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Il Viaggiatore del Tempo e il Nazista
Il Viaggiatore del Tempo e il Nazista
Il Viaggiatore del Tempo e il Nazista
E-book282 pagine3 ore

Il Viaggiatore del Tempo e il Nazista

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Info su questo ebook

Immaginate di trovare un portale che vi conduca nel XII secolo, dove conoscete una principessa, ve ne innamorate, la sposate, avete un figlio e poi scoprite che potreste non rivederli mai più.

Lucky si ritrova in questa particolare situazione quando scopre che non può più accedere al Portale del Tempo.

A causa degli obblighi che ha nel presente, Lucky usa il portale del tempo e lascia nel XII secolo la principessa e suo figlio.

Ma ignora che i suoi nemici stanno aspettando pazientemente il suo ritorno, e quando Lucky cerca di riacquistare il controllo dei suoi poteri si sollevano varie questioni.

Adolph Müller – un nazista miliardario – ha promesso di annientare i suoi nemici, ma ha bisogno delle abilità uniche di Lucky per realizzare il suo piano. Che potere hanno su Lucky i braccialetti in titanio che gli sono stati messi ai polsi?

Lucky decide di portare nel presente un soldato dal passato, ma per quale motivo?

Perché i preti dell’Inquisizione spagnola continuano a perseguitare la moglie e il figlio di Lucky?

Lucky, indebolito, in qualche modo deve trovare un sistema per tornare nel passato e salvare la donna che ama…

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita27 nov 2021
ISBN9781667420141
Il Viaggiatore del Tempo e il Nazista
Autore

Joe Corso

I grew up in Queens, New York. I'm a Korean Vet, FDNY Retired and I started writing late in life hoping to help my grandchildren pay for their college education. I found to my surprise that I could tell a good story which resulted in my writing 30 books (so far) while garnering 19 awards and a 4 time top 100 Best Selling Author.

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    Anteprima del libro

    Il Viaggiatore del Tempo e il Nazista - Joe Corso

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto della fantasia dell’autore o, se reali, sono usati in modo fittizio.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o diffusa, in nessuna forma né con qualunque mezzo, elettronico o meccanico, tra cui fotocopie, registrazioni o altri sistemi di archiviazione o recupero dati, senza il preventivo consenso scritto dell’autore o dell’editore, tranne laddove consentito dalla legge o da un recensore che può citare brevi brani in una recensione da pubblicare su giornali o riviste.

    ––––––––

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Sommario

    PROLOGO

    UNO

    DUE

    TRE

    QUATTRO

    CINQUE

    SEI

    SETTE

    OTTO

    NOVE

    DIECI

    UNDICI

    DODICI

    TREDICI

    QUATTORDICI

    QUINDICI

    SEDICI

    DICIASSETTE

    DICIOTTO

    DICIANNOVE

    VENTI

    VENTUNO

    VENTIDUE

    VENTITRÉ

    VENTIQUATTRO

    VENTICINQUE

    VENTISEI

    VENTISETTE

    VENTOTTO

    VENTINOVE

    TRENTA

    TRENTUNO

    TRENTADUE

    TRENTATRÉ

    TRENTAQUATTRO

    TRENTACINQUE

    EPILOGO

    RINGRAZIAMENTI

    PROLOGO

    ––––––––

    Krystina era seduta su una sedia, nella parte anteriore della stanza, e fronteggiava il suo accusatore. Era in lacrime, chiedeva del suo bambino, ma l’inquisitore capo era troppo occupato a interrogare la principessa per sapere se lei fosse in combutta con il diavolo, per preoccuparsi di un bambino fastidioso. Egli stava per farle un’altra domanda quando, improvvisamente, Lucky apparve dal nulla accanto alla principessa. Quando lui si materializzò, lei fu talmente sollevata nel vederlo che non riuscì a parlare. Alzò lo sguardo verso di lui e sorrise mentre le lacrime scorrevano copiose sul suo volto; ma erano lacrime di gioia. I preti e gli spettatori presenti nella stanza rimasero senza fiato. Un uomo si portò la mano al cuore, mentre altri alzarono gli occhi al cielo chiedendo a Dio di salvarli. Nella stanza calò il silenzio. Erano tutti sbalorditi, avendo assistito a un’apparizione che si era manifestata improvvisamente davanti a loro. E quell’apparizione era lì, davanti a loro: un uomo vestito di nero dalla testa ai piedi, e loro erano spaventati. Non riuscivano a vedere il volto di quell’uomo, perché era coperto di nero, e gli abiti neri che lui indossava erano completamente diversi da qualunque tipo di abito che avessero mai visto. Quando l’uomo parlò, essi tremarono.

    Ho saputo che avete chiesto alla principessa dove fosse il diavolo. Sono io il diavolo che stavate cercando, quello che desideravate vedere? Nessuno parlò. Voi... disse, indicando un prete tremante, ditemi, sono io colui con il quale volevate parlare?

    Il prete non disse nulla.

    Parlate. Non riesco a sentirvi. Avete perduto la lingua? Rispondetemi. Sono io colui che volevate vedere? Adesso eccomi qui, quindi fatemi le vostre domande e io risponderò a nome di mia moglie.

    Dopo essersi fatto più volte il segno della croce, alla fine il prete ritrovò il coraggio e domandò, Chi... cosa siete?

    Sono il mago di Re Robert, disse Lucky, pensando che avrebbe potuto benissimo esagerare un po’. Ho sconfitto eserciti nel nome del re. Ho salvato il suo regno da crociati e saccheggiatori. Come osate domandarmi chi sono? Pensate che le vostre poche guardie pietosamente armate possano fermarmi?

    Il prete rimase immobile, cercando di trovare il coraggio, poi fece un cenno alle guardie affinché prendessero Lucky.

    Portatelo nelle segrete. Lo interrogheremo lì.

    Le guardie non avevano intenzione di avvicinarsi al mago. Erano troppo spaventate. Il prete gridò loro, Prendete quest’uomo o perderete la testa.

    Lentamente, gli uomini avanzarono. Quando furono vicini a lui, Lucky si sporse verso sinistra e sparì davanti ai loro occhi.

    Da questa parte, idioti. Venite a prendermi, li schernì. Le guardie si avventarono di nuovo su di lui, ma questa volta Lucky apparve dietro il prete inquisitore capo con un coltello alla sua gola. Egli si chinò e sussurrò all’orecchio del prete.

    Dite loro di indietreggiare subito, altrimenti vi ucciderò qui dove siete.

    Uomini, restate dove siete; non caricate, gridò il prete.

    Adesso, disse Lucky divaricando le gambe e incrociando le braccia con aria di sfida, permettetemi di dare una dimostrazione del mio potere, della mia magia. Permettete ai vostri occhi e alle vostre orecchie di vedere e di sentire, cosicché possano credere.

    Lucky estrasse la sua Herstal FN 5.7 dalla fondina e la puntò intorno alla stanza. I presenti nella stanza, sul pavimento, compresi quelli che si trovavano nella galleria superiore, trattennero il respiro, domandandosi che cosa fosse quello strano oggetto che lui teneva in mano e a che cosa sarebbe servito. Dieci forti colpi, sparati in rapida successione contro le finestre e qualsiasi altra cosa che potesse rompersi, fecero calare il silenzio. I vetri andarono in frantumi e alcuni fori comparvero nelle pareti; le persone si buttarono in ginocchio per la sorpresa e la paura. Dall’oggetto che lui teneva in mano usciva del fuoco. Quell’uomo era davvero il grande mago del mito di cui si parlava. Era l’uomo le cui storie venivano raccontate in tutto il regno. Le storie delle sue imprese e dei suoi miracoli circolavano, come quel fuoco che lui possedeva. Alcuni lo chiamavano il rombo dal cielo; altri affermavano che la terra si era mossa. Molti avevano sentito parlare del mago di Re Robert. Ora, tutti coloro che erano in quella stanza lo avevano visto, con i loro occhi, dare una dimostrazione dei suoi poteri.

    Lucky ripose la pistola nella fondina e indicò l’inquisitore capo, il prete al comando. Gli fece cenno di uscire dalla stanza. Il prete era troppo spaventato per muoversi; i suoi piedi erano radicati alla pietra fredda del pavimento. Lucky si mosse verso di lui. L’uomo continuò a restare immobile. Rimase lì, in piedi, semplicemente, guardando Lucky che lo afferrava; entrambi scomparvero davanti alla folla. Uscirono dal portale e si trovarono in un sotterraneo infestato dai ratti, il medesimo sotterraneo che il suo nemico numero uno, Vlad l’Impalatore, aveva usato per i suoi soggetti.

    Ti piace qui, prete? domandò Lucky. Il prete sgranò gli occhi. Esaminò la stanza, osservando pateticamente i prigionieri denutriti, ascoltando i loro lamenti di dolore e solitudine.

    No? domandò Lucky. Allora, che ne dici di questo posto? Quando uscirono si trovarono nel sito di costruzione della grande piramide. Ti piacerebbe restare qui e aiutarli a costruire la grande piramide? Aspetta un attimo; c’è un posto che potrebbe piacerti. Nel giro di un altro secondo si ritrovarono in mezzo ai dinosauri. Che ne dici di questo posto? Il prete chinò la testa.

    No, vi prego, riportatemi indietro, riuscì a dire, alla fine. Libererò la donna e il bambino.

    Non hai il potere di liberare nessuno. Soltanto io ho quel potere. Ma ti riporterò indietro se prometti di non fare del male a nessun altro, mai più. Il prete annuì in segno di assenso.

    I due uomini riapparvero nella sala dell’inquisizione, con grande sorpresa da parte di tutti. Lucky si rivolse al pubblico.

    Uscite subito tutti da questo edificio. Andatevene adesso, e in fretta. Gli spettatori sciamarono fuori dall’edificio come se fosse stato in fiamme. Anche le guardie, che normalmente restavano immobili aspettando gli ordini dei preti, corsero via, precedendo i preti. Lucky aspettò che la stanza fosse vuota. Erano rimasti soltanto loro tre – Krystina, il bambino e Lucky.

    Restate qui un attimo e aspettatemi, disse lui uscendo e dirigendosi alla porta. Una volta fuori assunse un atteggiamento severo e dal gradino più alto annunciò, Se qualcuno osa di nuovo fare del male alla famiglia reale, tornerò qui e distruggerò l’intero villaggio. Girò lo sguardo sulle loro facce spaventate, per essere sicuro che avessero capito il suo messaggio, poi ritornò in quell’aula di tribunale improvvisata. Disse alla principessa di reggersi al suo braccio e di non lasciarlo andare. Lucky attese la rassicurante presa della principessa sul suo braccio, poi tirò fuori tre bombe a mano dal marsupio, tirò via le spolette e gettò le bombe in tre diversi angoli dell’edificio. In quell’istante spinse Krystina e il bambino nel portale, scampando al pericolo della detonazione delle bombe per pochi secondi.

    La folla sentì il rombo mentre le bombe esplodevano e guardò parte della struttura cadere a pezzi, con i muri che crollavano solo da quel lato. A parte questo, l’edificio era in piedi. Fu quando entrarono nell’edificio che poterono vedere la distruzione totale causata dal mago. Le guardie si misero alla ricerca dei corpi che erano sicuri di trovare, ma i preti sapevano che non li avrebbero trovati. Loro erano scomparsi e non avrebbero potuto inseguirli. L’inquisitore capo, dopo avere camminato tra le macerie e avere constatato la distruzione, annuì. Era stato predetto che, un giorno, un grande mago sarebbe apparso in questa terra e sarebbe diventato il grande protettore del re... e che il suo nome sarebbe stato MERLINO.

    IL VIAGGIATORE DEL TEMPO

    E IL NAZISTA

    ––––––––

    UNO

    Germania: Foresta Nera

    Castello dell’industriale miliardario Adolph Müller

    ––––––––

    Müller era nato a Berlino il 10 maggio 1935, nel periodo in cui i tedeschi si stavano preparando a conquistare il mondo. Dopo che la Francia si era arresa alla Germania, Hitler aveva insistito per firmare il trattato di pace nello stesso vagone ferroviario nel quale lo Zar aveva firmato la resa della Germania dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale.

    Sua madre, Anjanette, era polacca e suo padre, Adolph, era tedesco; lui possedeva una fonderia, piccola ma ben avviata, a Berlino. Adolph era un uomo pratico e presumeva che, poiché la Germania al momento occupava alcune nazioni più piccole, tra cui la summenzionata Francia, fosse logico che a mano a mano che la Germania espandeva i suoi territori di nuova acquisizione, come i Romani avevano scoperto nel corso della loro marcia volta alla conquista del mondo, sarebbero stati necessari molti altri uomini per occuparli. Il problema era che se nessuno fosse intervenuto a suo nome, a breve lui sarebbe stato chiamato per servire la Patria; e se fosse successo, che ne sarebbe stato di sua moglie e di suo figlio?

    Adolph Müller senior amava Hitler; era fiero che Hitler avesse tirato fuori la Germania dalla disperazione economica causata dalla loro sconfitta nella Prima Guerra Mondiale. Sentiva che Hitler era direttamente responsabile della rinascita economica della Germania, e che lui soltanto aveva restituito al popolo tedesco l’orgoglio di un tempo, andato perso dopo la sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale. Sapendo che la coscrizione sarebbe stata inevitabile, Müller provò a mettere da parte un po’ di soldi per la sua famiglia, prendendoli dai suoi guadagni. Sapeva che se non fosse successo qualcosa che avrebbe impedito l’arruolamento, più prima che poi sarebbe stato costretto a far parte dell’esercito di Hitler. Essendo un realista, sapeva che il denaro che aveva messo da parte per la sua famiglia non sarebbe durato a lungo, ed era preoccupato per il loro benessere. Sapeva che sua moglie non sarebbe stata in grado di provvedere a se stessa e al loro giovane figlio con i soldi messi da parte e, a peggiorare le cose, sapeva che dopo che lui se ne fosse andato, non ci sarebbe stato nessuno a mandare avanti la fonderia. Non riusciva a dormire la notte sapendo che, dopo la sua partenza, l’inflazione avrebbe rapidamente mangiato il suo denaro. Quindi, pensava di continuo a dei modi che lo facessero restare fuori dall’esercito. Poi, un giorno gli venne un’idea. Era rischiosa, ma valeva la pena correre il rischio.

    Uno dei suoi vicini, Otto Schultz, dirigeva il centro di reclutamento dell’esercito di Berlino e loro due frequentavano sempre insieme le riunioni settimanali del partito. Una sera, dopo una di quelle riunioni, si fermarono per un caffè presso un piccolo bar vicino alla sala dei congressi. Gli occhi di Müller si fissarono in quelli di Otto mentre questi prendeva in mano la tazzina per bere un sorso di caffè caldo. Müller non aveva intenzione di parlargli dell’arruolamento, né delle sue preoccupazioni riguardanti il lasciare la famiglia senza mezzi di sostentamento, ma le parole gli uscirono così, semplicemente... e fu troppo tardi per rimandarle indietro. Di conseguenza lui si buttò a testa bassa e disse a Otto che aveva bisogno di un favore. Come amico e membro del partito, voleva che Otto gli concedesse un rinvio. L’uomo che Müller pensava fosse un amico scosse la testa e lo guardò con sospetto. Adolph si rese conto troppo tardi che era stato un errore credere che Otto fosse suo amico, ma era troppo tardi anche per chiedere scusa, così attese speranzoso che Otto gli rispondesse. Rimase deluso quando Otto gli rispose con un sogghigno. Impossibile, disse a voce alta. Tutti devono fare il loro dovere per la Patria – e tu devi fare il tuo. Questo è un momento glorioso per la Germania. Presto domineremo il mondo. Adolph aveva bisogno di un rinvio e, in preda alla disperazione, aggiunse i suoi problemi personali offrendo a Otto del denaro come incentivo per ottenerlo.

    Quelli erano tempi in cui i vicini di casa erano incoraggiati dai Nazisti a dare informazioni sui propri vicini, e gli amici davano informazioni sugli amici. Otto riferì del suo amico a Heinrich Himmler, l’uomo a capo della temuta Gestapo. Dopo aver ascoltato cosa Otto aveva da dire, Himmler ordinò alla sua segretaria di portargli il fascicolo di Adolph Müller. Lei cercò nello schedario, lo trovò e glielo porse. Himmler lesse il fascicolo e rimase soddisfatto quando vide che Müller era un membro fedele del partito e frequentava tutte le riunioni. Capiva che molti uomini erano preoccupati per dover lasciare le famiglie e decise che non avrebbe fatto altro che dare ad Adolph una bella lavata di capo. Dopotutto, quel Müller era un uomo d’affari tedesco e un nazista fedele, non un ebreo. Così, sebbene non fosse dell’umore giusto e non volesse essere infastidito, ma grazie all’affiliazione al partito, Himmler accettò di accompagnare Schultz a casa di Müller.

    Quando arrivarono, Otto suonò il campanello. Müller andò ad aprire e vide che era il suo vicino, Otto; ebbe un tuffo al cuore quando lo vide, perché pensò che avesse cambiato idea riguardo al rinvio. Ma le sue speranze si infransero rapidamente quando Himmler uscì dall’ombra e si presentò. Le ginocchia quasi gli cedettero quando vide Himmler, il capo della Gestapo, lì di fronte a lui. Era talmente spaventato che dovette reggersi alla porta per stare in piedi.

    Himmler lo guardò negli occhi a lungo, più che altro per vedere se riusciva ad acciuffare una bugia nascosta da qualche parte dietro gli occhi, ma non ne vide. Soddisfatto che quell’uomo non fosse una minaccia, disse che gli sarebbe piaciuto entrare per fare quattro chiacchiere da solo con lui. Müller non ebbe altra scelta che acconsentire. Sì, prego, si accomodi; possiamo parlare in cucina. Non invitò Otto a entrare; tuttavia, sebbene non invitato, Otto seguì Himmler dentro casa.

    Gradisce del caffè, Herr Himmler, oppure un po’ di schnapps? Müller era infastidito per il fatto che Otto avesse portato Himmler a casa sua e non gli offrì il caffè, ma Otto stava godendo del disagio di Müller.

    Anch’io gradirei del caffè. Mi piace nero, disse Schultz.

    Himmler inclinò la testa e guardò Otto di sbieco, infastidito dal fatto che, proprio mentre stava per interrogare Müller, quel piccolo uomo avesse osato interromperlo. Caffè con panna e un cucchiaino di zucchero per me, disse Himmler, ancora infastidito con Otto, cosa che Müller non poté fare a meno di notare. L’espressione sulla faccia di Otto fece quasi ridere Müller; sarebbe stata la cosa peggiore che lui avrebbe potuto fare. Müller, sforzandosi per cercare di non ridere, chiamò sua moglie, che era in soggiorno e rammendava i calzini di suo figlio.

    Sì, che c’è, Adolph?

    Abbiamo ospiti. Saresti così gentile da prepararci del caffè?

    Sì, lo faccio subito. Anjanette andò a posare calzino, ago e filo e dopo qualche istante entrò in cucina. Prese la caffettiera dal fornello e la lavò nel lavello, poi preparò il caffè e accese il fornello. Solo allora si voltò per salutare gli ospiti.

    La prima volta che la donna entrò nella stanza, Himmler rimase sbalordito. Diede un’occhiata a quella bellezza bionda; aveva una ciocca di capelli che le cadeva su un occhio e una figura per cui morire. Si era aspettato una casalinga tedesca sciatta e sovrappeso, ma lei era così carina che lui non riusciva a toglierle gli occhi di dosso; ammirò la sua bellezza... il dondolio dei fianchi mentre puliva la caffettiera e le curve del corpo quando posò la caffettiera sul fornello. Era ammaliato da lei; la voleva... e quando Himmler voleva qualcosa, la otteneva. In quell’istante Adolph Müller era un morto che camminava. Presto sarebbe stato assegnato da qualche parte sul fronte russo, e Himmler avrebbe fatto in modo che non tornasse più a casa.

    Non appena tornò in ufficio, Himmler diede disposizioni affinché Müller venisse arruolato nell’esercito. Poco dopo quell’incontro nella cucina di Müller, Adolph senior baciò sua moglie e suo figlio per l’ultima volta. Il piccolo Adolph aveva nove anni quando suo padre partì da casa nel 1944 per andare a combattere in guerra, e Himmler usò la sua influenza per essere sicuro che Müller non tornasse mai dalla guerra.

    Ora che Müller era fuori dai giochi, Himmler andava a trovare Anjanette Müller spesso, sempre con una finta espressione di sostegno. Dichiarava di sentirsi in colpa per non essere riuscito a evitare la partenza del marito per la guerra, ma per dimostrarle che capiva la sua situazione le diceva di non preoccuparsi delle sue necessità, garantendole che non le sarebbe mancato nulla. Nel frattempo, il piccolo Adolph ascoltava tutte quelle menzogne che lui diceva a sua madre e gli credeva. Lui adorava Himmler e ogni volta che lui andava a trovarli, Adolph junior gli stava sempre vicino.

    Il giorno in cui andò a casa Müller per dire ad Anjanette che suo marito era stato ucciso, Himmler aveva un’espressione di finta tristezza da cane bastonato; disse ad Anjanette quanto fosse dispiaciuto per la sua perdita. Lei gli credette e a mano a mano che i giorni passavano, lei diventò dipendente da Himmler per ogni cosa. Era ormai sua, e lui lo sapeva.

    Un mese dopo, Anjanette dormiva con lui. Himmler era un criminale psicotico e sanguinario che viveva da solo, senza moglie né figli, ma a volte persino un animale brama un po’ di affetto. Quindi fu solo naturale per Himmler desiderare l’adulazione che Adolph junior prodigava nei suoi confronti. Agli occhi del ragazzo, Himmler era l’incarnazione della virilità. Con sorpresa di tutti, Himmler, che non aveva mai manifestato emozioni, arrivò a considerare Adolph junior come un figlio surrogato e se stesso come suo padre surrogato. Himmler ricambiava l’amore del ragazzo con affetto, e questa era un’emozione insolita per un uomo che aveva ordinato l’esecuzione di decine di migliaia di ebrei tedeschi.

    Col tempo, il ragazzo accompagnò Himmler nella sua limousine con autista alle riunioni che si svolgevano nel suo ufficio alla Wehrmacht. Una mattina, il Führer in persona entrò in ufficio; si fermò quando i suoi occhi attenti, che osservavano sempre tutto, videro quel ragazzino di nove anni seduto in mezzo a uomini importanti che aspettavano un’udienza con Himmler. Hitler rise per l’assurdità di un bambino seduto tra quegli uomini adulti. Hitler si fermò davanti ad Adolph. Stai aspettando di vedere Himmler? domandò Hitler.

    Sì, signore. Sto aspettando, ma non mi importa di aspettare perché so che è un uomo che ha tanto da fare. Hitler rise e arruffò i capelli ad Adolph.

    Come ti chiami, ragazzo?

    Adolph, signore. Il sorriso di Hitler si fece più ampio.

    Adolph, proprio come me. Eh?"

    Sì, signore. Mio padre era un tedesco fedele e le voleva bene.

    Hmm. Davvero? Bene, entro per vedere Herr Himmler. Perché non entri con me?

    Il piccolo Müller era raggiante. Mi piacerebbe molto, mio Führer, disse il ragazzo con la sua voce acuta da bambino.

    Quando la porta fu aperta e Hitler entrò nel suo ufficio, Himmler rimase sorpreso nel vedere il Führer che teneva per mano il piccolo Müller. Quando Hitler si avvicinò alla sua scrivania, Himmler si sporse in avanti e sussurrò qualcosa al Führer; Hitler annuì. Poi Hitler fece cenno di alzarsi al giovanotto spaventato, il quale pensò di avere fatto qualcosa di sbagliato.

    Quindi, disse, compiendo un giro completo intorno al ragazzo, tenendo le mani incrociate dietro la schiena. Herr Himmler mi dice che sei la sua guardia del corpo. Lo proteggi per tutto il tempo?

    No, signore, disse il ragazzino spaventato, sollevato all’idea di non

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