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Tutto quello che vorrei
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E-book300 pagine3 ore

Tutto quello che vorrei

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Info su questo ebook

Neighbors Series

Sono come cane e gatto… Ma non possono fare a meno di amarsi

Marybeth continua a non credere di poter resistere a lungo con un amico come Darrin, eppure in qualche miracoloso modo è riuscita a superare gli ostacoli e non cedere alla tentazione fortissima di soffocarlo nel sonno con un cuscino. Ma ovviamente ci sono giorni in cui trattenersi è più difficile…
Per vent’anni Darrin ha rimandato. Aspettava che arrivasse il momento perfetto per fare la sua mossa e adesso che è arrivato… Sembra proprio che non riesca a fare a meno di rovinare tutto.
R.L. Mathewson
è nata e cresciuta nel Massachusetts. È nota per il suo senso dell’umorismo e la capacità di creare personaggi realistici in cui i lettori si immedesimano facilmente. Al momento ha diverse serie paranormali e rosa in corso di pubblicazione tra cui la serie Neighbors. È mamma single di due bambini che le danno molto da fare e si divertono a spaventarla a morte coi loro scherzi. Ha una dipendenza da romanzi d’amore e cioccolata calda e spesso combina le due cose.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2017
ISBN9788822708786
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    Anteprima del libro

    Tutto quello che vorrei - R.L. Mathewson

    Dedica

    Vorrei porgere un ringraziamento speciale alle persone che mi sono state vicine, che mi hanno sostenuta e che hanno sempre creduto in me.

    A Lieve e Jen Emig per essermi stati vicino nel momento più difficile della mia vita. La vostra gentilezza mi ha aiutata più di quanto non riesca a esprimere. Mi avete permesso di rimettermi in sesto e di andare avanti. Per questo avrete la mia eterna gratitudine.

    A Rhonda Valverde e alle donne meravigliose di vrb¹ per l’opportunità che mi hanno offerto e per aver corso un rischio con me. Il vostro sostegno e la vostra disponibilità mi hanno aiutata a credere in me stessa e a rendermi conto di cosa sono capace. Grazie.

    A Maryse Black per l’incredibile recensione e gentilezza che hai mostrato nei miei confronti. Non hai idea di quanto questo abbia fatto la differenza per me e i miei figli. Sarai eternamente nei nostri pensieri.

    Agli insegnanti, al personale e ai volontari della scuola che frequentano i miei figli, grazie per tutto ciò che avete fatto per Kayley e Shane. La vostra dedizione e premura nel corso degli ultimi tre anni hanno fatto un mare di differenza per i miei figli. Li avete aiutati a crescere, a sorridere e a capire che in questo mondo c’è gente meravigliosa.

    Un ringraziamento particolare a voi lettori e ai miei amici di Facebook. Grazie per il vostro sostegno, per le parole di conforto e per la vostra pazienza. Non ci sono parole per descrivere cosa significate per noi. Grazie per essermi stati vicini.

    1 Vampire Romance Books, blog di letteratura rosa sui vampiri (n.d.t.).

    Caro lettore,

    prima di parlare del libro vorrei cogliere questa opportunità per ringraziare tutti per il sostegno, le email, i post e le recensioni scritti in questi ultimi anni. Hanno significato moltissimo per me e per i miei figli.

    E ora passiamo a Tutto quello che vorrei...

    Quando ho avuto l’idea per questo libro non avevo programmato di farlo coincidere con Qualcosa di grande. Avevo intenzione di scrivere di due amici d’infanzia che vivevano solo per tormentarsi a vicenda. Tuttavia mi resi subito conto che i due libri avrebbero dovuto coincidere. Speravo di poter scrivere un libro che potesse essere letto e apprezzato come romanzo autoconclusivo, sebbene facesse parte di una serie. Sfortunatamente e nonostante tutto, è imprescindibile che questo libro di fatto sia complementare a Qualcosa di grande.

    Ciononostante, non volevo che questa storia diventasse Qualcosa di grande narrato da un diverso punto di vista. Noterete che vi sono alcune scene in comune, ma sono state riscritte con un punto di vista e da un’angolazione completamente diversi per evitare la ripetitività che talvolta è presente nei libri che narrano gli stessi eventi.

    Ho anche preso la decisione di far terminare questo libro prima dell’evento traumatico che coinvolge Danny in Qualcosa di grande, perché immaginavo che a nessuno avrebbe fatto piacere leggere quaranta pagine di ripetizioni e non volevo far concentrare l’attenzione su Danny e Jodi, poiché ho già raccontato la loro storia, e Darrin e Marybeth meritavano un libro tutto loro.

    Vi ringrazio e spero che apprezzerete la storia di Darrin e Marybeth quanto io mi sono divertita a scriverla.

    R.L. Mathewson

    Prefazione

    1993. Darrin e Marybeth, 7 anni

    «Smettila di fissarmi!».

    «No», disse il ragazzino scrollando le spalle noncurante, mentre la fissava da quando la madre l’aveva messa in punizione venti minuti prima.

    Con un sospiro seccato, lei decise di ignorarlo, sperando che lui avrebbe capito e sarebbe sparito, e lei sarebbe potuta stare in santa pace a guardare in cagnesco il fratello, il quale faceva gran mostra di mangiare il gelato che gli aveva dato la loro madre. Jake sorrise prendendo un altro grande morso del gelato al biscotto. Marybeth guardò in tralice il fratello maggiore, prima di distogliere lo sguardo per non dargli la soddisfazione di vederla arrabbiata.

    «Se lo meritava», disse il ragazzino, richiamando di nuovo l’attenzione di Marybeth al ramo sopra di lei, dove se ne stava appollaiato.

    «Lo so», disse secca, guardandolo di traverso.

    Il ragazzino sembrò riflettere prima di aggiungere: «Piange come una femminuccia».

    «So anche questo».

    «Vuoi che gli dia una lezione per te?», si offrì lui poggiandosi contro l’albero.

    Per un attimo lei pensò di accettare, ma dopo una breve pausa scosse la testa con un sospiro. «No, è tutto okay», rispose, sapendo già che si sarebbe rifatta sul fratello più tardi per aver fatto la spia.

    «Non somigli alla tua mamma», osservò il bambino con un ghigno curioso, mentre posava lo sguardo sulla madre di lei, che stava ancora scaricando la macchina.

    Marybeth fece un sospiro profondo, sdraiandosi sull’erba alta e attese la domanda che probabilmente le avrebbe fatto venire voglia di afferrare il bastone accanto a sé e lanciarglielo in testa. Lui di certo voleva sapere se era stata adottata e quando gli avrebbe risposto di no, probabilmente lui avrebbe ribattuto, come facevano la maggior parte dei bambini, osservando che la madre aveva la pelle chiara, i capelli biondi e gli occhi grigi, mentre Marybeth aveva i capelli neri, un colore di pelle più scuro e gli occhi verdi. Avrebbe potuto dire al bambino che lei somigliava a suo padre, ma non lo avrebbe fatto perché avrebbe portato ad altre domande, a cui non aveva voglia di rispondere.

    «Tu sei più carina», annunciò lui, facendole intuire che la stava fissando di nuovo.

    «E tu non sei bravo a dire bugie», rispose lei, allungando d’istinto la mano per afferrare il bastone e concentrarsi a scrostarne la corteccia, anziché sul fatto che quelle parole le avevano fatto piacere.

    «Perché pensi che sto mentendo?», domandò lui con tono curioso.

    Sospirando, Marybeth indicò la madre che stava parlando con i traslocatori. «Perché tutti dicono che è bellissima».

    «E allora?», domandò il bambino aggrottando la fronte. «Non significa che sia più carina di te».

    «Non dovrei parlarti», ammise lei con un sospiro, perché in realtà le piaceva farlo.

    «Lo so», disse lui con un ampio sorriso. «Ho sentito tua madre quando ti ha detto di stare lontana da noi».

    «Mi dispiace», rispose lei scrollando le spalle, non sapendo cos’altro dire.

    «Il ragazzo che ha consegnato la pizza ha dimenticato il panino di polpette per mio padre», disse lui imitando la scrollata di spalle della bambina, come se ciò spiegasse la scena terrificante che li aveva accolti quando erano entrati nel vialetto, poche ore prima. Non sarebbe stato poi così grave se i traslocatori non fossero stati costretti a intervenire e non fosse arrivata la polizia.

    «Se sai già che non mi è permesso parlarti, allora perché sei qui?», domandò lei, chiedendosi quanto tempo ancora sarebbe passato prima che sua madre si ricordasse che era ancora in punizione.

    Probabilmente ancora un bel po’, pensò con un sospiro.

    «Perché ho reclamato il diritto di precedenza», rispose scrollando le spalle, mentre si sistemava sul grosso ramo sospeso sopra di lei, fino a distendersi a pancia in giù.

    «La precedenza? Su cosa?»

    «Su di te», rispose lui sbadigliando rumorosamente e confondendola un po’.

    «Come se fossi un giocattolo?», si ritrovò a chiedere Marybeth, arrischiando un’occhiata alla sua destra, per essere sicura che la madre non la stesse guardando. Poiché stava ancora parlando con i traslocatori, pensò che non lo avesse ancora visto.

    «Io ti sposerò», annunciò il bambino con un tono annoiato, attirando l’attenzione di Marybeth, mentre la osservava dondolandosi a testa in giù.

    «Io non posso sposarti», disse Marybeth aggrottando la fronte e domandandosi allo stesso tempo se lui sarebbe stato disposto a insegnarle come dondolare senza cadere di testa.

    «Perché no?», domandò lui aggrottando la fronte a sua volta.

    «Perché non so nemmeno come ti chiami», osservò lei, anche se doveva essere più che ovvio.

    Il bambino scoppiò a ridere. «Sono Darrin e tu sei Marybeth», disse prima che lei potesse aprire bocca.

    Marybeth valutò se chiedergli come faceva a sapere il suo nome, ma poi si rese conto che probabilmente aveva sentito la madre sgridarla prima. Lanciò un’occhiata a sua madre e poi alzò di nuovo lo sguardo verso Darrin. Cominciò a mordersi il labbro inferiore, incerta se chiederglielo ma…

    Doveva sapere.

    «Non hai reclamato il diritto di precedenza su mia madre?».

    Lui fece un’espressione disgustata. «No!».

    «E i tuoi fratelli?».

    Lui rispose con una risata nasale. «No, ma ho dovuto dare a Reese il mio dolce per poter avere te».

    «Chi è Reese?»

    «Mio fratello gemello».

    «Oh», rispose lei, perché non aveva mai incontrato nessuno prima d’ora che avesse un gemello.

    «Quanti anni hai?»

    «Sette», rispose la nuova vicina, riportando l’attenzione sul bastone.

    «Anche io ne ho sette».

    «Non sembri un bambino di sette anni», commentò lei senza preoccuparsi di alzare lo sguardo.

    «Lo so, ma è la verità».

    Serrando le labbra per riflettere, Marybeth lo osservò, cercando di decidere se stesse dicendo la verità o meno. Aveva detto di avere sette anni, ma sembrava ne avesse dieci. Era troppo grande per averne sette, decise mentre lo esaminava. Le piacevano molto i suoi capelli neri corti e il modo in cui gli occhi verdi gli brillavano quando sorrideva. Era anche bello, decise Marybeth, senza sapere davvero perché avrebbe dovuto avere importanza, ma era così.

    «Ne sei sicuro?», gli domandò concentrandosi di nuovo sul bastone.

    «Che ho sette anni?»

    «Sì», rispose lei, tirando via un pezzo di corteccia e lanciandola.

    «Certo. Ti va di giocare ad acchiapparella?»

    «Non posso. Inoltre finirò nei guai se mia madre mi vede parlare con te», spiegò lei, arrischiando un’altra occhiata verso destra, per vedere cosa stava facendo suo fratello. Aveva finito il gelato e stava giocando con i soldatini sul prato davanti casa.

    «Vuoi venire a giocare a casa mia?», domandò lui attirando di nuovo l’attenzione di Marybeth verso l’albero, proprio mentre stava cominciando a scendere.

    «Non posso», rispose lei con un sospiro disperato.

    «Perché no?»

    «Perché finirei nei guai».

    «Ci sei già nei guai», osservò il bambino.

    Non aveva tutti i torti, ma…

    «Non posso e basta».

    Lui rimase in silenzio per un attimo prima di domandare: «E se ti sfidassi?»

    «Non posso comunque».

    «D’accordo», le rispose con un grosso sorriso. «E se ti sfidassi due volte?».

    Guardandolo di traverso, Marybeth si alzò lentamente in piedi annuendo col capo e gli strinse la mano quando gliela porse, perché non aveva altra scelta.

    Dopotutto, l’aveva sfidata due volte.

    1996. 10 anni

    «Non esiste che io faccia una cosa del genere», protestò Darrin scuotendo la testa, mentre restituiva la palla da baseball al suo gemello Reese, il quale se ne stava lì in piedi a lanciare occhiate nervose tra i due.

    «Non avresti scelta se ti lanciassi una doppia sfida», osservò lei, incrociando le braccia minute sul petto, mentre guardava di traverso il suo migliore amico, già più grande di tutti gli altri ragazzini della loro scuola e della maggior parte dei ragazzi delle superiori.

    «Certo potresti», borbottò pensieroso Darrin, sollevando la mano inguantata per afferrare la palla che Reese gli aveva lanciato. «Ma poi te ne farò pentire».

    «Ne varrebbe la pena», sentenziò Marybeth, sapendo che lui non poteva fare proprio nulla per farle rimpiangere tutto ciò.

    Nulla.

    «Tua madre ci farebbe secchi», osservò Darrin, rilanciando la palla a Reese, per poter afferrare la bottiglia di soda dal suolo incandescente e berla, prima di scagliarla nel bidone dell’immondizia che delimitava la loro proprietà.

    «Probabilmente nemmeno mamma e papà ne sarebbero felici», aggiunse Reese, lanciando a Marybeth un’altra occhiata nervosa e notando il tutù e le calze rosa che la madre l’aveva obbligata a indossare, prima di spostare lo sguardo verso la portiera posteriore del loro furgone, che era aperta e da cui minacciavano di fuoriuscire una dozzina di buste stracolme.

    «Hai intenzione di aiutarmi a nascondermi?», domandò lei, guardando storto il suo migliore amico e offrendogli ancora un’ultima opportunità prima che fosse costretta a fare l’impensabile.

    Darrin scosse il capo con un sorriso compiaciuto. «No».

    «Ne sei sicuro?», chiese lei, decidendo di dargli ancora una possibilità, visto che, dopotutto, Darrin era il suo migliore amico.

    «Non ho intenzione di aiutarti a nasconderti solo perché così puoi evitare il saggio, non dopo che tua madre ha promesso di filmarlo per non farmi perdere questo tuo triste tentativo di danzare», rispose lui, mostrandosi sin troppo divertito alla prospettiva della sua imminente umiliazione pubblica. «Se mi lanci una doppia sfida a nasconderti, mi assicurerò comunque che tu riesca ad arrivare in tempo per la recita».

    Assottigliando gli occhi fino a ridurli a due fessure, Marybeth decise che era necessario modificare i suoi piani. «Allora è un bene che non abbia intenzione di sfidarti due volte a nascondermi, giusto?», domandò lei in tono canzonatorio, provando piacere per il modo in cui l’espressione compiaciuta di Darrin si fece improvvisamente circospetta.

    «Che… che vuoi dire?», chiese lui, deglutendo nervosamente e facendo un rapido passo indietro, che non sarebbe stato sufficiente a salvarlo.

    Nulla avrebbe potuto.

    Darrin se l’era cercata, ricordò a se stessa, anche se non aveva affatto problemi a fare ciò che stava per fare.

    «Significa che ho cambiato idea sul fatto di chiederti di nascondermi», rispose lei, mimando il tono compiaciuto che aveva sentito adottare da tutti i maschietti della famiglia del suo amico.

    «Non fare nulla che poi rimpiangerai», l’ammonì lui, guardandola con altrettanto cipiglio nel tentativo di intimidirla.

    Era evidente che aveva dimenticato con chi aveva a che fare, perché lei non si era mai tirata indietro davanti a una sfida.

    Mai.

    «Ti sfido a indossare il mio tutù per due settimane a cominciare da ora», rispose lei con soddisfazione, vedendo lo sguardo orripilato sul volto di Darrin non appena questi comprese il senso delle sue parole.

    «Non oseresti mai!», sbottò lui, allo stesso tempo cominciando a correre nel disperato tentativo di allontanarsi da lei e dalla sfida che lo avrebbe reso il bersaglio di tutti i suoi cugini e zii per le due settimane successive, durante la riunione annuale della famiglia.

    Se solo avesse accettato di aiutarla a nascondersi, pensò lei sospirando e scuotendo il capo, mentre apriva la bocca per dire quelle quattro parole che le avrebbero dato una gioia immensa.

    «Ti sfido due volte».

    2001. 15 anni

    «È una cosa stupida», annunciò Marybeth, facendo del suo meglio per non rabbrividire mentre Brian Fitzgerald le faceva di nuovo l’occhiolino.

    «Andiamo, ti prego!», la implorò Brenda con un ampio sorriso, saltellando eccitata sullo squallido divanetto a forma di esse accanto a lei, liberando nell’aria una nuova nuvola di polvere, che si mischiava all’essenza di profumo pesante, colonia da due soldi e muffa.

    «No», rispose Marybeth, domandandosi perché mai fosse andata in quel posto.

    «Ti scongiuro!», la supplicò Brenda con una risatina acuta, che attirò l’attenzione di tutti gli adolescenti maschi nella stanza.

    «Ragazze, non dimenticate di mettere il vostro nome nel barattolo», disse Laurie, una ragazza che Marybeth aveva visto a scuola alcune volte, mentre lanciava un sorrisetto malizioso a David Thompson e deponeva il barattolo di vetro sul tavolinetto, tra lattine vuote di root beer e pacchetti aperti di patatine.

    «Andiamo!», esortò Brenda sprizzando entusiasmo, e così si alzò, afferrò Marybeth per un braccio tirandola via dal divano e cercò di trascinarla all’altro lato della stanza, per poter mettere il loro nome in un barattolo di vetro ed essere scelte per venire palpeggiate nello sgabuzzino per cinque minuti da uno dei ragazzi che sembravano aver fatto il bagno nella colonia da due soldi.

    Già…

    Non era il caso.

    «Io me ne vado», annunciò Marybeth tirando via il braccio dalla presa dell’amica e dirigendosi verso la porta a vetri del patio, ma ritrovandosi a gemere pochi secondi dopo, quando Brenda le afferrò il braccio in un ultimo disperato tentativo di convincerla a rimanere.

    «Non puoi ancora andare via!», sussurrò Brenda alquanto isterica. «Andiamo, hai promesso!».

    «No», disse Marybeth, poggiando la mano sopra a quella di Brenda e districandosi con gentilezza. «Non ho promesso affatto».

    «Sono solo cinque minuti!».

    «In uno sgabuzzino con un adolescente arrapato che non sa nemmeno come mi chiamo», rispose lei seccata, mentre liberava agilmente il braccio dalla presa e si dirigeva verso la porta a vetri, che prometteva libertà e aria fresca. «Passo».

    «Ti prego!», la implorò Brenda, cercando di afferrarla di nuovo per il braccio, ma prima di riuscirci, Marybeth aprì le porte scorrevoli e uscì fuori, richiudendosele alle spalle.

    «Dove stai andando?», le chiese l’unica persona capace di farla sorridere e arrabbiare allo stesso tempo. Lui era poggiato contro il muro e a quanto pare la stava aspettando.

    «A casa», rispose lei indicando il bosco e il sentiero che l’avrebbe portata a casa, dove avrebbe potuto sedersi sul divano a mangiare l’impasto per biscotti e a guardare le repliche di Saturday Night Live, mentre fingeva di studiare per il test di algebra.

    «Capisco», borbottò Darrin pensieroso, e per quanto lei volesse ignorarlo e andare a casa, qualcosa nel suo tono di voce l’aveva fatta bloccare e voltare per guardarlo in tralice.

    «Capisci che cosa esattamente?», domandò Marybeth, assottigliando gli occhi.

    «Che sei una fifona», rispose lui con quel suo sorriso impertinente, lo stesso che la maggior parte dei suoi fratelli sembravano aver perfezionato dall’età di dieci anni.

    Lei rimase stupita, certa di aver sentito male. «Sono una fifona perché non voglio entrare in uno sgabuzzino ed essere palpeggiata da un tizio che conosco a malapena?»

    «No», rispose lui scuotendo il capo con un sospiro pesante mentre si poggiava di nuovo contro il muro, «perché stai scappando dai sentimenti che provi per me».

    «I sentimenti che provo per te?», ripeté lei lentamente, domandandosi se Darrin quel giorno non avesse sbattuto la testa da qualche parte.

    «Sei follemente innamorata di me», disse lui solenne, facendole alzare gli occhi al cielo per l’esasperazione.

    «Ma per favore», esclamò Marybeth scuotendo la testa. Poi si voltò e si diresse verso il sentiero e l’impasto per biscotti che aveva nascosto in fondo al frigorifero.

    «Lo sanno tutti».

    «Allora soffrono tutti di allucinazioni», rispose senza preoccuparsi di nascondere il sorriso, mentre abbassava la testa per passare sotto un ramo sporgente e imboccare il sentiero battuto.

    «Questo dimostra quanto disperatamente mi desideri», spiegò lui raggiungendola sul sentiero.

    «Il fatto che mi sto allontanando da te?», domandò lei secca mentre abbassava la testa sotto un altro ramo.

    «Sarebbe più esatto dire che stai scappando», spiegò Darrin con tono pensieroso. A queste parole lei scosse la testa in modo esasperato e alzò gli occhi al cielo, poggiando una mano sul braccio di lui per tenersi in equilibrio e scavalcare un ramo caduto a terra che bloccava il passaggio.

    «Davvero?»

    «Mhmm».

    «Ti rendi conto che io me ne stavo andando prima ancora che ti facessi vivo tu, vero?», gli domandò con un sospiro rassegnato, mentre lui le metteva un braccio attorno alle spalle.

    «Perché hai sentito la mia presenza».

    «Hai ragione, è così», ammise la ragazza con un cenno solenne del capo.

    «Lo sapevo», disse Darrin con un sospiro profondo, stringendole lievemente le spalle.

    «Mi vuoi dire perché ti sei disturbato a venire?», domandò lei lanciandogli un’occhiata curiosa e notando che la stava osservando.

    «Perché non sarei dovuto venire?», domandò Darrin aggrottando la fronte.

    «Perché non eri invitato?».

    Lui scrollò le spalle. «Questo di solito non mi ha mai fermato».

    Be’, questo era vero…

    «E poi hai detto di non avere alcun interesse ad andare a quella festa», gli rammentò lei, mentre facevano il giro attorno a una pozzanghera che bloccava il passaggio.

    «Ho cambiato idea», rispose il ragazzo semplicemente, mentre tornavano sul sentiero.

    «A che proposito?»

    «A dover aspettare fino a stasera per lanciarti una sfida», rispose sbrigativo, e se lei non si fosse distratta a guardare un tenero scoiattolino in mezzo al sentiero, avrebbe probabilmente capito molto prima cosa lui intendeva.

    Ma vista la situazione, aveva appena fatto in tempo ad allontanarsi che Darrin chiese: «Non vuoi sentire qual è la tua sfida?»

    «No!», gridò lei da sopra la spalla mentre sfrecciava verso destra, nella speranza che la fitta boscaglia le fornisse una qualche protezione; tuttavia, a causa della totale assenza di abilità atletiche e di una spessa radice che sporgeva da terra, non andò molto lontano prima che la sfida di Darrin si trasformasse in una doppia sfida, che

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