Noi
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Info su questo ebook
una spensierata estate al mare. Sono
giovani, felici e innamorati ma la loro
straordinaria storia d’amore verrà bru
-
scamente interrotta a causa di tragici
eventi che segneranno per sempre le loro
esistenze.
Dopo molti anni Gioia si ritroverà a fare
i conti con un passato che non ha potuto
dimenticare, mentre fatica a crescere un
figlio adolescente e ribelle.
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Anteprima del libro
Noi - Monica Angela Baiona
Ringraziamenti
Prefazione
Siamo circondati da fili invisibili e solo un occhio attento e un animo sensibile può riconoscerne le estremità. Questi fili sono i ‘Noi’ che, come figli virtuali, nascono dall’incontro di persone che fra tante si riconoscono. Nasce tutto da un puntino piccolo come una pupilla, perché è negli occhi che è depositato il seme.
Un ‘Noi’ può nascere ovunque e fra chiunque e capita che a causa del tempo e degli eventi si possa logorare ma, è cosa certa, non potrà mai spezzarsi.
Il ‘Noi’ maggiormente soggetto a evoluzioni è quello fra un figlio e la propria madre. Troppe cellule dell’uno nell’altro girano indisturbate nei loro corpi rendendo la loro relazione complessa e articolata.
Qualche volta per salvare quel ‘Noi’ è necessaria una lontananza fisica, spesso dolorosa ma certamente utile.
Le presentazioni
La suocera è spesso il soggetto di storielle divertenti e ironiche, soprattutto quando si tratta della mamma di lei, per dinamiche note a tutti.
Anche per una donna però non è sempre facile rapportarsi con la madre del proprio compagno. In fondo una moglie o una fidanzata è pur sempre ‘quella’ che, in qualche modo, ha strappato dalle braccia della mamma il suo eterno bambino.
Quando Massimo aveva informato sua madre che il giorno seguente le avrebbe fatto visita nella scuola in cui insegnava per farle conoscere Gioia, la sua nuova fidanzata, lei si era ripromessa che si sarebbe dimostrata felice e infatti mentre si stringevano le mani riuscì a sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi. Purtroppo però la sua vera natura tradì troppo in fretta i suoi buoni propositi.
Questa è la scema che si è innamorata di mio figlio!
disse rivolta ad una collega che si era avvicinata per salutare Massimo che, immune alla pungente ironia della madre, si limitò a sorridere felice perché altro non vedeva che la propria felicità. Questa visione univoca delle cose fu una costante nella sua vita.
Mariaaa!
disse la collega ridacchiando fra sé, nel debole tentativo di ammonirla.
Gioia rimase interdetta. Non aveva immaginato che la sua potenziale suocera avrebbe potuto apostrofarla con quell’infelice aggettivo, anche perché mentre si erano strette le mani poco prima, il sorriso di quella donna le era apparso luminoso e sincero.
La collega di Maria fece scivolare il suo sguardo sul corpo della ragazza e conclusa la ricognizione visiva disse:
Piacere
inclinò la testa e sorrise come avrebbe fatto con una sua alunna.
Beh!
Maria battè debolmente i palmi delle mani e disse risoluta: mi ha fatto piacere che siate venuti a trovarmi ma ora dovete andar via perché la ricreazione sta per finire e devo tornare in classe dai miei bambini
sorrise bonaria ai due giovani e salutò la collega con un rapido gesto della mano per poi sparire dietro la porta della sua classe.
Gioia, mentre si allontanavano, sentì aumentare dentro di sé uno schiacciante senso di disagio mischiato alla rabbia che le infuocò il viso come se quelle parole sgradite glielo avessero schiaffeggiato. Avrebbe voluto esternare le sue emozioni ma appena uscirono dalla scuola, e Massimo le sfiorò il palmo della mano con la sua, per poi stringergliela con passione mentre le sorrideva, decise di non pensarci più e riempì i polmoni dell’aria fresca di fine estate.
Massimo rimase soddisfatto di quell’incontro e giustificò la madre per la fretta con cui li aveva liquidati; in fondo lei doveva lavorare. Era certo che Gioia le piacesse molto. Lo aveva capito dal sorriso che le aveva rivolto quando si erano strette le mani.
I ragazzi si erano conosciuti qualche mese prima, all’inizio di quell’estate. La madre e la sorella di Massimo erano partite per trascorrere un periodo di vacanza nella casa in montagna e lui, per il terzo anno consecutivo, aveva scelto di rimanere a casa con il padre che doveva lavorare. Preferiva di gran lunga trascorrere le giornate in spiaggia con gli amici e le serate a far festa intorno ai falò e a corteggiare le turiste. Quell’estate era stata speciale, aveva incontrato Gioia e si era subito perdutamente innamorato del suo sorriso ingenuo e sbarazzino. Dopo pochi giorni l’aveva addirittura invitata a casa per presentarla al padre. Il ragazzo faceva proprio sul serio.
Quell’ incontro andò meglio di come sarebbe andato quello con la madre a settembre.
Paolo si dimostrò più morbido della moglie essendo libero da retaggi culturali che qualche volta ingabbiano le donne.
Ti piace Capalbio?
le aveva chiesto dopo le presentazioni di rito.
Moltissimo! La passeggiata sulle mura che circondano il paese è fantastica! Da quel punto si può ammirare la Maremma che scivola nel mare e con i colori del tramonto è uno spettacolo davvero incantevole.
Paolo sorrise compiaciuto.
L’aria qui è frizzante...
continuò Gioia con enfasi, incoraggiata dal sorriso di quell’uomo ... pulita! A Milano invece è così pesante e a causa dello smog l’ambiente appare grigio, invece qui al mare o nella campagna circostante i colori sono vivaci e brillanti!
Paolo annuì tutto il tempo orgoglioso della sua terra come se ne avesse qualche merito. Riguardo i tuoi progetti futuri?
chiese sforzandosi di assumere un’aria disinteressata come se avesse fatto quella domanda solo per fare conversazione. In realtà voleva accertarsi che quella ragazza fosse all’altezza del figlio per il quale nutriva grandi aspettative.
Dopo l’estate credo che mi iscriverò a Giurisprudenza
rispose con un velo di incertezza che Paolo non colse.
Massimo seguì la loro conversazione come avrebbe fatto durante un’avvincente partita di tennis, voltando la testa dal padre a Gioia e viceversa, sorridendo felice per il feeling che sentiva essersi creato fra loro.
Giunta l’ora di cena Paolo le propose di restare ma lei declinò l’invito e Massimo la accompagnò a casa.
Quando rientrò il padre era intento a impiattare gli spaghetti e, senza voltarsi disse:
È spigliata, educata ma...
si interruppe, anche nei gesti, cercando le parole giuste tra gli spaghetti tirati su con il forchettone che oscillavano davanti ai suoi occhi ma da uomo non so cosa ci trovi. Non è brutta ma neanche bella, magra magra con quei capelli lunghi lunghi.
Alzò di scatto le spalle e ritornò a concentrarsi sugli spaghetti.
Massimo non si era aspettato la sua totale approvazione, in fondo da lui non l’aveva ottenuta per nessuna delle scelte che aveva fatto fino ad allora, e decise di non dare importanza alle sue parole. Si sedette a tavola, si versò un bicchiere di vino che sollevò come per fare un brindisi a sé stesso e disse:
Mi piace perché è matta!
e bevve il vino tutto d’un sorso. Poi le sue labbra si allungarono nel tipico sorriso ebete che contraddistingue i ragazzi molto giovani quando si innamorano davvero.
Il padre gli rivolse uno sguardo dubbioso e bevve anche lui un bicchiere di vino, senza l’intenzione di unirsi in ritardo al brindisi, e sentenziò: Se questa ti dura, a settembre la presenti a tua madre, quando torna dalla montagna, e sentiamo che dice
.
I primi passi
Il loro primo bacio fu certamente il momento che i due giovani innamorati conservarono nell’angolo più speciale dei loro ricordi, anche ventiquattro anni dopo, quando si erano quasi stancati di contare i giorni e gli anni che avevano vissuto separati; il battito debole del loro ‘Noi’ pulsava ancora e qualche volta potevano udirne il rumore nelle notti senza sonno.
Non me lo dai il bacio della buona notte?
Massimo sorrise malizioso e Gioia non sapeva cosa rispondere.
‘se gli dico di no faccio la figura della ragazzina imbranata... se gli dico di sì potrei sembrare troppo leggera. In fondo lo conosco da pochi giorni e mi ha solo dato un passaggio dopo una serata tra amici... ‘ i suoi pensieri si accavallavano mentre si torturava le mani.
Allora? Questo bacio?
incalzò lui con tono giocoso sorridendole.
No, mi dispiace
Gioia uscì dalla macchina senza chiudere la portiera, senza girarsi e salì di corsa le scale di casa. Voleva scappare da quel bacio, dallo sguardo di quel ragazzo che le piaceva, dalla paura di provare emozioni che la facessero vibrare senza controllo.
Arrivata a casa si spogliò, si infilò in fretta il pigiama e si ranicchiò sotto le lenzuola. Per tutta la notte non riuscì ad abbondonarsi al sonno e ogni volta che tentava di abbassare le palpebre, le apparivano i due pezzi di cielo che Massimo aveva al posto degli occhi. Rivedeva il suo sorriso nella penombra dell’ automobile e cercava di decifrarlo come se fosse stato un codice a lei sconosciuto.
Richiamò alla mente la sonorità delle sue parole e le trasformò in altre, inventando epiloghi differenti alla serata appena trascorsa:
Prima scena : ‘Ti voglio baciare perché sei carina ma finita l’estate, quando torni a Milano, ti dimenticherò in fretta’
Seconda scena: ‘Ti voglio baciare per allungare la lista delle ragazze che ho baciato fino ad ora’
Terza scena: ‘Ti voglio baciare perché ho fatto una scommessa con gli amici’
Quarta scena: ‘Ti voglio baciare perché dei ragazzi del gruppo nessuno ci è riusciuto’
Gioia non riuscì a inventare una frase le cui sonorità potessero generare una melodia rassicurante. La verità era che aveva paura di illudersi. Il suo cuore attendeva da tempo l’amore ed era come un cavallo imbizzarito desideroso di sfogare il suo desiderio di correre senza freni, ma la ragione era il fantino giudicante e timoroso che tirava le redini.
La notte si consumò in fretta, il sole stava per fare capolino dal mare e Gioia continuava a rigirarsi nel letto tendando di sfuggire alla vocina della sua insicurezza che non aveva mai cessato di inseguirla con l’intenzione di braccarla. Un raggio di sole si insinuò in una fessura della persiana di legno disegnando una linea sul muro che, allungandosi, la raggiunse e fu in quel momento che sentì la propria voce suggerirle l’epilogo dell’incontro con Massimo: ‘ti voglio baciare perché mi piaci’. Lasciò che quelle parole si ripetessero nella sua testa come un’eco fino a diventare una ninna nanna e, finalmente, chiuse gli occhi esausta, abbandonò le difese e si addormentò.
Quando il sole fu alto Gioia si svegliò all’improvviso senza ricordare il sogno che l’aveva accompagnata in quelle poche ore di sonno. Si alzò dal letto e si diresse alla scrivania, quasi come un automa, e scrisse una poesia.
Del mare
fotografo con la memoria degli occhi
le linee orizzontali delle onde
per avere uno spartito speciale
le sonorità della tua voce son le note
che catturo con la mano
e a mio piacimento distribuisco tra le righe e gli spazi
con un movimento leggero
elegante
come farebbe un contadino che deve seminare.
L’amore non so ancora cosa sia
ma conosco la musica e la poesia.
Nel mio cuore non è ancora primavera e tremo di paura
per le emozioni che mi scuotono
mi pervadono
ogni volta che il mare dei tuoi occhi
mi inonda
e mi sento naufrago
nella paura che mi invade, nel silenzio dei tuoi pensieri a me celati.
Nel pomeriggio Gioia raggiunse gli amici sulla spiaggia del Chiarone e tra loro c’era anche Massimo. I loro sguardi si incrociarono e lui le rivolse un sorriso felice mentre i suoi occhi tradivano una notte fatta di attesa. Gioia era imbarazzata per come era fuggita la sera prima e con forzata disinvoltura si avvicinò e lasciò cadere sul suo asciugamano un foglio piegato in quattro per poi allontanarsi a passo svelto.
Mentre si allontanava avrebbe voluto sprofondare nella sabbia nera e infuocata e avvertì una morsa di calore avvolgerla, stringerla. Non era il sole o il caldo ma la rabbia che provava verso sé stessa per la sua incapacità di crescere, di diventare adulta e guardare in faccia quel ragazzo, invece di lasciargli un bigliettino. Avrebbe voluto essere coraggiosa per poter tuffare i suoi occhi in quelli di lui e lanciarsi senza freni in quell’amore che l’attendeva. Si odiava e si giudicava infantile. Quando si sdraiò sull’asciugamano, si diede in pasto al sole, fece scivolare il suo rancore all’interno delle gocce di sudore e riuscì a perdonarsi pensando:
‘è l’unico modo che conosco per comunicare le mie emozioni quando prendono il sopravvento e non riesco più a contenerle’.
Mi vuoi inchiodare?
la voce di Massimo interruppe i suoi pensieri.
Ho letto la poesia
continuò sventolando il biglietto e fumando una sigaretta con la stessa avidità con cui voleva conoscere quella ragazza che la intrigava.
Cosa vuoi dire?
Vuoi una storia seria?
Io non voglio niente
borbottò imbarazzata cercando dove posare lo sguardo, poi serrò i pugni e le mascelle e si pentì di avergli donato quella poesia, di essersi esposta, di avergli mostrato un lato che aveva sempre tenuto nascosto con cura. Per un attimo temette che con quella domanda lui volesse prendere le distanze