La via fluida e il federalismo dei bisogni: Stimoli per la transizione dal cittadino elettore a cittadino consumatore di servizi pubblici
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Ma non esistono davvero spazi per pensare a qualcosa di nuovo?
La via fluida lascia libera la mente di seguire alcuni sguardi che ricercano modelli sociali in grado di proporre nuove utopie.
Capita allora che alcuni cittadini consumatori, piuttosto che recarsi alle urne per esprimere un voto ormai debole, esercitino invece un acquisto collettivo di servizi di governo. Oppure succede che una comunità, senza dover traslocare, ritenga di poter aderire allo stato che più le si attanaglia, superando quello che viene definito il “ricatto territoriale”.
Fa la sua comparsa poi un nuovo federalismo costruito sui bisogni piuttosto che su logori contorni territoriali.
Quegli sguardi in un secondo tempo cambiano pelle e diventano proposte, bozze di percorsi da provare a seguire.
Fluidificare la società, fluidificare i confini? Che sia un'opportunità per alleggerire straordinari concentrati di interessi. Che sia la strada per liberalizzare non merci e capitali, ma offerte di servizi e governi? Qui non si vendono verità ma stimoli per provare a pensare qualche cosa di nuovo.
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Anteprima del libro
La via fluida e il federalismo dei bisogni - Enrico Unterholzner
Enrico Unterholzner
La via fluida e il federalismo dei bisogni
dal cittadino elettore al consumatore di servizi di governo e l’ascesa delle organizzazioni dei consumatori
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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La via fluida e il federalismo dei bisogni
dal cittadino elettore al consumatore di servizi di governo
l’ascesa delle organizzazioni dei consumatori
geopolitica basata sui bisogni
fluidità sociale e confini fluidi
Premessa
In questa premessa si vuole da subito tracciare brevemente il percorso che si vuole seguire in queste pagine, ritenendo che man mano che si avanza sia più facile per il lettore ritrovarsi
. Di sorprese potrebbero essercene comunque, anche se non si fa nulla per nascondere il finale, anzi ci si prodiga per aiutare a individuare moventi e colpevoli. Naturalmente non è un giallo e gli indagati non sono individui ma le moderne organizzazioni sociali occidentali che faticano a seguire la modernità e quindi a valorizzare le potenzialità dell’homo sapiens contemporaneo.
Viviamo in un’epoca di grande nervosismo. Si avverte un decadimento del benessere pressoché inarrestabile, una compressione della classe media accompagnata da incertezze verso il futuro e permane una confusione stanziale su che cosa si debba fare per invertire la rotta. Nel cosiddetto occidente
sembrano per ora prevalere proposte politiche di sostanziale continuità, senza cambi strutturali significativi di sistema
. Semmai emergono movimenti che provano a proporsi come portatori di salute pubblica
, oppure di protesta contro un non ben identificato establishment. Le riforme più radicali sembrerebbero concentrarsi su questioni di protezionismo o sulle politiche di immigrazione. Di altre idee più innovative e di sostanza non se ne vede l’ombra.
Ma non esistono spazi per pensare a qualcosa di nuovo? Qualche segnale che si potrebbe cogliere per una trasformazione profonda?
Nella discussione che si affronta in queste pagine ci si concentra dapprima sulla natura dello Stato e si prova a guardarlo spogliato da vestiti istituzionali e sacrali per vederlo quale dovrebbe essere: un erogatore di servizi al cittadino. Visione che ci porta a chiedersi se si può immaginare una progressiva sostituzione dei partiti politici tradizionali con organismi figli
delle associazioni dei consumatori e quindi nati e pensati per difendere il consumatore, ovvero colui che usufruisce dei servizi. Ottica che ci porterà anche a pensare di sostituire un voto nelle urne, ormai svilito, impotente, marginale, con dinamiche di acquisti collettivi di servizi di governo o pubblici
. Un rapporto di forza fra consumatore ed erogatore dei servizi finalmente a favore del primo dove si stabilisce la sana regola: il cliente ha sempre ragione
.
Si dice finalmente
perché nella storia gli erogatori di servizi di governo da sempre hanno maneggiato il coltello dalla parte del manico.
Si affronta poi l’evidenza che nell’epoca della globalizzazione, della digitalizzazione e di internet, il nostro vivere e pensare si è progressivamente sollevato dal territorio fisico per entrare in un etere di saperi e relazioni dotato di una propria organizzazione logistica indipendente da limiti geografici. Significa che il nostro essere cittadini
è in parte lievitato fuori dalla nostra terra e la nostra mente si muove spaziando indifferente ai confini nazionali.
Allora perché non pensare che anche le forme di governo e i connessi servizi pubblici possano seguire lo stesso percorso, cessino di riferirsi a territori e si concentrino su qualcosa di più significativo per una civiltà: i bisogni. Si tracciano i contorni di una nuova possibile organizzazione sociale: il federalismo dei bisogni dove si vuole offrire ai cittadini la possibilità di esercitare una scelta di appartenenza allo Stato
extraterritoriale che meglio risponde alle proprie esigenze. Si accarezza l’opzione di emigrare
all’estero senza muoversi di un passo. Un superamento sostanziale del ricatto territoriale che costringe ognuno ad adattarsi all’unica proposta di governo vigente disponibile, oppure spostarsi fisicamente.
Utopie? pericolose fughe dalla realtà?
Si parte da alcuni sguardi
e si procedere a comporre scenari dove l’impossibile non sembra poi così inarrivabile. Anzi sembra, se non di poterlo già toccare per mano, almeno di poterne percepire alcuni contorni nitidi.
Gli sguardi, fulcro centrale della discussione, sono in definitiva dei desideri guida che tracciano delle direzioni a cui mirare per pensare un futuro diverso.
La messa a fuoco del federalismo dei bisogni passa da una prima fase in cui si analizza quello che si ritiene un problema assolutamente sottovalutato e cruciale nelle democrazie occidentali, ovvero il sovradimensionamento raggiunto da un apparato pubblico pingue
e inefficiente, contenitore di una parte sociale ipergarantita, il corpo stabile
, in contrapposizione al corpo fluido
soggetto a tutti i rischi conseguenti a un mercato capriccioso e instabile. Nei prossimi anni crescerà la coscienza di questa spaccatura e si potrà determinare un terremoto sociale di qualche grado Richter superiore alle scosse telluriche dovute all’immigrazione.
Un percorso di rottura e riequilibrio sociale che viene proposto in questa trattazione è, come si è detto, la trasformazione del cittadino elettore a cittadino consumatore di servizi pubblici. Un passaggio che, come per il Federalismo dei bisogni, prende inizio da sguardi
e poi si delinea in uno scenario dove sparisce il meccanismo di delega ai politici mediante elezione e dove i servizi di governo e i servizi pubblici diventano oggetto di acquisti collettivi diretti.
Il potenziamento della capacità di scelta del cittadino consumatore è quindi un cardine centrale della discussione proposta ed è il punto su cui lavorare per riequilibrare un liberalismo zoppo: oggi schiacciato su profitto e libera circolazione delle merci ma non bilanciato da un libero mercato di forme di organizzazione sociale, governo e servizi pubblici.
La conclusione inevitabile sarà enunciare la speranza che nasca un movimento in grado di riprendere alcuni o gran parte degli elementi sviluppati nella discussione: il partito fluido.
Di cosa si parla?
Obiettivo di questo testo è stimolare la discussione in merito a proposte per stimolare un’evoluzione strutturale dello stato basata sulla centralità del cittadino in quanto consumatore di servizi pubblici e sulle opportunità che comporterebbe il superamento della relazione attualmente biunivoca fra governo e territorio.
Le affermazioni e gli oggetti di discussione sotto riportati offrono riferimenti utili per capire il percorso che si vuole seguire:
La constatazione che lo stato non è altro che un erogatore di servizi che, come tali, possono essere regolamentati e gestiti alla stregua di servizi offerti da organizzazioni presenti o di possibile sviluppo nella società civile, a tutto vantaggio dei consumatori;
La possibile evoluzione del cittadino da elettore a consumatore di servizi pubblici;
L’estensione dell'intervento delle associazioni di consumatori ai servizi pubblici e al governo del territorio su mandato dei cittadini consumatori;
La parificazione del livello di fluidità del lavoro privato e del lavoro erogato nel settore pubblico;
Lo studio di un federalismo non basato sul territorio ma sulla distribuzione dei bisogni. La constatazione che un federalismo territoriale può determinare alcuni vantaggi ma è debole, già superato, inadatto alla modernità;
La messa in discussione del rapporto apparentemente indissolubile fra governo e territorio;
Introduzione del concetto di diversismo;
A partire dallo sviluppo di questi punti si parlerà dell’auspicabile nascita di un movimento che faccia suo tutti o parte degli obiettivi sociali e politici conseguenza della discussione proposta. Tale movimento verrà identificato nel seguito, come ipotesi di partenza con i termini La Via Fluida
, o per semplicità, Partito Fluido
, PF in breve, perché vorrà avere come referente principale la parte più fluida delle risorse sociali delle moderne società occidentali e in particolare europee.
L’obiettivo principale di questa discussione è stimolare l’apertura di nuovi scenari del pensiero politico e delle relative proposte operative.
Lo schema che si vuole seguire per mettere in atto una trattazione più semplice e chiara possibile è affrontare una prima fase dove si analizzano aspetti ritenuti critici delle Moderne Economie Democratiche Europee, M.E.D.E., con riferimento particolare a nazioni come Italia, Spagna, Francia, Germania, Austria, etc. riguardanti il settore pubblico e mettendo a punto alcuni stimoli che ci consentano di costruire alcuni sguardi. Uno sguardo è il punto di incontro fra un desiderio e un’utopia: una direzione a cui guardare per individuare un miglioramento, un cambiamento profondo.
In una prima fase non ci si porrà da subito problemi di fattibilità, si cercherà di lasciar sbocciare idee e osservazioni liberamente. Si è largamente coscienti che alcune analisi non costituiscono novità, certamente affrontate da altri con dovizia di numeri, statistiche, ricerche approfondite, ma sono qui intraprese perché ci consentono di raggiungere la seconda fase, più stimolante in quanto idee e proposte, con una consapevolezza più solida.
La prima fase genererà l’humus adatto a fertilizzare un terreno dove prenderà vita una seconda fase, in corrispondenza della quale si studiano possibili proposte e la possibile crescita di un movimento che abbia come riferimento gli sguardi arrivati a maturazione.
Si tracciano delle direttive, degli aggettivi che definiscono il movimento, si cerca di capire cosa si può fare subito, cosa si può provare a discutere. Alcuni sguardi potrebbero anche puntare a obiettivi molto lontani e per ora il lavoro potrebbe meramente consistere nel mettere a punto strategie di avvicinamento. Ma su queste valutazioni di distanza
si invita chiunque lo voglia fare a riflettere, si potrebbe scoprire che non si è poi così lontani.
Perché lanciare questi stimoli? In primis si ritiene che gli Stati Azienda nelle M.E.D.E. siano malati di profonda inefficienza e abbiano sviluppato concentrazioni di potere tali da impedire qualsiasi riforma sostanziale. Abbiamo a che fare con apparati sovradimensionati, largamente inefficienti, fortemente permeati dalla corruzione, radicati sul territorio, accentratori di risorse elettorali e quindi inattaccabili con il sistema attuale di scelta del governo basata sul voto. Il fenomeno non è solo tipico delle democrazie del sud Europa, anche se alcuni guasti
sono più marcati nel meridione.
Questi problemi aggravano un generale decadimento dello sviluppo del benessere sociale che non avanza, causa un inceppamento strutturale del cosiddetto neoliberalismo, sempre più orientato a comprimere la classe media, allontanando sempre di più i redditi dei poveri da quelli dei più ricchi.
Gli sguardi e le relative intenzioni vanno però al di là della ricerca di vie di uscita dalle ingombranti zavorre del settore pubblico, offrono spunti per la ricerca di nuovi modelli sociali che sovraintendono a società dove la componente fluida diventa l’unica possibile e la risorsa cardine per costruire un futuro diverso. Un processo di fluidificazione della società potrebbe poi gettare le basi per ulteriori evoluzioni che vengono tracciati in quello che viene definito il Federalismo dei Bisogni e il Diversismo.
Prima fase: ricerca di sguardi di civiltà
La scelta della filiera che determina un servizio
Si vuole qui concentrarsi sulla capacità di influenza e di scelta che ha oggi il voto nelle urne.
Per scaldarci un po' e entrare nella discussione proviamo a seguire una signora che uscita di casa prende la strada verso il mercato in piazza. Ha in mente di procurarsi in particolare delle pere, perché piacciono a sua figlia.
La pediniamo. Raggiunge le bancherelle, individua quelle che offrono frutta, si muove a debita distanza memorizzando prezzi, provando a indovinare la qualità dei prodotti grazie alla vista, esperienza e istinto. Alla fine con il portafoglio in mano annulla la distanza di discrezione da un commerciante e presto ha il suo pacchettino di pere.
Perché ci interessa la signora e le sue pere? La ragione è che suo agire ha esercitato un alto potenziale di scelta. Di fatto ha premiato un’intera filiera fra moltissime opzioni. Poteva anche recarsi al supermercato o prendere l’auto e andare a trovare quel suo amico contadino, o chissà quante altre.
Il potere di scelta è indiscutibilmente un valore, è un parametro per misurare il livello democratico di un’organizzazione sociale. In questo caso l’oggetto coinvolto è un semplice bene, potremmo considerarlo banale, ma dobbiamo sottolineare che