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A piedi nudi nella neve
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E-book142 pagine1 ora

A piedi nudi nella neve

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Info su questo ebook

Violante è una bambina vivace e molto intelligente, che vive con il fratellino e i genitori in una realtà povera, ma impreziosita da piccoli e grandi gesti d’amore. 
La sua quotidianità e quella del paesino in cui abita vengono stravolte, però, una notte in cui un brutto temporale si abbatte sulla cittadina: Violante non riesce a prendere sonno, così, per passare il tempo, si affaccia alla finestrella della camera che condivide con tutta la famiglia. Ciò che vede è destinato a cambiare per sempre la sua vita: una figura alta e possente colpisce una bambina e la porta via con sé…

Maria Laura Buonocore è nata il 16 dicembre 1961 a Mariano Comense, in provincia di Como. Sposata, madre di tre figlie, vive in un piccolo paesino in provincia di Lecco, Airuno.
Ha conseguito un diploma Magistrale e uno in Puericultura.
Nel 2020 ha pubblicato Il male minore.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2022
ISBN9788830665668
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    Anteprima del libro

    A piedi nudi nella neve - Maria Laura Buonocore

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di Lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    CAP. I

    Poco prima Violante era in cucina in piedi su una sedia, immaginando di essere un bellissimo uccello che volava. Lei voleva volare… volare via per sempre… Si buttò giù dalla sedia, ma cadde in malo modo finendo sul pavimento di granito. Prima di finire al suolo, sbatté contro lo spigolo dello schienale della sedia che a seguito del suo slancio si era ribaltata. L’orecchio cominciò a sanguinare, spaventata, si mise a piangere esageratamente, forse per poter attirare l’attenzione di suo padre. Ma non venne nessuno. Per la paura le scappava la pipì e siccome la turca era situata nel grande cortile al pian terreno, decise di andarci da sola. Aprì la porta e percorse il ballatoio esterno e due rampe di scale, mentre l’orecchio continuava a sanguinare e a farle un male atroce. Aveva cominciato a nevicare dal mattino, l’aveva vista dalla finestra della cucina. Scendevano dei grossi fiocchi di neve dal cielo, a lei sembravano piume leggere che volteggiavano nell’aria, ricoprendo a poco a poco tutto il suo mondo, quello che lei vedeva dalla sua finestra. Quando immerse i suoi candidi piedini bianchi nella neve, le piacque molto, la sensazione che provò fu quella di immergerli nell’acqua fredda, ma anche quella di metterli in una soffice coperta di lana. Di solito quando era in casa, e c’era solo papà, solevano stare a piedi nudi, era una specie di gioco fra di loro, per sentire l’energia della terra e altre baggianate simili. Aprì il piccolo chiavistello e quando la porta di legno si spalancò, immediatamente ne uscì un odore nauseabondo di urina. Quella era la latrina di tutto il caseggiato, i poveri diavoli non avevano il bagno in casa, come le famiglie ricche. Faceva freddo, e in particolare là dentro, anche perché indossava solo il pigiamino con le fragoline rosse che le aveva regalato la zia Jole. La mamma era al lavoro quel pomeriggio, e Seba, il suo fratellino, dormiva di sopra in una piccola culla. Il papà, quando c’era Brunella in casa, non si curava molto di lei. Aveva sentito dire alla mamma che Brunella era una ragazza madre originaria del Veneto e che un cialtrone l’aveva messa incinta per poi abbandonarla al suo destino e quindi bisognava aiutarla. Un giorno sentì che lo diceva a Ramona, la sua migliore amica. Brunella si accontentava di un salario basso, e un piatto caldo. Era ospitata dalle suore Orsoline, che la tenevano lì per carità cristiana. Il suo bambino invece, purtroppo, glielo avevano portato via gli assistenti sociali perché non in grado di sostentarlo. La mamma l’aveva presa per badare a lei e al suo fratellino durante la sua assenza, mentre papà faceva i turni in fabbrica. Quando faceva la notte, di giorno doveva pur riposare. Il suo fratellino si chiamava in realtà Sebastiano come il nonno, ma tutti lo chiamavano Seba, era più corto e più comodo. Era un bellissimo bambino, aveva i capelli biondi, tutti ricci, e grandi occhi azzurri. Era magro come un chiodo, con le braccia e le gambe molto lunghe. Si poteva già intuire che da grande sarebbe diventato molto alto. I parenti, quando lo guardavano, dicevano che sarebbe diventato uno spilungone e che assomigliava moltissimo al nonno, da cui appunto aveva preso il nome. Violante, quando era in quella fetida cabina, spesso trovava dell’urina per terra o delle feci sulla ceramica bianca dove appoggiava i piedini. Alcune persone che usufruivano del bagno erano delle bestie e non degli uomini, perché solo le bestie la fanno in terra. Diceva spesso la mamma, quando con una vecchia scopa di saggina e un secchio d’acqua con dentro della varechina, scendeva per dare una pulita. Quando trovava il bagno in quello stato a Violante veniva da vomitare. Di giorno lei e la sua famiglia, con qualsiasi tempo, pioggia, vento o neve, come in quel caso, dovevano scendere da basso. Tranne di notte, quando la mamma metteva un pitale sotto al letto matrimoniale, di cui si servivano tutti per i propri bisogni. Ad un tratto, chissà perché, le venne in mente quel pomeriggio di dicembre, di un paio di settimane prima. Non aveva dimenticato. Vide suo padre e Brunella che bevevano il caffè seduti al tavolo della cucina, suo padre si accese una sigaretta, mentre la tata metteva le tazzine di porcellana bianche con i fiorellini azzurri nel lavandino e cominciò a lavarle. Suo padre si avvicinò a lei e l’abbracciò da dietro sussurrandole qualcosa all’orecchio, era convinto di non essere visto. Violante era di spalle, di tre quarti ma con la coda dell’occhio riuscì a vederli. Lei e il fratellino erano in un angolo della stanza a giocare con le macchinine. A lui piaceva moltissimo giocare con le sue macchinine. Poi lui e lei andarono di sopra, il padre gli disse di stare buoni per dieci minuti. Mentre percorrevano la scala, lei rideva, perché suo padre le aveva dato una manata sul sedere. Alla tata, sembrava farle piacere, e tutte e due scherzarono e risero fino a quando arrivarono al piano superiore. Forse pensavano che Violante fosse solo una stupida bambina, ma in realtà era una bambina sveglia, anche se poteva dare un’impressione sbagliata. Anni dopo le dissero che aveva un quoziente intellettivo superiore alla norma. Lei si accorgeva di tutto, e aveva capito tutto quanto. Aveva capito che al padre piaceva la babysitter, anche se faceva finta di non capire e di non vedere, sperando che il padre rinsavisse. Era molto matura per la sua età, lo era sempre stata… poi i ricordi svanirono. Faceva molto freddo, tremava. Risalì di sopra e vide delle macchioline di sangue, il suo sangue era sugli scalini e sul ballatoio, poi rientrò. Loro non si accorsero nemmeno che fosse uscita, aprì un cassettino della grande credenza bianca in cucina cercò qualcosa con cui medicarsi l’orecchio, che nel frattempo aveva smesso di sanguinare. Trovò dei batuffoli di cotone e la bottiglietta dell’alcol, con quello cercò di disinfettare la ferita alla

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