Un tavolino 'Ngannammare
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Anteprima del libro
Un tavolino 'Ngannammare - Michele Gaeta
ragazzi
Chi tene o mare
Chi tene o mare
cammine c’a vocca salata
chi tene o mare
è chiu assa’ cuntent
chi tene o mare
o sape non tene niente
Con le mani nelle tasche dei jeans e la musica nelle orecchie Nanni lasciò il corso per imboccare la via che lo avrebbe condotto al lungomare.
Camminava guardando per terra, assorto nei suoi pensieri. Erano pensieri in libertà che passavano, senza alcun collegamento logico, dal giudizio su una poltrona esposta nella vetrina di un negozio di arredamento al ricordo della sera precedente e di quanto fosse stato piacevole uscire solo con Maria. Camminava senza fare attenzione a quella strada che aveva percorso per tanti anni che le gambe non avevano bisogno di essere guidate per portalo al suo tavolino di fronte al mare: il tavolino del bar ‘Ngannammare.
Era sulle strisce pedonali davanti al bar quando, con la coda dell’occhio, vide l’auto arrivare ad alta velocità. Non desistette e la costrinse a frenare di colpo inchiodando a pochi centimetri dalle sue gambe. Si fermò e, girando appena la testa, guardò prima il paraurti e poi fissò gli occhiali da sole poggiati su una giovane testa maschile.
Gli occhiali da sole, imperturbabili, fissarono quel vecchio che con gli auricolari, i jeans e lo zainetto che non si arrende all’età che avanza e cammina libero per le strade.
Continuarono questo gioco per un po’, come se l’uno cercasse di leggere nella mente dell’altro. Non c’era sfida in quegli sguardi ma solo uno scontro di testosterone. Finalmente Nanni, stanco di guardare un foglio bianco, decise che gli aveva dedicato fin troppo tempo e continuo per la sua strada. Alle sue spalle l’auto ripartì portandosi dietro gli occhiali da sole e lasciando del nero sull’asfalto.
Massimo si era gustato tutta la scena aspettandolo al tavolo.
«Se non la smetti con questo gioco idiota un giorno qualcuno che ti metterà sotto».
«Ti ci metti anche tu? Non basta l’assillo di mia moglie. Anziché guardare la strada non potresti guadagnarti lo stipendio che tua moglie ti elargisce generosamente servendo i clienti?»
Massimo si guardò attorno fissando le sedie vuote sistemate ordinatamente sotto i tavoli, poi fissò l’amico. «Hai visto qualcuno lamentarsi?»
«Mi lamento io - la voce di Nadia veniva dalle spalle di Nanni - possibile che ne approfitti sempre per lasciarmi sola al banco?»
«Ma lascia stare, oggi dobbiamo festeggiare il pensionamento di Nanni».
«Auguri Nanni - abbracciando l’amico - finalmente sarai padrone del tuo tempo. Come ti senti?»
«Troppo presto per poterti rispondere, è l’inizio di una nuova vita, con Maria abbiamo fatto tanti progetti, ma vedremo quali riusciremo a realizzare. L’unica certezza è che ora potremo raggiungere nostro figlio senza preoccuparci più dei permessi».
«Ti preparo subito il tuo solito tè freddo, ma te lo servirà il tuo amico».
La seguirono con lo sguardo senza osare dire una parola finché non la videro eclissarsi dietro la macchina del caffè.
«Sono adorabili - disse Massimo - e senza di loro non potremmo vivere, ma …»
«… certe volte sono delle grandi rompipalle - intervenne Nanni completando il pensiero. - Ma ricordi come eravamo prima della loro comparsa? Quanti anni saranno passati da quando occupai la prima volta questo tavolino?»
«Me lo ricordo perfettamente perché accadde alla fine della mia prima estate da cameriere, l’anno della mia svolta. Mi ero diplomato da un anno e avevo trascorso l’inverno facendo finta di cercare un lavoro. A maggio mio padre mi chiamò per informarmi che il figlio di un suo amico stava aprendo un bar sul lungomare e cercava un cameriere e lui gli aveva chiesto di assumere me. Poi, guardandomi fisso negli occhi mi disse ...vedi di accettare perché da oggi il nostro portafogli è chiuso. Non possiamo permetterci il lusso di avere un figlio che passa le giornate a fare niente
».
«I padri di una volta. Non come noi».
«Parla per te, io non ho figli da viziare. E poi che hai da dire di Giulio: è un mito si è laureato e subito ha messo su quella compagnia con cui gira l’Italia e so che è anche molto apprezzato».
«Certo quello dello zio, anche se putativo, è il ruolo migliore, lo devi solo viziare.»
«Ma che hai da dire di quel ragazzo?»
«Niente, anzi siamo orgogliosi di lui, di come ha sostenuto tutte le sue scelte, tenendo testa alle nostre obiezioni. Ora che ha incontrato Carla si è un po’ rasserenato. Sono bellissimi.».
«Lo so bene, ogni volta che vengono a trovarvi fanno sempre un salto qui. D’altronde Giulio non poteva che crescere così con due genitori come te e Maria, soprattutto Maria».
«Grazie, ma tu sei nostro amico e non vale» disse cercando di uscire dal complimento.
«E secondo te perché siamo amici? Siete belli perché avete il mare dentro».
«In che senso?»
«Guardare la vita con uno sguardo diverso, siete accoglienti e offrite maggiori opportunità al futuro. Chiunque comparirà al vostro orizzonte vedrà sempre un porto aperto ed accogliente ad attenderlo».
Nanni restò senza parole per quella dichiarazione di affetto, avrebbe tanto voluto rispondere qualcosa per venire fuori dal disagio ma non ci riuscì.
«Scusa - riprese Massimo togliendolo dall’imbarazzo - ma la mia titolare si è appena mostrata sulla porta del bar e mi ha fatto cenno di raggiungerla».
Nanni si voltò appena in tempo per vederla rientrare. Non aveva detto nulla e non aveva fatto alcun gesto, ma era bastata la sola presenza sull’uscio del locale per far capire all’amico che era richiesto il suo servizio.
Gli altri tavolini nel frattempo si erano animati e Massimo cominciò il suo giro con la solita flemma. Nanni allora sistemò gli auricolari, prese il libro dallo zainetto e si isolò.