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L'Inferno
L'Inferno
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E-book474 pagine5 ore

L'Inferno

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Info su questo ebook

4672 endecasillabi a rima incatenata, in confezione di 34 ‘Canti’.

Indicazioni.
Lettura indicata per studenti liceali, specie se affetti da pruriti linguistici esterofili o smanie di neologismi; per studenti universitari (glottologia e filologia); per convalescenti, dimessi guariti dagli ospedali; per lettori curiosi. Per garbato omaggio a Dante ed alla lingua italiana.

Precauzioni per l’uso.
Il testo dev’essere letto consultando pazientemente le note a piè di pagina, quantomeno ad una prima lettura, in particolare per i vocaboli di ‘italiano delle origini’.

Meccanismo d’azione.
Opera di argomento tragicomico – finché non si varca la dimensione della metafora - si avvale di contenuti per sé anti-poetici (violenze, bassezze umane, escrementi, rancori, avidità, fanatismo), ponendosi la sfida di trarne poesia mediante procedimenti metrico-ritmici e fono-simbolici del verso. Che il proposito sia stato talora raggiunto, giudicheranno i lettori.

Controindicazioni – effetti indesiderati.
Nei lettori affetti da seriosità il testo può causare irritazione. La lettura è inoltre controindicata per i lettori inclini a sviscerare i ‘significati’ di un testo e poco interessati ai ‘significanti’.

Avvertenze speciali.
L’impiego di vocaboli di italiano delle origini (secoli XIII, XIV e XV) è progressivamente più intensivo con il procedere dei ‘Canti’: si consiglia una lettura a piccole dosi. L’opera non è autobiografica: non confondere mai il personaggio che parla ‘in prima persona’ (io-poetante) con l’autore.

Tenere il testo fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.
LinguaItaliano
Data di uscita25 feb 2017
ISBN9788826030807
L'Inferno

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    Anteprima del libro

    L'Inferno - Marco Maria Orlandi

    Marco Maria Orlandi

    L'inferno

    L'inferno

    © Marco Maria Orlandi

    Edizione Marzo 2017

    Per osservazioni o domande scrivere a: cordadirecita@gmail.com

    Impaginazione di Daniele Imperi

    Indice

    L'inferno

    Premessa

    Canto Primo

    Note

    Canto secondo

    Note

    Canto Terzo

    Note

    Canto Quarto

    Note

    Canto quinto

    Note

    Canto sesto

    Note

    Canto settimo

    Note

    Canto ottavo

    Note

    Canto nono

    Note

    Canto decimo

    Note

    Canto undicesimo

    Note

    Canto dodicesimo

    Note

    Canto tredicesimo

    Note

    Canto quattordicesimo

    Note

    Canto quindicesimo

    Note

    Canto sedicesimo

    Note

    Canto diciassettesimo

    Note

    Canto diciottesimo

    Note

    Canto diciannovesimo

    Note

    Canto ventesimo

    Note

    Canto ventunesimo

    Note

    Canto ventiduesimo

    Note

    Canto ventitreesimo

    Note

    Canto ventiquattresimo

    Note

    Canto venticinquesimo

    Note

    Canto ventiseiesimo

    Note

    Canto ventisettesimo

    Note

    Canto ventottesimo

    Note

    Canto ventinovesimo

    Note

    Canto trentesimo

    Note

    Canto trentunesimo

    Note

    Canto trentaduesimo

    Note

    Canto trentatreesimo

    Note

    Canto trentaquattresimo

    Note

    Canovaccio della trama

    Premessa

    Esercizio di versificazione, con impiego anche di vocaboli dell’italiano antico (dal ‘200 al ‘400, in particolare del tempo di Dante).

    Si riportano note a piè di pagina, specie a commento dei vocaboli di italiano delle origini, rinviando il lettore interessato al TLIO (Tesoro della Lingua Italiana delle Origini) ed al suo motore di ricerca. Ringrazio con l’occasione il fondatore Prof. Pietro G. Beltrami, che ancora nel marzo 2007 mi autorizzò a citare i riferimenti tratti dal TLIO.

    Non è opera di ‘contenuti’ (significati), al contrario mira ad esplorare il ‘contenente’ (significante), ed invita pertanto il lettore a rivolgere l’attenzione non al ‘cosa si è voluto dire’ ma al ‘come lo si è detto’, con particolare riguardo all’impiego di espedienti metrico-ritmici e fono-simbolici.

    Il personaggio che ‘parla in prima persona’ (io-poetante) non ha nulla a che vedere con il sottoscritto. I riferimenti ‘medico-chirurgici’, talora puntuali, più spesso sono puramente fantasiosi.

    Marco M. Orlandi

    Canto Primo

    Ottobre 2002

    A mezzo del cammin di nostra vita

    mi ritrovai dentro una stanza oscura¹

    semincosciente e la gola ostrüita

    da un grosso tubo² che facéa paura.

    Vedevo poco e ancora meno udivo

    eccetto un bip³ a metrica insicura,

    ma ancora per fortuna non capivo

    che del mio core stava risonando;

    quando d’un bòmbito sì progressivo

    come ‘l tirannosauro fa avanzando,

    un’ombra chiara e larga ed ansimante

    ver me parve avvenire⁴ barbugliando

    e vidi un’infermiera raggelante

    chinarsi perigliosa sul mio braccio:

    sì com’un chiavo mi dolse assaettante

    quell’infilzata⁵, e dopo un poco ‘l laccio

    che rischioccando com’una vergata

    sul fianco lì di presso all’avambraccio

    bruciò com’una piaga inaspettata.

    Rimasi trepidante ed agitato

    fintanto che la magalda tarchiata

    si volse come grosso carro armato

    che muove e riscompare dreto un muro.

    Allora ‘l core fu un poco calmato

    e risentendomi quasi sicuro

    cercai la quiete dopo l’ansimare.

    Come in campagna a sera da un tratturo

    in lontananza fuor dal casolare,

    per un televisore che sta acceso

    riusciamo a udir la voce risonare,

    cos’io se mantenéa l’orecchio teso,

    da qualche infermeria lì non distante

    udir potéa d’un gioco⁷ il suon proteso

    e d’infermieri il ciarlo sottostante.

    Quand’a berciare fu un pubblicitario

    sì ch’infrenò⁸ la cronaca parlante⁹,

    bentosto accorse un parasanitario

    da me per brancicare al tubo appresso.

    Astivo¹⁰ e con un fare autoritario,

    per aspirare in gola a fianco d’esso

    ficcò deciso un altro tubicino¹¹

    che mi fe’ scàndere ‘l più vil reflesso¹².

    "Sta’ tranquillo, che grazie al palloncino¹³

    del tubo, nella gola rigonfiato.."

    fe’ l’infermiere vegnuto vicino,

    "il vomito ai polmoni non è andato

    e all’indietro alla peggio ridiscende…"

    Si grazie ho ripensato consolato,

    "però quelle rigurgitate orrende

    son io che l’ho ingollate a buzzo lordo¹⁴"

    Ma quello già a rimenare riprende:

    e come quei che dreto al fuoribordo

    arbo¹⁵ ristrappa¹⁶ il cavo¹⁷ del motore

    e s’accanisce s’esso resta sordo¹⁸,

    così colui tirando con furore

    fuor dalla strozza il tubo trasse a stratto¹⁹

    quando m’accorsi e vidi con orrore

    che con la canna un bàndolo scarlatto

    uscì cadendo a terra spinto vïa.

    Tosto compresi che ‘l listèl sottratto

    era una corda della voce mïa!

    Appena quei ritornò alla partita,

    lesto calai la brava mano pïa

    che mi ricolse la carne smarrita:

    un soffio appena per disinfezione

    e con furtiva bocca fu carpita.

    Rivolta attorno un’occhiuta ispezione

    temendo un altro periglioso attacco,

    vidi un compare che con afflizione

    Ahia!.. gemette "..quanto sono fiacco!

    Qui siamo di corsia de’ rianimandi²⁰,

    fra quei che temon l’eterno distacco²¹,

    fra quelli ch’hanno li problemi grandi.

    Per me fu un’occlusione intestinale

    e resecato fui da venerandi

    e dotti professori senza eguale,

    ma poi complicazioni mi colpiro

    e fui qui trasferito per il male.

    L’altr’ieri due energumeni veniro

    con un boccione ed una canna floscia²²,

    ma prima di ricollegarla in tiro²³

    scostaro bruschi la mia chiappa moscia.

    Come l’antico cacciator, sì croio²⁴,

    vista la preda sulla molle bioscia

    spignéva e rispignéva ‘l calcatoio

    dentro la canna lunga del fucile,

    così un di lor preso lo schizzatoio

    mi schidionò furiosamente ostile

    con mucronata canna nello speco²⁵.

    Aperto il boccio simile a barile,

    ancor per poco abborracciando meco,

    giraro ‘l tergo e se n’andaro altrove…"

    "..E v’è alcuno che fa scolta di sbieco²⁶?.."

    "Niuno ritorna e vede, né rimuove!..

    A un certo punto dentr’a me un brüire

    prìa alla ventraia, poscia in suso move

    fin’al cannale²⁷ a farmi impallidire:

    e mentre un grido stavo per aciare²⁸

    la broda empì la bocca a imputridire

    e la mi’ labbia prese ad invaiare.

    Serrai le labbra e li occhi e feci forza:

    e come ‘l fiume in piena pari a un mare

    soverchia della diga l’aspra scorza²⁹

    e la frantuma e la travolge seco³⁰

    fuori esplodendo che verun lo smorza,

    così dal mio pertugio a furor cieco

    eruppe nella stanza e fra li letti

    tutto il purino e quell’odore bieco³¹."

    ..E che successe agli altri poveretti?.. .

    "Mentr’io sorgeva un poco sollenato,

    pel putòre³² quest’altri qui negletti³³

    un lamentare mesto hanno innalzato

    e al postutto un inserviente vegnuto

    diede una ramazzata trascutato

    ed acavò³⁴ ‘l mestiero in un minuto."

    Così nell’ascoltare questi affanni

    felice fui d’esser sopravvissuto.

    Fu allora che tra quei bianchi tiranni³⁵

    m’apparve un’ombra con litoide accento:

    "Presto raccogli i tuoi malsani panni³⁶!.."

    roco sommosse quel barbato mento,

    "vuolsi così dal càmice primario

    ch’altrove per un altro trattamento

    tu vegna e per li raggi al macchinario.

    Movi la gamba tua ammencita e adusta

    chè già t’aspetta d’ingoiare il bario!"

    Come la chiocciola il suo peso aggiusta

    allumacando greve e titubante

    e alfin s’avanza per la viuzza angusta,

    cos’io esitando dreto al comandante³⁷,

    già tremebondo m’addopai a lüi

    com’acchinato³⁸ move il mendicante.

    Carche le braccia come mai non füi,

    la mia cartella clinica acceffando

    da cane baglionato di costüi³⁹,

    gli tenni dietro, ubbioso e raggricciando.

    Note

    1 In Ospedale, in una sala della Terapia Intensiva (Rianimazione)

    2 il tubo oro-tracheale

    3 il bip che segnala la frequenza cardiaca sul monitor in sala rianimazione

    4 giungere, dirigersi, arrivare: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. Fatti di Cesare XIII (sen.) - Semintendi 1333 (prat.) - Ottimo, Par. 1334 (fior.) - Tristano Veneto, XIV]

    5 puntura del prelievo venoso

    6 similitudine ambivalente: riguarda il conseguente, ma si riallaccia (quiete..campagna a sera) all’antecedente, come immagine di quiete, per non creare uno stacco troppo netto

    7 partita di calcio teletrasmessa

    8 interruppe: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. Ciampaolo di Meo Ugurgieri, 1340 sen.]

    9 la telecronaca

    10 frettoloso: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.)]

    11 la cannula d’aspirazione che si utilizza prima della rimozione del tubo endotracheale

    12 il riflesso del vomito

    13 palloncino che rigonfiato occlude il lume tracheale impedendo in caso di vomito un reflusso di acidi gastrici in trachea e quindi nei polmoni, che determinerebbe una grave sindrome di distress respiratorio (ARDS)

    14 a stomaco ripieno ancora dello stesso vomito

    15 aspro [aspramente, selvaggiamente]: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. A. Pucci, Centiloquio, 1388 (fior.)]

    16 strappa ripetutamente

    17 la cordicella che si tira per avviare il motore della barca

    18 se il motore non parte

    19 le allitterazioni ‘stro..tra..stra’ tendono a sottolineare l’asprezza e il malo modo dell’infermiere

    20 Corsia di Rianimazione, di Terapia Intensiva

    21 il distacco definitivo della respirazione assistita, o anche il distacco da questo mondo

    22 l’occorrente per un clistere

    23 prima di connettere il tubo alla boccia

    24 indurito, rude: cfr. Jacopo Passavanti, Tratt. Scienza, 1355 (fior.) - Sacchetti, Trecentonovelle, XIV (fior.)

    25 l’ano

    26 c’è qualcuno a controllare, sia pure di sfuggita, il liquido che scende?

    27 esofago: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. Sacchetti, Rime, XIV (fior.)]

    28 alitare, fiatare: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. S. Caterina, Libro div. Dottr. 1378 (sen.)]

    29 la robusta struttura

    30 impiego del polisindeto ai fini espressivi

    31 il liquame espulso dall’intestino dall’odore nauseabondo

    32 puzzo: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. Bonvesin, Volgari, XIII (mil.) - Bestiario d'Amore, XIV (pis.)]

    33 gli altri degenti in sala di Terapia Intensiva

    34 portò a termine: vocabolo in uso nel ‘400 [cfr. Girone il Cortese, XIV-XV (tosc.)]

    35 gli infermieri con le divise bianche

    36 tutte le tue cose

    37 ai comandi del parasanitario

    38 chinato, chino, disposto: vocabolo in uso ai tempi di Dante [cfr. Ottimo, Par. 1334 (fior.)]

    39 reggendo in bocca la cartella clinica, come fossi il suo cane che lo segue reggendo in bocca un osso / nelle ultime tre strofe vengono utilizzate sullo stesso personaggio 3 similitudini [come la chiocciola..com’acchinato…da cane baglionato] con la funzione di tre fermi-immagine di momenti ravvicinati di un’azione

    Canto secondo

    Uggendomi¹ di retro all’infermiere

    alfine entrai nella Radiologïa.

    Dal corridoio si vedéan barriere,

    e veti e allarmi a far da gallerïa.

    Tanti degenti in fila accomodati

    a paro di chi sta in astanterïa:

    il primo dei pazienti qui allineati,

    paréa ben desto e di malori indenne,

    l’orecchie tese e li occhi spalancati,

    seduto ritto come quelle antenne

    pronto a scattare al suon della maniglia,

    primo rumor di liturgia solenne.

    Anche il secondo un po’ gli rassomiglia,

    con mezzo labbro piegato al sorriso

    pel posto che l’attesa gli assottiglia,

    e l’altro mezzo che intristisce il viso

    per il timor d’andare sotto a breve.

    Il terzo poi si mostra già più assiso:

    sol verso me lancia uno sguardo lieve

    come si osserva l’ultimo arrivato,

    dentro la noia d’una attesa greve.

    Il quarto e il quinto e l’altro candidato

    per lunga fila sino a me qui in fondo

    paréa ciascun più o meno ammammolato

    ognun piegato da torpor profondo,

    quand’ecco in questa quiete da convento

    fra qualche bucinar² di sottofondo

    un cigolìo s’udì sinistro e lento

    d’una maniglia sempre più ritorta

    e finalmente com’un grande evento,

    d’un dei lavori³ uscì la schiena sporta⁴

    ma volse via senza mostrare ‘l muso.

    Come il tifoso, visto il tiro in porta,

    s’alza di scatto d’un ardor perfuso,

    e dopo il fuori torna ad ammosciarsi,

    così quel primo, dall’invito escluso⁵,

    balzato su, tra il sedersi e l’alzarsi,

    le chiappe sollevate e ‘n fuori ‘l mento,

    finì per ustolare e acculattarsi.

    Seguì l’attesa e l’intorpidimento

    e tutti noi a forza di guardarli,

    muri soffitti ed ogni arredamento,

    potevasi a memoria rammentarli

    per quanta vita ancor ci rimanëa.

    Attanto⁶ si sentivano dei ciarli

    d’alcun che dietro un uscio si ponëa

    come se stesse per uscire fuori.

    Ognun di noi lo sguardo rivolgëa

    a quella porta palpitando i cuori,

    ed ecco il secco scrocchio rieccheggiare

    a dirci la partenza dei lavori⁸.

    Il primo! con il guardo a fiammeggiare

    la roca voce ingiunse e ‘l poveretto

    là ritto s’infilò senza ondeggiare.

    La porta fu chiavata⁹ in modo netto

    ma in fila più nessun s’appisolava,

    talun desiando un altro gabinetto¹⁰.

    Il terzo specialmente tremolava

    l’esame suo temendo doloroso,

    e quel prima di lui lo consolava:

    "Non aggia quest’aspetto timoroso,

    or tocca a me, l’attendo da gran tempo"

    gli disse il mezzo labbro pensieroso,

    ma l’altra metà bocca nel contempo

    saliva soddisfatta pregustando

    di rifuggir la coda rìa anzitempo.

    E mentre questi stava mulinando,

    l’alano¹¹ cano¹² uscì col ringhio pronto

    tra i suoi fogli dapprima rovistando:

    Il prossimo! latrò rivolto al tonto¹³.

    Son io! le rime¹⁴ alzando dai due lati,

    disse sperando d’evitar l’affronto¹⁵.

    No l’altro! a lui con toni raggelati

    fece e scomparve tosto col prescelto.

    Di nuovo in bocca gli angoli calati,

    e su e giù con fare via più svelto

    le gote sue parevano ballare:

    otta ‘n calare perché non fu scelto¹⁶,

    otta ‘n salire se per favellare

    cercava ne’ vicini un qual conforto,

    ma quelli, con i fogli a trastullare¹⁷,

    restavan sordi e con il guardo assorto.

    A furia di ballar le gene mosce

    paréano paraorecchi di riporto¹⁸

    lasciati penzolare a stringhe flosce.

    Tutti ‘l passaro, io pure sfinito,

    pronto pel bario quasi senza angosce,

    ma non lo feci ch’era ormai finito¹⁹.

    I bianchi càmici senza badare

    usciro poscia insieme in modo unito,

    le sue gote danzanti ad ignorare.

    Ei corse loro dreto accentüando

    le preci col sorriso o il protestare,

    la maschera nel tragico mutando.

    Rimasto seco stesso non fermava

    l’evoluir di guance a sé parlando

    trovando almeno chi²⁰ ragion gli dava.

    E come in cielo l’ali dell’airone

    soffici sbattono l’aperta²¹ cava²²

    se rallentando²³ il video le propone,

    così le lunghe gote da mastino²⁴

    quegli agita di nuovo e ricompone.

    Ma da una porta appresso un uomo fino²⁵

    uscì di fuori con la scopa in mano:

    divisa grigia e con un berrettino,

    la gomma ruminava piano piano

    reggendo l’altra man la sigaretta.

    Lo sgabuzzin del corridoio arcano²⁶

    fu quinci chiuso con serrata stretta.

    Da l’ultima speranza risospinto

    quei delle gote dietro a lui s’affretta

    porgendo il foglio con parlar convinto:

    "Mirate voi la mia ragion diritta!

    Datemi chiarigion²⁷! ..ché fui respinto?"

    L’alepo²⁸ sputacchiò la gomma fitta²⁹

    e prese nella bocca l’altra cicca,

    così potè la man tener ben ritta

    la carta, e soddisfare quella picca:

    lesse appensato³⁰ com’un bacalare,

    mùtolo e in guisa di colui ch’ammicca³¹.

    Dopo un momento la lasciò cascare

    sopra le mani tese ed appalmate.

    Girò la schiena e cominciò a spazzare.

    Come chi posa³² alle tele ispirate,

    per la pittura d’umana figura,

    e perché sieno bene tratteggiate

    resta lì fiso come statua dura,

    così colui rimase come pietra

    senza darsi cagion della iattura.

    Subito dopo con la faccia tetra

    giù s’accasciò nella sedia padrona³³:

    rivolto alla sua scheda ora l’impetra,

    e come per parlar’a una persona

    sfoga con essa sola ‘l suo rancore.

    La cicca l’altro in terra già abbandona

    lasciando il corridoio nell’odore³⁴,

    poscia spegnendo le luci all’offeso³⁵,

    ch’aizaricato³⁶ inciampò e con bruciore

    cadde di man sul mozzicone acceso.

    Note

    1 annoiato

    2 rumoreggiare, mormorare: cfr. anche Apollonio di Tiro, XIV (tosc.-venez.) - Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.) ed al.

    3 di un addetto dell’ospedale

    4 uscì mostrando la schiena ai pazienti

    5 accenti sulle sillabe 2-4-8-10, il verso successivo sulle sillabe 2-4-7-10, il verso ancora successivo sulle sillabe 2-6-10: continuo variare del ritmo dei versi, per sottolineare l’esitazione e la sospensione

    6 frattanto: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Fiore, XIII (fior.) - A. Pucci, Guerra, 1388 (fior.) ed al.

    7 anche qui le alliterazioni, quasi onomatopeiche, ‘secco..scrocchio..riecche’ sono impiegate ai fini espressivi, per evocare il rumore d’apertura di una serratura

    8 che stavano iniziando a chiamare i pazienti

    9 chiusa a chiave: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Stat. pis., 1304 - Legg. S. Caterina ver., XIV ed altri

    10 per la tensione, non il gabinetto radiologico

    11 l’infermiere addetto a chiamare i pazienti

    12 candido, bianco [con il camice bianco]: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Cecco d'Ascoli, Acerba 1327 (tosc.-ascol.)

    13 il terzo paziente, tremebondo

    14 cercando di sorridere per compiacenza

    15 che altri gli passassero avanti nella fila

    16 accenti sulle sillabe 1-4-6-10; il verso successivo presenta accenti sulle sillabe 1-4-10; il verso ancora successivo, sulle sillabe 2-6-10: lo stato d’inquietudine del personaggio viene tratteggiato con ritmi e lunghezze differenti; al primo ‘otta’ il verso si chiude con se stesso – al secondo ‘otta’ mediante enjambement il verso si allunga nel successivo, per proseguire ancora nei versi ulteriori

    17 fingendo di leggere le proprie carte cliniche

    18 di copricapo i cui paraorecchi possono riportarsi in su allacciati quando non servono o sciolti in basso a ricoprire le orecchie o anche lasciati penzolare quando non allacciati sotto il mento

    19 la scorta di pasto baritato era terminata

    20 sé stesso

    21 apertura: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Dante, Commedia-Purg. 1321 c.4 e 19

    22 con l’apertura alare incavata verso il basso nell’atto di sostenersi in volo – per ‘cava’ cfr. anche Simintendi, 1333 (prat.)

    23 nella ripresa al rallentatore

    24 mastino napoletano

    25 magro

    26 quasi spettrale perché quasi tutti se n’erano andati

    27 spiegazione: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Ottimo, Par. 1334 (fior.) - Boccaccio, Esposizioni, 1373-74

    28 servo [inserviente]: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342

    29 la gomma da masticare ormai schiacciata

    30 sapiente, saggio: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Boccaccio, Decameron 1370

    31 fingendo di capirci qualcosa

    32 il modello che posa nello Studio del pittore

    33 perché il destino lo costringe sempre a rimaner seduto

    34 di fumo

    35 a quella vittima rimasta sola nel corridoio

    36 alzatosi: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Anonimo Rom., Cronica, XIV

    Canto Terzo

    Alante¹ m’arrassai ² dai foschi raggi

    e mi trovai dentr’a la Chirurgia:

    bentosto un’infermiera nei paraggi

    m’indicò un letto, non senza albagia,

    sì che potei giù scaricare i pesi.

    Tutt’attorno mirando con ubbïa

    un letto vidi voto e quinci chiesi:

    ..Perché dallo inquilìn non è occupato?..

    Quei mi spiegaro e subito compresi

    ch’addemano ³ a buon’ora fu operato

    e che da ciarlo d’un infermeria

    poscia sarebbe a breve ritornato.

    ..Quando si mangia da vossignoria?

    "E’ mezzogiorno, il pranzo è già passato,

    e poi non era una ghiottoneria;

    già mai veruno uscì di qui ingrassato,

    si pranza all’undici, per caragrazia!..

    ..e l’appetito già riman guastato".

    Come la iena mai per fame sazia

    guata ed annusa quel bestìn di preda

    e poi le carni disossando strazia

    cos’io digiuno più che non si creda,

    mossi a quel letto come fan gli intrusi.

    Frugando il mobiletto che ‘l correda,

    trovai i biscotti e ‘l cassetto richiusi,

    quei divorando con vorace affanno,

    e li altri musi ammutaro⁴ affamusi ⁵ .

    Tosto infilato sotto il caldo panno

    vidi entrar dopo un poco un letto strano

    che si movéa su rote senza danno,

    anche se dreto uno spignéa villano,

    e s’astallò⁶ vicino a quel diserto

    ove fu posto il pondo sì malsano.

    Quei come mummia di bende coverto,

    avéa la testa avvolta tutt’attorno

    fore che il naso dal respiro incerto.

    Anche la mano destra per contorno

    era fasciata intera, e fu per questo

    che alla memoria a me fece ritorno

    l’uom delle gote e il suo caso funesto.

    Poche ore or sono io stesso il lasciai!..

    pian bucinai⁷ ad un altro qui mesto,

    Abbiamo udito di furiosi lai,..

    mi disse "..che furibondo l’ossesso

    fece accapiglia⁸ come niun fe’ mai,

    e che per questo e pel muso sì flesso

    avaccio e con narcosi fu operato:

    gli resecaro le guance in eccesso

    a suturar di filo ben tirato,

    e per il palmo con la bruciatura

    anche la mano hanno manto allenzato⁹".

    Mentr’ascoltavo, per bona ventura ¹⁰,

    lì vidi entrar pria l’uno e poi ‘l sengiente ¹¹

    visitatore ¹² , tolta la clausura ¹³ .

    Sembravano parenti, brava gente,

    via spedito qualcuno, già di casa,

    talaltro a ricercare goffamente.

    Ma uno s’aderpeva ¹⁴, barba rasa,

    piglio deciso ed occhialini astuti,

    tutto eccitato per la stanza invasa ¹⁵ .

    Chi già sapéa de’ saluti temuti ¹⁶ ,

    le mani nascondéa con pronta lena:

    sotto le coltri o per i pettoruti

    dentro il pigiama con un’aria amena

    com’a cercar la penna o i documenti.

    "..Se quei la man ti stringe, una cancrena

    ti resta minimo per li tormenti

    di quella morsa poco salutare!..",

    così rugliavan molti fra‘ degenti.

    "Son’avvocato, quici ad aiutare

    quei tra di voi che per danni volesse

    poscia di fore una causa elevare!..",

    e seguitava, carpendo commesse,

    a stritolar più mani che potea.

    E come quei che al bar delle scommesse

    fra gli sportivi della logorrea,

    giocando a carte: ..Scopa! grida e sbatte,

    così colui a marcar la covéa ¹⁷

    ciottò ¹⁸ di carta quelle pance piatte ¹⁹ .

    L’uomo bendato no ‘l potéa vedere,

    lasciando le difese disadatte

    e quella man patì il suo miserere:

    quei gliela strinse, già fasciata ch’era,

    affusolandola come le pere.

    S’udì un belìo com’un che si dispera,

    ma la sua man rimase sì forgiata.

    Quando ‘l piatese ²⁰ finì i buonasera

    se n’andò via ed ogni man fu alzata ²¹ .

    In quel momento dal piano di sopra

    s’udì un acuto di voce berciata

    e altisonante come fanno all’opra.

    "..Quell’è un tenore, s’alcun lo bandisse!..,

    che mette anche di notte sottosopra..",

    sì con sordina ²² ‘l vicino mi disse,

    ..tutti i degenti pel suo mal di denti!

    E subito una fitta mi trafisse

    dreto a un ottavo ²³ fonte di tormenti,

    sì che richiesi qualche medicina ²⁴ .

    Ma fra le visite ancor rimanenti

    v’era soppassa un’àlida vecchina:

    "..Chè non mi parli? son la zia Rosita!

    con altri dolci, sa’ quanti? addivina ²⁵ !..".

    Paréa di novant’anni già servita,

    la vista fioca, ma di man d’acciaio

    le dita forti d’una dura vita.

    Cercando lesta lì dreto a un cucchiaio,

    "..Ma dove sono gli altri bei biscotti?

    erano tanti, quasi un centinaio!

    quand’hai mangiato? pure nelle notti?

    ma che birbante questo nipotone!.."

    Così dicendo, quattro pizzicotti

    gli strapazzaro i lati del faccione,

    temo sfibrando il punto ²⁶ che si diede.

    Come sirena con cupa inflessione

    da qualche fabbrica lontan recede

    fin giuso al grave pian calando triste

    per quella pausa forse che concede ²⁷ ,

    così gemendo di pene frammiste ²⁸

    l’uomo bendato guäì con tremore

    sì come nenia che lenta persiste,

    flebile luce ²⁹ d’immenso dolore.

    Venne per mia fortuna ³⁰ un’infermiera

    con la pastiglia che le die’ ‘l dottore:

    L’ingolli aguale, avanti!.. tutt’intiera!.

    Che fosse Analgesìl ebbi fidanza

    prìa pel dolore che chiedéa barriera,

    poi chè ‘l rifiuto m’incutéa dottanza.

    Ma prese Anogentìl e si confuse,

    un lassativo di grande possanza:

    ebbi ogni effetto meno che le scuse.

    Se come è vero chiodo scaccia chiodo,

    il primo mal di colpo si rinchiuse,

    mentre si scatenò l’altro oltremodo.

    Di notte fra i gorgheggi del tenore

    d’un si bemolle con acuto sodo,

    mi scaricai di tutto il mio dolore.

    Note

    1 agile, rapido: vocabolo in uso nel ‘200, cfr. Bestiario moralizz. XIII (tosc.-castell.)

    2 mi allontanai: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.) - Simone da Lentini, 1358 (sirac.)

    3 di mattina: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Stat. tod., 1305

    4 ammutolirono: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Dante, Commedia-Purg. 1321 c.26 - Jacopo della Lana, Purg. 1324-28 (bologn.) - Francesco da Buti, Purg. 1385/95 (pis.)

    5 affamati: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Poes. an. sic., 1354 / impiego di rimalmezzo con allitterazioni per sottolineare il moto di invidia e l’ammutolire di rimprovero degli altri degenti

    6 si fermò: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.) - Bonvesin, De Cruce XIII (mil.) - Dante, Commedia-Purg. 1321, c.6 - Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn-venez), ed al.

    7 mormorai: cfr. Apollonio di Tiro, XIV (tosc.-venez.) - Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.) ed al. – vedasi anche Canto 2

    8 lite, scompiglio: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Rim. Am. Ovid., XIV (tosc.-fior.)

    9 bendato, fasciato: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Sacchetti, Trecentonovelle XIV (fior.)

    10 per bona ventura: per fortuna – locuzione in uso ai tempi di Dante, cfr. Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.) - Deca prima di Tito Livio, XIV (fior.)

    11 il seguente, il successivo: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Nicolò de' Rossi, Rime XIV (tosc.-ven.)

    12 enjambement per descrivere il continuo entrare dei visitatori

    13 all’apertura dell’orario di visite di parenti e conoscenti

    14 cercava di distinguersi con superbia, con spocchia: vocabolo in uso nel ‘200, cfr. Monte Andrea, XIII (fior.)

    15 piena di degenti

    16 le strette di mano vigorosissime

    17 desiderio, brama [di procurarsi clienti]: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Bonvesin, Volgari, XIII (mil.) - Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342 ed al.

    18 frustò: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.) - Anonimo Genovese, 1311

    19 il suo biglietto da visita, colpendo con energia l’addome dei pazienti, faceva loro rientrar le pance per difesa

    20 legale, procuratore legale: vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Doc. cors., 1365

    21 coloro che avevano nascosto le mani, le tirarono fuori tutti insieme

    22 parandosi le orecchie con le mani

    23 dente ‘del giudizio’, terzo molare

    24 chiesi a un infermiere un analgesico

    25 indovina! : vocabolo in uso ai tempi di Dante, cfr. Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.) - Passione Genovese, 1353

    26 le suture per ricucire ai lati le guance dopo la resezione

    27 triste di dover concedere la pausa pranzo agli operai

    28 la strizzata della mano e quella delle guance

    29 segnale, spia

    30 per il mio dolore dentale

    Canto Quarto

    Tantòsto muti e basta far gallorie!

    ..stat’assettati¹ ch’ho da far la lista!..",

    ci disse e lì finiron le baldorie.

    Era colei l’infermiera che smista,

    ordina e scrive le cure in programma,

    poi dando il foglio alla vera regista²

    qui nell’odontoreparto del dramma³.

    Nel primo posto… mi dia la cartella!,

    c’è un’estrazione… che fa un melodramma?"

    Era il tenore che ‘na bagatella

    già cominciava a intonar per l’affanno

    Poi c’è qui lei.." m’alloccò la zitella

    ..per un giudizio⁴ che se lo godranno⁵ !..

    Al tre l’anzian fino come fachiri,

    per due dentiere svelte e lor⁶ lo sanno…

    poi.. quel pupino! pìri pìri pìri!"

    gli cinguettò vedendolo nel cesto⁷,

    Cinque.. tenetemi⁸ quel dei deliri⁹!

    vediamo… urgenza pel nervo al più presto

    chè dà di matto con gesti contorti…,

    scritto anche questo nel mio elenco lesto!

    Sesta la bimba, tre incisivi sporti¹⁰…

    …estrarre l’incisivo avanti in alto!

    Sette una mamma pei problemi insorti

    di gengive rigonfie sullo¹¹ smalto…

    …scriviamo allora.. resecar gengive!

    Otto quel giovine dal mal risalto¹²

    di denti storti per pieghe eccessive¹³…

    …fare apparecchio che i denti sospinga

    e che li muova per vie decisive!

    Numero nove.. dentiera raminga¹⁴:

    questa paziente di neurologia

    già con tremore vuol che si ristringa

    e sia più fisso quel morso che prìa:

    …allora nove.. fissar quel che cade!

    Dieci e finiamo: dermatologia….

    bimbo affiziato¹⁵ pel tempo che scade

    dell’apparecchio e per il prurito¹⁶,

    cupe ch’alcun lo cavi per pietade…

    …scriviamo al dieci che sia consentito,

    ..dirgli ch’è bravo e che vada sereno!

    Otta, al postutto, l’elenco è smaltito.

    S’attenda il numero con spirto ameno,

    ch’or do la lista alla mia superiora."

    S’aprì la porta e apparve un corpo pieno,

    figura bassa e spasa d’interiora¹⁷

    più sopra un grande petto tutto in fuori

    mentre la spalla arretra ed avvalora

    quel mento alzato che non dà favori

    e che protende in suso il muso duro

    com’un mastino che par ti divori.

    Colei parea rivolta in alto al muro,

    m’avéa lo sguardo

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