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Il diritto penale come etica pubblica: Considerazioni sul politico quale “tipo d'autore”
Il diritto penale come etica pubblica: Considerazioni sul politico quale “tipo d'autore”
Il diritto penale come etica pubblica: Considerazioni sul politico quale “tipo d'autore”
E-book63 pagine50 minuti

Il diritto penale come etica pubblica: Considerazioni sul politico quale “tipo d'autore”

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Info su questo ebook

L’idea che l’etica pubblica sia oggi circoscritta al diritto penale può sembrare una provocazione che risente di una deformazione professionale nel punto di osservazione. Nondimeno, la permanente messa sotto accusa della classe politica, insieme a quella imprenditoriale, da parte della magistratura non è solo segno di una crisi della politica, ma anche espressione del controllo della sua moralità. In un contesto culturale dove ogni etica tradizionale (cattolici, laici, comunisti, socialisti, liberali eccetera) è ormai declassata a morale privata, e dove il pluralismo e il multiculturalismo impongono che solo il diritto, mediando tra stranieri morali, sia espressione di un’etica pubblica, che pure, finché giuridica, non obbliga in coscienza, il comando più autoritario ed espressivo di un prohibiting non riducibile a onere o a tassa, è quello penale. Senza nulla concedere al pensiero che se una condotta è penalmente irreprensibile sia politicamente corretta, occorre peraltro recuperare le virtù repubblicane senza le quali ogni legge è inerme, come regola senza costume. Tali virtù non sono l’effetto di una macchina giudiziaria dove tutti sono sottoponibili a un controllo di “moralità pubblica” attraverso un processo penale. Questo stato delle cose ha invece prodotto l’effetto di un uso strumentale del processo penale, e dunque una sorta di indiretta privatizzazione della giustizia, usata via via da vari protagonisti come strumento di lotta politica. Se non è detto che la ragione pubblica si esprima solo attraverso una qualche Corte suprema, certo sarebbe grave se l’etica pubblica fosse riconosciuta e praticata solo per effetto dei processi penali che la sanciscono.
LinguaItaliano
Data di uscita13 mag 2015
ISBN9788870006728
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    Anteprima del libro

    Il diritto penale come etica pubblica - Massimo Donini

    35-36

    1. La sovraesposizione della magistratura penale oltre il repubblicanesimo: specificità di un fenomeno italiano

    In nessun Paese che io conosca le amministrazioni locali e quelle regionali, i parlamentari, gli esponenti dei partiti, di regola insieme agli imprenditori, sono così esposti come in Italia all’azione penale e alle indagini delle Procure della Repubblica, e poi al controllo e talvolta anche all’applicazione di sanzioni effettive da parte della magistratura giudicante.

    Non è un giudizio di valore. Il mestiere del politico è da noi particolarmente a rischio penale, anche se non ancora come quello dell’imprenditore, specialmente in forma societaria. L’abolizione dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari, avvenuta nel 1993 nel pieno di Tangentopoli, può essere vista solo come una delle condizioni giuridiche del sistema perché esso funzioni così. Lo stesso dicasi, per quello che concerne le singole condizioni giuridico-istituzionali del fenomeno del rischio penale della classe politica, dell’effettiva indipendenza della magistratura italiana¹, comprese la politicizzazione e la visibilità mediatica di alcuni pubblici ministeri, del ruolo iperattivo e libero da vincoli della stampa e della televisione nella fase delle indagini, e della perdita di credibilità dei partiti politici e delle loro comunicazioni simboliche post-ideologiche, quale veicolo di rappresentanza. Il fenomeno presenta tante peculiarità da avere sollecitato analisi continue², anche oltre gli aspetti internazionali di una espansione mondiale del potere giudiziario³. Queste condizioni nazionali hanno favorevolmente svolto un ruolo importante nelle prime due grandi battaglie storiche che il paese ha di fatto superato anche grazie al contributo decisivo della magistratura e al prezzo di numerose vite umane che è stato sopportato dalla stessa magistratura: l’emergenza terrorismo e l’emergenza mafia. C’è poi stata la terza grande sfida che sempre la magistratura ha condotto per il risanamento delle istituzioni: tangentopoli e la corruzione istituzionale.

    Questa battaglia è ancora in corso ed è la più dura di tutte, perché riguarda un vero problema di ethos nazionale, che non attiene alle sole fattispecie di corruzione: un contrasto con noi stessi, e non contro gruppi criminali in qualche misura esterni o avversi, anche se espressione della società. E dunque ancora più rilevanti a me paiono le condizioni culturali che governano la lotta alla corruzione delle istituzioni, ma anche dell’impresa e dell’economia: cosa c’è nella testa dei politici e dei giudici, dell’opinione pubblica e dei mass-media, come si svolge effettivamente la lotta politica in Italia, quali sono realmente il costume e il comportamento della classe di governo, la sua moralità, quali insuperabili commistioni di potere esistono tra politica ed economia e magistratura stessa, tali da frenare, condizionare o bloccare ogni intervento decisivo al riguardo. E infine, quale tipo di controllo effettivo esista sul potere politico, al di là del sindacato sull’etica pubblica in termini di giudizio di criminally innocent = politically correct. Un’equazione che a qualsiasi persona sana di mente dovrebbe apparire inconcepibile anche, e anzi soprattutto, nel Paese di Machiavelli⁴.

    È stato il repubblicanesimo americano, a ripresa di tematiche dell’umanesimo civile e del repubblicanesimo italiano del Cinquecento, che dalla fine del secolo scorso ha rinnovato fortemente i temi della virtù civica e della corruzione (decadimento, lotte intestine, perdita di valori condivisi eccetera) quali aspetti centrali di una teoria del potere politico⁵: teoria costituzionale o politica, peraltro, della ‘vita activa’, non teoria del reato!⁶

    L’esigenza che la virtù dei politici sia controllata e condivisa dai cittadini (come richiesto dal repubblicanesimo e dall’impegno civico che esso sollecita verso forme di patriottismo), non potendo costringere a tanto impegno quotidiano chi desidera nel tempo libero vedersi un film o guardare una partita di calcio, ha di fatto visto realizzato lo stesso risultato attraverso il controllo indiretto da parte della magistratura, oltre che della stampa.

    Perché di questo andremo trattando. Per molto tempo da noi non è esistita più un’etica generale comune agli schieramenti politici, diversa da quella definita dal diritto e in particolare dal diritto penale.

    La politica agisce mediante il diritto e anzi lo costruisce; solo in parte ne è da principio vincolata; ha grandi spazi⁷. Come si può pensare che essa sia ormai così priva di statuto etico-politico da avere bisogno di recuperare un orientamento ai valori attraverso il diktat di qualche provvedimento giudiziario penale?

    In questa dimensione culturale si passa immediatamente da ciò che è reato a ciò che è lecito in quanto non delittuoso: come

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