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Dagli ashram ai guerrieri: Un viaggio spirituale
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Dagli ashram ai guerrieri: Un viaggio spirituale
E-book488 pagine7 ore

Dagli ashram ai guerrieri: Un viaggio spirituale

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Info su questo ebook

E’ il racconto autobiografico dell’esperienza dell’autrice che nel 1998 trascorse alcuni mesi nella comunità spirituale di Ananda in Italia. Vengono narrate nei dettagli la vita nell’ashram, scandita dalle intense pratiche spirituali di meditazione e kriya yoga, e gli incontri con diversi ricercatori, viaggiatori e maestri. Inestimabili le esperienze interiori e progressi spirituali compiuti in un meraviglioso contesto che sembrava quasi di un altro mondo: la comunità di Ananda Assisi sembra infatti come un paradiso in terra. Ma poi improvvisamente un colpo di scena: l’incontro con un gruppo di “guerrieri” che seguivano il cammino tolteco di Carlos Castaneda, e quindi l’incontro con l’Ignoto e il Mistero….
LinguaItaliano
EditoreHermelinda
Data di uscita24 lug 2014
ISBN9786050314571
Dagli ashram ai guerrieri: Un viaggio spirituale

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    Anteprima del libro

    Dagli ashram ai guerrieri - Hermelinda

    PREFAZIONE

    Un libro attraverso il quale traspare intensamente l’anelito di ricerca della Verità, quella Verità che è Luce e che troppo spesso in questo mondo viene violata per dar ragione alla propria individualità, vista proprio come separazione dal resto dell’Umanità.

    L’Autore esprime con linguaggio alquanto descrittivo le vicende che hanno dato una svolta a dir poco radicale nel suo modo di intendere la vita, e di percepirla.

    Senza dubbio è il continuum di un percorso iniziato in tempi remoti e che immancabilmente condurrà alla Mèta: quella Mèta che, però, non dovrebbe mai essere anelata con spirito individualistico, ma con spirito di sacrificio nel Servizio all’Umanità.

    Traspare una ferma convinzione nell’ottenimento, senza fermarsi innanzi agli ostacoli, di un’elevazione interiore che man mano noi tutti raggiungeremo.

    Si può intuire chiaramente il valore della sofferenza, come mezzo purificatorio necessario per alleggerire il tornaconto karmico, come anche la chiarezza del fatto che tutto quello che ci accade, in apparenza casualmente, è il manifestarsi nella nostra vita di un sentiero già tracciato, sia pur a grandi linee…

    Un Sentiero che spesso ci è precluso di vedere nella Sua Interezza, ma che col tempo e l’impegno, e l’aiuto Divino, meriteremo il privilegio di Ammirare.

    … Per andare, sempre avanti, in sù, a Spirale, TUTTI.

    Urànya

    INTRODUZIONE

    Il cammino verso la Conoscenza, la Luce: a ciò mi sto dedicando fin dall’età di quattordici anni. Sono sempre stata convinta della possibilità che un uomo possa trovare in se stesso le risposte a particolari domande.

    È inevitabile che l’uomo, ad un certo punto della sua esistenza, cominci ad interrogarsi incessantemente riguardo al mistero della vita e della morte. Egli è troppo spesso portato a chiedersi il significato di avvenimenti che sembrano accadere casualmente. Di fronte ad eventi apparentemente inspiegabili, di fronte a numerose esperienze esistenziali, dinanzi al continuo alternarsi di gioie e di dolori, presto o tardi arriva il momento in cui l’uomo si pone la terribile domanda: «Chi sono?»; una domanda che in sé è sintomo della seria presa di coscienza di essere. E’ proprio a questo punto che egli ha l’occasione di scoprire che c’è un modo per trovare risposta ai suoi incessanti interrogativi. Esiste, infatti, un sentiero che è tale da ricondurre l’uomo alla sua origine; un sentiero attraverso il quale egli può scoprire che in sé stesso esiste una parte divina, che in sé è nascosta un’autentica nobiltà e che egli sarebbe in grado di compiere opere che sembrerebbero miracoli, ma che invece sono espressione delle sue immense ed insospettate potenzialità. La possibilità dell’autentica liberazione dell’uomo risiede nella Conoscenza, che non consiste in quella ordinaria, prodotto dell’intelletto, ma si riferisce ad un altro genere di approccio: una conoscenza reale, che prende mosse dall’intuito per superare, attraverso la diretta sperimentazione ed esperienza, ogni apparenza ed illusione; una conoscenza che è, allo stesso tempo, conoscere ed essere.

    Cominciai da sola ad intraprendere tale sentiero, eppure non mi sono mai sentita completamente sola: quando si è veramente determinati nel proprio cammino, difficilmente si viene lasciati soli, perché accade che entrano in azione forze invisibili che consentono al discepolo di avanzare.

    Attraverso particolari esercizi interiori e pratiche meditative, lavorando pazientemente su me stessa attraverso una costante disciplina spirituale, avevo tentato di aprirmi una via verso ciò che ordinariamente è ignoto.

    Tale direzione ha spesso comportato diversi sacrifici e prove a volte difficili da superare, perché avevo scelto consapevolmente di percorrere questo sentiero rimanendo a stretto contatto con l’ordinaria vita sociale. Quando si ama questa Via, ed insieme ad essa l’esistenza stessa e l’Assoluto che in essa si esprime, si diventa come guerrieri: un guerriero non si arrende neanche di fronte ad una momentanea sconfitta, dopo la quale egli deve rialzarsi per andare avanti verso la Luce che, man mano che si procede, viene vista sempre più nitidamente.

    Il cammino non è affatto privo di sofferenze, ma esse, del resto, sono pur sempre effetti di particolari cause. Nulla mi era mai sembrato accadere a caso nella mia, seppur breve, esperienza di vita: avevo sempre avuto la netta percezione che tutto avesse un profondo significato. Ho sempre seguito la direttiva di lavorare intensamente su me stessa, per essere in grado di comprendere i significati delle esperienze della mia vita e di affrontare con consapevolezza le circostanze alle quali questa mi sottoponeva. Ho lasciato che il mio cuore mi guidasse nelle scelte da compiere, in modo che esse non fossero mai in contraddizione con le direttive sulle quali avevo impostato il mio percorso spirituale. A volte, però, quando non si è ancora in grado di conoscere certe leggi e meccanismi, e quando non si è ancora avviato un contatto con la propria essenza più profonda e ci si lascia guidare dal proprio ego e dalla propria personalità, è facile incorrere in illusioni ed errori. Ogni sbaglio, comunque, ha una sua propria logica in relazione al significato di ciò che si è determinato con le proprie azioni: nulla di ciò che accade è casuale, ma è prodotto da meccanismi che spesso sfuggono all’ordinaria consapevolezza. Chi percorre un cammino spirituale, non è affatto esonerato dai meccanismi che lui stesso ha creato nella presente e nelle passate esistenze: il proprio karma, che deve essere compreso, accettato ed affrontato prima di essere, ad un determinato punto, trasceso.

    La sofferenza che scaturisce da particolari situazioni, ha un profondo significato ed ha spesso la funzione di mettere in contatto con la parte profonda di sé stessi, creando forze indispensabili per poter proseguire lungo tale cammino.

    Nell’autunno del ‘96, le circostanze della mia vita mi posero di fronte ad una storia sentimentale ricca di sofferenze, delusioni e travagli, ma da me vissuta con consapevolezza. Nonostante tutto, avevo amato sinceramente colui che fu il mio compagno, ma nello stesso tempo ero rimasta sempre più fedele al mio cammino spirituale, innamorata di quel profondo ideale ed obiettivo spirituale sublime che ormai da vari anni era diventato l’elemento più importante della mia vita. Nei due anni trascorsi con Sybelet, una serie di circostanze da lui provocate mi causarono notevoli sofferenze. Nelle mie frequenti riflessioni, però, intuivo spesso che la colpa non fosse imputabile esclusivamente a colui che sembrava evidentemente la causa del mio dolore: la causa di quelle sofferenze, infatti, non dipendeva direttamente da lui, ma da certi meccanismi da me, in qualche modo, determinati. Sembrava, per dirla in termini esoterico-orientali, che dovessi scontare alcuni debiti karmici, i quali mi richiamavano alla necessità che io raggiungessi un più profondo contatto con me stessa, proprio affrontando qualcosa che, attraverso il dolore, mettesse in crisi il mio ordinario modo di concepire le cose, i sistemi delle mie abitudini di vita ed il mio stesso ego. Il mio sguardo verso l’esistenza doveva assumere una nuova direzione, e a questo scopo occorreva un evento determinante che mi consentisse di continuare il mio cammino spirituale con nuovo vigore e maggiore determinazione.

    Dopo il primo anno trascorso con Sybelet, in seguito ad alcune circostanze dolorose, decisi di allontanarmi da B., la mia città natale, per cercare sollievo per un mese. Il mio destino mi portò a visitare Ananda, una comunità spirituale in Umbria, tra Assisi e Gualdo Tadino, e lì trascorsi le vacanze estive, traendone immensi benefici per il mio cammino spirituale; in seguito alcune circostanze mi riportarono a B., perché, a mia iniziale insaputa, importanti prove iniziatiche attendevano di essere affrontate, in virtù del proseguimento del mio cammino spirituale. Quando partii da Ananda, percepii un vago presentimento che un giorno vi avrei fatto ritorno: avevo la sensazione che la mia esperienza lì non si fosse affatto esaurita in un solo mese, in una semplice vacanza, e che presupponeva dunque una continuazione, da vivere non prima di aver affrontato particolari esperienze e di aver raggiunto importante consapevolezze. Furono proprio le varie sofferenze attraversate nell’anno successivo, che mi fornirono tali consapevolezze, costringendomi a rivolgermi verso le profondità del mio essere con nuova e maggiore intensità, e a rifondare il mio cammino spirituale su basi completamente nuove.

    LA FINE DELLA PRIMAVERA

    La primavera, nella sua dolce armonia, stava lasciando posto all’estate, che già in anticipo si annunciava con lieto trionfo. Erano passati cinque anni da quando avevo cominciato il mio cammino spirituale, e mi stavo accingendo con tutte le forze a proseguirlo nel miglior modo, nonostante svariate difficoltà. Soffrivo spesso di un’incolmabile solitudine, aggravata dalla consapevolezza di star percorrendo tale sentiero senza avere al mio fianco una guida visibile. Trascorrevo le giornate alternando momenti di solitudine e ritiro, alle uscite con il mio ragazzo. Tra me e lui, si stavano creando, sempre più, insopportabili tensioni, derivate maggiormente dal fatto che cominciavo ad avere il presentimento che lui mi nascondesse qualcosa.

    Dopo i litigi, di solito, passeggiavo da sola e contemplavo in silenzio la natura che mi circondava. Amavo camminare, in quanto durante le passeggiate mi era facile ricevere profonde intuizioni dalla mia interiorità.

    Un pomeriggio, interruppi improvvisamente una camminata, perché desideravo tradurre a parole alcune sensazioni che stavano emergendo dalle mie profondità. Le annotai su un block notes che portavo sempre in borsa, rendendomi conto dell’inevitabile limitatezza delle parole nell’esprimere qualcosa che sembrava inafferrabile dai concetti ordinari:

    " Quando cammino, ho occasione di pensare

    agli eventi della mia vita,

    e sento che esiste un filo che li collega.

    E guardo il cielo,

    guardo il tramonto,

    guardo le stelle,

    guardo la luna,

    e sento che tutto ha un significato profondo.

    E guardo ciò che viene

    e ciò che va,

    e tutto appare e scompare,

    ma qualcosa rimane:

    un significato nascosto "

    In quel periodo avevo un’intensa corrispondenza epistolare, via internet, con Mauro, un mio caro amico che viveva a Mantova. L’avevo conosciuto alla comunità di Ananda l’anno precedente e, fin da subito, era cominciata una sincera amicizia, in virtù di forti affinità spirituali. Era uno studente universitario di filosofia e, insoddisfatto dalle prospettive dell’ordinaria istruzione accademica, aveva rivolto il suo interesse allo studio dell’esoterismo e delle filosofie orientali, particolarmente attratto dai libri di Carlos Castaneda.

    «Cara Hermelinda,

    stamattina sentivo un’emozione strana in fondo all’anima, era molto lieve, ma la percepivo. Sempre quando mi capita di trascurare i miei doveri spirituali, mi succede questo, per di più avendo riletto un passo di un libro sugli insegnamenti di Castaneda che parlava della necessità e dell’importanza della ricapitolazione, e avendo trascurato tale pratica per lungo tempo, quella tenue emozione laggiù in fondo al cuore, crebbe sensibilmente. Tutto questo, mentre lavoravo e mentre incessantemente ripetevo mentalmente:Io sono. Accidenti, è difficile tener testa alla quotidianità, e quante apparentemente piccole prove bisogna superare! In questi giorni mi accorgo che devo assolutamente guadagnare quanta più energia riesco, infatti è un po’ che non riesco a svolgere come vorrei le mie meditazioni. Devo, devo, devo! Comunque, anche quando corro o vado in bici, cerco anche di concentrarmi sul io sono, e di solito sfoco la vista per concentrare meglio l’insieme del mio campo visivo senza perdermi in ogni particolare del paesaggio. Credo che non solo in meditazione occorra cercare di raggiungere un contatto con lo spirito, ma in ogni momento e qualsiasi cosa si stia facendo! Ma tutto ciò non basta ancora per me, devo impegnarmi ancor di più. Io penso che il proprio impegno se è reale venga, prima o poi, ricompensato. (…)»

    «Ciao Mauro, ho letto la tua lettera.In questi giorni sono accadute varie cose, che, comunque, in parte, mi hanno coinvolta; ma,d’altra parte,è da tempo che noto che riesco ad affrontare gli eventi della mia vita con un lucido distacco che mi consente di non esserne eccessivamente coinvolta, ma anzi, di avere una grande risorsa di forze che mi rende capace di prender parte alle circostanze della vita esteriore con un atteggiamento più attivo che passivo. Sai, ho letto con molto interesse quando mi hai parlato di quella particolare sensazione interiore: ti consiglio di tutto cuore, di cercare di svilupparla sempre più, e, soprattutto, di cogliere l’occasione per applicarti con più impegno alla pratica della meditazione. Sai, una volta che ci si incammina in un sentiero spirituale, succede che, man mano che si procede, si accumula una particolare tensione, per così dire, che si insinua nelle profondità della propria anima e che non può essere eliminata facilmente. A questo proposito posso citarti una esperienza che io ebbi circa due anni fa, quando ero in cammino da già tre anni. Ebbene, in quel periodo continuavo sempre a praticare con costanza le mie attività spirituali, ma comunque vivevo, altrettanto intensamente, particolari circostanze della vita esteriore, rischiando di esserne coinvolta eccessivamente. Ad un passo da questo coinvolgimento, mi accadde una particolare esperienza: percepii una forte tensione che ormai si era insinuata nella mia anima, una sensazione così forte che tentai di descrivere con le parole in un foglio che conservo ancora. Scrissi:

    Ora so che non devo farmi coinvolgere o travolgere dalle vicende esteriori, ma devo, piuttosto, creare e custodire nella mia coscienza un centro di saldezza ed imperturbabilità: ormai c’è una tensione in me, che va oltre questo mondo. E’ difficile ignorarla e dimenticarla! Devo continuare a svilupparla e, soprattutto, a realizzarla. Avverto ora più che mai l’illusione dell’effimero, l’instabilità e provvisorietà delle vicende esteriori. Continuerò a lavorare su me stessa per superarla.

    Questo è, letteralmente, ciò che io scrissi due anni fa, e continuo sempre a seguire questa ispirazione che è diventata sempre più forte! Spero allora che tu capisca veramente quanto è importante quella sensazione che tu hai avuto in questi giorni! (…)»

    Nei giorni successivi, mi accadde sempre più spesso di percepire particolari sensazioni, che si manifestavano come lampi di intuizione che parevano non avere nessuna attinenza con le normali attività che svolgevo in quei momenti e sembravano provenire da una zona inesplorata del mio essere.

    Una sera di maggio, dopo un ennesimo litigio con Sybelet, mi capitò di passeggiare per una via periferica della mia città. Improvvisamente il mio sguardo si soffermò sulla cima di un palazzo, dove l’oscurità si rifletteva in un modo singolare. Una forte ed indefinita sensazione afferrò profondamente la mia interiorità, per alcuni secondi, e subito mi accorsi che mi era quasi impossibile tradurre in concetti quella profonda percezione. Durante quei lunghi secondi, mi ero quasi astratta dalla realtà circostante, e la mia coscienza si dipanava in un istintivo ma inutile tentativo di afferrare e trattenere ciò che stavo percependo. Poco dopo, quella sensazione terminò bruscamente, lasciandomi un forte senso di vuoto. Animata dal desiderio di trattenere, in qualche modo, il contenuto di quella esperienza, estrassi il block notes dalla mia borsa e cominciai a scrivere alcune frasi, messe insieme come se formassero un piccolo componimento poetico, sebbene in passato non mi fossi mai cimentata a scrivere versi. Si trattava di un tentativo di tradurre a parole l’essenza dell’esperienza appena vissuta, anche se ero perfettamente consapevole della limitatezza delle parole stesse.

    "…Una sensazione in alto,

    non e solo un ricordo:

    è un tentativo di afferrare un qualcosa,

    che sovrasta tutto ed è forte come l’immenso,

    un profondo mistero.

    Ma poi, il ritorno alla comune realtà,

    come il freddo.

    Perché, perché l’immenso mi è sfuggito?!

    Ora rimane una irresistibile nostalgia.

    Però, esiste una strada più in là"

    Quell’evento mi rimase particolarmente impresso e decisi di raccontarlo a Mauro, trascrivendo il piccolo componimento in una lettera. A quei tempi, infatti, Mauro era proprio l’unica persona con cui confidavo le mie esperienze e i miei slanci spirituali, perché, in virtù delle sue esperienze personali e della sua innata saggezza sapeva comprendermi, producendo spesso profonde ed importanti intuizioni. Mi rispose subito:

    «Carissima Hermelinda,

    ho letto con molto interesse ciò che mi hai scritto della tua intuizione, anche se non è mai possibile tradurre in parole simili esperienze; immagino come tu ti possa sentire, avendo avuto anch’io almeno un’esperienza in qualche modo simile. Alla lettura delle tue parole, ecco di nuovo tornare quella sottile sensazione di cui ti dissi giorni fa

    "Ma poi, il ritorno alla comune realtà,

    come il freddo….

    Però, esiste una strada più in là"

    queste parole invece non mi rimandano a nulla di conosciuto, ma mi trasmettono comunque, come un fremito, soprattutto l’ultimo verso. Ogni volta il tuo parlarmi delle tue esperienze è per me fonte di incitamento e perseveranza a continuare la strada che ho iniziato.

    Qualche giorno fa anch’io sentii, mentre ero seduto in meditazione, qualcosa di insolito, una sensazione ben precisa, anche se lieve, di breve durata e non certo paragonabile a quella che tu hai cercato di descrivere; ora però non sarei in grado di tradurla a parole, e poi queste cose sono per me abbastanza rare (sai,ancora non medito molto, solo un’ora al giorno divisa in due volte). Comunque sia, ogni volta che ci è dato di intuire simili cose, ed in modo così chiaro, anche se restano solo brevi intuizioni, valgono sempre le parole del poeta Whitman: Io non posso essere sveglio, poiché nulla mi appare come dinanzi .

    Venerdì ti ho sognata, purtroppo però ora non ricordo più nulla… del sogno ricordo solo vagamente che non era molto rassicurante, ma non saprei dirti nulla di più. (….)»

    Una sera di maggio mi accadde un piccolo incidente: Anna, la mia migliore amica, mentre stava facendo retromarcia, si voltò di scatto per guardare il finestrino posteriore, colpendomi col braccio e graffiandomi involontariamente l’occhio sinistro con le sue unghie affilate. Mi fu diagnosticato un piccolo graffio corneale che andava trattato con colliri e pomate antibiotiche e tenuto coperto da una benda per almeno due giorni. Trascorsi quei giorni senza uscire di casa e senza poter fare nient’altro che pensare, riflettere e meditare. Ebbi l’evidente intuizione che quel temporaneo stato di disagio fisico, che poteva sembrare apparentemente accidentale, aveva, invece, un significato ed una funzione: c’era bisogno che io mi ritirassi dalle circostanze esteriori, dalle inutili uscite quotidiane e che trascorressi del tempo da sola, riflettendo profondamente sulle vicende che stavo vivendo in quel periodo e verificando l’andamento del mio percorso spirituale. Mentre ero impossibilitata a concentrare la mia attenzione sul mondo esterno, in quanto avevo gli occhi coperti dalla benda, avevo invece l’occasione per osservare maggiormente la mia interiorità, ricevendo profonde intuizioni, che, come al solito, non potevo esprimere a parole. Una di quelle notti, prima di dormire, avevo intenzione di praticare la quotidiana meditazione, ma improvvisamente avvertii un particolare malessere che non mi consentì di meditare, con un’improvvisa sensazione di debolezza e stanchezza. Avevo soltanto l’irresistibile bisogno di dormire, ed infatti mi addormentai subito. Non ebbi affatto una notte facile ed infatti mi svegliai improvvisamente in sogno, con una notevole lucidità, trovandomi in una stanza da sola. Ebbi improvvisamente il presentimento che sarebbe successo qualcosa; una sensazione di profonda, indefinita angoscia animò la mia coscienza onirica, ed ben presto avvertii una presenza nemica che si stava avvicinando sempre di più. Sapevo che in quel contesto di sogno dovevo affrontare qualcosa come un combattimento contro un nemico, ma mi rendevo conto di non avere l’energia per poterlo fare. Mi accinsi a fuggire via da quella stanza e transitare in un altro sogno; non riuscivo, però, ad andare via di lì, come se una forza superiore alla mia me lo impedisse. Mi voltai di scatto e mi trovai davanti ad un terribile mostro, evidentemente intenzionato ad assalirmi. Inizialmente ebbi l’ impulso di scappare via, ma poi sentii che, per qualche oscura ragione, ero obbligata ad affrontare quel combattimento. Radunai tutto il mio coraggio, e cominciai ad affrontare quel mostro, che cominciava a colpirmi impetuosamente. Provai a difendermi in tutti i modi, opponendo una resistenza che a lungo andare si rivelò sterile e controproducente. Maggiore era la mia resistenza, maggiormente forti erano i suoi attacchi. Mi accorsi ben presto che la mia energia si stava esaurendo, e non avevo nessun’altra possibilità di salvezza se non quella di fuggire via. Appena provai a fuggire, però, mi resi conto che quel mostro poteva seguirmi ovunque andassi. Non mi rimaneva che uscire da quel sogno e ritornare alla veglia, ma anche tale opzione risultò un fallimento: non riuscivo più a svegliarmi, infatti, perché l’energia di quel mostro, per qualche oscura ragione, mi intrappolava in quel sogno e mi impediva di svegliarmi. Cominciai a sentirmi inevitabilmente imprigionata in quel sogno, senza nessun’altra alternativa che fronteggiare quel mostro, che intanto continuava ad aggredirmi. Ricominciai il combattimento, che sembrava interminabile, e tutte le volte che credevo di aver sconfitto quel mostro, lui appariva nuovamente, disponendo di maggior energia. Improvvisamente capii che lui si stava servendo della mia stessa energia, proprio attraverso la mia resistenza. Non mi arresi, ma smisi di opporgli resistenza, finché percepii che la sua energia stava diventando la mia: il mostro scomparì ed io fui in grado far ritorno allo stato di veglia. Appena fui sveglia, ebbi la forte sensazione che quel mostro non fosse nulla di alieno e di esteriore a me, ma riconobbi che esso era una proiezione simbolica di qualcosa esistente nel profondo della mia interiorità, parti di me stessa che non dovevo tentare di sconfiggere opponendo resistenza, ma di cui dovevo prendere coscienza al fine di purificarle. Quel sogno, apparente incubo, si rivelò, invece, un efficace mezzo per prendere coscienza di una parte profonda di me, e dell’importanza di adottare una reazione di non-resistenza nei confronti di ogni aspetto del mio essere.

    Dopo quel sogno, percepii una nuova serenità, come se fossi stata liberata da un peso. Questo stato di tranquillità, però, non era affatto completo, perché dalle mie profondità stava emergendo una particolare angoscia. Qualcosa sarebbe cambiato nella mia vita, anche se una parte di me non voleva accettarlo.

    AFFANNI E DOLORI

    L’estate stava illuminando di nuovo splendore l’ambiente circostante e dovunque si poteva percepire la bellezza e l’armonia della natura. Un pomeriggio degli inizi di luglio mi trovavo in macchina, percorrendo una strada di campagna, e accanto a me c’era Sybelet. Mi accostai vicino ad un cespuglio di rose e lui uscì improvvisamente dalla macchina, avvicinandosi a quel cespuglio. Con difficoltà e non senza qualche piccola ferita, riuscì a raccogliere una rosa rossa e me la porse con un sorriso. Quella rosa rossa aveva per me un profondo significato, che trascendeva l’ordinaria attribuzione di simbolo di passionalità: essa rappresenta il processo di rigenerazione spirituale dell’uomo, che consiste nella purificazione degli istinti e delle passioni, nobilitati fino al punto che il proprio sangue eguagli la purezza di una rosa rossa. Da molto tempo il simbolo esoterico della rosa-croce era al centro delle mie meditazioni.

    Senza che io ne fossi pienamente consapevole, le mie pratiche spirituali mi avevano messo in contatto con una sorgente di forze elevate. Esse stavano evidentemente attuando un determinato cambiamento nella mia interiorità, agendo nel modificare gradualmente le circostanze della mia vita esteriore. Le circostanze di vita vengono, infatti, costruite dai propri pensieri, che possono essere paragonati ad oggetti concreti che agiscono attirando di volta in volta forze ed energie simili. In quel periodo mi stavo quasi impercettibilmente allontanando da Sybelet, anche se non avevo mai smesso di amarlo sinceramente. Era troppo forte in me il presentimento che lui mi stesse nascondendo qualcosa e che prima o poi l’avrei scoperto; ero consapevole, d’altra parte, che la verità ha la caratteristica di essere più forte. Non potevo fare a meno di avvertire una lancinante sofferenza nel sentirmi esclusa dalla verità, pur nelle ristrette e relativamente banali circostanze della vita ordinaria. Questa sofferenza richiamava la sensazione di mancanza che provavo per non essere ancora in grado di conoscere certe leggi e verità spirituali, dato il mio grado di evoluzione ancora basso.

    Speravo che la situazione con Sybelet sarebbe migliorata e che avremmo risolto i nostri contrasti; avevamo progettato di trascorrere l’estate insieme, per avere occasione, in tal modo, di risolvere insieme tutti i nostri problemi. Ciò che però aveva maggiore importanza per me era ritrovare la serenità nelle circostanze esteriori, per poter continuare il mio sviluppo spirituale in una situazione più favorevoli.

    Quel pomeriggio, io e Sybelet andammo a fare una visita ad Anna. Mi soffermai a guardarla per alcuni secondi, realizzando che lei era sempre stata una carissima amica per me, fin dall’infanzia, come una sorella. La trovammo in compagnia di una sua amica, Maya, una sensitiva-cartomante che era stata allieva di un pranoterapeuta e aveva sviluppato con passione e dedizione le tecniche di cartomanzia. Negli ultimi mesi mi ero spesso consultata con lei per qualche consiglio. Nei miei studi esoterici, però, non avevo mai ritenuto opportuno approfondire la cartomanzia e le varie arti divinatorie, in quanto non le ritenevo essenziali ed indispensabili ai fini dell’evoluzione spirituale. Anna e Maya ci accorsero cordialmente e ci fecero accomodare sul balcone che si trovava sul piano terra, a ridosso di un bellissimo giardino fiorito. Ci sedemmo attorno ad un tavolo e Sybelet e Maya cominciarono a parlare di magia. Li ascoltavo in silenzio, senza intervenire, pur avendo qualche conoscenza in materia. Non esternai affatto il disappunto che ad un certo momento provai nei confronti di ciò che Sybelet sosteneva riguardo alla sua credenza nell’esistenza del male cosmico. Le sue teorie, a mio avviso, contrastavano nettamente con l’autentico significato delle concezioni della vera magia, da considerarsi come scienza assoluta e non come un vano sfoggio di poteri rivolti a ottenere realizzazioni nel mondo materiale. Non credevo affatto nell’esistenza di un male cosmico, così come, del resto, non credevo ad un astratto bene cosmico: il mio cuore era rivolto a ciò che è reale, assoluto e che nella sua totalità comprende e nello stesso tempo trascende sia il bene che il male. I discorsi che Sybelet esponeva a Maya, mi riportarono alla mente i primi, difficili tempi in cui io e lui avevamo cominciato la nostra relazione, quando le sue teorie e le sue credenze trovavano riscontro nel suo modo di comportarsi. I miei continui sforzi di evolvermi spiritualmente mi avevano conferito una nuova consapevolezza attraverso la quale, non indulgendo in rancori e vittimismo, tendevo a considerare obiettivamente la mia situazione, realizzando che se stavo vivendo quella storia tormentata c’era sicuramente una profonda ragione che esulava dalla mia consapevolezza, ma che io stessa, in qualche modo, avevo determinato. Nascosto dietro una superficiale apparenza di ragazzo cattivo, in Sybeleth riuscivo a scorgere un’autentica natura di bontà e generosità. Fin dai primi tempi insieme, avevo tentato in tutti i modi di condurlo su una via luminosa. Era stato un compito alquanto azzardato e non esente da presunzione, ma comunque animato dal sincero amore che provavo nei suoi confronti.Nel momento in cui udii Sybelet parlare in quel modo con Maya, una repentina perplessità incupì la mia espressione. Rimasi in silenzio, consapevole che avevo il dovere rispettare il suo modo di essere, anche se questo mi procurava dispiacere. Avevo ormai realizzato che le persone hanno diritto ad esprimere se stesse e nessuno ha diritto di cambiare un altro. Maya, avvedendosi del mio disagio, fece in modo di cambiare discorso e si rivolse a Sybelet: «Vedo che sei molto esperto in questi argomenti, ed allora vorrei chiederti una consultazione. Vorrei chiederti se sei a conoscenza di un metodo attraverso il quale potrei caricare di energia un oggetto, come un ciondolo od una pietra, in modo che costituisca una protezione contro le avversità».

    «Certo che ne conosco di metodi» si affrettò a rispondere Sybelet, «ad esempio potresti caricare un oggetto con l’energia della luna…, ma queste sono pratiche di magia bianca, ed in questo l’esperta è lei!» disse indicandomi con sguardo di sfida. Lungi dal pretendere di dare consigli in tali ambiti, consapevole della mia limitata competenza, rivolsi ad Maya con una battuta sarcastica ma significativa: «Credo che per affrontare le avversità, più che adoperarsi a caricare un oggetto di energia, bisognerebbe, piuttosto, essere provvisti di forza interiore!»

    Maya rimase in silenzio e Sybelet cambiò discorso, rivolgendosi nuovamente a Maya: «Voglio che tu mi dia una verifica delle tue competenze in cartomanzia. Fai le carte per me, ora!»

    Maya prese silenziosamente dalla sua borsa un mazzo di carte napoletane, ossia gli arcani minori, e si stava accingendo a disporlo sul tavolo, quando prontamente Sybelet la fermò ed esclamò con enfasi: «Voglio che tu usi gli arcani maggiori!» Maya sembrò rabbrividire di fronte a tale richiesta e protestò seriamente: «Il mio maestro sosteneva che gli arcani maggiori sono carte pericolose e non è affatto opportuno considerarle con leggerezza…» Sybelet la interruppe bruscamente, insistendo con sottile persuasione, ed alla fine Maya si vide costretta ad accettare, seppur a malincuore.

    Maya, però, non era solita portare con sé le carte degli arcani maggiori e, per alcuni secondi sospirò, con momentaneo sollievo. «Qui mancano le carte degli arcani maggiori, e quindi anche volendo, non potrei usarli. Ma posso usare gli arcani minori, li ho qui…» disse. Sybelet non sembrò arrendersi, e con sottile astuzia si rivolse ad Anna: «Anna, vai a cercare un mazzo di tarocchi in casa. E’ probabile che tu li abbia da qualche parte, cerca bene!» Anna eseguì l’ordine, ed in poco tempo fece ritorno con in mano un mazzo di arcani maggiori e ci disse, esitante: «Queste carte furono regalate a mio padre…ma hanno la fama di aver prodotto sventure! Insomma, noi non gli usiamo mai ed, anzi, facciamo a meno di toccarli…» Sybelet tolse bruscamente dalla mano di Anna i tarocchi, e li porse ad Maya, che li prese con timida esitazione. Notai che i suoi occhi avevano assunto un’espressione che lasciava intravedere timore ed angoscia. La guardai negli occhi, poi posi lo sguardo sul mazzo di tarocchi e un impulso indefinito mi spinse a dire, con grande calma: «Maya, leggi i tarocchi per me». Maya annuì, poi cominciò a mischiare il mazzo ed infine lo poggiò sul tavolo. «Alza il mazzo» mi richiese con fermezza. In quell’istante cominciai a percepire qualcosa come una strana forza. Alzai il mazzo, spinta da un impeto che non sembrava provenire direttamente da me. Maya, con una fredda impassibilità, cominciò a disporre le carte sul tavolo. Improvvisamente, si alzò una folata di vento che sembrava voler portar via le carte. L’irrompere di quella folata si era rivelato un fenomeno strano e singolare, in quanto durante il pomeriggio non c’era stato neppure un filo di vento. Maya alzò bruscamente lo sguardo e si guardò attorno socchiudendo gli occhi con stupore. «Percepisco una forza che in qualche modo sta ponendo resistenza!» esclamò, visibilmente allarmata. Ebbi la chiara impressione che quel vento non fosse subentrato casualmente: esso appariva come un segnale, un presagio di qualcosa di sinistro, che sembrava annunciare uno sconvolgimento, un mutamento del corso degli eventi. Per vari attimi rimasi immobile, quasi pietrificata, con lo sguardo fisso nel vuoto, mentre Maya stava finendo di disporre le carte sul tavolo, Sybelet guardava le carte con aria di sfida ed Anna sembrava preoccupata. Quando Maya terminò la disposizione della carte, cominciò a scoprirle, pronta a dare un responso. Un profondo, inquietante silenzio d’attesa regnò per interminabili attimi. In un primo momento Maya si mostrò sconvolta, quasi incredula. Il suo sguardo vagava da una carta all’altra, soffermandosi attentamente su ciascuna di esse. Rivolse poi il viso verso me e Sybelet, e con evidente dispiacere ci annunciò: «Ragazzi, non vorrei proprio dirvelo, ma…devo farlo: dalle carte risulta che voi vi lascerete presto.» Dinanzi a questa inaspettata, terribile rivelazione, rimasi senza parole, ad occhi spalancati: non riuscivo a credere a qualcosa di così doloroso per me. Ero consapevole, sì, che tra me e Sybelet si erano create insostenibili tensioni, ma né io, né lui avevamo intenzione di porre fine alla nostra relazione. Istintivamente, abbracciai Sybelet, sentendomi un cucciolo impaurito. «Tra te e lui c’è una donna… una ragazza con i capelli scuri» proseguì Maya, notevolmente sbalordita. Questo mi sembrava inconcepibile; per un attimo guardai profondamente Sybelet negli occhi e notai che i lineamenti del suo volto avevano subito una brusca contrazione, e che le sue pupille si erano repentinamente dilatate. Non posi troppa attenzione a ciò, e continuai ad ascoltare le parole di Maya, non senza scetticismo. Una strana angoscia, però, stava cominciando a dominare la mia interiorità. Maya continuò impassibilmente ad esprimere il resto del responso: «Partirai da sola, farai un lungo viaggio, durante il quale farai importanti incontri». In quel momenti ebbi l’irresistibile impulso di interrompere bruscamente Maya: «Ma come è possibile…io ho invece deciso di trascorrere l’estate qui con Sybelet e di non andare da nessuna parte…O al limite di andare in vacanza insieme a lui!» protestai. Ma Maya sembrò non porre attenzione alla mia obiezione e continuò con impassibilità: «Ci saranno dei profondi cambiamenti nella tua vita, e quando tornerai da questo viaggio dovrai prendere decisioni molto importanti» sentenziò. Sembrò aver concluso, ma poi, dopo alcuni secondi di silenzio e un ulteriore, rapido sguardo alle carte, ebbe un sussulto ed esclamò con convinzione: «Tu troverai una persona, una guida: un maestro!»

    Rimanemmo tutti in silenzio per lunghi minuti. Il flusso dei miei pensieri si era bloccato e continuavo a fissare un punto indefinito nel vuoto. Il vento si era calmato, ed il sole pomeridiano illuminava dolcemente il giardino verdeggiante. Una parte di me si rifiutava nettamente di prendere in considerazione le carte. Ma proprio in quelle carte aveva trovato espressione ciò che doveva essere.

    Quando ritornai a casa, di sera tardi, cominciai a percepire nella mia interiorità una strana inquietudine. Trascorsi vario tempo sdraiata sul letto, accusando una fastidiosa tensione a livello toracico, un insolito senso di oppressione ed un’inspiegabile sofferenza. Non c’erano motivi logici che potessero giustificare tale stato d’animo.

    Dopo una breve meditazione, mi addormentai con difficoltà, ed il mio sonno, non affatto tranquillo, veniva spesso interrotto da sogni intensi e vividi. Negli anni precedenti, alcune pratiche spirituali mi avevano avviato ad una progressiva presa di coscienza all’interno dei sogni ordinari e gradualmente avevo addestrato la coscienza al punto di realizzare ciò che vengono denominati sogni lucidi, che esulavano in gran parte dai sogni ordinari ed avevano cominciato ad aprirmi, seppur ancora minimamente, nuovi orizzonti di percezione. In quel periodo, però, a causa dello stress emotivo e di continue preoccupazioni, sembrava proprio che io avessi perso tale capacità, in quanto non riuscivo a far altro che avere sogni ordinari, che però avevano una particolare intensità. Nelle ultime settimane, un sogno assai ricorrente mi procurava notevole angoscia. In quei sogni vedevo Lila, l’ex ragazza di Sybelet (che conoscevo personalmente, ma con la quale, purtroppo, non ero in buoni rapporti, in seguito a complesse circostanze nelle quali io e lei eravamo state coinvolte durante l’anno precedente), che era insieme a Sybelet, e mi trattava molto male. Quella notte ebbi un sogno analogo, che mi procurò davvero tanto dolore. Mi trovavo in una stanza, e lì incontravo Sybelet e Lila, che mi ripeteva con severità: «Devi uscire dalla nostra vita, non sei altro che un fastidio!». Successivamente ci fu un completo cambiamento del contesto di sogno. Era notte e mi ritrovavo all’interno di una macchina, seduta nel sedile posteriore, insieme a persone che non riuscivo ad identificare. La macchina stava percorrendo una strada di collina, e da lontano scorgevo alcune luci di case lontane, su uno sfondo scuro. C’era un silenzio che però non mi procurava nessun tipo di inquietudine; al contrario, sentivo un forte benessere. Quella scena di sogno era così intensa che mi appariva reale e concreta. E poi, subito dopo, il risveglio ed il ritorno alla realtà ordinaria. Quel sogno mi lasciò una particolare sensazione. Quanto di esso si trattava di un prodotto della mia personale immaginazione? Tendevo ad accreditare maggiormente l’ipotesi che i contenuti di quel sogno fossero proprio un prodotto della mia immaginazione, che a quei tempi, a causa dei continui litigi con Sybelet, era alimentata spesso da timori e preoccupazioni. Non riuscivo ad ignorare, però, la forte inquietudine e la sofferenza che invadevano la mia interiorità e che in quella giornata si fecero più intense. Andai a trovare Sybelet e decisi di confidargli il mio turbamento. Lui si mostrò alquanto disponibile ed amorevole nei miei confronti; i suoi atteggiamenti mi facevano percepire che, a suo modo, mi voleva bene. Non ritenni opportuno raccontargli dei miei sogni ricorrenti, perché non mi sentivo in diritto di assillarlo con qualcosa che probabilmente si trattava del frutto della mia immaginazione e di cui, del resto, non avevo alcuna prova. Gli esposi i miei dubbi, cominciando a porgli domande, che di fronte ai suoi silenzi ed alle sue mezze risposte, si fecero sempre più insistenti.

    Una sensazione di fitta al cuore mi faceva presentire, in qualche modo, che le sue risposte non corrispondevano a verità. Lui negava di avere alcun tipo di contatto con Lila, ma io insistevo nel porgli vari generi di domande, desiderando da lui solo sincerità e niente più. Affermavo ripetutamente che, visti tutti i problemi che avevamo, sarebbe stato meglio che lui ritornasse con Lila e che non mi sarei mai opposta a questo. Dicevo questo senza però realmente pensarlo: il mio sentimento per Sybelet, per quanto sincero, non era esente da attaccamento, e il pensiero che lui potesse tornare dalla sua ex mi risultava inaccettabile. Non mi rendevo conto di quanto questo tipo di attaccamento fosse in contraddizione con gli ideali spirituali che costantemente tentavo di far vivere in me. Qualcosa di indefinito mi teneva legata a lui, in una sorta di circolo di dipendenza da cui non sarei facilmente emersa se non fossero intervenuti fattori indipendenti dalla mia volontà.

    In occasione di un’ennesima discussione mi estraniai completamente da Sybelet e dalla situazione che stavo vivendo, lasciando che il mio sguardo contemplasse la bellezza delle campagne circostanti. La tranquillità espressa dalla vegetazione mi consentiva di considerare i miei problemi e la mia tristezza da un altro punto di vista. Quegli alberi, quelle piante non soffrono. Non sono coinvolte in nessun genere di istinto o di passione e la loro superiore armonia è qualcosa di sublime, pensavo in silenzio, mentre le lacrime mi si erano asciugate ed ero finalmente capace di considerare la mia situazione con nuova obiettività. Sento che è vero che l’uomo possa raggiungere tale armonia, possa davvero purificare i suoi istinti e passioni, possa ritrovare la sua vera essenza, terminando il suo sonno e risvegliandosi…. Dopo mezz’ora, io e Sybelet, senza neanche rivolgerci la parola, arrivammo in una zona di periferia, in un luogo in cui trascorsi gli anni della mia prima adolescenza. Mi sedetti su un muretto, in silenzio, osservando l’ambiente circostante ed immergendomi nei ricordi. In seguito sentii che avevo ritrovato un po’ di calma, e quando Sybelet mi rivolse la parola, ebbi l’impulso di rispondere: «Non ti dirò proprio nulla, da me avrai silenzio finché non ti deciderai di dirmi la verità. Ora sono certa che mi stai nascondendo qualcosa. Voglio sapere la verità!» Questa richiesta fu totalmente inutile, ed allora ricominciai ad abbandonare quel tono

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