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Io, donna
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E-book97 pagine1 ora

Io, donna

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Info su questo ebook

La donna e le sue battaglie contro il pregiudizio e le ingiustizie sociali, vissute nel quotidiano di un'esistenza umana in cui è assoluta protagonista. Tante le sfide davanti a sé, affrontate sempre con determinazione, coraggio e sensibilità verso gli altri.
LinguaItaliano
Data di uscita17 mag 2020
ISBN9788833465982
Io, donna

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    Anteprima del libro

    Io, donna - Maria Stamegna

    Pubblicato da Ali Ribelli

    Direttore di redazione: Jason R. Forbus

    www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com

    Maria Stamegna

    Io, donna

    Sommario

    Rinuncia

    La giocatrice

    La Giocatrice (parte seconda)

    Lettera

    Amnesia

    Una vita spezzata

    Una donna

    Diario di un’elezione

    La Principessa del Sud

    Vissuto assai

    Angelo Bianco

    Elegia del Giardino

    Alba

    Breve storia della donna

    Morgana

    Bibliografia

    Dedicato ad Alberto

    Rinuncia

    Il volto di Giada sembrò rasserenarsi appena entrò nella sala d’aspetto della stazione.

    Era partito da non più di una settimana e già le mancavano il suo viso, i suoi occhi verdi, le sue mani, sempre nascoste nella tasca del cappotto.

    I suoi amici e i suoi parenti l’avevano scongiurata di sottrarsi a questo supplizio ma nessuno avrebbe potuto tenerla lontana da quella stazione, dal suo Michele.

    Entro pochi giorni avrebbe lasciato il paese per sempre e non l’avrebbe più visto neanche da lontano, quindi, voleva avere un ultimo ricordo da serbare nel proprio cuore e da risvegliare nei momenti di malinconia e d’amarezza.

    A venticinque anni Giada si sentiva più anziana di una centenaria ed aveva la consapevolezza che mai più si sarebbe sentita giovane e spensierata...

    Non dopo ciò che la vita le aveva riservato.

    Ricordava ogni particolare del giorno in cui Michele era stato concepito.

    Era una sera di settembre e la luna piena si rifletteva nello specchio del mare, appena increspato da leggeri flutti, mentre l’aria serena aveva un lieve sentore di bouganville. Era successo nella villa al mare dei suoi genitori e per lei era stata la prima e unica volta.

    Da allora non aveva voluto più saperne di uomini, soprattutto dopo che il padre di Michele era sparito.

    In realtà, entrambi avevano avuto una reazione di rifiuto nei confronti della gravidanza, tuttavia Giada, nonostante i suoi sedici anni, aveva escluso anche solo l’idea di abortire ed aveva accettato di dare il bambino in adozione.

    Aveva trascorso i nove mesi a casa di una zia, lontana dalle voci di paese, ma soprattutto avvolta dalla pace e dalla serenità delle Alpi. Nel silenzio della montagna aveva imparato a conoscere sé stessa, ad accettare i cambiamenti che stavano avvenendo nel suo corpo e, soprattutto, ad amare quel bambino che stava crescendo dentro di lei.

    Era come se lui l’ascoltasse e lei si confidava con lui, giocava con lui, cresceva con lui...

    Era l’inizio di Luglio, quando Michele era nato. I dolori erano stati terribili e lei era anche riuscita ad odiare quell’esserino che sembrava volerla spaccare in due, ma quando aveva udito il suo primo vagito il desiderio di toccarlo, di accarezzarlo e di tenerlo tra le sue braccia avevano avuto il sopravvento su ogni cosa. Ciò nonostante il medico, l’ostetrica e sua madre avevano fatto in modo che lei non lo vedesse per evitarle il dolore del distacco ed era stata portata immediatamente nel reparto d’ostetricia, in una stanza singola, sola, con il suo immenso dolore.

    Dolore con cui sapeva di dover convivere per tutta la vita, nonostante gli sforzi di tutti coloro che la circondavano.

    Era stato a causa di questo dolore che, dopo nove anni, aveva cercato il suo bambino ࣷࣷࣷࣸࣸe l’aveva trovato a pochi metri da casa sua. L’aveva seguito, guardato di nascosto all’uscita della scuola ed aveva scoperto in lui un bambino felice, amato e sereno.

    Si era sentita quasi sollevata nel vedere che Michele era felice e sarebbe cresciuto in una casa accogliente tra persone amorevoli, per questo aveva deciso di spiarlo senza per questo rivelarsi a lui.

    I suoi genitori continuavano a ripeterle che una volta andata in città dai nonni si sarebbe rifatta una vita, avrebbe trovato lavoro, magari un marito, e forse stavolta avrebbe potuto tenere tra le braccia suo figlio.

    La sola ipotesi di avere un altro figlio la faceva rabbrividire.

    Non perché avesse paura del parto o perché non amasse i bambini ma il pensiero di dover sostituire Michele con un altro bambino la angosciava: un figlio non poteva essere il surrogato di un altro perduto.

    Un gruppo di donne sorridenti e ciarliere irruppe nella sala d’aspetto e si sedettero di fronte alla giovane donna, spezzando il filo dei suoi pensieri.

    Iniziarono a parlare tra loro dei figli, di ritorno dalla gita scolastica, e Giada riconobbe tra loro la madre di Michele, attraente e sicura, come quando andava a prendere il figlio a scuola.

    Un altoparlante annunciò l’arrivo del treno e gran parte dei presenti, comprese le donne e la stessa Giada, si recarono verso la pensilina. Intimorita, la giovane si nascose dietro il pannello degli orari dei treni ed attese che il convoglio si fermasse sul binario.

    I bambini scesero schiamazzando e ridendo dal vagone e corsero incontro alle madri.

    Giada si fece coraggio ed uscì dall’ombra.

    Un bambino correndo la travolse e cadde ai suoi piedi ‹‹Sta attento, Michele!›› Disse una madre in tono di rimprovero, mentre Giada, fremente d’emozione, lo aiutava a risollevarsi.

    ‹‹Lo scusi...›› Continuò la donna con un sorriso aperto.

    ‹‹...Non c’è problema!›› Si affrettò a dire la ragazza ed accarezzò il viso di Michele. Il cuore le batteva all’impazzata e i pensieri si affollavano nella sua mente. Una parte di lei avrebbe voluto dire la verità al bambino, abbracciarlo e baciarlo, mentre l’altra le imponeva di rimanere lucida e fredda.

    Sospirò e sorrise alla donna.

    Michele e la madre si allontanarono mano nella mano.

    Giada lanciò un bacio al bambino e lo guardò uscire per sempre dalla sua vita.

    La giocatrice

    È bastata una telefonata ed eccola: è tornata la Giocatrice.

    L’avessi saputo che sarebbe stato così facile l’avrei fatto prima invece di spendere lacrime e soldi... soprattutto soldi!

    Non so perché ma ogni volta che subisco un torto o un’umiliazione sento crescere dentro di me un desiderio assurdo di spendere, spendere e ancora spendere fino a restare a secco. Ma quel che mi fa rabbia è che le spese maggiori riguardano l’abbigliamento... io, che non guardo una vetrina nemmeno se mi puntano una pistola alla tempia!

    Ma sto divagando... da dove ero partita?

    Ah, dalla Giocatrice!

    Ancora mi chiedo come sia potuto accadere che una giornalista dalla moralità ineccepibile e dalla mentalità ristretta si sia avventurata in questa storia che fa acqua da tutte le parti.

    Mi sono alzata questa mattina, come tutte le mattine di tutti i giorni,

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