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Viola e Vanessa, detective del paranormale
Viola e Vanessa, detective del paranormale
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E-book159 pagine2 ore

Viola e Vanessa, detective del paranormale

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Info su questo ebook

Viola e Vanessa sono due sorelline pugliesi di nove e tredici anni. Viola è impulsiva e intraprendente, a volte aggressiva; ama il pattinaggio e gli animali. Vanessa, pianista e aspirante scrittrice di romanzi gialli, cerca di imitare i metodi investigativi dei grandi detective del cinema e della letteratura. Insieme alla cugina Giorgia, che unisce la passione per la moda a quella per i film horror, e alla sua cagnetta Fortunata, si trovano ad affrontare misteriose profezie e un tentato gatticidio, il fantasma di una tarantata e un'insolita caccia al tesoro, un'illustrazione che è meglio non guardare e una tartaruga di fama internazionale, tra brividi e risate.
LinguaItaliano
Data di uscita5 ott 2016
ISBN9788822852571
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    Anteprima del libro

    Viola e Vanessa, detective del paranormale - Anna Maria Ardito

    Ringraziamenti

    Il buio rivelatore

    Proviamo la scrittura per libera associazione! propose Giorgia alle cugine. "Come nel Sesto senso !" Erano sedute sul tappeto della cameretta, tra il letto con il copripiumone di Cenerentola e la libreria, sovraccarica di barbie e peluche. Avevano giocato quattro volte a Rubamazzetto e due a Monopoli, coreografato e provato due balletti, e ormai la noia minacciava la conclusione della serata.

    Cos’è il sesto senso? chiese Viola con uno sbadiglio. Aveva perso quaranta centesimi a carte, e avrebbe preferito tornare a casa a guardare un video prima dell’arrivo di papà, ma la mamma non aveva ancora finito di chiacchierare con zia Laura; a volte si sentivano risate ed esclamazioni stridule venire dalla cucina.

    Giorgia spiegò: "È un film dove c’è un bambino che vede i fantasmi. Il dottore gli dice di prendere una penna e di scrivere senza pensarci, e lui scrive delle cose che gli dettano i morti, tipo non voglio morire, non voglio morire".

    Vuoi parlare con i fantasmi? Viola era un po’ incuriosita, un po’ spaventata.

    I fantasmi non esistono disse Vanessa. Però, mi è venuta un’altra idea. Potremmo provare a fare dei disegni a occhi chiusi e vedere cosa viene fuori. Giorgia si dichiarò d’accordo.

    Però, come faccio a sapere che voi non guardate di nascosto? disse Viola. Vanessa alzò gli occhi al cielo. La sorella minore era sempre polemica. Perché avrebbero dovuto guardare? Stava per ribattere, ma Giorgia la prevenne, dicendo: Potremmo spegnere la luce. Anzi, andiamo nel ripostiglio, così saremo completamente al buio.

    Va bene disse Vanessa, accondiscendente. Era acutamente consapevole di essere la più grande, ed enfatizzava la paziente degnazione con cui si prestava ai capricci di Viola. Un atteggiamento che a casa, invece, non riusciva a reggere: ogni discussione tra le sorelle si risolveva a urla e pizzicotti.

    Le tre bambine presero un foglio e una penna ciascuna e si diressero verso il ripostiglio in fila indiana.

    Davanti a tutte Giorgia, dodici anni, prima media, riccioli biondi e visino da bambola; poi Viola, nove anni e mezzo, quarta elementare, bionda anche lei, capelli corti a caschetto, pallida come una vampiretta; infine, Vanessa, tredici anni, seconda media, capelli castani legati a coda di cavallo. A metà strada, Giorgia tornò indietro a prendere tre libri su cui appoggiare i fogli. La sua cagnetta Fortunata, una barboncina vistosamente incinta, le si accodò, ma Giorgia la rimandò a cuccia.

    Aveva raccontato più volte alle cugine il dibattito tra i suoi genitori sull’opportunità che Fortunata avesse dei cuccioli, le traversie per la scelta del partner e le modalità dell’incontro: Bisogna mettere il maschio e la femmina nella stessa stanza per una notte, così si accoppiano! Viola era stata ad ascoltare con gli occhi spalancati. Avrebbe tanto desiderato un cucciolo, ma i suoi non volevano saperne, e neanche Vanessa era dalla sua parte. Anche ora, rivolse uno sguardo affettuoso a Fortunata, che le guardava agitando la coda.

    Lo sgabuzzino era occupato da scaffali in metallo su cui erano allineati ordinatamente scatole di cartone, detersivi e casse d’acqua minerale, ma c’era spazio sufficiente per sedersi a terra, facendo attenzione all’aspirapolvere nell’angolo.

    Ci chiudiamo a chiave stabilì Giorgia.

    Mamma si arrabbia disse Viola, allarmata.

    E tu non glielo dici intervenne Vanessa in tono supponente. Non era d’accordo neanche lei, ma una buona occasione per rimbeccare la sorella non andava sprecata.

    Viola trattenne il fiato al click dell’interruttore, quando il buio la coprì come una coperta di lana. Le sembrava di sentirlo davanti al viso; le toglieva spazio, la soffocava. La stanza era diventata più stretta, come se le pareti si fossero avvicinate. Forse sarebbe stato meglio restare in cameretta e chiudere gli occhi, si disse. Magari, avrebbe potuto sbirciare se le altre imbrogliavano. Si chiese perché Giorgia e Vanessa non parlassero. Se ne sono andate. Mi hanno chiuso dentro, al buio, con i fantasmi … No, i fantasmi non esistevano. E nemmeno l’orso. Non doveva pensarci. L’orso era stato il suo spauracchio anni prima, ma era solo un grosso peluche che se ne stava nascosto nell’armadio di zia, senza denti né artigli … ma ora lo sentiva graffiare le pareti … Capì che il rumore era prodotto dalle matite di Giorgia e Vanessa e cominciò a muovere a caso la sua. Prima finisco, prima ce ne andiamo. Ora sentiva anche un odore strano, come quello del prosciutto andato a male, che era diventato verde perché l’avevano dimenticato in fondo al frigo. Non doveva pensare a cose paurose … no, disgustose. Domani andremo a prendere il gelato, e poi al cinema, a vedere la storia di Biancaneve … con la strega …

    Un rumore improvviso le fece gridare tutte e tre. Qualcuno batteva alla porta e urlava. Ci fu un momento di panico generale; le tre bambine si muovevano come pupazzi a molla, andando a sbattere l’una contro l’altra e contro gli scaffali e la porta, finché Giorgia non riuscì a girare la chiave nella serratura.

    Furono sgridate come se avessero dato fuoco alla scuola con tutti gli alunni e le maestre dentro; Viola e Vanessa ebbero uno schiaffo a testa, sebbene fosse stata la cugina a suggerire l’idea; non fu possibile indurre la mamma a cogliere questa sfumatura. Dopo la terribile minaccia: Quando lo dico a vostro padre …, la mamma tornò in cucina con zia Laura.

    Tornate nella cameretta di Giorgia, le bambine confrontarono i loro lavori.

    Uno scimmione col tutù!

    Un paio di forbici rotte!

    Un uovo di Pasqua coi trampoli!

    No, una gallina che suona il flauto!

    All’improvviso ammutolirono. Il disegno di Viola era di una chiarezza e una precisione che gli altri non avevano. Da un fitto tratteggio emergeva inequivocabilmente la figura di un ratto coi denti appuntiti, che occupava tutta la pagina, e teneva qualcosa tra i lunghi artigli della zampa sinistra: una specie di bambolotto.

    Viola non ricordava neanche di aver mosso la matita sul foglio; ripensando ai minuti trascorsi nel ripostiglio, le tornavano in mente solo l’orribile senso di solitudine e di oppressione, e la puzza di prosciutto andato a male. Era come se un altro avesse guidato la sua mano.

    Visto? Abbiamo un fantasma anche noi! disse Giorgia sgranando gli occhi.

    E basta con ‘sti film dell’orrore! Perché un fantasma dovrebbe farci disegnare un topo? replicò Vanessa. Voleva assumere un tono ragionevole, ma si rese conto di aver alzato la voce più del necessario.

    Forse è stato divorato dai topi! Bisognerebbe indagare disse Giorgia.

    Vanessa fece una smorfia di disgusto. "Le è venuto di disegnare un topo perché ieri ha rivisto Cenerentola per la centomilionesima volta".

    "Tu volevi vederla! Io volevo Aladdin!" urlò Viola.

    Quando il livello di decibel raggiunto dalla lite richiamò di nuovo l’infausta attenzione della mamma, nessuno ricordava più l’argomento iniziale della discussione.

    Il sabato successivo, Viola e Vanessa andarono a pattinare alla villa comunale. Entrambe seguivano da un paio d’anni un corso di pattinaggio, e per Vanessa quest’anno sarebbe stato l’ultimo. I genitori avevano deciso di aver speso abbastanza, tra le due mensilità e gli stravaganti costumi per i saggi di fine anno; così, avevano chiesto alla più grande di scegliere: o il pianoforte o i pattini. Prevedibilmente, Vanessa aveva scelto il pianoforte. Viola, invece, avrebbe continuato; era la più dotata delle due, e non aveva altri corsi che le occupassero il pomeriggio. Comunque, le bambine preferivano pattinare liberamente nello spazio ristretto della pista della villa, che ripetere mille volte le stesse figure al palazzetto dello sport, tra gli strilli delle alunne preferite che si contendevano i ruoli principali del saggio di fine anno come star hollywoodiane.

    Guarda come faccio il carrello!

    Arriviamo fin lì e facciamo un salto con la piroetta.

    Dopo un’ingloriosa caduta sul fondoschiena, Vanessa disse che voleva riposarsi. Viola la seguì al bordo della pista e si misero ad osservare le evoluzioni di due bambine, una con le trecce castane e l’altra coi capelli corti e neri. Erano molto brave, ma pattinavano con aria truce, l’una contro l’altra, ognuna tesa a dimostrare la propria superiorità. Che montate commentò Vanessa. Mentre Viola annuiva e stava per far partire una requisitoria, videro qualcosa che le lasciò immobili come se avessero ricevuto una secchiata d’acqua gelida in testa.

    Un ratto enorme stava attraversando di corsa la pista, proprio davanti alla bambina con le trecce, che pattinava su una gamba sola: stava facendo l’angelo. Appena vide l’animale, la bambina cercò di fermarsi; inciampò mulinando le braccia e cadde in malo modo, mentre il ratto spariva tra gli alberi. Tutti i bambini e i genitori presenti si affollarono intorno a lei, con esclamazioni di orrore e disgusto. Giaceva a terra senza muoversi, con gli occhi chiusi e le gambe in una strana posizione.

    Viola si agitava nel letto. Mi racconti una storia? chiese con voce piagnucolosa. Vanessa sbuffò. Se si accorgono che siamo sveglie a quest’ora si arrabbiano.

    E vieni qui, così parli piano.

    Hai paura, eh?

    Non è vero! quasi gridò Viola, cominciando a piangere. Era come se la parola paura avesse evocato qualcosa di brutto nella stanza buia; odiò la sorella per averla pronunciata. Vanessa andò a sdraiarsi vicino a lei e l’abbracciò; era tutta rigida.

    Pensi che è colpa mia?

    " Sia corresse automaticamente Vanessa. No, tu non c’entri niente. È stato un caso. Queste cose succedono tutti i giorni".

    Però …

    C’era una volta un re e una regina … cominciò Vanessa più veloce della luce. Quando Viola iniziava una frase con però, non la finiva più. Le fiabe, invece, la stendevano senza fallo. Quando la sentì più rilassata, cercò di alzarsi per tornare nel suo letto, ma si accorse di non voler stare da sola. Faticò molto ad addormentarsi.

    Dobbiamo ripetere l’esperimento! Giorgia era risoluta.

    No, non voglio. E se succede di nuovo?

    Proprio per questo! Pensa se hai il potere di prevedere il futuro! Potremmo andare in tv! E potremmo aiutare la gente aggiunse dopo una breve riflessione.

    Tu credi? Io penso di no disse Vanessa. Dal disegno non si capiva né cosa sarebbe successo, né dove e quando.

    Anche per questo dobbiamo riprovare. Forse, la prossima volta il fantasma ci darà informazioni più precise.

    E se anche fosse? Pensi che possiamo andare da una sconosciuta a dirle: finirai all’ospedale per colpa di un topo?

    Non voglio entrare lì dentro, mai più! ripeté Viola.

    Questa volta non giro la chiave propose Giorgia.

    No!

    Allora non ti faccio più giocare col Monopoli.

    Mamma me lo compra!

    Dai, fifona!

    L’argomento fu decisivo.

    Concentriamoci! disse Giorgia in tono ieratico.

    Così mi viene da ridere fece Vanessa. Un momento dopo si stavano scompisciando.

    Ora basta! Giorgia riprese la direzione delle operazioni. Al mio tre. Uno, due e tre!

    Viola si era abituata al buio. Pensò che questa volta non si sarebbe lasciata guidare da nessuno, fantasma o no. Non doveva pensare al sogno di quella notte. La bambina con le trecce le pattinava davanti; lei le arrancava dietro a fatica, come se, invece di pattinare, camminasse nella neve alta fino alle ginocchia. Si sforzava di chiamarla, senza risultato; aveva la gola paralizzata. Finalmente, con lentezza esasperante, la bambina girava la testa verso di lei. Aveva il muso di un topo e le mostrava i denti che masticavano qualcosa … Basta! Strinse spasmodicamente la matita.

    Vanessa si annoiava. In compagnia della cugina, nell’ambiente familiare della casa dove si sentivano echeggiare i latrati di Fortunata, i timori della notte le sembravano assurdi. Si era lasciata suggestionare. La presenza di un topo nel disegno di Viola non aveva alcun significato; era stato solo un caso, come lei stessa aveva detto alla sorella, e la bambina caduta sarebbe guarita presto. Questa volta Viola avrebbe disegnato uno scarabocchio, si sarebbero fatte quattro risate e avrebbero dimenticato l’episodio. Decise che avrebbe stupito le altre col suo soggetto preferito, che era sicura le sarebbe riuscito perfettamente anche senza guardare: una chiave di sol. Ma che cattivo odore c’era nel ripostiglio! Eppure zia Laura era così precisa nelle pulizie …

    Giorgia era eccitata. Forse, questa volta, il fantasma si sarebbe messo in contatto con lei! Non si sarebbe certo spaventata per così poco! Avrebbe ricevuto messaggi sempre più chiari e inequivocabili, con le indicazioni per ritrovare oggetti scomparsi e smascherare criminali. Sarebbe diventata famosa e l’avrebbero intervistata in tv. Avrebbe potuto mettersi il vestito rosa che aveva visto all’outlet … o era meglio

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