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Il tempo dell'addio
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Il tempo dell'addio
E-book355 pagine5 ore

Il tempo dell'addio

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Info su questo ebook

Accomunati dal dolore per la perdita di una persona cara – un compagno di vita, dei genitori - i protagonisti principali di questo romanzo devono ricominciare a vivere.

Augustine e Antonio cercano un nuovo inizio nella campagna toscana, fra Arezzo e Siena, dove hanno lavoro, parenti e amici.

Qui si conosceranno e grazie al tempo e agli impegni lavorativi troveranno il modo di superare la sofferenza e nascerà un nuovo amore.

Altri personaggi, invece, rimarranno ancora sospesi: incapaci di dire addio, ma allo stesso tempo consapevoli della necessità di ricominciare a vivere.

Il romanzo può essere letto come seguito del precedente, L’amore al tramonto, o come opera unica.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mar 2017
ISBN9788892655201
Il tempo dell'addio

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    Anteprima del libro

    Il tempo dell'addio - Adelina Lopez

    dell’autrice

    Augustine

    Non c'è niente di più definitivo dell'uscita dal cimitero dopo la sepoltura di una persona cara.

    È il momento in cui ci si rende veramente conto che questa persona non la si vedrà più. Mai più. Si andrà a trovare, come si dice, una lastra di marmo, ma questa visita non riempirà il senso di vuoto, anzi, in alcuni casi, lo amplificherà e renderà più acuta la mancanza, nonostante il passare del tempo.

    Molti dicono che il tempo e il lavoro sono la migliore medicina ed è vero: come un oppiaceo attutiscono il dolore, lo calmano e rendono più accettabile convivervi ma non portano all'oblio.

    Nella casa dei suoi genitori in Alvernia, dove si era rifugiata dopo la tragica scomparsa di Jérôme, Augustine ripensava a quella limpida giornata di gennaio quando aveva visto l'ultima badilata di terra riempire la fossa dove era la sua bara e si era allontanata lasciando la famiglia a prendere accordi con il marmista per la lastra di marmo nero con incisi in oro in caratteri sottili nome, cognome, date di nascita e morte.

    Tutto qui.

    Come quella di Lucien, accanto a quella di Lucien.

    Povero Jérôme! Non avrebbe mai pensato di raggiungere suo figlio così presto e in quel modo....morti entrambi in un incidente dovuto all'altissima velocità che aveva fatto perdere loro il controllo del mezzo, l'uno la moto, l'altro la macchina.

    Ma Lucien era solo, Jérôme no, e non era con lei, era con un'altra. E con quell'altra aveva voluto andarsene, fuggire prima dell'arrivo dei fotografi alla fine dello spettacolo e l'arrivederci alle scene si era tramutato in un addio alla vita.

    Si rivedeva percorrere a passi lenti i viali del cimitero, la testa bassa come se avesse paura di inciampare, i capelli che scendevano a coprire il viso e quel groppo in gola che non si scioglieva in lacrime: era troppo arrabbiata. E quella rabbia non riusciva a dare spazio al dolore, lo comprimeva in fondo al cuore.

    Faceva male, tanto male ricordare l'ultima volta che lo aveva visto, a teatro, sul palco, nel pieno della sua vitalità e del suo entusiasmo, mentre travolgeva gli spettatori in quell'appassionata carrellata di poesie che scelto per salutare il suo pubblico. La maggior parte erano poesie d'amore. Per la prima volta lei non era nel retropalco con il suo agente Clément e il fedele segretario Georges a trepidare per l'andamento dello spettacolo, per seguirne ogni momento e sorridere a Jérôme dopo ogni uscita di scena. Questa volta era un'invitata fra tanti, parte del pubblico, parte scelta sì, ma non più speciale come ai primi tempi della loro relazione, quando era fra gli spettatori, ma sapeva di essere diversa, particolare, unica e si sentiva orgogliosa. Quella sera invece si sentiva offesa e quell'invito le pareva quasi un'umiliazione ora che aveva visto che c'era anche quell'altra, e aveva capito che ogni poesia era per lei, per quella donnina che gliel'aveva portato via all'improvviso, senza che lei se ne accorgesse. Eppure conosceva Jérôme, sapeva quanto era bravo a fingere. Questa volta ci era cascata, gli aveva creduto, era partita per Los Angeles.....già, era anche partita due giorni prima del previsto, mentre lui era ancora all'estero. Non aveva aspettato il suo ritorno e gli aveva insconsapevolmente fornito l'occasione per rivederla e ....... tutto era finito. Tutto.

    Dieci, dodici anni di vita svaniti, inaspettatamente, sorprendentemente, definitivamente perché non c'era più possibilità di ritrovarsi e riconciliarsi come era accaduto tante altre volte. Persino quando aveva messo incinta un'altra lo aveva perdonato, lei che da lui non aveva figli. Lo aveva perdonato perché non poteva fare altro: lo accettava e lo amava per quello che era, per quello che poteva darle quando si vedevano fra un impegno di lavoro e l'altro, in Toscana, nella loro casa a Siracusa, o in quella a Parigi.

    Augustine è una bella giornata, usciamo a fare due passi con Justine? La voce di sua madre la richiamò alla realtà, al presente di Clermont-Ferrand.

    Justine, era l'ultima di una serie di cani che i suoi genitori avevano avuto e che lei aveva profondamente amato, soprattutto da bambina quando erano i suoi compagni di giochi insieme a suo fratello e a sua sorella. Poi loro erano cresciuti ed era rimasta lei, la più piccola, a giocare con il cane come se fosse il suo bambino, la sua bambolina, ma anche il suo compagno di avventure nella casa in campagna.

    Sì, mamma, infilo il cappotto e vengo. Non appena si alzò dalla poltrona Justine arrivò come un razzo a farle una danza scodinzolante, a mordere il cappotto tanta era la gioia di uscire e, Augustine ne era convinta, di uscire con lei che ormai vedeva poco e per questo ogni sua visita era una festa.

    Nonostante i suoi genitori disapprovassero la sua relazione con Jérôme e non perdessero occasione per farle notare che stava gettando al vento la sua giovinezza accanto a un uomo che, non solo aveva qualche anno in meno di suo padre, ma che era totalmente inaffidabile, lei non aveva mai interrotto i rapporti con loro: si sentivano spesso e quando la sua vita frenetica glielo permetteva andava a trovarli, andava a godersi anche i nipotini, insomma quella famiglia banalmente borghese che amare Jérôme le negava e che, adesso che lui non c'era più, l'aveva accolta senza dire una parola, senza dirle che glielo avevano detto che sarebbe finita male, che avrebbe sofferto. Era solo stata abbracciata e coccolata come quando era piccolina e faceva un brutto sogno.

    Sempre immersa nei suoi pensieri uscì dalla sua stanza e si diresse verso la cucina con Justine al seguito e lì trovò sua madre, già pronta, guinzaglio in mano:Glielo metti tu? le chiese porgendoglielo Lo sai che le piace e le sorrise. Augustine abbassò lo sguardo verso Justine e sorridendo prese il guinzaglio Chi mette il guinzaglio alla cagnolina più bella del mondo? Justine si sdraiò per terra pancia all'aria, zampe al vento, mugolando di felicità.

    Era una cagnolina a pelo corto di taglia media, frutto di una serie di vari incroci, ma dalle forme armoniose e dal musetto grazioso leggermente appuntito, il dorso dorato e la pancia bianca ora in bella vista.

    Entrambe le donne si misero a ridere Sei proprio una pagliaccia! le disse Augustine chinandosi a metterle il guinzaglio. Mentre la cagnolina si rimetteva a quattro zampe, la madre aveva aperto la porta e uscirono a passeggiare per le strade di Clermont-Ferrand nei pressi della cattedrale. Abitavano non molto lontano dal centro storico, in un bel quartiere residenziale, in una casa dell'inizio del '900.

    Era la casa di famiglia che era stata acquistata dai suoi bisnonni ed era passata di generazione in generazione. Adesso apparteneva a suo padre e poi chissà. Erano tre figli, due femmine e un maschio e ognuno ormai aveva la propria casa, i due maggiori anche una famiglia e dei figli. Che ne avrebbero fatto di quel grande appartamento dai soffitti alti e dai mobili d'epoca? Lo avrebbero venduto e diviso il ricavato? Sarebbe stato come vendere un pezzo di vita. E questo lei l'aveva appena fatto: aveva dato mandato a Georges di vendere la casa di Siracusa così com'era, arredo e biancheria compresi. Doveva solo rimandarle i suoi vestiti, che erano tanti visto che trascorreva lì gran parte dell'anno. Quelli di Jérôme potevano andare ai poveri: non avrebbe potuto sopportare la vista di quegli enormi pantaloni e di quelle immense camicie: non avrebbero più coperto quel corpo di uomo quasi anziano e in sovrappeso, quel corpo che sapeva darle calore e sicurezza solo a guardarlo. Ed era tutto un ingannarsi perché di lui non ci si poteva fidare: quel calore lo distribuiva a destra e a manca se gli capitava l'occasione, ma le piaceva pensare che quello accanto a lei fosse un calore diverso. E con quell'altra?

    Ti vedo pensierosa; che c'è? Le chiese la madre interrompendo il corso di quei pensieri tristi Niente, mamma, pensavo a quanto tempo è che non facciamo una passeggiata in centro, io e te, come quando ero ragazzina e brontolavo perché volevo stare a casa Mentì Che vuoi,gli adolescenti prima o poi devono staccarsi dai genitori, solo che ai genitori questo fa molto male. Non è bello sapere che il tuo bambino è cresciuto e non è più solo tuo, ma lo devi condividere con gli amici vecchi e nuovi e alla fine con il mondo, con la sua famiglia. È davvero molto faticoso all'inizio e allora cerchi di tenerli, anche con la forza, il più a lungo possibile vicino a te. Poi siamo andati a Boston e negli Stati uniti la vita è diversa e tutto è cambiato. Siete andati al college, all'università, lontani da casa ..... e siamo tutti cresciuti, anche noi genitori.

    Sorpresa da quella inaspettata confessione, Augustine guardò sua madre: era ancora una gran bella donna nonostante avesse quasi settant'anni. Alta come lei, non più snella come da giovane, ma dalle forme ampie e armoniose; il viso aperto e sorridente, gli occhi chiari che brillavano fra i pochi segni che il passare del tempo aveva lasciato. Le aveva sempre invidiato quegli occhi. Suo fratello e sua sorella, con sfumature diverse, li avevano ereditati, lei no: i suoi erano neri e brillanti come quelli di suo padre. Sai mamma, il tempo è passato così in fretta che non mi sembra neanche di essere stata una ragazzina ribelle, musona e antipatica Sei diventata una splendida donna Grazie e le venne voglia di abbracciarla lì sul marciapiede, ma si trattenne, si limitò a stringerle più forte il braccio.

    Erano arrivate nella zona dei negozi di alimentari e iniziarono a pensare a che cosa comperare per togliersi qualche sfizio. Di fronte ad una panetteria con pasticceria annessa non seppero resistere e sua madre entrò lasciandola davanti all'ingresso con Justine, che si sedette sulle zampe di dietro a guardare anche lei la vetrina dove erano esposti dolci di ogni genere: dalle torte ai pasticcini, ai croissant farciti e no assieme ad altre specialità che rendevano impossibile resistere alla tentazione di entrare.

    Tine! Ma non sapevo che fossi qua! Tine? Da quanto tempo nessuno la chiamava così! Chi era che ricordava ancora il diminutivo con cui era conosciuta a scuola? Si voltò e vide un uomo più o meno della sua età che le sorrideva. Non impiegò più di due secondi a riconoscere quegli occhi azzurro cielo che si perdevano in un viso rugoso e malandrino che sorrideva Jean-Pierre! Da quanto tempo! Si abbracciarono e in quell'abbraccio sentì tutto il calore della comprensione del suo dolore. Era l'amico del cuore di suo fratello sin dalle elementari e tutti e due la trascinavano nelle imprese più bizzarre e paurose per farla piangere e prenderla in giro fino a che lei correva dalla mamma e tutti e due i ragazzini venivano sgridati e messi in punizione. Era il figlio della migliore amica di sua madre e avevano le case in campagna molto vicine. Così avevano passato quasi tutta l'infanzia e l'inizio dell'adolescenza insieme, fino a che la sua famiglia non si era trasferita a Boston.

    Quando erano tornati, tutto era cambiato. Suo fratello si era sposato e aveva avuto subito un bambino; lei era partita per l'Italia a preparare un master sull'amministrazione di un'azienda agricola. Anche Jean-Pierre si era sposato, con una gallerista d'arte conosciuta dopo la loro partenza. Nel frattempo aveva iniziato una brillante carriera come fotografo di guerra, ma il matrimonio non aveva retto alla lontananza e alla continua ansia che saperlo coinvolto in luoghi e situazioni pericolose provocavano alla moglie. Per salvare il matrimonio aveva rinunciato ai reportage di guerra e si era convertito in fotografo civile, soprattutto di viaggi, ma anche così i periodi in cui stavano lontani continuavano a logorare la loro relazione e alla fine avevano divorziato.

    Che fai qui? Ti pensavo in giro per il mondo, macchina fotografica al collo chiese Augustine staccandosi dall'abbraccio Sono qui per qualche giorno a trovare i miei e a riposarmi un po' prima di ripartire. Tuo fratello non mi aveva detto che eri qui. Probabilmente a Claude non era neanche passato per la testa, tanto era preso da lavoro e famiglia e poi Jean-Pierre e sua moglie non andavano molto d'accordo. Però sua madre lo sapeva. E allora, si chiedeva perché nessuno gli avesse detto niente, quasi non fosse importante che lei fosse lì. Sembrava che quello che le era successo non fosse niente. Era vero che lo sapevano tutti grazie ai giornali, ma pensava che la sua famiglia capisse la sua sofferenza e che non ne parlasse per pudore, per non acuire il suo dolore. Ma forse so perché non me l'ha detto, se lo conosco bene riprese Jean-Pierre Perché? Perché anch'io ho perso la mia compagna e magari non voleva ricordarmi tanto dolore Augustine sgranò gli occhi: ecco il perché di quell'abbraccio così empatico. Aveva vissuto anche lui un'esperienza simile e la capiva. Mi dispiace molto, Jean-Pierre, non sapevo niente Pochi lo sanno perché è successo in Scozia quasi un anno fa... Oh Jean-Pierre! Che bello vederti! Come stai? Buongiorno signora Gouillou! Va abbastanza bene e lei è sempre bellissima! Non prendermi in giro, piuttosto salutami tua madre e dille che le telefono non appena ho un momento di tempo. Potremmo vederci tutti insieme per un tè, un pomeriggio Sarebbe magnifico, ma io parto fra tre giorni rispose Jean-Pierre Allora facciamo domani, se non avete impegni. Inizia a dirlo alla mamma che poi la chiamo Sarà fatto! A presto allora, scusatemi ma devo scappare E si allontanò a passo svelto dopo aver accarezzato Justine.

    Il pacco che aveva in mano sua madre era di dimensioni notevoli Ma mamma che hai comprato?Un po' di pane, la torta che piace a papà e qualche croissant per domattina. Poi telefono ad Aline e sento se domani pomeriggio va bene, così dobbiamo decidere che fare, che cosa prendere e uscire ancora. Si diressero verso casa in silenzio tirate da Justine che non vedeva l'ora di andare a sdraiarsi sul suo materassino dopo una passeggiata così lunga. È quasi ora di pranzo e abbiamo fatto una bella camminata. È stato bello incontrare Jean-Pierre, non sapevo che fosse in città Tuo fratello è senza testa. Sicuramente si saranno sentiti e visti, ma non ha detto niente. Neanche Aline mi aveva detto che era in città, ma magari è arrivato all'improvviso. Col suo lavoro non si può mai sapere. È stato bello rivederlo dopo tanto tempo Certo che anche tu non è che sia venuta qui molto spesso negli ultimi anni Augustine ignorò quel rimprovero che nascondeva un velato accenno di disapprovazione alla sua relazione con Jérôme Sai mamma anche io lavoro, e lavoro lontano da qui Sì adesso non voglio discutere, ma hai passato più tempo in Sicilia che a Clermont, con la tua famiglia Stava per replicare piccata che se avessero accettato Jérôme avrebbe anche potuto farlo, ma una nota di tristezza nella voce della madre le fece rispondere Adesso non accadrà più. Non ho più una casa in Sicilia La madre stava aprendo il portone e si voltò di scatto. Le rivolse uno sguardo interrogativo e la fece entrare. Salirono in silenzio in ascensore e arrivarono al quarto piano. Uscirono ed entrarono in casa sempre senza dire una parola.

    Ognuna andò in camera sua a cambiarsi e Augustine si sedette sul letto. Non ho più una casa in Sicilia. Le era uscito così: non un grido di dolore, ma la voce fioca della tristezza e del rimpianto. Avrebbe voluto tanto urlare e piangere e avere una bella crisi di disperazione, probabilmente sarebbe stata meglio: quella morsa al cuore le sarebbe passata, ma non succedeva. Era ancora tutto sepolto nella rabbia e nell'umiliazione. Forse ritornando a casa sua, nel suo casale in Toscana non molto distante dall'azienda agricola per la quale curava le pubbliche relazioni, sarebbe riuscita a piangere e a disperarsi come sentiva che doveva fare se voleva ricominciare a vivere. Ma doveva essere sola, fra le sue cose. Lì non poteva. Era anche una questione di orgoglio. Lo sapevano tutti che Jérôme era morto assieme ad un'altra donna e tutti avevano capito che fra loro due qualche cosa era successo. Nessuno, però, aveva il coraggio di chiederglielo. Capiva che era per non farla soffrire che evitavano di parlarne, che volevano proteggerla, ma non funzionava. Riuscivano solamente ad attutire, a tamponare, ad arginare lo sfogo di quel misto di sentimenti che le rodeva dentro e che, lo sapeva, prima o poi, sarebbe esploso come un vulcano, portandosi via una parte di lei, della sua vita, ma preparandola anche ad un nuovo inizio.

    Doveva andare via di lì. Lasciare tutti e ritornare dove tutto era incominciato, doveva affrontare la realtà; non poteva più stare sepolta in quella casa, protetta da quegli affetti. Si alzò lentamente dal letto e si diresse verso la cucina, dove sentiva sua madre che stava iniziando a preparare il pranzo.

    Che vuol dire che non hai più una casa in Sicilia? La casa di Siracusa? Le chiese Simone non appena la vide entrare. Quello che vuol dire non ho più una casa in Sicilia. Ho venduto la casa di Siracusa! Ma se ormai vivevi quasi sempre lì! Troppo lontano dal lavoro, non avevo più ragione di tenerla dopo che.... e la voce le si incrinò. Sua madre tacque e continuò a trafficare con le varie pentole.

    Ti spiace mettere la tavola? Fra poco arriva il papà e non ha molto tempo. Fra una riunione e l'altra lavora molto di più adesso che è in pensione di quanto non facesse prima! E non sei contenta ? Eri preoccupata di averlo sempre fra i piedi a sentire quello che ti raccontavano le tue amiche! Sì, ma non così. Avrei voluto avere un po' più di tempo per noi due, per i nostri figli, per i bambini. Così non vedono quasi mai il nonno. D'altra parte lui è così felice che lo cerchino per le consulenze, che non oso dirgli niente E fai bene Tu credi? Sì... Il campanello suonò e Augustine andò ad aprire la porta a suo padre. Ciao papà Ciao, che cos'è quel faccino triste? Hai litigato con la mamma? le chiese mentre si toglieva il cappotto. Non gli sfuggiva niente: era sempre riuscito a leggerla come un libro aperto e anche per questo da quando si era messa con Jérôme, aveva rarefatto le visite alla sua famiglia. Non voleva vedere la disapprovazione nei loro occhi e non voleva che loro potessero a volte vedere il disappunto nei suoi che avrebbe confermato tutti i pettegolezzi dei giornalisti. E poi a Jérôme i suoi erano completamente indifferenti.

    Sembrava che lei fosse senza famiglia, mentre la sua ex moglie era sempre fra i piedi. Col tempo aveva imparato ad accettare, anche se non lo capiva, quello strano rapporto che li legava e che si era intensificato dopo la morte del loro primo figlio Lucien. Col tempo aveva imparato ad accettare molte altre cose, cose che non avrebbe mai creduto possibile accettare: il suo orgoglio svanito nella certezza che lui sarebbe sempre tornato da lei. Perché lei era giovane intelligente e indipendente e lo amava sul serio; non era l'avventura, la distrazione, ma la stabilità, la certezza da cui ogni tanto aveva bisogno di distrarsi. Salvo l'ultima volta. Quando un'altra gliel'aveva portato via per sempre. E non l'avrebbe mai dimenticata quell'altra.

    No, papà non sono triste, solo un po' stanca e non ho litigato con la mamma; stavamo chiacchierando mentre ti aspettavamo Bene, allora mangiamo che non ho tanto tempo. Tu continui a lavorare on line? Le chiese mentre si sedevano a tavola Sì, ma fra un po' dovrò andare. Dobbiamo prepararci per la stagione turistica, quando le richieste aumentano, occorre fare previsioni e balle varie e bisogna essere sul campo. Credo che partirò la settimana prossima. Per il momento è tutto sotto controllo E andrai a stare nel casale da sola? Le chiese sua madre Sì mamma, è casa mia e ho bisogno di stare un po' da sola. Qui da voi si sta benissimo, ma non posso continuare così, il mio lavoro è in Toscana e devo stare là per il momento. Poi vedremo Mi spiace che tu te ne vada, ma hai ragione, occorre affrontare la situazione di giorno in giorno. Ma sappi che quando vuoi puoi tornare Questo lo so papà. Prometto che tornerò più spesso, così tu mamma non mi rimprovererai più La madre la guardò e abbassò gli occhi -quante volte al telefono le aveva detto che aveva dimenticato la sua famiglia per stare con Jérôme, un uomo che non le garantiva niente, che la lasciava spesso sola per lavoro e lei stava lì ad aspettarlo, a Siracusa, all'altro capo d' Europa, e non aveva tutta questa urgenza di stare nei pressi dell'azienda agricola. Ma dire tutto questo non aveva più senso, l'avrebbe solo fatta soffrire e lei non voleva che i suoi figli soffrissero, avrebbe voluto proteggerli dai dolori della vita e non sempre ci era riuscita. Adesso quella figlia aveva bisogno di lei ed era suo compito starle accanto e sostenerla. Era una donna adulta, se se la sentiva di affrontare la solitudine doveva lasciarla andare, nonostante le sue preoccupazioni. Augustine era una donna forte: avrebbe superato questo brutto momento.

    Pranzavano e chiacchieravano, loro tre, in quell'ampia cucina, forse per la prima volta dopo chissà quanti anni. Niente silenzi imbarazzati per paura di allusioni che potessero scatenare litigi o incomprensioni: tutto scorreva liscio nella sua quotidiana banalità, come ai vecchi tempi, come prima che incontrasse Jérôme. Sua madre stava raccontando dell'incontro con Jean-Pierre e dell'invito a passare assieme il pomeriggio seguente che doveva fare ad Aline. Il padre si lamentava di dover lavorare più di prima ora che era in pensione, ma gli occhi gli si riempivano di gioia: si vedeva che era contento che richiedessero la sua esperienza, che era soddisfatto di non essere il pensionato in pantofole o al supermercato su ordine della moglie, con un incomprensibile biglietto fra le mani, che si aggirava nel labirinto di corridoi alla ricerca dello zucchero. E poi lui era capacissimo di orientarsi in un ipermercato e di fare una spesa perfetta: era uno dei pochi argomenti che aveva in comune con Jérôme e ne avevano parlato a lungo le poche (si contavano sulle dita di una mano) volte che si erano incontrati, quando i suoi erano in visita nel casale in Toscana.

    Augustine ascoltava e ogni tanto interveniva con qualche commento sul lavoro del padre o sull'organizzazione del pomeriggio con Aline e Jean-Pierre.

    Il mondo era fuori da quel luogo intimo, sicuro, dal luogo degli affetti non detti, ma evidenti negli sguardi, nei movimenti, nelle piccole gentilezze come versare l'acqua o il vino se il bicchiere era vuoto o passare il sale o l'olio se appena si muoveva una mano in quella direzione e alla fine del pasto, prima del dolce e del caffè, un bocconcino per Justine, una chicca per la danza in cui si era esibita durante tutto quel tempo nella vana speranza di poter mangiare anche lei quello che mangiavano loro. Oppure, dopo tanto tempo, sapeva che non le sarebbe mai arrivato nient'altro che quell'ultimo boccone e il resto era il suo modo per dimostrare che anche lei era partecipe, era parte della famiglia.

    Come facevano da qualche anno, dopo pranzo Simone e Roger si ritirarono per un breve riposo prima di riprendere le loro attività, e Augustine si ritrovò da sola con Justine. La accarezzò e si diresse verso la sua stanza per iniziare a lavorare per qualche ora. Doveva informare che sarebbe tornata, scrivere mail ai clienti abituali, rispondere a quelli potenziali e analizzare gli andamenti delle vendite che le aveva inviato la sua segretaria. Occorreva iniziare una nuova campagna pubblicitaria per la primavera e doveva proprio tornare.

    Si sedette alla scrivania, accese il portatile e alla vista dell'immagine salva schermo: i faraglioni di Capri, ritornò inconsapevolmente a quella sera, al dopo spettacolo quando si erano accorti della scomparsa di Jérôme. Clément era furioso. I giornalisti erano lì e lui non c'era. Era scappato! E non si trovava neanche quell'altra. Chiaro che erano insieme. Dove? Il signore alto, magro e dall'aria malaticcia che le avevano presentato come il signor Laroche cercò di calmare Clément dicendogli che forse Jérôme e Amelia (si chiamava Amelia, se ne era dimenticata perché darle un nome voleva dire accettarne l'esistenza, darle un posto nel mondo) stavano cercando un momento di intimità visto che poi lui doveva rientrare al centro di disintossicazione e non si sarebbero visti per un po' di tempo. Clément si calmò, rifletté e poi assentì. Nel frattempo i giornalisti avevano il loro da fare con gli altri ospiti, che per coprire Jérôme concedevano interviste come non mai, i fotografi fotografavano tutti; fotografarono anche lei senza che lei se ne accorgesse (e le aveva viste quelle foto. Scompare e dimentica la giovane compagna: con chi è? Avevano saputo molto presto come rispondere alla loro domanda).

    Cercò di scuotersi e ritornare al suo lavoro, ma le mail non riusciva a leggerle, la sua mente era là ad Aix-en-Provence, davanti al teatro quando era arrivata la polizia ad avvertirli che era successo un incidente alla macchina di Clément: e tutti avevano capito che era Jérôme ed erano balzati sulle macchine al seguito della polizia ed erano arrivati là, dove la macchina di Clément era praticamente incastrata nella roccia con dentro il corpo di Jérôme, che non sapevano come tirare fuori. Le ambulanze a sirene spente dissero tutto e Clément, lei, il signor Laroche, la ex-moglie e i due figli, il segretario Georges scesero dalle macchine in silenzio.

    Il cielo si era rannuvolato e il buio della tarda serata era illuminato dalle luci violette delle torce della polizia, dei paramedici e dei vigili del fuoco che avevano avuto il permesso di spaccare la macchina per tirare fuori il corpo di Jérôme senza danni.

    Nessuno si curava della barella accanto ad un'ambulanza con un corpo disteso sopra, scoperto e non ancora ricomposto. Era il suo corpo: era Amelia. Con il cuore in subbuglio, incapace di piangere, si ricordava di essersi avvicinata per vederla finalmente da vicino. Alla luce delle lampade dei vigili del fuoco, con il sottofondo del rumore delle seghe che lavoravano con perizia sulla macchina di Clément, si stagliava una figurina che non riempiva la barella: troppo grande, troppo lunga; un braccio pendeva immobile, la mano nascosta dal piumino nero che le aveva visto indossare nell'intervallo, quando era uscita a fumarsi una sigaretta.

    E adesso eccola lì, immobile e innocua.

    Si avvicinò con passo fermo e la vide in volto per la prima volta: non poteva negarselo, era stata sorpresa dalla bellezza particolare di quel viso regolare, che la calma della morte rendeva sorprendentemente simile a quello di una statua greca nel suo pallore,

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