di una

Viaggiatrice

dello

Spirito

Sulla via dello yoga, tra i sentieri dell’ermetismo,

dell’alchimia e dello sciamanesimo.

© Tutti i diritti riservati alla Harmakis Edizioni

Divisione S.E.A. Servizi Editoriali Avanzati,

Sede Legale in Via Del Mocarini, 11 - 52025 Montevarchi (AR)

Sede Operativa, la medesima sopra citata.

www.harmakisedizioni.org - info@harmakisedizioni.org

Direttore Editoriale Paola Agnolucci

I fatti, le opinioni e le immagini riportate in questo libro impegnano esclusivamente l’Autore,

Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio,

salvo dove diversamente specificato.

ISBN: 978-88-98301-64-5

© Impaginazione ed elaborazione grafica: Sara Barbagli

A tutti i sinceri ricercatori

Non già nel seguire il sentiero battuto ma nel trovare a tentoni la propria strada e seguirla coraggiosamente, consiste la vera libertà.

Gandhi

Qualcuno chiese ad Anandamayi Ma:

È difficile sapere quale è il vero sentiero da seguire?

Lei rispose:

"Se ti siedi con tutte le porte e le finestre chiuse, come puoi vedere la strada?

Apri la porta ed esci e il sentiero diventerà visibile.

Una volta sulla strada, potrai incontrare altri viandanti che ti informeranno e guideranno.

Il tuo compito è quello di raccogliere tutta la forza che hai e prendere il via,

da lì l’aiuto è assicurato"

INTRODUZIONE

Tutti gli esseri umani avrebbero una naturale predisposizione per lo spirito. Molte persone hanno il desiderio indefinito di essere diversi, la sensazione che ci sia qualcosa di più oltre a ciò che conoscono, ma poi traducono e interpretano quell’intuizione come il desiderio di qualcosa di avere o fare qualcosa di diverso nel mondo materiale: un lavoro diverso, un nuovo partner, una nuova casa, una nuova città, nuove amicizie, nuove situazioni.

È inevitabile che l’uomo, ad un certo punto della sua esistenza, cominci ad interrogarsi incessantemente riguardo al mistero della vita e della morte. Egli è troppo spesso portato a chiedersi il significato di avvenimenti che sembrano accadere casualmente. Di fronte ad eventi apparentemente inspiegabili, di fronte a numerose esperienze esistenziali, dinanzi al continuo alternarsi di gioie e di dolori, presto o tardi arriva il momento in cui l’uomo si pone la terribile domanda: «Chi sono?»; una domanda che in sé è sintomo della seria presa di coscienza di essere. È proprio a questo punto che egli ha l’occasione di scoprire che c’è un modo per trovare risposta ai suoi incessanti interrogativi. Esiste, infatti, un sentiero che è tale da ricondurre l’uomo alla sua origine; un sentiero attraverso il quale egli può scoprire che in se stesso esiste una parte divina, che in sé è nascosta un’autentica nobiltà e che egli sarebbe in grado di compiere opere che sembrerebbero miracoli, ma che invece sono espressione delle sue immense ed insospettate potenzialità. La possibilità dell’autentica liberazione dell’uomo risiede nella Conoscenza, che non corrisponde a quella ordinaria, prodotto dell’intelletto, ma si riferisce ad un altro genere di approccio: una conoscenza reale, che prende mosse dall’intuito per superare, attraverso la diretta sperimentazione ed esperienza, ogni apparenza ed illusione; una conoscenza che è, allo stesso tempo, conoscere ed essere. È un cammino che viene intrapreso quando si comincia ad avere il vago e sottile presentimento che, oltre le apparenze del mondo materiale, ci sia ben altro.

Non si sa cosa sia un sentiero spirituale finché non lo si incontra. Nel mondo ordinario un bambino cresce con l’idea di ciò che farà da grande, e dedicherà gran parte delle sue energie giovanili a tale obiettivo, avendo tutto sommato una vita normale, affetti, amicizie ed interessi eterogenei. Diversa è, invece, l’esistenza di un individuo che ha consacrato la propria vita al cammino spirituale. Non esiste un percorso accademico che conduca ad acquisire le nozioni e le competenze per svolgere il lavoro del ricercatore spirituale. Si tratta di un lavoro che andrà compiuto in ogni secondo della propria vita e non avrà nessuna retribuzione se non in termini di consapevolezza.

È relativamente facile scrivere un libro, basta conoscere l’argomento di cui si tratta, averne una minima competenza nel linguaggio e nei concetti e avere a disposizione un’esaustiva bibliografia. Ma diverso è scrivere un libro che tocchi il cuore del lettore, quella parte profonda della sua anima. Le esperienze vissute e poi raccontate con sincerità sono destinate a risuonare nelle profondità dell’anima di chi le legge. Un testo scritto può tradursi in un’esperienza spirituale qualora riesca a cambiare lo stato di coscienza del lettore.

La struttura narrativa è una costruzione di significati. La narrazione permette, attraverso il mezzo del linguaggio, l’esperienza di sensazioni ed emozioni ma, più in particolare, di senso e significato. Ecco perché spesso un libro potrebbe modificare il significato dell’esistenza del lettore.

I libri sono stati alquanto importanti nella mia vita: mi sono sempre arrivati nel momento più adatto, ossia quando proprio avrei avuto necessità di leggerli. In determinati momenti della mia esistenza, alcuni libri mi hanno proprio rivolto un richiamo e la mia intuizione profonda ha risposto, attirandomi a loro in misteriose maniere. Certi libri mi sono capitati nel momento in cui dovevo ascoltare un determinato bisogno della mia anima. La propria voce interiore utilizza, infatti, qualunque situazione, persona, oggetto od evento per esprimersi: è l’universo che parla attraverso l’individuo, spesso nel contesto di misteriose circostanze di vita.

Nella mia personale esperienza ho incontrato libri che, con fiumi e fiumi di parole mi trasmettevano importanti concetti, eppure non riuscivano a fornirmi quel misterioso nutrimento che solo la pratica e l’esperienza personale può dare; al contrario, invece, ci sono stati libri il cui messaggio mi è giunto dritto al cuore e allo spirito, trasmettendomi, oltre che a concetti e metodi, una vera e propria forza che sembrava deporre invisibili semi nella mia interiorità più profonda.

Alcuni libri esoterici, infatti, sono capaci di cambiare l’esistenza dei lettori, perché sono portatori di un misterioso potere trasformativo.

Questa non è un’autobiografia nel senso ordinario del termine. Non è rilevante che io scriva degli avvenimenti della mia vita, ma vorrei solo lasciare la testimonianza di un percorso. Citerò solo quelle vicende esistenziali che sono state influenzate dal mio percorso spirituale e che hanno prodotto determinate realizzazioni: studi, pratiche, incontri, dialoghi, viaggi esteriori ed interiori. Non è quindi la classica autobiografia dove gli avvenimenti si succedono in forma rigorosamente cronologica e legata a presupposti spazio-temporali; questo è il racconto di un cammino nel quale le vicende, i luoghi e le persone sono stati specchi di un vero e proprio viaggio nei meandri della mia coscienza. Mi era stato detto, infatti, che nella mia coscienza era contenuto l’intero universo, ma ancora non potevo realizzare quella verità. Quel concetto era una realtà che solo con l’esperienza personale avrei potuto conoscere. Gli eventi esteriori hanno lasciato spesso il posto ad importanti e determinanti eventi interiori, tutte tappe di un percorso dove molto spesso i confini tra esterno e interno sono apparsi molto sfumati.

Il tempo della narrazione è il tempo interiore, il tempo dello spirito, nel quale un giorno potrebbe sembrare essere durato anni, o magari un anno potrebbe sembrare essere durato pochi giorni.

L’esigenza di fornire una testimonianza del mio percorso è frutto di una sottile inquietudine che mi ha spinto, ad un determinato punto della mia esistenza, a voler dare forma alle sottili intuizioni di conoscenza spirituale traducendole in concetti. E, soprattutto, ho sentito l’impulso di trascrivere con la massima sincerità e spontaneità gli insegnamenti ricevuti e le esperienze spirituali, in modo da lasciare una testimonianza che potrebbe essere utile a tutti coloro che cercano quel qualcosa che viene chiamato Spirito.

Secondo Carlos Castaneda, ad un determinato punto del suo percorso, il guerriero dovrebbe scrivere un libro di memorie, un album del guerriero, che contenga una mappa delle occasioni in cui lo Spirito è intervenuto nella propria vita, obbligandolo a prendere particolari decisioni e direzioni. Si tratta di tutti quei momenti nei quali una forza misteriosa si manifesta sotto forma di collegamenti e magiche intersezioni che producono cambiamenti e pongono il soggetto di fronte al senso della sua esistenza. Incontrare un maestro, o almeno una persona molto più avanti che può indicare la via o una possibile via da intraprendere è senza dubbio il momento più memorabile di tutti. In questo lavoro di compilazione e ricapitolazione gli eventi vanno selezionati e poi privati di tutto il contorno personale, in modo da lasciarne solo l’essenza magica.

Come è fallace la memoria! Me ne accorgo proprio quando provo a rileggere le memorie scritte nei miei primi libri autobiografici e in tutti i miei diari spirituali compilati nel tempo. Ci sono alcuni eventi che avevo proprio dimenticato, quasi come se non fossero stati direttamente vissuti da me. Spesso i ricordi vengono alterati alla luce della consapevolezza attuale, come se si potesse dare alle proprie memorie una nuova interpretazione, più coerente con l’immagine del presente. Forse la storia non consiste in ciò che è realmente accaduto, bensì nel modo in cui si sceglie di ricordarla e di interpretarla? Sono misteriose e affascinanti le maniere in cui il ricordo si tramanda all’interno di se stessi. Quando si osserva il passato alla luce della consapevolezza del presente, esso può essere completamente reinterpretato.

Sono passati più di vent’anni da quando ho cominciato il mio cammino interiore. Come era diverso l’esoterismo a quei tempi! Era in un piccolo reparto nascosto in un punto remoto di una libreria. Era proprio occulto. Ciò che è diventato l’esoterismo oggi nell’era di internet e dei social networks è qualcosa che, fino solo a pochi decenni fa, sarebbe stata inconcepibile: le informazioni circolano con una rapidità vertiginosa, diventando accessibili a chiunque; proprio ciò che, in tempi non molto lontani, era segreto e riservato ad una ristretta cerchia di adepti, ora parrebbe essersi esteso in una divulgazione di massa senza confini. È urgente, quindi, che vengano forniti strumenti per decodificare le informazioni ricevute e per orientarsi in un panorama spirituale contemporaneo sempre più intricato. È assolutamente necessario trovare il prezioso antidoto contro la confusione e la dispersione.

Tutti i campi del sapere, dall’arte alla letteratura, dalla filosofia alla scienza, si evolvono con il trascorrere delle epoche e, pur essendo conservati i presupposti che sono alla base di ciascuna disciplina, modificano le loro forme in maniera peculiare per il nuovo tempo. Ciò va di pari passo con quello che si può definire cambiamento di coscienza collettiva. L’esoterismo non sfugge a questa regola e perciò, pur tramandando una tradizione perenne, unica e immutabile, nondimeno ha assunto svariate e distinte forme nello spazio e nel tempo.

Forse la spiritualità contemporanea è diventata una moda? Dovunque mi volto vedo seminari, workshops sulla ricerca del benessere e della felicità, su come ritrovare se stessi tramite innumerevoli forme, scuole e metodi. Non si tratta più semplicemente di new-age, ormai ampiamente superata, ma di un calderone in cui è stato messo di tutto, con risvolti sicuramente imprevedibili. Mi viene spontaneo chiedermi: se mi fossi avvicinata all’esoterismo in questi anni, non mi sarei sentita confusa e disorientata dalla molteplicità di proposte? Tuttavia, a differenza di molti integralisti che ho avuto modo di incontrare lungo il mio cammino, non ho mai trascurato o sottovalutato le proposte della spiritualità contemporanea, perché sono sempre stata dell’avviso che anche la Tradizione spirituale, come gli altri campi del sapere, deve evolversi, pur mantenendo intatta la sua sostanza oltre lo spazio e tempo. Eppure, nel contempo, c’è ancora bisogno di radicarsi a basi tradizionali, ad un sistema che sia stato testato nel corso dei secoli e che consenta di raggiungere determinati risultati. Ho visto tanti ricercatori spirituali passare da un cammino all’altro, sempre insoddisfatti, forse alla ricerca di effetti speciali, o forse del guru di turno, mentre fuggivano costantemente dalla loro unica vera realtà, ossia il centro più intimo e profondo del loro essere. Nel mio caso, il mio peregrinare è stato instancabile, anche io ho cercato e trovato maestri, finché in qualche misteriosa maniera, ad un certo punto, è accaduto che il cerchio si è chiuso.

Credo che possa essere assai interessante per il lettore un resoconto sincero di ciò che un autore di un libro ha sperimentato direttamente. Ed è ciò che intendo fare in questa piccola autobiografia spirituale.

Questo libro è, in un certo senso, un tributo di riconoscenza a tutti quei maestri che hanno cambiato la mia esistenza attraverso la trasmissione degli insegnamenti esoterici e delle loro esperienze spirituali. Ho la speranza che esso possa sortire un medesimo effetto in chi lo leggerà.

Nella mia precedente opera, "Le mappe dello spirito, avevo tracciato le tappe del mio cammino, però in maniera impersonale. In questa sede, invece, spiegherò in maniera esplicita quale sia stata la mia mappa" personale. Avrò quindi l’occasione di chiarire tutto ciò che nella precedente opera era rimasto implicito, attraverso l’esempio vero e concreto della mia personale esperienza.

Ogni cammino spirituale è unico e irripetibile, così come la persona che lo intraprende. In un certo senso, ognuno ha un proprio personale puzzle da ricostruire, pezzo a pezzo, per ricomporre quel meraviglioso quadro originario che rappresenta la propria unicità, il proprio essere più autentico, quella misteriosa divinità interiore che è specchio dell’Assoluto.

1 - LE PRIME LUCI DELL’ALBA

Il primo ricordo di questa vita fisica risale ai primissimi mesi di vita: aprii gli occhi, in piena coscienza, e vidi nell’oscurità uno strato di luce proveniente dalle fessure della finestra. Già toccavo con mano una dimensione indipendente dallo spazio-tempo, la stessa dalla quale, in qualche modo, sentivo di provenire. All’età di cinque anni ebbi il mio primo sogno lucido: mi svegliai in piena coscienza mentre volavo attraverso i palazzi del vicinato. Ho un’esistenza indipendente dal corpo fisico, che ora è a letto. Ne sono pienamente cosciente pensavo, mentre con allegria ed entusiasmo mi libravo in aria, sperimentando un intenso senso di libertà.

Trascorsi un’infanzia serena, con una madre dolce e amorevole che, in tutte le tappe della mia esistenza, mi ha sempre insegnato a cercare la mia vera realizzazione in ciò che veramente mi piaceva essere e fare. Le sono profondamente riconoscente perché mi ha sempre assecondato e sostenuto in tutte le mie scelte. Mio padre, scienziato materialista, ha sempre avuto una grande passione per gli aerei. La sua spilla dell’aquila dell’aeronautica militare era profetica: nella mia vita avrei incontrato il simbolo dell’aquila, ma sotto diverse forme!

I sogni lucidi che facevo all’età di otto-nove anni mi facevano visitare dimensioni nelle quali sapevo di essere sveglia e che il corpo stava dormendo. Mi posso muovere anche se il mio corpo è a letto, fermo e addormentato. La mia coscienza è sveglia anche se il mio corpo è addormentato. Ma non sono sveglia nel mondo dove solitamente vivo con il mio corpo fisico: sono sveglia in un altro mondo pensavo.

Facevo inoltre diversi sogni premonitori. Ero solita sognare eventi e situazioni, anche banali, che poi si manifestavano nella realtà, a distanza di pochi mesi o pochi anni. In certi casi l’avverarsi di questi sogni era così inaspettato che mi lasciava incredula e stupita.

I migliori ricordi dell’adolescenza si perdono tra le prime amicizie, i primi innamoramenti idealizzati, quando l’anima cominciava il suo magico e misterioso risveglio e si cominciava a porre domande del tipo: «Ma che sto facendo qui? Da dove vengo?» e poi: «Questo è il mondo in cui mi tocca vivere. Non ricordo né come, né perché, ma sono qui e devo cercare di vivere nella maniera più gioiosa possibile!».

Sebbene all’esterno potessi sembrare apparentemente timida e introversa, con chi entravo in confidenza mostravo la mia indole allegra e un entusiasmo fuori dal comune. Ho meravigliosi ricordi della mia amica Amelia: con lei riuscivo a condividere quel mio sentirmi diversa dal mondo circostante, quell’intravedere un mondo di gioia, bellezza e armonia oltre le monotone apparenze quotidiane. Avevo una grande passione: la musica, che con il suo misterioso linguaggio riusciva a far emergere risorse nascoste dalla mia interiorità. In particolare, negli anni dell’adolescenza era la musica rock-metal a destarmi le emozioni più intense. Per un certo periodo di tempo mi piaceva fare la metallara; dei metallari apprezzavo, oltre all’amore per la musica realizzata con il cuore, la critica che loro rivolgevano alla società, alla borghesia, al conformismo e il loro desiderio di una vita fatta di autentici valori in cui ogni singolo essere umano potesse esprimere se stesso. Cercavo di guardare oltre lo stereotipo che vedeva il metallaro come tendente a condotte estreme e riuscivo a vedere che, attraverso la musica, i metallari cercavano di evadere dalla percezione ordinaria del mondo e dal conformismo sociale per ricercare attraverso la musica una dimensione più autentica della realtà.

Pensavo: «Attraverso la musica qualcosa in me vibra. Ma cos’è che in me vibra così? Cosa c’è dentro di me a darmi queste emozioni? Cosa sono le emozioni? Chi le sperimenta? Chi sono io e, soprattutto, da dove vengo? Perché mi trovo in questo mondo?».

Prima di cominciare consapevolmente il mio cammino, ben prima ancora che mi potessi avvicinare alla spiritualità, avevo avuto diverse intuizioni che ci fosse ben altro nella vita rispetto alle apparenze materiali, e che la vita consistesse in qualcosa di ben diverso rispetto a ciò in cui la società ordinaria ci intrappola.

Una nottata di fine luglio, nel corso di una meravigliosa e spensierata estate da tredicenne, uscii sul balcone. Non saprei dire di preciso cosa accadde, ma qualcosa mi scosse profondamente, come mai era accaduto prima: un silenzio notturno in sottofondo, e la sensazione di un mistero così profondo che riguardava il mio essere lì in quel momento e l’essere in generale, la vita. In quei secondi qualcosa di indefinito, misterioso e sublime penetrò nella mia coscienza: il tempo sembrò fermarsi e tutto ciò che mi circondava sembrò scomparire momentaneamente. C’era solo silenzio, profondo e misterioso silenzio.

Sul finire dell’estate ebbi un’altra esperienza simile, durante il tardo pomeriggio. Mi allontanai un attimo dal mio gruppo di chiassosi e divertenti amici e fui colta da qualcosa come un richiamo, che sembrava provenire dal cielo, in particolare da un tiepido raggio di sole che in quegli istanti avvolgeva la mia figura. Nella mia mente si fece improvviso e spontaneo silenzio e qualcosa di indescrivibile ebbe modo di penetrare nel profondo di me stessa. Non potevo ancora sapere di che genere di richiamo si trattasse, ma in qualche modo percepivo già che ciò provenisse da qualcosa di indubbiamente potente, e che in misteriose maniere avrebbe condizionato e cambiato la mia esistenza.

Ciò che mi faceva sospettare dell’irrealtà intrinseca del mondo ordinario erano i continui cambiamenti che rilevavo costantemente nelle persone, nelle cose e negli eventi della mia semplice ma intensa vita adolescenziale. Cambiavano i giri di amicizie, le comitive, i luoghi di ritrovo! E i sogni erano sempre lì, sempre più intensi, a ricordarmi dell’esistenza di un grande mistero. Fu nella fine di quell’estate che si avverò un altro mio sogno premonitore. A quel punto dovetti prendere coscienza che esisteva una dimensione di coscienza in cui il tempo ordinario era relativo e che il mondo che mi circondava era ricco di misteri. I sogni mi apparivano sempre di più come una porta che dava accesso ad un Ignoto carico di sorprese e meraviglie.

I primi passi sulla via dell’iniziazione

Non ero uscita da un’esperienza dolorosa, da un trauma o da una separazione. Anzi, le mie esperienze adolescenziali nel mondo esterno mi avevano regalato gioie, soddisfazioni ed ispirazioni. Non avevo ancora nulla di particolare dalla vita eppure sentivo di possedere qualcosa di assai prezioso: la coscienza. Mi guardavo attorno e mi appariva ben chiaro che i sensi fisici non dicevano tutto, che la realtà era infinitamente più vasta e misteriosa di quello che si prospettava davanti ai miei occhi.

Già a quei tempi cominciavo ad avere un primo, seppur debole ed indefinito risveglio. Pensavo: C’è qualcosa più di quello che vedo con gli occhi fisici. Il mio corpo fisico si addormenta durante la notte, la mia coscienza dorme a sua volta, ma ad un certo punto… mi trovo sveglia in un’altra parte, diciamo, un luogo non fisico. Eppure il mio corpo dormiva, ma io ero proprio in un altro luogo! È come se la mia coscienza risiedesse originariamente in un altro luogo, in un misterioso altrove, un luogo non collocabile nello spazio e nel tempo.

Frequentavo il primo anno del ginnasio. Fu l’anno scolastico più intenso e faticoso di tutta la mia carriera scolastica, perché nel liceo classico venivano poste le basi di tutte le conoscenze, nonché la base del corretto parlare: lo studio della grammatica italiana, greca e latina, per poter creare le basi per la traduzione delle versioni. Ma a cosa serviva tradurre brani scritti in lingue che non esistevano più? L’avrei compreso solo in seguito: serve a creare strutture mentali per organizzare non solo un discorso ma lo stesso pensiero in soggetto, verbo, complemento oggetto, e altri complementi. Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché? La grammatica e la traduzione servono, quindi, a definire la struttura causa-effetto della realtà, che è la stessa del pensiero. È importante dare una struttura ordinata al proprio pensiero, perché – e questo l’avrei compreso solo in seguito – le intuizioni spirituali possono prendere vita efficacemente solo in una struttura mentale ordinata ed equilibrata. Se le strutture mentali sono troppo ingombranti, tuttavia, esse potrebbero ostacolare il libero fluire della conoscenza spirituale.

Il 24 marzo è una data che ricordo come un importante anniversario. Non a caso coincideva con l’equinozio di primavera, importante momento per qualunque pratica magica. Quando il sole entra nella costellazione dell’Ariete viene simbolicamente segnato un nuovo inizio. Così è stato per me, infatti, in quel giorno in cui gli studenti del mio liceo avevano programmato uno sciopero per partecipare ad una manifestazione studentesca. Improvvisamente mi staccai dal corteo per camminare da sola e mi inoltrai in una strada che conduceva nella zona dove avevo trascorso la precedente estate insieme ai miei affezionati amici. Un irrefrenabile impulso mi spinse ad entrare in una libreria e, tra i vari libri, uno in particolare mi chiamò. Era solo il primo di quelle che sarebbero state le migliaia di libri di spiritualità ed esoterismo che avrei letto nel corso della mia esistenza. Quel libro, scritto da Laura Tuan, si intitolava "Scopri e sviluppa i tuoi poteri paranormali e si occupava del settore della parapsicologia" che costituì per me un trampolino di lancio. Già ben prima di questo libro mi ero convinta che nell’uomo risiedessero facoltà inesplorate, e che ordinariamente egli utilizza solo una piccola parte delle sue potenzialità. Si ritiene comunemente, infatti, che ben il 70%, se non di più, delle attività e potenzialità cerebrali non venga impiegato. Percepivo già che ci fosse qualcosa di più del cervello ordinario e che quest’ultimo fosse solo uno strumento di qualcosa di non fisico, invisibile ma base fondamentale di tutto ciò che esiste. Ero sempre di più convinta che l’esistenza umana fosse ricca di misteri che la scienza non sarebbe mai riuscita a spiegare. È per questo che mi sentii subito particolarmente attratta da quel libro.

Quello per me fu solo l’inizio di un viaggio lunghissimo, che mi avrebbe condotto là dove non avrei mai immaginato.

Dopo pochi giorni, durante una mia passeggiata nelle vie del centro città, una forza indefinita condusse i miei passi in una libreria che stava svendendo con lo sconto del 70% molti testi della casa editrice Melita che aveva ristampato importanti testi di esoterismo, spiritualità e magia. Certi libri chiamano, oltre ogni causa razionale: chiamano perché così deve essere, perché quel determinato libro in qualche modo è già in se stessi, nella propria interiorità profonda. Il libro che in quella circostanza mi chiamò fu "La scienza occulta" di Rudolf Steiner.

La complessità del pensiero di Rudolf Steiner è pari a quella della sua opera, che comprende, oltre ai testi fondamentali, anche le numerosissime conferenze tenute in venticinque anni, in un corpus composto da circa trecento volumi. Sulle fondamenta di quella che lui denomina Scienza dello Spirito si basa tutto un edificio che racchiude svariati campi del sapere, dalla filosofia alla pedagogia, dalla storia alla scienza, dall’agricoltura alla medicina. Steiner espone i fondamenti di una disciplina occulta, intesa come un cammino di conoscenza che ha come obiettivo l’evoluzione spirituale dell’uomo. Secondo Steiner ogni uomo può giungere alla conoscenza dei mondi spirituali e avere accesso ai segreti iniziatici, risvegliando le facoltà spirituali celate nel profondo della propria anima. I sistemi di disciplina spirituale e le tecniche di meditazione da lui divulgate provengono da esperienze e scuole antichissime, tramandate da tradizioni spirituali sia occidentali che orientali.

Secondo Steiner, la certezza del mondo fisico la si può accostare alla certezza del mondo spirituale, in una concezione del mondo spirituale come spazio animico. L’antroposofia è, secondo Steiner, la via tramite la quale è possibile conoscere l’uomo interiore, spirituale: la scienza dell’uomo spirituale.

"L’antroposofia è una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo. Sorge nell’uomo come un bisogno del cuore e del sentimento. Deve trovare la sua giustificazione sul fatto che essa è in grado di offrire a questo bisogno un soddisfacimento. Può riconoscere l’antroposofia solo chi trova in essa quel che deve cercare per una sua esigenza interiore. Possono perciò, essere antroposofi, soltanto quegli uomini che sentono i problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sentono fame e sete¹."

Cominciai a leggere quel libro che per me è stato fondamentale e che ho avuto modo di rileggere nel corso della mia vita, trovandovi sempre qualcosa di nuovo e utile. Da subito mi cominciai ad accorgere che i suoi contenuti mi erano già, in qualche misteriosa maniera, familiari. In particolare, nel terzo capitolo de "La scienza occulta", viene spiegata la costituzione spirituale dell’uomo secondo la Scienza dello Spirito. L’essere umano è costituito dal corpo fisico, parte materiale del corpo umano, condivisa con il regno minerale; il corpo eterico è la componente vitale tipica del regno vegetale. Poi c’è il corpo astrale, sede delle emozioni e della vita interiore rappresentativa, nonché della percezione neurosensoriale. Infine c’è l’io, prerogativa dell’essere umano, che si articola in tre forme animiche (anima senziente, anima razionale, anima cosciente). In particolare, il capitolo Sonno e morte dava in qualche modo una spiegazione alle esperienze di coscienza che avevo avuto durante il mio sognare infantile. Era come se io già conoscessi intimamente quei contenuti. Leggendo ciò che Steiner scriveva della vita interiore dell’uomo, rimasi colpita dalle indagini chiaroveggenti di Steiner riguardo al passato della Terra e dell’universo. Secondo Steiner la storia fisica come noi la conosciamo è solamente una piccolissima parte esteriore di una storia cosmica che ha origini nei piani spirituali in diverse ere. E poi mi soffermai sul capitolo che mi impressionò di più: quello della pratica spirituale per lo sviluppo degli stati di coscienza: immaginazione, ispirazione, intuizione.

Avevo appena compiuto quattordici anni quando cominciai ufficialmente il cammino spirituale, ossia quando, davanti al potere supremo chiamato vita, pronunciai il solenne giuramento che avrei dedicato la mia vita intera allo Spirito.

Era già arrivato per me il momento di praticare. Già avvertivo, infatti, l’importanza della pratica interiore, che rendeva speciale e peculiare l’esoterismo in confronto agli altri campi del sapere. In diversi testi trovai esposti in maniera chiara alcuni esercizi di visualizzazione, concentrazione e silenzio mentale, che hanno lo scopo di far raggiungere alla mente del praticante il cosiddetto stadio alfa. A questo scopo sono essenziali le tecniche di rilassamento.

Le mie letture cominciarono rapidamente ad espandersi. Al termine dell’anno scolastico trascorsi le vacanze estive interamente immersa sia in uno studio teorico, sistematico e attento delle opere esoteriche di vari autori, che nella pratica delle tecniche interiori che cominciavo gradualmente ad apprendere. Parte integrante dei miei studi iniziali vertevano sulla storia dell’esoterismo, che mi consentì fin da subito di conoscere teoricamente gli indirizzi fondamentali e gli autori di quello che, cominciavo a rendermi conto, era un campo vastissimo e variegato. È proprio come la storia della filosofia, la storia della letteratura o la storia dell’arte, che si studiano per correnti e autori: la storia dell’esoterismo è cominciata con la nascita dell’uomo e si è sviluppata nello spazio e nel tempo, rivolgendo all’umanità un messaggio universale che però, incarnandosi nella dualità, ha assunto forme e modalità diverse nel tempo e nello spazio.

Questo per me era solo l’inizio di un lungo viaggio che già mi catturava e assorbiva completamente. In quei primi mesi mi era già assolutamente chiaro che avrei dedicato tutta la mia vita a quello che identificavo come cammino spirituale, due semplici parole, magari banali, che però indicavano qualcosa che avrebbe interamente condizionato la mia esistenza. Nei primi tempi le mie letture si concentrarono sugli autori e scuole esoteriche occidentali: l’antroposofia, Cornelio Agrippa, Eliphas Levi, Paracelso, la Teosofia, la Golden Dawn, Papus, e tanti altri.

Una sera di luglio, dopo tante ore di lettura, chiusi gli occhi e mi immersi in un profondo rilassamento. Improvvisamente, immagini di quello che sembrava un lontano passato cominciarono a sfilare dinanzi al mio sguardo interiore: mi trovavo in una grande sala e partecipavo ad una cerimonia-rituale, nella quale gli adepti indossavano un’alba bianca. Grande era l’energia sprigionata dalle parole e dai movimenti delle persone presenti. Dopo lunghi secondi di attenta e stupita contemplazione, quelle immagini furono risucchiate dalla profondità dalla quale erano poco prima sorte. Cosa era stato, sognante fantasia stimolata dalle letture esoteriche? Ricordi di un lontano passato, in qualche modo appartenente a me o a qualche altra persona? Stavo forse attingendo alla memoria cosmica, nella quale sono contenute tutte le immagini di ciò che è accaduto, e che nell’esoterismo rinascimentale era chiamato luce astrale? O forse, un’immagine di un mio probabile futuro? L’avrei scoperto solo vivendo.

Ero proprio affascinata dal concetto di luce astrale che avevo appena appreso e che risuonava profondamente in me nella sua profonda verità: una grande ed impersonale memoria immaginativa di pensieri, emozioni, sentimenti ed eventi, alla quale è possibile attingere in qualunque momento, se opportunamente sintonizzati con essa. Questo concetto mi sembrava intensamente vivo, in quanto percepivo che ciò che leggevo non era carta morta ma vivente, come era ancora vivente il pensiero di quegli autori che vibrava in me se solo chiudevo gli occhi tra una riga e l’altra.

La mia pratica di quei primi mesi consisteva in un’iniziale seduta di rilassamento. Per alcuni mesi praticai anche il training autogeno di Shultz, in particolare l’esercizio del calore e quello della pesantezza, che incrementavano il mio stato di rilassamento. In seguito introdussi la concentrazione su un oggetto per almeno cinque minuti e la visualizzazione, che consisteva nell’esercitarmi a visualizzare forme geometriche o i colori, in particolare il blu. E poi, tecnica importante che non avrei mai abbandonato: il silenzio interiore, del quale solo negli anni successivi avrei compreso l’estrema importanza.

Notavo che, quando raggiungevo profondi stati di rilassamento, veniva modificato il mio stato di coscienza; ad un certo punto mi trovavo dinanzi ad un confine, una soglia che presentava due alternative: una era quella di scivolare nel sonno, l’altra quella di esplorare un nuovo stato di coscienza, intenso e profondo. Il corpo diventava impercettibile, anche se la lotta per raggiungere un rilassamento autentico era dura. Il corpo costituisce, per definizione, un ostacolo che sembrerebbe insormontabile. Occorre tanto esercizio e molta forza di volontà per ottenere un rilassamento vero e proprio. È estremamente facile il formarsi di contratture muscolari che persistono nel tempo, fino a diventare croniche; più difficile, invece, decontrarre ciò che è persistentemente contratto, molto spesso a causa di blocchi psicologici od emotivi, ma spesso per la tensione con la quale si eseguono esercizi psichici particolarmente impegnativi.

Il problema che cominciai ad riscontrare negli esercizi era che, una volta raggiunto un discreto rilassamento, nel momento in cui cominciavo a concentrarmi o a svolgere qualsiasi attività interiore come la visualizzazione, sorgeva qualche tensione in qualche punto del corpo, ad esempio nel collo oppure nell’addome. È un ostacolo che mi portai avanti per lungo tempo. In seguito notai che, proseguendo nella pratica, la tensione fisica veniva poi ridotta, man mano che si approfondiva il livello di concentrazione – fenomeno che poi avrei identificato come passaggio dalla coscienza cerebrale alla coscienza spirituale – fino a scomparire del tutto man mano che diventavo capace di raggiungere profondi stati di concentrazione e silenzio interiore. Solo nell’anno seguente avrei compreso l’importanza e il significato della pratica della concentrazione-silenzio interiore, attraverso le opere di Massimo Scaligero e, in seguito, attraverso lo studio approfondito delle tecniche del Raja yoga.

Gli ostacoli degli esercizi non mi scoraggiavano, anzi mi incitavano a continuare nella pratica per migliorare. Mi accorgevo che le pratiche spirituali avevano bisogno di estrema costanza, proprio come avviene in tutti i campi della vita.

Nel mondo ordinario, infatti, qualunque professione viene basata su uno studio teorico e sistematico, ma può prendere vita e attualizzarsi solo con la pratica, attraverso l’esperienza e la ripetizione costante.

Preghiera e pensiero positivo

Approfondendo gli studi teorici delle opere esoteriche contemporanee – quelle pubblicate, per intenderci, tra gli anni 80 e 90 – cominciavo ad apprendere in che modo la saggezza esoterica avrebbe potuto essere applicata nella vita quotidiana. Queste implicazioni destavano comunque il mio interesse, ma non sarebbero mai state così rilevanti e determinanti come invece la mia tensione verso le verità spirituali. La più grande applicazione della spiritualità nella vita di tutti i giorni è il potere del pensiero: i pensieri esercitano un’influenza profonda, in particolare sulla propria mente inconscia-subconscia e sulle cellule di tutto il corpo. La natura dei pensieri che emettiamo influisce sulle proprie attività quotidiane, influenza il proprio aspetto fisico, i gesti, il portamento e agisce su tutte le persone con le quali si entra in relazione.

E, soprattutto, attira persone, eventi e circostanze. Questa era una verità che stavo apprendendo solamente in via teorica, ma che negli anni seguenti avrebbe avuto molteplici dimostrazioni lungo il cammino della mia esistenza. Mi interessai, in particolare, ai prodigi del pensiero positivo, oggi argomento molto gettonato nella new age del ventunesimo secolo, mentre invece ai tempi della mia adolescenza le pubblicazioni esoteriche non erano così tanto abbondanti e variegate come attualmente. Immenso è il potere del pensiero subconscio, soprattutto quando vengono passate istruzioni al subconscio prima di addormentarsi.

I pensieri immediatamente precedenti l’addormentarsi sono destinati ad attecchire nelle profondità dell’inconscio. Il subconscio accetta come vera qualunque informazione proveniente dalla mente cosciente, ed attiva energie favorevoli o sfavorevoli per la riuscita di determinati progetti. Ed ecco un mantra che in quei giorni cominciai a recitare con fiducia prima di addormentarmi e la mattina appena sveglia: Io sono una persona positiva sotto ogni punto di vista, e il mio subcosciente respinge automaticamente ogni pensiero negativo e accetta unicamente i pensieri positivi. Questo mantra era basato sui principi dell’autosuggestione, che furono divulgati da Emil Couè, medico francese degli inizi del Novecento. Cominciavo, in tal modo, a scoprire che la mente ha molteplici strati, di cui uno superficiale e ridotto rispetto agli altri più profondi, sotto e sopra il livello della coscienza. Con queste pratiche di autosuggestione mi diventava possibile cominciare a prendere confidenza con questi stati più profondi. Cominciai quindi a controllare i miei pensieri, al fine di sorvegliare ed eventualmente eliminare qualunque pensiero negativo. Grande doveva essere il potere del pensiero qualora fosse sintonizzato e potenziato dal sentimento e dalla volontà! Su ciò si basa la magia della preghiera; secondo questo principio, nel momento in cui si pronuncia una preghiera, essa viene animata e vitalizzata dal fatto di credere fortemente, dal profondo del cuore, che essa sia stata già esaudita. La preghiera, per essere efficace, deve porsi in risonanza con la Mente Universale e, perciò, deve essere potenziata da qualcosa di più del mero pensiero ordinario, e quindi dall’energia del sentimento, proveniente dal cuore, e dalla forza di volontà. Ma ancora non potevo far altro che cominciare a conoscere questi concetti solo da un punto di vista teorico. Che cosa ne potevo sapere io di cosa fosse la Mente universale?

Solo la pratica avrebbe potuto dare vita a quelli che sembravano concetti astratti, ma che comunque già sembravano manifestarsi nella loro profonda verità. E così sperimentai anche la forza realizzativa della preghiera.

Accesi una candela, bruciai un bastoncino di incenso e mi misi in quello stato di rilassamento psico-fisico che gradualmente mi stavo allenando a conseguire. Mi sintonizzai con quella che poteva essere la Mente Universale: un potere superiore a me, alla mia mera coscienza individuale. In quel momento non dovevo far altro che esporre con slancio le mie richieste alla mia interiorità. Dovevo quindi formulare una richiesta concreta, legata alla vita ordinaria, quindi facilmente verificabile negli eventi. Dovevo poi tradurre questa richiesta in un’immagine mentale, la più chiara e nitida possibile, e poi concentrarmi su quest’immagine. In quel periodo decisi di mettere in pratica la preghiera per quanto riguarda una banalissima e innocente vicenda adolescenziale, che potesse avere un riscontro negli eventi. Non è affatto importante raccontare l’esempio, perché si trattò solo di un esperimento, stuzzicato dalla curiosità giovanile, ma che voleva confermare ciò che già cominciavo ad intuire: il pensiero umano racchiude un immenso potere. Ma ero ben lontana da comprendere fino a che punto e in che modo questo potesse essere messo in pratica.

La mia innocente preghiera giovanile si realizzò pienamente e accadde ciò che avevo richiesto. Il mio pensiero aveva vibrato, insieme ad una forte fede, e aveva messo in movimento particolari forze invisibili che avevano prodotto il determinarsi di quell’evento. Avevo avuto, in tal modo, la conferma che i concetti che stavo apprendendo dalle opere spirituali non erano frutto di invenzione o fantasia, ma corrispondevano a realtà. In fondo, dentro di me non ne avevo mai dubitato. Mi apparve ben chiaro, tuttavia, in virtù di quella che potrei definire un’etica innata, che le profonde potenzialità umane non dovevano essere utilizzate per banali fini personali legati alla propria soddisfazione esistenziale. Cominciavo, cioè, ad avvertire qualcosa come un interiore impedimento a qualunque forma di esercizio di potere personale. Avvertivo, insomma, che la posta in gioco era ben più alta, anche se ancora dovevo definire il senso del mio cammino.

Nei miei studi non trovò mai posto nessuna forma di magia nera o cose simili. Ebbi modo soltanto di leggerne minimi rudimenti, al fine di averne per lo meno un’idea superficiale e soprattutto per sapere cosa avrei dovuto tassativamente evitare nel mio cammino personale. C’è sempre stata in me una voce interiore che mi ha guidato attraverso un saggio istinto e attraverso naturali attrazioni e irresistibili repulsioni. E mi sono sempre fidata di questa voce che, all’inizio, si manifestava come un vago istinto, ma che poi avrei imparato ad ascoltare nel corso del cammino della mia vita. È la stessa voce che mi ha sempre guidata in qualunque situazione e che mi ha costantemente dato suggerimenti; è quello che, solo dopo molti anni, avrei identificato come maestro interiore. Ma prima di riconoscere questa sorgente di forza, che già agiva attivamente nel mio precoce cammino, avrei dovuto fare l’esperienza di imbattermi in vari maestri esterni. Ma questo di cui sto scrivendo è ancora il periodo della mia lunga solitudine iniziale, che si è rivelata assai importante.

Verso la meditazione

Davo molta attenzione alle mie preliminari pratiche di rilassamento, che è parte iniziale di qualsiasi tecnica meditativa. Mi era già ben evidente che qualunque tecnica spirituale presuppone una grande capacità di rilassamento, condizione essenziale senza la quale non sarebbe possibile raggiungere stati di coscienza sempre più profondi. Il rilassamento è una forza che agisce a livello fisico, al fine di provocare effetti su sfere più sottili. Nei primi tempi di pratica assumevo la posizione supina che ritenevo assai comoda. Facevo molta attenzione a non cadere addormentata, eppure ho dovuto sperimentare diversi insuccessi. La posizione scelta è molto importante ai fini di evitare che la mente possa essere influenzata da qualche intorpidimento o da qualche tensione muscolare non voluta. La parte più importante della tecnica non è tanto quale postura venga adottata, quanto invece lo stato di totale abbandono che non dovrà essere minimamente alterato da inconvenienti fisici o disturbi esterni. Con la pratica appresi gradualmente che la facoltà del rilassamento non si ottiene con violenza, ma in maniera calma e graduale, attraverso un consapevole comando del pensiero, in sinergia con la volontà.

Distesa supina, chiudevo gli occhi. Lasciavo che il mio respiro fluisse liberamente e ne osservavo il ritmo, senza intervenire su di esso. Concentravo a turno l’attenzione su ciascuna parte del corpo, partendo dai piedi, e pensavo: Tolgo ogni tensione dal piede sinistro, e così via, percorrendo tutte le parti del mio corpo, e infine: Il mio corpo è completamente rilassato, tutti i miei muscoli sono distesi. All’inizio non era facile riuscire a rilassare tutte le singole parti del corpo e raggiungere un completo stato di distensione fisico-psichica. Con la costante ripetizione della pratica, tuttavia, cominciai a raggiungere stati di rilassamento più o meno profondi e spesso avevo la sensazione di fluttuare. In seguito mi diventò possibile ottenere il rilassamento in minor tempo e con minore impegno.

Dopo aver ottenuto uno stato profondo di rilassamento, procedevo con un esercizio di visualizzazione. Chiudevo gli occhi e formavo un’immagine mentale di un oggetto qualsiasi. Poteva essere un portapenne, una tazza, un bicchiere, o una matita. Ma utilizzavo anche luoghi, ambienti, paesaggi. Con le persone, invece, sentivo di dover avere cautela, e quindi scelsi di non adottare mai immagini umane. Dell’immagine scelta osservavo ogni minimo dettaglio di colori e forma, come se stessi osservando l’oggetto fisicamente. L’ostacolo a questo esercizio è la capacità di fermare l’immagine mentale, includendo più dettagli possibili. A tale scopo occorreva che io richiamassi l’immagine scelta allo schermo mentale, per renderla nuovamente nitida e completa. Mi accorgevo che con la pratica la mia capacità di visualizzare migliorava sempre di più e che le immagini diventavano sempre più nitide.

Quando mi immergevo nel colore blu avvertivo che lo stato di rilassamento aumentava e la mia coscienza scivolava in un altro reame di percezione ancora indefinito ma nello stesso tempo affascinante.

In quelle serate primaverili, mentre il mio corpo era riscaldato dal tepore di una tisana a base di tiglio e menta oppure di fiori di verbena, la mia mente viaggiava accompagnata dai contenuti di quelle letture a me già così intimamente familiari. Avveniva qualcosa di indefinitamente misterioso, che non potrei spiegare a parole.

Tra i vari libri, mi capitò di leggere un’opera di Oberto Airaudi che parlava dello sviluppo del sogno attraverso figure archetipiche; nel libro erano raffigurati cinque glifi simbolici e veniva prescritto di visualizzare ciascuno di essi, per un periodo determinato, ogni sera prima di andare a dormire. Certi simboli, che sembrerebbero apparentemente insignificanti tracciati di pennarello, esprimevano qualcosa che trascendeva i concetti e che andava a comunicare con sfere profonde della mia coscienza. Secondo Airaudi, visualizzare quei simboli per cinque minuti la sera prima di andare a dormire avrebbe prodotto un cambiamento dell’attività del sognare. Non so effettivamente cosa fosse cambiato, ma posso affermare che quell’esercizio, apparentemente banale, sviluppò qualcosa in me: la costanza e la volontà di rispettare un impegno in momenti prestabiliti della giornata. Inoltre potenziò le mie facoltà di concentrazione e visualizzazione.

Sogni lucidi

A quei tempi ripresi contatto con qualcosa di molto particolare, che mi portavo dietro già dall’infanzia: il sogno lucido. Non è un caso che, tra gli scaffali della libreria, io avessi trovato il libro di Stephen LaBerge "Sogni coscienti". Divorai quel libro in un paio di giorni e appresi la tecnica dell’induzione dei sogni lucidi (M.i.l.d). Steiner ritiene che l’attività del sognare sia espressione di un’esperienza spirituale, camuffata sotto sembianze e richiami tratti dalla realtà quotidiana sensoriale. L’uomo è però incapace di afferrare tale elemento nella sua forma originaria e quindi lo traduce in immagini sensibili.

Secondo LaBerge, per poter cominciare un lavoro sui sogni, innanzitutto è fondamentale esercitarsi a ricordare attentamente i sogni, impartendosi un comando mentale prima di andare a dormire: Al mio risveglio ricorderò perfettamente i miei sogni, che annoterò dettagliatamente

Al risveglio, ricordando il sogno, dovevo ripercorrere mentalmente il sogno dalla fine all’inizio, episodio per episodio. La tecnica della M.i.l.d. esposta da Stephen LaBerge consiste nell’induzione mnemonica del sogno lucido, da praticare in seguito al risveglio, se si ha la possibilità di dormire altre ore. E nel periodo estivo delle vacanze scolastiche eccome se avevo tempo di dormire! Dunque, tutte le volte che mi risvegliavo, cominciavo a provare sistematicamente a ricordare i sogni appena fatti. Dopo che mi svegliavo da un sogno, lo ripensavo più volte fino a memorizzarlo. Poi mi impartivo il seguente comando: «La prossima volta che sognerò, voglio ricordare di accorgermi che sto sognando». Mi visualizzavo quindi nel sogno appena fatto, immaginando di essere consapevole di star sognando. E poi, nel momento in cui mi fossi trovata in un contesto onirico, era possibile utilizzare alcuni accorgimenti per verificare se effettivamente stessi sognando. Ad esempio, potevo fare un salto in aria, al fine di controllare l’assenza della sensazione di gravità. Nel sogno, infatti, la forza di gravità è assente, e il volo è il mezzo di trasporto più naturale. Inoltre notavo che se in sogno incontravo qualunque tipo di testo scritto, esso non era mai fisso, ma le lettere tendevano a mutare forma.

Attraverso la lettura dell’opera di Laberge appresi, inoltre, alcuni accorgimenti che impediscono al sogno di svanire, come spesso accade quando ci si sta risvegliando, e ne ritardano la fine. Uno di questi è la tecnica dello spin, che consiste nel ruotare attorno al proprio asse, come se si facesse una piroette. Un altro modo è quello di lasciarsi cadere all’indietro. Ero particolarmente familiare con la tecnica della piroette, data la mia pratica di danza classica. Mi appariva già chiaro che il sogno fosse una vera e propria porta verso diversi stati di coscienza, verso altre, infinite e inconcepibili dimensioni: una finestra aperta sul mistero. Compilavo con entusiasmo il mio diario di sogno, ricco di dettagli e misteriose sfumature.

Sentivo di star cominciando a vivere una grandiosa avventura. È ovvio che il mio entusiasmo giovanile non ne rimaneva indifferente; grande, inoltre, era la voglia di trasmettere questo entusiasmo alle persone che a quei tempi facevano parte della mia vita in termini di amicizie e relazioni adolescenziali. Sono solo fantasie le tue, è il mondo dei sogni, ma la realtà è ben diversa, furono le parole di una persona a cui ero molto affezionata. Qualcosa dentro di me mi suggerì che da quel momento in poi avrei dovuto evitare di parlare di questi argomenti con chiunque. Cominciavo ad intravedere, seppur ancora debolmente, l’importanza del silenzio.


1. R. Steiner, Massime antroposofiche - La via conoscitiva dell’antroposofia, Edizione antroposofica, Milano, 1983, pp. 15-16

2 - INTRAVEDERE L’INFINITO

Agli inizi dell’autunno del mio primo anno di cammino spirituale, comprai la trilogia che per me si rivelò assolutamente fondamentale per avere un saldo orientamento al principio del cammino: "Introduzione alla magia² del gruppo di Ur, che consisteva nella raccolta delle pubblicazioni della rivista Ur apparsa intorno al 1925. Ne parlo nelle mie Mappe dello Spirito"³:

Nel gruppo di Ur orbitavano esoteristi provenienti da diversi orientamenti: antroposofi, ermetisti, massoni, pitagorici, e così via. Nel ’94 fu pubblicato un saggio del professor Renato Del Ponte, Julius Evola e il magico gruppo di Ur, che fece luce sull’identità degli scrittori che pubblicarono monografie assai importanti per i lettori che erano alla ricerca di istruzioni pratiche per aprirsi una via. Gli scrittori di Ur si erano firmati con pseudonimi letterari, a testimonianza che per un praticante non ha alcuna importanza la sua identità biografica, il suo io. Conoscere le identità che si nascondevano dietro quegli pseudonimi letterari mi risultò utile al fine di inquadrare il tipo di formazione esoterica e spirituale degli autori di Ur, e orientarmi al meglio in mezzo agli insegnamenti e alle efficaci istruzioni da loro pubblicati. La prima monografia riportata nella raccolta di Introduzione alla magia del Gruppo di Ur, è stata scritta da Leo, ossia Giovanni Colazza, discepolo di Rudolf Steiner, e maestro di Massimo Scaligero. Il Colazza richiama l’attenzione sul fatto che l’uomo ordinario ha la tendenza ad autolimitarsi, sentendosi così racchiuso dal suo corpo fisico, come in una prigione, e radicato alla Terra dove vive, così rassicurato dal formulare leggi scientifiche che rendono statico l’universo. L’uomo di oggi si colloca timidamente alla periferia dell’universo, ignorando completamente quale potenza sia racchiusa nel suo pensiero e nelle profondità del suo essere. La vita quotidiana forma attorno all’uomo un limite sotto forma di un guscio paralizzante che ha la capacità di persistere nel subconscio, ponendosi come ostacolo al raggiungimento della realizzazione interiore. È perciò necessario che, prima di cominciare gli esercizi spirituali, il discepolo modifichi la visione che ha di sé stesso e dell’universo.

Questa è stata la meditazione che accompagnò i tramonti di quell’autunno, durante la contemplazione di un ampio panorama di campagna che potevo contemplare dal balcone:

«Io sono il centro dell’universo. Il più piccolo mutamento della mia coscienza ha una forte influenza sulle miriadi di mondi che costellano l’universo. I limiti del mio corpo sono un’illusione: mi estendo oltre la terra, fino agli spazi cosmici infiniti. L’universo è popolato da forze misteriose che agiscono, permeando la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco. Tutte queste forze si muovono insieme a me, attraverso i miei pensieri, sentimenti, azioni. Sono circondata dal mistero e ho il chiaro presentimento di ciò che ancora non conosco. Sento nella sua forza l’ignoto che agisce in me e attorno a me. Sento in me un senso di grandezza e di potenza.»

Questa meditazione mi produceva un senso di grandezza e di potenza, che ben presto si trasformò in un vero e proprio sentimento che si sarebbe tradotto in una forza. A questo punto il passo successivo dell’esercizio consisteva nel corporizzare questa nuova conoscenza, ossia interiorizzarla e assimilarla sia nel corpo fisico che in tutti gli strati della coscienza e dei corpi sottili. Continuavo la meditazione così:

«Non ci sono limiti di spazio: sono il centro dell’universo e tutto fa capo a me. Mi continuo negli spazi cosmici fino all’infinito. Dunque i miei pensieri e azioni hanno influenza e fanno muovere l’intero universo. Non ho limiti di spazio e di potenza. Là fuori c’è una realtà che non conosco ancora. Ma questo ignoto agisce in me coraggiosamente, lo afferro e lo sento in tutta la sua forza. Non ho limiti di potenza.»

In una fresca serata autunnale, mi trovai a contemplare lo spettacolo di un violento temporale con fulmini. In quegli istanti mi sembrò di percepire cosa si intendeva comunemente per forze della natura. Mi sentivo così piccola in confronto all’impeto di ciò che si manifestava dinanzi ai miei occhi. Ci doveva essere qualcosa, nelle profondità della mia interiorità, che avesse la medesima forza! Ci doveva necessariamente essere qualcosa che mi connettesse profondamente con tale immensità! Ma quel qualcosa era ancora lontano dalla mia consapevolezza.

La mia pratica si intensificò ulteriormente: dedicavo agli esercizi spirituali almeno mezz’ora al giorno. La lettura della trilogia di Ur, in particolare del primo volume, mi fornì nuovo materiale di pratica e determinate chiavi destinate a dare un nuovo corso alle mie pratiche. In quel periodo mi soffermai, in particolare, sulla prima parte pratica descritta da Luce nei suoi articoli sul "Rito di Opus magicum. Mi sdraiavo al buio e ponevo sotto la testa più cuscini. Immaginavo il pensiero come ente concreto, fisso e materiale, che si insinuava nella mia testa, si raccoglieva e si solidificava come ad avere una densa consistenza. Osservavo attentamente questo ente concreto e cominciavo a distanziarmene gradualmente. Lo cominciavo a sentire come qualcosa di diverso da me, che non era me. Trascorsi diverse sedute di allenamento preliminare verso questa progressiva disidentificazione– un processo che sarebbe continuato inesorabilmente negli anni a seguire – prima che io mi sentissi pronta ad afferrare questo ente concreto ed estrarlo dal corpo. Questo era il preludio del vero silenzio interiore. La pratica del silenzio interiore, effettuata dopo il preludio del distanziamento dell’ente concreto costituito dalla massa di pensiero, risultava più profonda. Avevo dunque estratto dal corpo", in senso figurato, la massa di pensiero così raccolta e solidificata, e quindi cosa rimaneva? Cominciavo ad intravedere ciò avrebbe costituito il protagonista del mio cammino spirituale: una coscienza silenziosa, vuota, che non aveva niente a che vedere con quei pensieri, ma li osservava dall’esterno. Ma questa presenza era così debole e l’avvertivo solamente a sprazzi, perché il vortice di pensieri sembrava inizialmente una grande cappa fumosa che avvolgeva tutto. Il lavoro doveva essere calmo e paziente, ma questo era solo l’inizio. Questo era il preludio del silenzio interiore, che è la tecnica su cui si basa qualunque sistema meditativo, sia occidentale che orientale. Solo dopo diversi anni avrei capito che ogni sistema meditativo, di qualunque tradizione e scuola spirituale, ha come scopo il raggiungimento del silenzio interiore. Tutte le tecniche di meditazione sono solo mezzi per giungere a quello stato di coscienza. Questa è stata la base da cui non mi sono mai discostata.

Il silenzio interiore, quindi, era la seconda parte di questo rito proposto da Luce: una volta che l’ente concreto del pensiero era fuori di me, dovevo distogliere l’attenzione da ciò che era fuori di me, e portarmi al centro della conoscenza silenziosa. Così potevo permanere in quel vuoto, nel totale rilassamento fisico: silenzio, solo silenzio. In seguito avrei sostituito l’osservazione della massa del pensiero con l’esercizio di concentrazione. Eliminando l’oggetto di concentrazione, rimaneva il vuoto. Ma l’esercizio che il rito di Luce aveva descritto ha svolto per me la funzione di essere un’utilissima preparazione alla pratica della concentrazione.

Continuavo a svolgere con costanza l’esercizio dell’infinito. Quel sentimento di grandezza e potenza, di ampliamento fino all’annullamento dei miei limiti ordinari, aumentava sempre di più. Avrei dovuto corporizzare questa conoscenza, ossia comprendere, convincermi, immergermi in questo pensiero, che andava quindi ravvivato nella mia anima, ripetuto. Dovevo concentrarmi su quel pensiero fino a farlo diventare una forza dell’anima. La conoscenza doveva quindi diventare un ritmo; si trattava di un nuovo modo di assumere il concetto, ossia non trattenendolo soltanto con il pensiero, ma facendolo penetrare negli stati più profondi dell’essere e coinvolgendo le forze del sentimento e della volontà. Corporizzare la conoscenza significava, quindi, farla entrare nel corpo, ma anche nel profondo dell’anima, negli strati sia consci che inconsci. Ma solo in seguito avrei potuto definire meglio il significato della corporizzazione, intraprendendo altri esercizi che richiedevano questo tipo di pratica.

Proseguivo gli studi teorici sull’esoterismo, molto spesso rubando il tempo che piuttosto avrei dovuto dedicare a quella che sempre di più cominciavo a definire come vita profana e che vedevo nettamente contrapposta alla mia dimensione spirituale, che per me cominciava ad essere la base della mia esistenza, la mia vera realtà. Riuscivo comunque, seppure ancora sporadicamente e non con sistematicità, ad inserire la spiritualità nel contesto ordinario. Ad esempio, in alcuni momenti mi astraevo dalle noiose lezioni scolastiche e mi immergevo nella mia interiorità, praticando una tecnica che avevo appreso dal libro di Ur, ma che poi avrei ritrovato sempre, in diverse forme e chiamata in diversi modi, in varie scuole esoteriche: l’osservazione dei pensieri.

Accendere il fuoco dell’anima

In quei mesi cominciai a studiare profondamente uno dei libri che è stato fondamentale nel mio cammino: "L’iniziazione di Steiner; nel frattempo, dopo La scienza occulta, avevo letto altri suoi libri, ma L’iniziazione avrebbe avuto un impatto decisivo che avrebbe influenzato tutta la mia pratica. Ricevetti un utile supporto nel consultare l’opera del suo discepolo Colazza, intitolata Dell’iniziazione", che era un commentario che conteneva le indicazioni orali che l’autore aveva ricevuto direttamente dal suo maestro.

Dall’opera "L’iniziazione ebbi modo di imparare esercizi che non ho mai abbandonato, prima di tutto la calma interiore, ossia l’esercizio di retrospezione serale, di cui aveva parlato anche Pitagora nel suoi Versi Aurei". Al termine della giornata mi ritiravo per alcuni minuti, chiudevo gli occhi e ripensavo alla giornata trascorsa. Passavo in rassegna tutti gli eventi, le esperienze, i pensieri, le azioni, le emozioni che avevo vissuto durante quella giornata. Ma osservavo questi eventi dall’esterno, come se fossero stati vissuti da un’altra persona. In questo modo cominciavo a porre le basi per creare un centro di coscienza osservatore, proprio come avevo già iniziato a fare attraverso l’esercizio dell’enucleazione della massa pensiero e dell’osservazione dei pensieri: un osservatore silenzioso. L’importanza di questa pratica sarebbe emersa solo in seguito, ma i benefici in termini di forza ed equilibrio mi fu possibile sperimentarli già nelle settimane successive. Tutti questi esercizi si completavano tra loro, ma era ancora presto per poter scorgere i fili di collegamento. Solo la pratica e i successivi risultati mi avrebbero suggerito le profonde connessioni.

In quel periodo ebbe inizio la mia pratica della venerazione. Secondo Steiner, la venerazione è da intendersi come lo sviluppo di una precisa attitudine spirituale, è la formazione di un sentimento nel cuore, definito da un’emozione, un calore pervadente, un amore rivolto verso qualcosa o qualcuno: un ideale, le conoscenze spirituali, un maestro, insomma tutto ciò che potrebbe suscitare ammirazione. Quando mi adoperavo a creare questo sentimento dell’anima, magari leggendo testi dove veniva espressa la profonda saggezza degli aforismi spirituali, mi sorgeva nell’anima un sentimento forte, attivo, come una fiamma accesa nel cuore, che portava l’anima in uno stato vibratorio, destando ondate di stupore, ammirazione, meraviglia. Solo a rivolgere il mio pensiero ai grandi maestri spirituali che avevano scritto le opere di cui ora si cibava la mia anima, il sentimento di venerazione mi sorgeva spontaneamente, misto a profonda ammirazione e autentica riconoscenza. Per sviluppare e rafforzare questo sentimento nascente ripetevo costantemente a me stessa le parole suggerite da Steiner: "Tutta la vita è un’Unità, e la mia vita è strettamente collegata alla vita di tutte le altre creature. Le forze che agiscono in me sono le stesse che agiscono all’esterno. Il mio essere è in rapporto con l’intero universo e la mia evoluzione è strettamente connessa con quella dell’universo stesso…"

Che profonda saggezza si manifesta nelle diverse parti e funzioni del mio corpo! Con che armonia le diverse parti collaborano con il Tutto!

"Nei piani spirituali tutto è in incessante movimento; forze archetipali creano tutto ciò che c’è nel mondo, sia fisico che spirituale. C’è qualcosa di superiore a me."

All’inizio mi risultava ancora difficile percepire quelli che, secondo gli scrittori della Scienza dello Spirito, sono i meravigliosi rapporti tra l’essere umano e il cosmo e percepire la grandezza divina. Ma mi sforzavo di mettermi in sintonia con i pensieri di coloro che avevano scritto quelle opere: la mia parte intuitiva profonda, che si stava lentamente sviluppando attraverso la pratica interiore, aveva modo, pur se ancora debolmente, di percepire l’autentica saggezza insita nelle teorie spirituali. Lasciavo che questi pensieri agissero nelle profondità della mia coscienza.

Steiner affermava che, allo scopo di sviluppare l’attitudine alla venerazione e le forze dell’anima da essa prodotte, è assolutamente necessario evitare le tendenze opposte: critica, irritazione e collera. Mi risultava chiaro che sentimenti del genere paralizzavano le forze spirituali, perché ciò è facilmente verificabile da chiunque: in un momento di collera il respiro subisce una modifica, i muscoli del corpo si contraggono bruscamente e, passato l’attacco di collera, si sperimenta una diminuzione di energia. Se già nel corpo fisico gli effetti sono così evidenti, figuriamoci cosa accade in veicoli più sottili!

In quel periodo tra i vari libri svenduti in quella fatidica libreria trovai la trilogia della "Scienza dei magi di Giuliano Kremmerz. Questo scrittore ebbe una particolare influenza all’inizio del mio percorso, e più avanti mi soffermerò a spiegare cosa significò per me questo personaggio, ma non potrò evitare di esprimere delusione nei confronti delle scuole e delle accademie a lui ispirate, e nei confronti delle vergognose contraffazioni compiute sui suoi insegnamenti. A quei tempi, tuttavia, ero ancora lontana da questi contesti, ignara di cosa accade quando l’esoterismo viene incorporato in determinate istituzioni e quando si perdono di vista le fonti originarie. Mi fu quindi possibile apprezzare quei libri in cui lo stile dell’autore era diretto e genuino, da autore a lettore, senza mediazioni, diretto al cuore insomma. Mi piaceva che Kremmerz esortava a non credere a nessuno, nemmeno a lui stesso e ritenevo valida la sua esortazione a praticare per verificare da sé quanto gli esoteristi affermavano. Affermava che l’incostanza è la tomba di ogni ideale. Le sue parole mi risuonavano particolarmente e ispirarono il mio successivo percorso. In particolare, ciò che mi risuonava nella sua intima verità è l’esistenza nel profondo di un vero e proprio Nume, Genio" che si poteva manifestare attraverso

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