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La Figlia del Cielo e del Mare
La Figlia del Cielo e del Mare
La Figlia del Cielo e del Mare
E-book433 pagine5 ore

La Figlia del Cielo e del Mare

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Info su questo ebook

Una misteriosa bambina di nove anni delle Terre Benedette approda nella vita di una coppia della Repubblica, sostenendo di essere la Figlia del Cielo e del Mare. Cambierà le vite di tutti quelli che incontra…e forse anche il loro mondo.

PREMIO: vincitore del Pinnacle Book Achievement Award nell’autunno 2014- categoria fantasy

PREMIO: medaglia d’oro del 2015- Adult Fiction, conferita dall’associazione Editori ed Autori della Florida (FAPA)

Dopo secoli di guerre religiose il mondo si è ritrovato diviso in due: da una parte le Terre Benedette governate da una fede cieca, dall’altra la Repubblica, dove la ragione è la luce guida. Due mondi diversi, tenuti separati e in pace da un oceano e un trattato.

Figli della Repubblica, Helena e Jason erano inseparabili da bambini, ma il destino aveva in serbo per loro strade diverse. Lutto e senso del dovere accompagnavano la vita di Helena, mentre Jason arriverà ad odiare la futilità delle sue ambizioni.

Le loro anime ferite si riuniscono proprio quando una piccola barca dalle Terre Benedette si schianta contro gli scogli vicino alla casa di Helena dopo un pericolosissimo viaggio attraverso l’oceano proibito. A bordo c’è un unico passeggero, una bambina di nove anni di nome Kailani, che si definisce “la Figlia del Cielo e del Mare”. Una nuova e pericolosa avventura avvicina nuovamente Jason e Helena, che promettono di proteggere la bambina innocente dalle grinfie della giustizia, incuranti del pericolo per la loro vita.

Ma se la bambina misteriosa fosse solo una ragazzina tormentata desiderosa di tornare a casa? O se fosse un potente profeta venuto per cambiare i valori di una Repubblica senza dei, come vuol far credere  il capo fuorilegge di una setta religiosa segreta? Qualsiasi sia la risposta, il cambiamento per loro sarà per sempre…e anche per il loro mondo.         

LinguaItaliano
Data di uscita12 giu 2017
ISBN9781547504794
La Figlia del Cielo e del Mare

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    Anteprima del libro

    La Figlia del Cielo e del Mare - David Litwack

    LA FIGLIA DEL CIELO E DEL MARE

    di

    David Litwack

    Copyright

    www.EvolvedPub.com

    ~~~

    La Figlia del Cielo e del Mare

    Copyright © 2014 David Litwack

    Copertina e formattazione di Mallory Rock

    Traduzione di Federica Frisiero

    ~~~

    ISBN (EPUB Version): 1622539931

    ISBN-13 (EPUB Version): 978-1-62253-993-2

    ~~~

    Edito da Lane Diamond

    ~~~

    Licenza:

    È vietato l’utilizzo, la riproduzione e la trasmissione in qualsiasi maniera di una qualunque parte di questo libro senza esplicita autorizzazione scritta, salvo in caso di brevi citazioni utilizzate in recensioni e articoli di critica letteraria, sempre in accordo con la legge vigente in materia.  Tutti i diritti sono riservati.

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    ~~~

    Disclaimer:

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono un prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in maniera fittizia.

    Dello stesso autore

    THE SEEKERS

    Libro I: The Children of Darkness

    Libro II: The Stuff of Stars

    Libro III: The Light of Reason

    ~~~

    Along the Watchtower

    ~~~

    www.DavidLitwack.com

    ~~~

    A proposito dei libri di David Litwack

    ~~~

    La Figlia del Cielo e del Mare:

    ... una lettura ricca di immaginazione e decisamente avvincente.- Kirkus Reviews

    ~~~

    Delicato ma elettrizzante, questo romanzo analizza il contrasto tra fede e ragione, e la capacità di scegliere con saggezza tra giusto e sbagliato. La storia scritta con sapienza da David Litwack fa riflettere, è appassionante e semplicemente incantevole.the GreatReads (Amazon Top 500 Reviewer)

    ~~~

    L’autore David Litwack tesse con eleganza il suo messaggio con fili di fantasia e realtà...il lettore troverà saggezza e grazia in questo romanzo magistralmente scritto. – San Francisco Review Book Review

    ~~~

    ... un libro coinvolgente, in un mondo alternativo... fa riflettere, è meravigliosamente scritto e decisamente divertente.Jack Magnus, Readers’ Favorite

    Dedica:

    A Peter e Kevin,

    e a tutti i figli e le figlie del mondo.

    Indice

    Copertina

    Copyright

    Dello stesso autore

    Dedica

    Prologo

    Capitolo 1- Una barca dove non doveva esserci

    Capitolo 2- Il Ministero della Separazione

    Capitolo 3- Jason

    Capitolo 4- Una promessa insolita

    Capitolo 5- La natura dello Spirito

    Capitolo 6- Le Terre Benedette

    Capitolo 7- Un momento di irrazionalità

    Capitolo 8-Scelte

    Capitolo 9- Agrodolce

    Capitolo 10- Un caso decisamente insolito

    Capitolo 11- Un posto squallido

    Capitolo 12- I Regni del Nord

    Capitolo 13- Sebastian

    Capitolo 14- La fattoria di Glen Eagle

    Capitolo 15- Una barca mancante

    Capitolo 16- Benjamin

    Capitolo 17- Lo Spirito del vento

    Capitolo 18- Il racconto della Figlia

    Capitolo 19- Polvere in un raggio di sole

    Capitolo 20- Una riva lontana

    Capitolo 21- Un Serpente in giardino

    Capitolo 22- Ceneri

    Capitolo 23- La benedizione del vento

    Capitolo 24- Un ospite ammirevole

    Capitolo 25- Follia

    Capitolo 26-Punti deboli

    Capitolo 27- Chiamata all’azione

    Capitolo 28- Visioni periferiche

    Capitolo 29- La prima neve

    Capitolo 30- Il Segretario dei senz’anima

    Capitolo 31- Un buon impiegato

    Capitolo 32- Un rifugio per anime perdute

    Capitolo 33- Chiamata alle armi

    Capitolo 34- Nemici

    Capitolo 35- Alleati

    Capitolo 36- Discorsi di Guerra

    Capitolo 37- In stato di assedio

    Capitolo 38- Persi e ritrovati

    Capitolo 39- Semplice come le pietre

    Capitolo 40- Un rifugio nel bosco

    Capitolo 41- Confronto

    Capitolo 42- Nella Terra dello Straniero

    Capitolo 43- Una scena dall’Apocalisse

    Capitolo 44- I Cancelli della Salvezza

    Capitolo 45- L’incontro dei mondi

    Capitolo 46- L’Apocalisse a portata di mano

    Epilogo

    L’autore

    Cosa viene dopo

    Altre opere

    Evolved Publishing LLC

    Ci sono solo due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente sia un miracolo. L’altro è pensare che tutto sia un miracolo. - Albert Einstein

    Prologo

    Il Ministro del Commercio arrancò fino al rifugio di acciaio in cima al ponte continentale, un tratto che aveva percorso centinaia di volte. Ma mai prima d’ ora era gli era sembrato così ripido.

    Il ponte continentale era un sentiero di argilla rossa che i due governi si impegnavano a tenere libero dalla vegetazione, anche se in ogni caso ben poche piante sarebbero cresciute là sopra. Una barriera di metallo nero percorsa da una fila di spuntoni frastagliati limitava la costruzione, permettendo l’accesso soltanto attraverso i due cancelli situati ad est e ad ovest: li chiamavano i Cancelli della Salvezza perché se un rifugiato li attraversava anche solo per poco, aveva il diritto di chiedere asilo all’altra parte.

    In cima alla collina si trovava il centro congressi, una struttura bianca e verde un tempo brillante e nuova, ora sbiadita in un incerto grigio. Poco stupore. Era stato costruito cinquantadue anni prima come conseguenza del Trattato di Separazione. Forse era quasi ora di smantellarlo e costruirne uno nuovo, o almeno di ridare una mano di pittura fresca. 

    L’edificio si trovava a cavallo di un confine stabilito ed era l’unico punto d’incontro tra la gente del Ministro e i senz’anima, due popoli che avevano vissuto separati- tranne che in tempi di guerra- dall’epoca della Grande Divisione. O almeno questa era la storia che raccontavano i monaci senkyosei dai loro pulpiti. Secondo questa versione Lord Kanakunai, creatore dello spirito, in risposta alla follia della ragione, aveva diviso il mondo in due continenti identici: le Terre Benedette per i credenti e la Repubblica per i senz’anima. Aveva deciso Lui che sarebbero state separate da un oceano, lasciando soltanto questa sottile striscia di terra a collegarli, come la trachea con i polmoni.

    Come amano ripetere i senkyosei, solo una delle due terre ha un cuore.

    Il primo incontro del Ministro del Commercio con i senz’anima avvenne quando era soltanto un giovane burocrate con il compito di valutare alcuni rifugiati che chiedevano di poter migrare nelle Terre Benedette. All’epoca aveva avuto bisogno di due giorni per raggiungere il ponte continentale ed era arrivato tutto impolverato e stanco, come un mendicante. Adesso invece era giunto insieme al suo entourage e il viaggio aveva richiesto meno di tre ore grazie alla nuova tecnologia che aveva contrattato con l’altra parte, un carro a motore su una strada asfaltata nuova di zecca. Importare quel tipo di invenzioni era stato uno dei suoi più grandi successi e aveva portato grandi miglioramenti nella vita del suo popolo, oltre ad una grande ricchezza per molti dall’altro lato. Ora appariva ai loro occhi come un pari, non più come un supplicante.

    Quando raggiunse la cima, si fermò pazientemente, le braccia tese verso l’esterno mentre i soldati della Repubblica lo perquisivano alla ricerca di armi e, ancor più pericoloso, di una qualsiasi forma di parola scritta. Le sue truppe avrebbero fatto la stessa cosa ai senz’anima dall’altra parte.

    Una volta finito il controllo, entrò.

    Tirapiedi di entrambe le razze si preoccupavano inutilmente della posizione del tavolo della conferenza. Si fermò ad osservare il dibattito mentre il tavolo veniva spostato da una parte all’altra per assicurare la posizione precisa sopra il confine. I rappresentanti dei senz’anima misurarono con i loro strumenti, altri inutili miracoli concepiti nel culto della ragione. Il suo popolo avrebbe usato un approccio differente, prendendo a occhio le misure della linea che divideva il pavimento e pregando che gli fosse garantita la porzione giusta.

    Quando ogni parte fu soddisfatta, cercò la sua sedia e aspettò. Questo incontro era stato voluto proprio da lui per cui, secondo il protocollo, avrebbe dovuto essere lui stesso il primo a entrare. Dopo un gravoso minuto la porta sul muro di fronte si aprì e due tozzi individui marciarono nella stanza, prendendo posizione a entrambi i lati di una sedia di pelle imbottita. Anche se non erano armati, sembravano più che capaci di difendersi ugualmente.

    Nell’attesa la bocca gli si seccò e i palmi iniziarono a sudare. Bevve un sorso d’acqua da un bicchiere sul tavolo e tirò fuori un fazzoletto dalla tasca per asciugarsi le mani. Gli era già capitato molte volte di incontrare personaggi importanti della Repubblica, quelli responsabili dell’istruzione, della cultura o del commercio ma mai prima aveva incontrato un uomo che comandava un esercito.

    Qualche momento dopo il Segretario del Ministero della Separazione fece il suo ingresso nella stanza, un uomo con la mole di un orso ma il portamento di uno abituato al potere.

    Il ministro si sedette immediatamente e si sforzò di guardare l’uomo negli occhi, di provare a leggere i suoi pensieri e di più, di vedere quell’anima che molti del suo popolo gli negavano.

    Perché quell’uomo non controllava solo un esercito, ma anche il destino di tutto ciò che il ministro aveva di più caro. 

    Capitolo 1- Una barca dove non doveva esserci

    Helena Brewster sedeva sopra le rocce, cinque piedi sopra la risacca, fingendo di leggere. Quantomeno finché Jason non arrivò alla spiaggia sottostante per fare jogging. Aveva pensato di aspettare finché non si fosse avvicinato abbastanza, poi avrebbe finto di voltare una pagina che non stava leggendo e avrebbe lasciato che i suoi occhi incontrassero quelli di lui. O forse gli occhi di lui avrebbero incontrato i suoi e per la prima volta da quando era riapparso, si sarebbe fermato e sarebbe rimasto. Ma oggi, lui sembrava clamorosamente in ritardo. Per far passare il tempo e calmare la sua agitazione, decise di compiere quel movimento, voltando pagina e alzando lo sguardo.

    Non c’era.

    Poteva capire perfettamente l’imbarazzo del primo giorno, un incontro inaspettato dopo che non si erano visti per più di quattro anni e non si sentivano da almeno due. Il secondo giorno non fu meglio. Lui era senza fiato e quasi muto, lei non si era ancora ripresa dal funerale. Dovettero arrivare al terzo giorno per riuscire ad avere una breve conversazione, uno scambio di convenevoli che non era nemmeno l’ombra di quello che era stato un tempo tra loro.

    Oggi sperava in qualcosa di più.

    Abbandonò il libro e si mise a fissare il mare. Là, attraverso la nebbia densa sulla superficie dell’acqua, emerse una barca. In nome di ogni ragione che cosa ci fa una barca qui? Doveva essere la sua immaginazione che giocava con la nebbia, in attesa dell’arrivo di Jason.

    Cercò di calmare il respiro come le avevano insegnato, per controllare l’agitazione e schiarire la mente. Poi si mise di nuovo in ascolto del rumore dei passi di lui sulla sabbia: non sentiva nulla, se non il continuo infrangersi delle onde sulla riva. Controllò il livello della marea sotto di lei, cercando di capire quanto tempo ci sarebbe voluto prima che l’acqua lasciasse libera abbastanza spiaggia per correre. Ancora qualche minuto.

    Avevano frequentato la stessa accademia, lei e Jason, dal primo all’ottavo anno, ma ci avevano messo un po’ prima di diventare amici.  Lei sedeva vicino alla finestra, lui vicino al muro. Lei prestava attenzione all’insegnante, mentre Jason guardava fuori, probabilmente costruendo dei castelli in aria. Ogni anno lui riusciva a sedersi una fila più vicino e al quinto finalmente si sedette di fianco a lei e le scriveva dei bigliettini per chiederle se poteva accompagnarla a casa dopo la scuola. Quando lei gli disse che temeva li scoprissero, lui cambiò bigliettini e ogni volta li concludeva con la frase Tenta la sorte, Helena.

    Nella primavera di quell’anno, lo fece.

    Da quel momento lui l’accompagnò a casa tutti i pomeriggi lungo quella stessa spiaggia ma mai oltre quel punto, troppo intimidito dalla grande casa sulla scogliera.

    Tutto questo finì quando entrarono alla scuola secondaria. Lui si iscrisse alla scuola pubblica del paese, lei a quella privata per i bambini destinati a frequentare le facoltà del Politecnico. Certo, cercavano di incontrarsi ogni giorno ma lei era diventata ossessionata dai voti, nel tentativo di compiacere il padre, e lui aveva trovato lavoro dopo la scuola in un baretto per poter mettere da parte qualche soldo per l’università. Lei andava a trovarlo più spesso che poteva, ordinando una bibita al gusto di limone e stando insieme nelle pause. Non era molto tempo, ma non era importante: ne avrebbero avuto di più quando sarebbero diventati più grandi.

    Dopo che lei si trasferì- non aveva mai messo in discussione l’idea di frequentare la stessa scuola del padre- erano rimasti in contatto per un certo periodo. Jason lasciava un messaggio e lei rispondeva. Poi, non si sa come, seguirono due anni di silenzio.

    Ora, dopo tutto questo tempo, lui era ricomparso e l’aveva visto fare jogging mentre lei piangeva in lutto sulla scogliera, esattamente mezz’ora dopo l’alta marea. Come un barlume di luce in quella che era la più buia delle sue estati. Come un miracolo.

    Scosse la testa. Se suo padre fosse ancora vivo, l’avrebbe castigata per un simile pensiero. Poteva ancora sentire la sua voce, quella di vero scienziato- i miracoli non esistevano.

    Un’increspatura ai confini della nebbia attirò di nuovo il suo sguardo. Prese forma per un instante, ma subito svanì, un miraggio al contrario, qualcosa di solido dove doveva esserci solo acqua. Strizzò gli occhi cercando di penetrare la foschia e si girò per cercare qualcosa di più consistente.

    Invece vide soltanto la linea della costa. La terra si estendeva verso sud in una dolce curva verso l’estremità di Punta Albion e terminava nel Nodo, che appariva come un pugno teso verso chi cercava di attraversare il Mare Proibito. A Nord gli alberi che ammantavano la costa rocciosa erano interrotti qui e là da una manciata di abitazioni. Da lontano apparivano come grandi uccelli marini che costruivano il loro nido. 

    La nebbia si era diradata con la marea, abbastanza da permetterle di vedere la dimora dei genitori, quella casa bianca al centro che osservava tutte le altre dalla scogliera più alta. Era là che dormiva per il momento, dove viveva sola e isolata. Si vedevano solo il secondo piano e la soffitta. Con la nebbia la casa sembrava un fantasma che sorgeva dal nulla, ed era stato così da quando suo padre era mancato.

    Aveva accompagnato sua madre alla fattoria quattro giorni prima e da allora era venuta ogni giorno a fare visita a quel luogo, sempre mezz’ora prima dell’alta marea. A sinistra, la lunga lingua di spiaggia che terminava alle scogliere. A destra si trovava invece un’insenatura scavata nella roccia, dove le onde s’infrangevano con un ruggito che riecheggiava sulle pareti. Suo padre era solito definirla la cavità del tuono. Stando seduta là sopra su una roccia, quasi fosse una panchina, poteva dondolare i piedi nella schiuma, non proprio nell’acqua ma nemmeno del tutto fuori.

    Suo padre le aveva regalato una cavigliera d’argento per il suo dodicesimo compleanno, un’età in cui temeva di essere troppo cresciuta per accoccolarsi nel suo grembo. Le aveva fatto notare che se sedeva sulle rocce sopra la cavità del tuono quando c’era l’alta marea, la schiuma avrebbe bagnato la catena e fatto brillare gli anelli. Due giorni prima di morire suo padre le ricordò di quella cavigliera e le disse di pensarlo, ogni volta che dall’oceano sorgevano le stelle.

    Jason, pensò lei, era giunto a quel luogo per motivi più pratici- l’ampiezza della spiaggia sottostante, la solidità della sabbia compattata dalle onde: quello era il loro luogo, l’ultimo posto su cui era possibile arrampicarsi prima delle scogliere. Vecchi amici diventati estranei, ora riuniti dal ritmo delle maree.

    Guardò di nuovo verso il mare e colse il faro della Luce della Ragione. La vecchia torre era stata costruita su un promontorio scosceso in mezzo alla baia, alta dieci piani e sempre la prima ad apparire nonostante la nebbia. Mise in equilibrio il libro sul ginocchio e scandagliò più in basso, verso l’orizzonte.

    Il miraggio si fece più vivido e solido, una barca- una dove non doveva esserci.

    La vela che ondeggiava nella brezza era un malfatto triangolo senza arco, che reggeva poco vento. La parte anteriore era malamente scolpita, tanto che sembrava più una vasca da bagno che una prua, e stava navigando dove era proibito- un bersaglio facile per la pattuglia costiera. Se fosse stata mandata da dei fanatici dominata dallo spirito di un missionario, allora era troppo piccola e inadatta, non un vascello della salvezza, ma una trappola mortale.

    E si stava dirigendo verso la costa rocciosa.

    Si girò, sentendo un suono nuovo: Jason era finalmente arrivato secondo l’orario della marea. Presto si sarebbe fermato, avrebbe controllato il battito con due dita sulla carotide e avrebbe bevuto mezza bottiglia di energetico.

    Dopo aver controllato il suo tempo, avrebbe scalato le rocce fino al suo trespolo, mostrato per un attimo quel sorriso giovanile che ben conosceva e le avrebbe chiesto come stava. Lei avrebbe sorriso nel tentativo di recuperare gli anni di lontananza. Quando poi non fosse più riuscita a dire nulla, allora lui avrebbe mormorato qualcosa di gentile, si sarebbe girato e avrebbe ripreso la corsa giù per i gradini e lungo la strada verso il villaggio.

    O almeno è così che sarebbe andata, se non fosse stato per la barca.

    Era sempre più vicina ora e aveva guadagnato velocità. La brezza marina si era alzata, ora che la marea aveva cambiato direzione e ne risultava un movimento verso il basso che teneva la barca nella sua presa, spingendola verso le rocce sotto la scogliera. Anche se fosse stata solida, sarebbe stata spacciata.

    Jason si arrampicò sulle rocce e si avvicinò a lei.

    Lei chiuse il libro e lo mise a terra dimenticando di inserire il segnalibro e puntò verso la barca. Un martin pescatore volteggiò lungo la costa e s’immerse nello stesso punto dove stava guardando, scomparendo nell’acqua.

    Jason sorrise.

    Lei scosse la testa e cercò di ritrovare la voce.

    Una barca riuscì finalmente a dire.

    Ora la vedeva anche Jason. Il sole luccicava su qualcosa che sembrava inchinarsi come a voler immergersi verso un punto più in basso. Quando si rialzò di nuovo, qualcuno si stringeva forte all’albero maestro- una ragazza dai capelli d’oro.

    Jason fece dietrofront sulla spiaggia e chiamò Helena perché lo seguisse. Lei si spostò verso il bordo, si accovacciò e saltò. Lui la afferrò per un polso e la fece atterrare dolcemente sulla sabbia.

    In quei pochi secondi, la barca si schiantò contro le rocce. Il rumore del legno che si frantumava si udì al di sopra del frastuono delle onde.

    I due corsero nella spuma mentre la ragazza dai capelli dorati si agitava nell’acqua, lottando per evitare i rottami appuntiti della barca distrutta. In pochi passi furono immersi, affrontarono la corrente e si spinsero nuovamente al largo. Tre onde più in là riuscirono a raggiungerla.

    Jason afferrò la ragazza giusto in tempo perché non annegasse. Nonostante il mare violento, riuscì a riportarla in salvo sulla spiaggia senza fatica e adagiò il corpo fragile su uno strato d’erba oltre le rocce- il peso di una bambina di non più di nove o dieci anni.

    Pantaloni di semplice cotone erano avvinghiati alle gambe della bambina e una tunica finemente ricamata ricopriva la sua esile figura- il tipico abbigliamento degli zeloti ma, a parte quello, non assomigliava per nulla a uno di loro. La sua pelle era chiara e perfetta, intatta se non per una piccola goccia di sangue sul braccio. I lunghi capelli dorati le cadevano sulla schiena e gli occhi rotondi avevano il colore dell’oceano.

    Se Helena fosse stata credente, avrebbe pensato che quello davanti a lei fosse il viso di un angelo.

    Jason provò a offrirle la sua bottiglia ma lei si ritrasse terrorizzata. Helena prese in grembo la sua testa e cercò di spostarla mentre lui provava a farla bere.

    La bambina si leccò le labbra secche e aprì la bocca per chiederne ancora. Dopo aver bevuto a sazietà, si girò verso Helena. Il suo sguardo colse qualcosa e si fermò. Il sogno disse, è tutto reale, lo vedo dai tuoi occhi.

    Helena sentì l’improvviso impulso di distrarla, di distogliere quello sguardo penetrante. Chi sei?

    La bambina ignorò la domanda e posò una mano sul braccio di Jason.

    I muscoli del ragazzo scattarono nell’indecisione di fidarsi oppure sottrarsi a quel tocco.

    Il tuo braccio è bollente disse lei.

    É perché stavo correndo.

    Gli occhi di lei, blu come l’oceano, si fecero più grandi. Da cosa?

    Lui ritirò il braccio e piegò le dita Vieni dalle Terre Benedette?

    La bambina annuì.

    Perché hai fatto un viaggio così pericoloso, da sola, in una barca così piccola?

    Non ero in pericolo, disse lei.

    Lui indicò con la mano il relitto ancora galleggiante. La tua barca però è distrutta ed è toccato a noi venirti a salvare.

    Sì, credo di sì. Guardò indietro verso il mare, sperando di vedere ancora la barca a galla. Allora ringrazio Lord Kanakunai per avermi risparmiata e aver fatto sì che mi aiutaste. 

    Ma come ti chiami? domandò Helena con più insistenza.

    La piccola chiese ancora da bere, questa volta afferrando la bottiglia con entrambe le mani e svuotandola completamente. Quando finì, si alzò in piedi e sollevò il mento con fare regale: Io sono Kailani, figlia del cielo e del mare.   

    E lentamente le palpebre si chiusero e si accasciò a terra.

    Helena guardò Jason. Santa ragione, ma è...?

    Lui cercò l’incavo del collo con due dita e trovò una pulsazione. É solo esausta, ma è ancora viva.

    Dalla strada dietro di loro sentirono sbattere una porta e dei passi che si avvicinavano. Un ufficiale in uniforme si diresse verso il mare, una specie di radar in mano. A metà strada si fermò per controllare ancora le coordinate. La scritta cucita sopra la tasca della maglietta recitava: Esaminatore, Ministero della Separazione.

    Che cosa è successo qui? gridò ancora prima di raggiungerli.

    La bambina è arrivata via mare disse Helena, stentando a credere alle proprie parole. Su una piccola barca che si è schiantata contro le rocce.

    Impossibile.

    Jason lo accompagnò sulla costa e gli mostrò il relitto distrutto sulla spiaggia, come piccoli stuzzicadenti, che il mare aveva già cominciato a reclamare. Quello è ciò che rimane della barca.

    Beh, questo spiegherebbe le dimensioni del segnale sullo schermo. Quando sono così piccoli, di solito si tratta di semplice legno trasportato dall’acqua oppure di banchi di sgombri. È da sola?

    Jason annuì.

    Strano, disse l’esaminatore. Ad ogni modo deve essere portata via. È la legge.

    Helena s’inginocchiò di fianco alla bambina Ma non vede che ha bisogno di cure?

    Bene...ve lo concedo. Ma è comunque qui illegalmente.

    É solo una bambina.

    Lo vedo. Chiamerò aiuto, ma assicuratevi che non si muova di qui. L’esaminatore si voltò e fece per tornare all’auto di vigilanza.

    Quando fu fuori dalla portata d’orecchio, Kailani cominciò a risvegliarsi, borbottando parole confuse.

    Penitenza...devo fare penitenza per non aver tenuto il vento.

    Helena spostò una ciocca di capelli dal viso della bambina Non è il vento, Kailani, è l’imbarcazione. Nessuno avrebbe potuto attraversare l’oceano, non su una barca così piccola.

    Ma la bambina si stava assopendo di nuovo.

    Helena guardò l’esaminatore che teneva in mano una ricetrasmittente e cercava di comunicare con il suo interlocutore.

    Si avvicinò delicatamente alla bambina e scosse il braccio nudo Kailani, se ti fanno delle domande, non dire nulla assolutamente a proposito di penitenze o sogni. Mi hai sentita?

    La piccola ciondolava di qua e di là e Helena cercò di scrollarla il più delicatamente possibile. Kailani, mi senti?

    Le palpebre si mossero piano.

    Se ti chiedono perché sei venuta, rispondi soltanto con una parola- asilo. Riesci a ricordarlo? Asilo.

    Le labbra della bambina si mossero a formare la parola, ma ricadde nel sonno mentre si avvicinava il suono delle sirene.

    ***

    Jason tornò indietro dopo aver portato Kailani all’ambulanza. Camminò stancamente verso di lei, sfregandosi le mani e osservandole, chiedendosi come avessero fatto a lasciare andare la bambina.

    Helena provava la stessa sensazione.

    Si allontanò di due passi, poi si fermò e si voltò rivolgendole lo stesso sorriso che Helena ricordava fin da bambina.

    L’esaminatore ha raccolto la mia deposizione. Ha chiesto di aspettarlo, vuole parlare anche con te. Guardò a terra e si mosse da una parte all’altra, le scarpe da corsa che scivolavano ad ogni passo. I suoi vestiti colavano ancora un miscuglio salato di acqua di mare e sudore.

    Ho un asciugamano, disse lei se vuoi.

    Grazie. Va bene così. Scandagliò l’orizzonte prima di concentrarsi su di lei. Ha detto che vorranno interrogarci entrambi in città. Sai com’è il ministero- la sicurezza prima di tutto.

    Che cosa le faranno?

    Il ministero? Chi lo sa? Cercheranno di capire perché è venuta e la rimanderanno indietro, suppongo. A meno che non continui a parlare in quel modo...

    Helena gli voltò le spalle e fissò il mare. Non riusciva a pensare ad altro che al senso di perdita- perdita del padre, di quella bambina che a malapena conosceva. È soltanto una bambina.

    Se solo la barca avesse potuto arrivare di nuovo. Se solo lei e Jason avessero potuto salvare la bambina di nuovo, questa volta l’avrebbero portata via velocemente in un posto sicuro, l’avrebbero nascosta e protetta. Era questo che meritava la figlia del cielo e del mare.

    Jason si concentrò sulla strada. Devo andare. Ho giusto il tempo di finire la corsa e tornare a lavoro.

    Dove lavori?

    Lui gettò uno sguardo dietro le spalle .Al Poli.

    Al Politecnico, come suo padre. Il pensiero del padre distrasse Helena e l’incantesimo si ruppe. La bambina con gli occhi color dell’oceano era sparita, Jason aveva ripreso la sua corsa verso il villaggio, senza mai guardare indietro.

    Si girò a guardare un’onda solitaria che, incurante della bassa marea, si infranse nella cavità del tuono e fece ritorno al mare con un ruggito.

    Quando si guardò indietro, era rimasta sola.

    Capitolo 2- Il Ministero della Separazione

    Lunedì mattina, l’esaminatore capo Carlson cercò di moderare il suo solito interrogatorio. Non aveva mai dovuto trattare con un rifugiato così giovane. Una bambina di nove anni costituiva una minaccia decisamente improbabile.

    Ti senti meglio oggi?

    Lei lo guardò di rimando. Tre giorni fa ero là fuori in mezzo all’acqua. Da allora non ho ancora visto la luce del sole.

    Lo so, mi spiace ma dobbiamo tenerti al sicuro finché non saremo riusciti a determinare il tuo status. Una traccia di disdegno nella voce della bambina lo aveva costretto a chiedere scusa ancora prima di iniziare l’interrogatorio. Spero tu sia stata...a tuo agio?

    La domanda non aveva bisogno di una risposta: sul suo viso c’era di tutto meno che l’agio.

    La sedia imbottita, scelta apposta per dare il benvenuto ai nuovi arrivati, era decisamente troppo grande. La bambina era seduta scomoda, incapace di trovare una posizione da cui non scivolasse. I piedi scalciarono e alla fine arrivò a toccare il pavimento. Il ministero della separazione le aveva dato un’uniforme, ma anche quella era troppo grande: semplicemente non erano abituati a ricevere rifugiati così giovani. Le maniche arancioni le coprivano le mani, lasciando libere soltanto le punte delle dita, e qualche addetto di buon cuore aveva provato a tenere fermi in vita con del nastro rosa un paio di pantaloni decisamente troppo arrotolati.

    Carlson guardò oltre la bambina, verso il ritratto della Signora della Ragione che teneva alta la sua torcia e offriva speranza a tutti i rifugiati. Lo aveva sempre considerato una fonte d’ispirazione nelle situazioni più complicate, anche se fino ad ora non ne aveva mai incontrata nessuna come quella.

    Sarebbe più facile se ci chiamassimo per nome, cosa ne pensi? Il mio nome è Henry Carlson, ma tutti mi conoscono semplicemente come Carlson. Come ti chiami?

    Lei giocherellò un pochino con il nastro rosa, studiando il fiocco.

    Quando finalmente alzò la testa, lui dovette sbattere gli occhi un paio di volte, certo di aver visto l’oceano nei suoi.

    Mi chiamo Kailani.

    Molto bene. Kailani.Si annotò la pronuncia del nome e aggiunse degli scarabocchi che sembravano onde. E hai un cognome?

    No. Solo Kailani. Tirò il fiocco, ma qualcuno aveva fatto il doppio nodo ed era troppo difficile da sciogliere.

    Ok, Kailani, mi diresti almeno chi sono i tuoi genitori?

    Perché non ci sono finestre in questa stanza? Il suo tono era stranamente adulto ed autorevole. La sua stessa presenza lì, quei capelli dorati e gli occhi così profondi facevano apparire l’ufficio di Carlson grigio. Di certo il legno scuro era oramai consumato e sbiadito, ma lui era diventato orgoglioso del suo posto di lavoro e amava tenerlo in ordine.  I fascicoli erano allineati in file ordinate e ai lati del ritratto della Signora della Ragione erano appesi due quadri, entrambi perfettamente distanziati, i ritratti di suo padre e suo nonno, rigorosamente puliti e spolverati. Sotto di loro, al centro, una targa oramai un po’ annerita appesa al muro riportava la scritta: Esaminatore Capo, Ministero della Separazione. Da tre generazioni la sua famiglia aveva difeso la Repubblica dagli zeloti e offerto aiuto ai rifugiati.

    Non aveva nulla di cui vergognarsi. Molti uffici le hanno, il mio no.

    Perché no?

    "Perché è

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