Il mistero della vecchia scuola
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Impressionati dalla notizia del rapimento, Rebecca e Pigi cominceranno a prestare attenzione a una serie di strani avvenimenti che avvengono nei dintorni della vecchia scuola in cima alla collina, poco lontano dalla casa di Rebecca. Poi il sospetto: che ci sia un legame fra la scomparsa di Fabio e gli strani segnali luminosi provenienti dalla vecchia scuola?
I due ragazzi, spinti dalla curiosità e dalla necessità di aiutare Fabio, vanno incontro a una vicenda avventurosa che farà emergere tutta la verità dietro il mistero della vecchia scuola e il rapimento del giovane, e scopriranno la vera natura del loro legame.
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Anteprima del libro
Il mistero della vecchia scuola - Alessandra Montali
Montali
Capitolo I
REBECCA E PIGI
«Oggi faremo proprio tardi. Forza Rebecca! Chi lo sente il prof Narcisi!» diceva Pigi, fermo come ogni mattina di fronte all’edicola della signora Luisa. Lo sguardo preoccupato si spostava dall’angolo in fondo alla strada all’orologio della piazza, che già segnava le sette e quaranta. Pigi sapeva perfettamente che il prof Narcisi non avrebbe tollerato nessun ritardo nonostante l’atmosfera natalizia, ma era il loro ultimo giorno di scuola prima delle attese vacanze natalizie e anche il freddo, quella mattina, sembrava più dolce.
Finalmente la vide sbucare in fondo alla via, di corsa come al solito, con lo zaino che le sussultava sulle spalle robuste.
«Scusa, sono più in ritardo del solito», esclamò Rebecca, ansimante, le guance rosse per la corsa.
Pigi le sorrise scrollando la testa e insieme si incamminarono a passo spedito verso il Liceo, dove frequentavano il secondo anno del corso B.
Pigi non era il suo vero nome, ma ormai si era talmente abituato a sentirsi chiamare così che, quando qualcuno si rivolgeva a lui chiamandolo Pierluigi, ci metteva qualche istante prima di realizzare che si trattasse proprio di lui. Rebecca rientrava fra le poche persone che ancora lo chiamavano Pierluigi. Mai si era lasciata sfuggire un Pigi, forse per sbaglio.
I due ragazzi si conoscevano da sempre: le loro mamme erano grandi amiche fin dall’infanzia e loro erano nati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altra, ed erano cresciuti insieme, insieme alla scuola dell’Infanzia, alla Primaria, alle Medie e ancora insieme al Liceo.
Pigi si trovava molto bene con Rebecca, più che con qualsiasi altro amico. Era convinto che lei non fosse una ragazzetta smorfiosa, tutta lucidalabbra e mascara. Altroché! Rebecca era proprio una tosta. Si distingueva per la sua altezza e il portamento piuttosto slanciato, inoltre era una cintura marrone di karate. Nonostante avesse il viso illuminato da grandi occhi nocciola e da un'espressione molto dolce, i modi erano quelli di maschiaccio.
Pigi non l’aveva mai vista con una gonna o con un vestito, ma sempre in jeans, maglia e, ai piedi, le coloratissime sneakers che le permettevano un passo sostenuto e naturalmente… la corsa mattutina fino all’edicola.
Quando arrivarono all’entrata dell’edificio, Rebecca notò subito le solite smorfiose della 2a A, tre oche giulive che lanciavano occhiate languide al suo amico.
«Bello!»
Sospirò una del gruppo al loro passaggio.
«Quegli occhi blu sono un incanto!»
Fece eco l’amica, non preoccupandosi troppo di bisbigliare.
«E che fisico! Sarà uno e ottanta», concluse l’ultima.
A Rebecca non sfuggì neanche una parola; si girò a guardarle e poi sbirciò il viso di Pierluigi che, ignaro di tutto, continuava a camminarle a fianco. Il ragazzo non aveva idea di essere al centro di tante attenzioni femminili. Per di più, negli ultimi mesi, si sentiva decisamente poco attraente, perché era diventato miope ed era stato costretto a mettere gli occhiali, che, a suo dire, lo facevano sembrare un altro. A nulla erano valse le rassicurazioni del papà e della mamma sull’aria da intellettuale che quella montatura squadrata gli conferiva.
Salirono le scale e arrivarono al secondo piano, dove si trovava la loro classe, e proprio lì davanti stazionava Pietro, tutto impettito nella maglietta attillata che evidenziava i muscoli.
«Buongiorno talpa!»
Esordì simulando un inchino davanti al compagno, per poi fare un ampio sorriso alla ragazza.
«Ciao, Rebecca! La mia campionessa di karate», ma lei non lo degnò neanche di uno sguardo.
Una serie di risatine si diffuse lungo il corridoio. Pigi fece finta di niente anche se avrebbe voluto sganciargli un bel pugno; Rebecca invece, sempre pronta a cogliere le sfide, si fermò, si girò verso Pietro e gli rispose con il sorriso sulle labbra: «Lui può togliersi gli occhiali quando vuole. Tu non puoi toglierti neanche per un secondo quel brutto naso che hai!»
Un coro di risate si alzò nella classe, facendo capire che Rebecca l’aveva messo al suo posto.
Si sedettero al loro banco e, mentre sistemavano gli zaini, Pigi sussurrò un grazie all’amica.
Rebecca gli si avvicinò e sottovoce gli suggerì: «Devi rispondergli per le rime, sennò Pietro non ti lascerà mai in pace. Per un attimo dimentica le tue buone maniere e trattalo male, come faccio io.»
Pigi le rivolse un sorriso complice e lei pensò che quel sorriso era in grado di rendere belli tutti gli occhiali del mondo. Era la prima volta che le balzava alla testa un pensiero simile e per un attimo ne rimase turbata.
«Che cos’hai?» le chiese, notando il repentino cambiamento di espressione sul viso della ragazza.
Rebecca scrollò la testa evitando di guardarlo e proprio in quel momento entrò in classe il professor Narcisi. Il silenzio calò mentre l’uomo tirava fuori dalla cartella le verifiche di matematica. Dopo essersi seduto iniziò a chiamare gli alunni per la consegna e accolse con un sorriso sia Pigi che Rebecca, perché i loro elaborati erano ottimi.
«Non ci ho messo penna», esclamò soddisfatto.
In effetti i due ragazzi erano da sempre molto bravi a