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Due vite silenziose
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E-book92 pagine1 ora

Due vite silenziose

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“Nella vita non mollate mai e affrontate ogni sfida con positività e coraggio”. Sono le parole che Giacomo, protagonista di questa storia, lascia in eredità ai nipoti e in questa frase si racchiude il significato della sua vita, che ha vissuto con positività anche nei momenti di difficoltà. Il racconto inizia quando Giacomo, negli anni Sessanta, è ancora un bambino e trascorre le sue giornate con la nonna Amelia, una donna forte che lo fa riflettere sui valori più importanti. Il tempo passa, Giacomo inizia gli studi, poi trova lavoro e incontra Maria, la donna che sarebbe diventata sua moglie e dalla quale avrebbe avuto due figlie. Poi non sempre la vita va come ognuno vorrebbe e così arriva il divorzio che, anche se consensuale, rappresenta una sconfitta e una grande delusione. Ma è dagli errori che a volte conosciamo meglio noi stessi e riusciamo a comprendere che a volte è molto più importante rialzarsi che non cadere mai.

Giacomo Buonanno è nato ad Asolo (TV)  nel 1959, è padre di due ragazze e ha due nipoti. Ama correre e ha partecipato
a molte maratone, tra cui per tre volte a quella di New York.
Ha svolto vari tipi di lavori. Nel 1990 ha fondato la Tecno Air
System e nel 2005 ha ceduto le quote a una holding belga, per cui ricopre tuttora la carica di CEO.
LinguaItaliano
Data di uscita13 dic 2023
ISBN9788830692626
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    Due vite silenziose - Giacomo Buonanno

    buonannoLQ.jpg

    Giacomo Buonanno

    Due vite silenziose

    © 2024 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-8976-3

    I edizione gennaio 2024

    Finito di stampare nel mese di gennaio 2024

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Due vite silenziose

    Ai miei nipoti Cesare e Leonardo nati entrambi nel 2023, in concomitanza con l’uscita del libro, perché possano trarre

    da questa storia la positività, l’autoironia e l’umiltà.

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Capitolo 1

    Asolo, dicembre 1965

    "Quando l’è finio el vin, va ben anca l’aqua".

    La nonna Amelia era così: mentre mescolava la polenta, dopo lunghi minuti di silenzio, se ne usciva con una delle sue frasi a effetto, che Giacomo assorbiva subito, con la sua mente aperta di bambino.

    Per lui i proverbi della nonna erano una preziosa fonte di insegnamento, lo aiutavano a capire come funzionavano le cose dei grandi.

    Aveva compreso il significato di quella frase: loro non erano ricchi e si dovevano accontentare di quello che c’era. Lui era felice lo stesso. Non gli mancava niente e si sentiva ricco anche così.

    Gli piaceva trascorrere un po’ di tempo con lei ed era contento di avere il raffreddore, perché dopo cena lo avrebbe mandato a letto con una bella tazza di latte e grappa!

    (In effetti di grappa gliene metteva soltanto due gocce, però questa cosa proibita lo faceva sentire lo stesso molto più grande dei suoi 6 anni).

    Quando la polenta fu pronta, aiutò la nonna a metterla nei piatti e a portarli sul tavolo antico, che odorava di legno affumicato.

    Aveva trascorso il fine settimana da lei, che era sola dopo la morte del nonno, e avrebbe dormito lì quella notte, poi il papà lo avrebbe riportato a casa, a Udine,

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