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La Spada Di Stonegate
La Spada Di Stonegate
La Spada Di Stonegate
E-book721 pagine10 ore

La Spada Di Stonegate

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Info su questo ebook

Questa è la storia di Donald, che viene coinvolto in una battaglia tra il bene e il male che si svolgerà in un remoto futuro nell’America del Nord post-apocalittica. Donald non è perfetto ed è uno studioso di storia, ma si trova costretto a conoscere il mondo. Commette errori, provoca una tragedia a coloro che ama, ma non si arrende mai. È una storia di violenza, amore, fede e redenzione in una cultura che ricorda il passato medievale. È una fantasia epica, ma in un mondo molto simile al nostro. Non ci sono né magia né mostri fantastici, ma c'è il coraggio, il male, l'onore e la possibilità di impegnare la propria vita per una nobile causa. Donald deve scoprire se è degno della missione per salvare la sua Rachel, che è stata catturata e rapita a causa di un suo errore. Gli eserciti del Falso Profeta sono in movimento, pieni di odio per le città e i paesi delle aspre montagne e delle pianure dell’est. Donald diventerà l'ennesima vittima o, forse, è il liberatore promesso da una profezia? Come potrà fare la differenza nella guerra per cambiare il futuro di un continente? Come riuscirà a trovare una piccola prigioniera in un territorio selvaggio brulicante di nemici?
Una storia meravigliosamente raccontata di personaggi, fede e azione militare ambientata in un futuro... che sembra il passato! Harry James Fox orchestra una storia unica che fonde il passato con un futuro apocalittico per produrre un'avventura di personaggi, fede e azione militare. Il libro è ben scritto e l'autore mostra bene la sua padronanza della lingua inglese. C’è anche un'evidente influenza cristiana, in un modo piacevole e non opprimente. È ovvio che l'autore ha studiato approfonditamente i le tattiche militari di cavalleria a partire dal Medioevo e il libro sembra molto reale. Non è una lettura breve, ma vale la pena leggerlo ed è anche molto adatto per avere un sequel. Recensione di: Rob Ballister della Military Writers Society of America
 
LinguaItaliano
Data di uscita25 set 2020
ISBN9781071566282
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    Anteprima del libro

    La Spada Di Stonegate - Harry James Fox

    inizio

    La spada di Stonegate

    LA SPADA

    DI STONEGATE

    HARRY JAMES FOX

    FOXWARE PUBLISHING LLC

    LAS CRUCES, NEW MEXICO

    La spada di Stonegate

    Copyright © 2014 di Harry James Fox.

    Pubblicato da Foxware Publishing LLC, 1156 Cave Springs Trail, Las Cruces, NM 88011.

    Titolo originale: The Stonegate Sword

    Traduzione: Laura Turbinati

    Tutti i diritti riservati, incluso il diritto di riprodurre questo libro, o parti di esso, in qualsiasi forma. Fatta eccezione per brevi citazioni in libri, articoli e recensioni critiche, nessuna parte di questo testo può essere riprodotta, trasmessa, scaricata, codificata, decodificata,  archiviata o introdotta in qualsiasi sistema di archiviazione e recupero delle informazioni in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, sia elettronico che meccanico, senza l'espressa autorizzazione scritta dell'autore, salvo quanto previsto dalla legge sul copyright degli Stati Uniti. La scansione, il caricamento e la distribuzione di questo libro via internet o con qualsiasi altro mezzo, senza il permesso dell'editore, sono illegali e punibili dalla legge. Si prega di acquistare solo edizioni elettroniche autorizzate e di non partecipare o incoraggiare la pirateria elettronica di materiali protetti da copyright. L'editore non ha alcun controllo e non si assume alcuna responsabilità per i siti Web di autori o di terze parti o per il loro contenuto.

    Le citazioni delle scritture contrassegnate (HCSB) sono tratte da Holman Christian Standard Bible ®, copyright © 1999, 2000, 2002, 2003, 2009 di Holman Bible Publishers. Utilizzato previa autorizzazione. Holman Christian Standard Bible ®, Holman CSB ® e HCSB ® sono marchi registrati a livello federale di Holman Bible Publishers. Le citazioni delle scritture segnate (NIV) sono tratte dalla Sacra Bibbia, Nuova Versione Internazionale®, NIV®. Copyright © 1973, 1978, 1984, 2011 di Biblica, Inc.™ utilizzato per concessione di Zondervan. Tutti i diritti riservati in tutto il mondo. www.zondervan.com e NIV e la Nuova Versione Internazionale sono marchi registrati negli Stati Uniti da brevetti e marchi registrati da Biblica, Inc.™ I riferimenti alle scritture contrassegnati (KJV) sono tratti dalla Versione autorizzata della Bibbia di Re Giacomo.

    Editing di Carroll Fox e Amy Tevault

    Copertina di Giang Nguyen

    Copertina di Jay Nathan Jore

    Mappa di Silvia Dobreva

    ––––––––

    Informazioni sulla catalogazione:

    Classificazione Decimale Dewey 813.6

    ISBN-13 978-1-63315-332-5

    Numero di controllo della Biblioteca del Congresso: 2014911739

    Stampato negli Stati Uniti d'America.

    10 9 8 7 6 5 4 3 2

    A CARROLL

    Si vis pacem, para bellum.

    (Se vuoi la pace, preparati alla guerra)

    - Publio Flavio Vegezio Renato

    MAPPA DI STONEGATE

    INDICE

    Mappa..........................pag. 9

    Capitolo 1 Il mondo perduto.......pag. 13

    Capitolo 2 La carovana ...........pag. 21

    Capitolo 3 Il vescovo .............pag. 36

    Capitolo 4 Il processo.............pag. 40

    Capitolo 5 La Casa del Sapere.....pag. 59

    Capitolo 6 La missione............pag. 75

    Capitolo 7 La Notte degli Onori...pag. 102

    Capitolo 8 Il rapimento..........pag. 113

    Capitolo 9 La Parete Occidentale..pag. 130

    Capitolo 10 La corsa lungo il fiume..pag. 156

    Capitolo 11 La Casa della Guarigionepag. 167

    Capitolo 12 Il salvataggio........pag. 185

    Capitolo 13 Il Consiglio..........pag. 206

    Capitolo 14 Sopra l’Hogback......pag. 221

    Capitolo 15 Owl Hollow..........pag. 237

    Capitolo 16 L'ambasciatore.......pag. 254

    Capitolo 17 L'alleanza.............pag. 273

    Capitolo 18 Lungo il fiume.......pag. 288

    Capitolo 19 Nuvole di tempesta...pag. 308

    Capitolo 20 I fabbri d’armi.......pag. 318

    Capitolo 21 La truppa di cavalleria pag. 327

    Capitolo 22 L’inizio.............pag. 340

    Capitolo 23 Una manovra indimenticabilepag. 349

    Capitolo 24 Il rastrellamento lungo il fiumepag. 363

    Capitolo 25 La caduta del forte....pag. 377

    Capitolo 26 L’invasione..........pag. 388

    Capitolo 27 La battaglia di Grand Mesapag. 403

    Capitolo 28 Lo stratagemma di New Castlepag 417

    Capitolo 29 Due città sotto assedio pag. 435

    Capitolo 30 Un buon giorno per morirepag. 451

    Capitolo 31 Un nuovo inizio......pag. 467

    CAPITOLO 1

    Il mondo perduto

    ––––––––

    Benedetto sia l'Eterno, mia forza, che ammaestra le mie mani alla guerra e le mie dita alla battaglia...       Salmo 144:1aKJV

    Così Davide con una fionda e con una pietra vinse il Filisteo; e lo colpì e l'uccise benché Davide non avesse alcuna spada in mano.   Samuele 17:50 KJV

    ––––––––

    Una foresta di lance emerse all’improvviso da macchie di salici spogli, con le punte acuminate scintillanti sotto il forte sole pomeridiano. I fusti anneriti venivano portati da una folla di uomini dall'aria cupa che, pur malcontenti, si erano riuniti e marciavano in una lunga fila. Ripresero il loro percorso avventuroso a monte, seguendo un sentiero logorato dal tempo vicino al fiume.

    Freddo e rapido, il fiume scorreva, trasportando il gelo della montagna nei suoi vortici grigi e profondi. Giù dal canyon ghiacciato, attraverso gole di granito, arrivava selvaggio e striato di schiuma. Più in basso, poi, lungo valli più ampie, scorreva tra distese di pioppi privi di foglie, fino a uno spazio aperto con una boscaglia grigia ed erba bruna. Ignaro degli esseri umani, continuava a scorrere, precipitandosi verso il proprio autonomo destino.

    Il cielo era blu brillante e l'aria fredda era nitida e pulita. Una macchia nera sospinta dal vento passò davanti a un vaporoso sbuffo di nuvole, poi si spostò più in basso, planando sopra una collinetta ricoperta di ginepri. Il vento di marzo soffiò per un attimo sulle chiazze di neve sparse, poi cessò.

    Con un convulso balzo di terrore, un giovane coniglio reagì a un rumore e a una sensazione di pericolo. Il falco dalla coda rossa, ad artigli aperti, scese in picchiata, emettendo un verso acuto appena prima di colpire. Seguirono un tonfo, un verso stridulo e una breve lotta. Poi ritornò il silenzio. Soddisfatto, il volatile alzò il fiero capo per scrutare il fondovalle circostante. Il suo sguardo spaziò tra le vicine file di artemisia e la più distante pianura di spighe selvatiche. Nei pressi, le spighe vuote di un cespuglio di gramigna ondeggiavano pigramente, ma un altro movimento attirò la sua attenzione: una macchia scura procedeva nei pressi del fiume lontano. Afferrò la  preda e si irrigidì totalmente in vibrante concentrazione. Le penne delle ali e le piume del collo si rizzarono. Trascorse un minuto, poi due, poi improvvisamente si rilassò, fissò per un momento i dintorni, quindi chinò la testa e cominciò a sfamarsi. Si riempì avidamente il gozzo di carne calda e dolce e il corpo di energia. Il trambusto si allontanò ulteriormente, verso le cime bianche e azzurre a est. Il metallo risuonò più lontano, ma il volatile lo ignorò sdegnosamente: non gli importava nulla degli esattori delle tasse o di qualsiasi altra faccenda umana.

    Si udì un tonfo. La pietra sbatté contro un ceppo coperto di funghi. Saltò via un getto di schegge grigie, che lasciarono una scia gialla di legno marcio. Una sagoma slanciata si inginocchiò sul margine di una radura verde e scelse un'altra pietra liscia in un piccolo alveo di ghiaia. Una borsa di tela scadente giaceva piatta sull'erba, accanto a un mantello ripiegato senza troppi riguardi. Intorno a lui, i pini neri stavano in cerchio come spettatori silenziosi.

    Il ronzio interruppe la quiete quando una fionda di cuoio grezzo tagliò l'aria. Con un movimento esperto arrotolò la cinghia attorno all’indice e scagliò la pietra. Un altro proiettile saettò attraverso la piccola radura e sbatté contro la corteccia cedevole.

    Il ragazzo con la fionda aveva circa quindici anni, i capelli corvini e gli occhi castani. La sua tunica grigiastra, sfilacciata sugli orli e schizzata di fango ancora umido, gli arrivava a metà tra le ginocchia e i piedi, che calzavano dei sandali. Aveva un viso ovale, con un naso piccolo e le guance rosse; gli avambracci nudi erano color marron bruciato. Scostando la sua folta chioma, inserì un altro ciottolo nella toppa della fionda e lo lanciò. La pietra parabolò con grazia in mezzo ai ciuffi di carici e festuche e si schiantò al centro dello sfregio giallo che era il suo bersaglio.

    Ahh..., trattenne il respiro con un sorriso. Nella sua mente, un oscuro furfante, col viso contorto in una maschera d’odio, cadde a terra supino. In rapida successione scagliò sul legno martoriato il resto delle pietre che aveva selezionato, decimando un’immaginaria banda di nemici. Quindi si fermò, respirando rapidamente. Con un sussulto, si massaggiò la spalla con la mano sinistra e nel frattempo si sedette accanto alla borsa. Forse si era esercitato abbastanza per quel giorno.

    Infilò la mano nella tasca ed estrasse un proiettile ovale di piombo. Fu tentato di lanciarne uno solo, ma erano troppo costosi per essere usati durante gli allenamenti, quando avrebbe potuto perderli. Rimise a posto quel proiettile compatto, poi si rigirò sul ventre. Vide uno scarafaggio nero muoversi con orgoglio tra i ciuffi d'erba come un leone nella sua piccola giungla. Le ombre iniziarono ad allungarsi. Alla fine, prese la sua borsa, se la mise a tracolla e si infilò la fionda nella cintura. Era ora di rincasare.

    Mentre camminava lungo lo stretto sentiero tra i pini, ripensò al suo vecchio insegnante e al lungo inverno che aveva trascorso in quell'aula noiosa. Perché suo padre voleva che ogni inverno perdesse il suo tempo ad ascoltare le conversazioni senza fine di un chiacchierone, in una stanza più simile a una stalla che a una vera scuola? Gli altri ragazzi non avrebbero sentito troppo la sua mancanza. La maggior parte di loro erano abitanti dei villaggi, figli di mercanti o simili. Suo padre era un fabbro, ma coltivava anche qualche terreno e quello era un altro problema: non c'erano altri figli di agricoltori nella scuola tranne lui, sebbene ce ne fossero alcuni che possedevano vasti terreni e ampi pascoli con molte pecore e bovini. Aveva poco in comune con gli altri e glielo avevano fatto capire.

    Si strinse nelle spalle mentre camminava. Forse quello avrebbe potuto essere l'ultimo anno. Sarebbe stato presto il tempo della semina primaverile e la fucina non si sarebbe raffreddata nemmeno durante la notte. Suo padre avrebbe riparato un continuo susseguirsi di aratri, finimenti, carri e zappe, sia per sé stesso che per i suoi vicini, e tuttavia avrebbe anche arato e seminato i propri campi. Philip (così si chiamava) lo avrebbe aiutato, ovviamente, assieme al personale di servizio. Sapeva anche che tra non molto suo padre avrebbe iniziato a parlare di organizzare un matrimonio per il suo unico figlio. Sebbene non fosse interessato a una cosa del genere, se il matrimonio fosse stato un modo per sfuggire alla scuola sarebbe stato disposto a prenderlo in considerazione.

    Mentre si addentrava in una boscaglia buia, pensò al suo vecchio insegnante: si chiamava Benjamin, ma la maggior parte lo chiamava vecchio Ben. Gli studenti lo chiamavano anche ‘Benny pelle e ossa’ a sua insaputa. Più scheletro che carne, era appassionato dei classici, dell'Impero e del pensiero degli antichi. Philip lo trovava interessante, così come le storie delle strade e del modo in cui furono costruite. Il vecchio Ben credeva che gli antichi fossero uomini come tutti, non più intelligenti, ma con grandi conoscenze. Dalla conoscenza deriva il  potere, diceva sempre.

    Philip non lo sapeva, ma gli sembrava tutto improbabile. Le strade dritte si estendevano ancora per tutto il paese, tagliando inesorabilmente la collina e volteggiando sopra il torrente. Matthew, il robusto agricoltore che abitava a sud del villaggio, disse che quelle strade erano opera di giganti e anche di magia e le sue parole sembravano sensate. Come sono riusciti dei semplici uomini a tagliare una montagna di granito come si farebbe con un formaggio marcio? Ad est, alcuni dicevano che la Strada Grande attraversava il cuore di una montagna, anche se era difficile da credere. E le città, con le loro rovine, le statue e i grandi edifici, alcuni ancora in piedi: come erano state costruite? Sicuramente gli antichi dovevano avere la forza degli dèi, o avevano fatto un patto con gli inferi se erano stati loro, e non i giganti, a costruire quelle cose.

    Il vecchio Ben aveva una biblioteca piena di libri, ne aveva più di chiunque altro. Quasi anche un centinaio, forse di più. Li aveva letti tutti, ovviamente, e lui stesso ne aveva persino scritti alcuni, che il suo servitore aveva accuratamente copiato. Aveva detto alla sua classe che, se fosse stato fortunato, forse qualche centinaio di persone avrebbero potuto leggere uno dei suoi libri finché era in vita e ne aveva anche inviate delle copie agli insegnanti di altri villaggi. Nei tempi antichi, migliaia e migliaia di persone erano in grado di comprare un libro, aveva detto, e se uno ne era l'autore conquistava la fama.

    Philip ricordò come i compagni avessero ridacchiato coprendosi la bocca. Come si può cercare la fama facendo segni su delle pelli? aveva chiesto qualcuno, con un leggero tono di scherno. Ma Benjamin aveva ignorato il commento, con lo sguardo fisso e distante. Certo, la caduta dell'Impero aveva catturato molto l'attenzione di Benjamin, che ne aveva spesso discusso a lungo con la classe. Solo la settimana precedente aveva chiesto a Martin, uno dei ragazzi più grandi, di parlare dell'argomento. Aveva chiesto a quel giovane alto: Perché l'Impero è caduto?

    Lo sanno tutti, aveva risposto Martin. È stato distrutto dalla guerra, dai barbari malvagi.

    Sì... sì, replicò l’insegnante, Lo dicono tutti. E non hanno torto. La guerra era una parte del motivo. La guerra ha distrutto alcune grandi città e il commercio, quindi hai risposto bene. Ma la guerra era l'unica causa? Non è che l'Impero è stato costruito anche con la guerra? Che ne dici, Philip?

    Philip ci aveva pensato per un momento. Forse hanno costruito troppo in altezza, come quando si accatasta il fieno, aveva suggerito, esitante. Hanno costruito sempre più in alto, poi è arrivato il vento e ha fatto cadere tutto. Lo stesso vento non avrebbe fatto nessun danno se il mucchio fosse stato più basso, come è all'inizio della giornata.

    Molto bene! Esclamò Benjamin. Hai espresso molto bene il concetto. Il significato, ragazzi, è che più la loro società si faceva complessa e progredita, più diventava fragile. Ma nelle ultime settimane abbiamo parlato di una guerra, di distruzione, di carestia, di una guerra civile, di una pestilenza e del crollo di una società. Chi altri riesce a capire il motivo principale per cui successo tutto in quel modo?

    Sembrava che nessuno fosse in grado di rispondere. Il silenzio era diventato pesante, come il martello di suo padre. Molto bene, concluse finalmente Benjamin. Discutetene tra di voi. Ho delle pagine da farvi leggere per oggi e la mia biblioteca ha diversi volumi che potrete usare, se farete attenzione. Entro lunedì avrete un'opinione da sostenere. Riportatemi alcune idee basate sulla logica e sulle testimonianze. Voi, studenti più giovani, potete disegnare sulla vostra lavagna un'illustrazione di una degna struttura costruita dagli antichi. Poi toccò il leggìo annerito dal tempo con la sua bacchetta. Ragazzi, disse, formalmente come sempre, Siete congedati.

    Quindi, ora Philip stava tornando a casa e, benché la scuola si trovasse diverse miglia dietro le sue spalle nelle ombre della sera, si sentiva ancora quel problema attaccato addosso come una zecca. I vecchi libri non avevano dato alcun aiuto reale, sebbene alcuni manoscritti parlassero della peste, della caduta e del terrore del fuoco nelle grandi città. Altri scritti parlavano della morte per malattia di molte persone e della lotta per la sopravvivenza da parte dei pochi sopravvissuti. E ora l'erba cresceva nelle strade. Perché non sono stati in grado di ricostruire? Perché il vigore del loro mondo si è sciolto come  neve a primavera? L’avevano costruito troppo bene, quindi era diventato semplicemente troppo difficile da riparare?

    Il sentiero lasciò il bosco e si ricongiunse alla strada sterrata che conduceva alla fattoria e alla fucina di suo padre. Il cielo ad ovest emanava solo un debole bagliore rosso, mentre l'oscurità scendeva rapidamente. Si era fermato lungo la strada e aveva ancora dei lavoretti da fare a casa: doveva dar da mangiare ai suoi conigli domestici, c'era della legna da spaccare e da portare nel focolare della cucina. Aveva anche fame. Accelerò il passo. Poi c'era un'altra cosa: la strada dopo l’imbrunire non gli piaceva molto. Molti uomini percorrevano la strada di giorno, ma pochi lo facevano di notte. Chi viaggiava a tarda ora di solito aveva i propri motivi ed erano spesso malsani. E poi c'erano i troll, le streghe, i giganti del nord, quelli rossi del sud e i nani delle colline. La fionda sarebbe stata un'arma debole contro tutti loro. Forse sarebbe stato catturato, divorato o ammaliato e trasformato in uno schiavo senza cervello. Accelerò l’andatura e si mise a correre.

    La stella della sera brillava in un cielo tra il blu scuro e il nero. Philip si fermò per un minuto e sussurrò una formula propiziatoria alla stella, per scaramanzia. Stella luccicante - proteggimi stanotte! Poi toccò la croce che portava al collo appesa a un laccio. Tese l'orecchio per sentire se dei passi provenissero da dietro le sue spalle, ma non sentì nulla. Pensò di essere stato uno sciocco: Come una femminuccia! Si impose di rallentare il passo.

    Poco dopo arrivò alla recinzione che segnava il confine della fattoria di suo padre. Decise di prendere una scorciatoia passando per il campo. Forse sarebbe riuscito a convincere qualcuno ad abbassargli una scala sul retro della palizzata. Altrimenti, avrebbe potuto girarvi intorno per arrivare al cancello principale.

    Le stoppie erano alte fino alla caviglia e sentiva il terreno  umido e morbido mentre correva nell'ultimo campo. Riusciva a sentire l'odore del fumo di legna e a vedere il bagliore del fuoco davanti a sé. Strano - forse suo padre stava bruciando qualcosa - della  spazzatura? All'improvviso si fermò, con il cuore che gli batteva forte nel petto. Qualcosa non andava, proprio no. Non sapeva esattamente cosa, ma avvertiva una grande sensazione pericolo. Voltò a destra per salire sulla palizzata dai salici e dai pioppi.

    Mentre si avvicinava, sentì il muggito del bestiame e degli uomini che gridavano. Ladri di bestiame? O suo padre stava vendendo dei capi di bestiame? Ma non in primavera, sicuramente: erano magri dopo l'inverno e avrebbero reso poco al mercato. Si avvicinò e vide numerose torce che uscivano dal cancello principale. Gli sembrava un gruppo di uomini che radunavano del bestiame, seguiti da carri alle loro spalle.

    Adesso non c'erano dubbi: stavano saccheggiando la tenuta, la stavano saccheggiando. Dov'erano i suoi genitori e il personale di servizio? Si gettò a terra e provò a pensare. Cosa avrebbe dovuto fare? Correre da un vicino per chiedere aiuto? Andare al villaggio?

    Doveva fare qualcosa e in fretta. Forse stava saltando alle conclusioni. Se solo la sua gola non fosse stata così secca! Aveva bisogno di pensare. Si alzò, poi si gettò di nuovo a terra e si trascinò avanti strisciando sul ventre. Le arnie erano più oltre, a sinistra. Si insinuò lentamente tra queste. Notò che uno degli annessi era sparito e un bagliore di braci segnava il punto in cui in precedenza si trovava.

    Davanti al cancello della palizzata ardeva un falò. In realtà, sembrava che il cancello grande fosse rotto. Philip vide un soldato nell’alta uniforme dell'esercito del Profeta, in piedi alla luce del fuoco. Tre fulmini d'argento brillavano sul suo elmo d'acciaio, identificandolo come un ufficiale. L'esercito era arrivato in tempo per scacciare i ladri?

    Proprio in quel momento altri soldati uscirono dalla recinzione e gettarono mucchi di oggetti sulle fiamme: tende, tappeti e mobili. All'improvviso, Philip capì: erano gli esattori delle tasse! Questa era la stagione del loro sporco lavoro e volevano fare di suo padre un esempio.

    C’era un grande carro illuminato dal fuoco a una cinquantina di iarde di distanza. Philip si avvicinò e si spostò a destra, muovendosi come un granchio, per vedere meglio e per mettersi dietro un’arnia. Riuscì a vedere che suo padre era legato a una ruota del carro. Udì  altro trambusto e poi vide che sua madre veniva condotta fuori. Fu costretto a guardare mentre strappavano la tunica sulla schiena robusta di suo padre. Un soldato alto srotolò una frusta, pesante come quella usata dai pastori, e sferrò un colpo sul fianco del carro. Suo padre sobbalzò in modo convulso e Philip sentì i soldati schernire e ridere. Non riusciva a guardare. Abbassò la testa e chiuse gli occhi bagnati di lacrime.

    Oltre agli sbeffeggi dei soldati, udì le grida di sua madre. Si sentì un sibilo della frusta e poi una sferzata. I suoni si ripeterono ancora e ancora. Era qualcosa di insopportabile.

    Forse l'anno prossimo pagherai le tasse più volentieri! Vero, fattore? Lo schernì l'ufficiale. Siamo stati molto pazienti.

    Udì di nuovo sua madre gridare. Si fermò dietro l'arnia e cercò di capire dove fosse. Vide dei soldati che le tenevano le braccia e un altro che le metteva le mani sotto i vestiti. Ridevano tutti. L'ufficiale sorrise, con i suoi denti rossi alla luce delle torce. Una sferzata. La frusta colpì di nuovo. Philip guardò a sinistra e vide il sangue scorrere lungo la schiena di suo padre.

    Philip sentiva il battito del suo cuore martellargli forte nelle orecchie, mentre cercava la fionda e il proiettile di piombo che aveva in tasca. Si spostò a destra quanto bastava per evitare di colpire con la fionda l’arnia, bianca e quadrata; si girò quattro volte e poi lanciò. Non seppe mai dove era arrivato il primo colpo. Lo perse nell'oscurità e nessun altro sembrò accorgersene. In rapida successione, lanciò altre tre volte con tutte le sue forze. Il primo colpo, rivolto al soldato che aveva molestato sua madre, fu un centro perfetto. Lo colpì sul bordo inferiore dell’elmo, facendo ripiegare quel metallo scadente fin dentro la sua fronte. Cadde come un bue macellato. Mentre tutti gli occhi si volgevano verso l'uomo che cadeva, il colpo successivo era già diretto verso il soldato con la frusta. Si voltò, giusto in tempo per permettere al proiettile ovoidale di colpirlo al centro del suo petto nudo con un effetto devastante, rompendogli lo sterno e spingendo le ossa rotte all’interno dei tessuti molli.

    Si sentì un grido e un soldato inclinò il braccio per lanciare un giavellotto. Philip avanzò di un passo e scagliò il terzo colpo all'ufficiale. Ancora una volta, il suo tiro fu perfetto. Lo colpì dritto in faccia, facendolo cadere all'indietro vicino al fuoco. Il giavellotto lanciato in risposta al suo colpo aveva quasi raggiunto l’obiettivo e si sentì un grido. I soldati si lanciarono verso di lui, probabilmente dopo aver visto il suo braccio alla luce del fuoco. Sua madre urlò qualcosa con un tono di profonda disperazione. La guardò, poi si voltò e fuggì verso l’alveo del fiume, mentre il suono delle sue grida gli riecheggiava nelle orecchie.

    La sua fuga aveva tutte le caratteristiche terrificanti di un incubo. Aveva solo un breve vantaggio e la luna era coperta dalle nuvole, ma il suo vantaggio più grande era la sua famigliarità con la zona. Seguendo quei sentieri battuti dal bestiame che erano stati il suo parco giochi per tutta l'infanzia, corse via per la propria salvezza. I suoi inseguitori si precipitarono goffamente dietro di lui, portando alcune torce.

    Corse a lungo. Sentiva la gola bruciare e il cuore quasi uscirgli dal petto. I suoi piedi, ormai impacciati per la fatica, lo fecero inciampare e cadere pesantemente a terra. Rimase disteso, ansimante e tremante. Poco dopo si rese conto che non sentiva più rumori di inseguimento. Pensò che non avevano bisogno di brancolare nell'oscurità: al mattino l'esercito del Profeta avrebbe seguito le sue tracce con battitori, cani e cavalieri. Lo avrebbero preso prima che fosse scesa di nuovo la notte.

    CAPITOLO 2

    La carovana

    Ed io guardai, ed ecco, un vortice uscì da nord, una grande nuvola e un fuoco che si propagava, attorno ad esso c'era uno splendore e nel centro di quel fuoco si vedeva come ambra sfavillante nel mezzo del fuoco.

    Ezechiele 1:4  KJV

    ––––––––

    Un tocco di verde colorava le dolci colline fulve, eppure il ghiaccio brillava in una pozza su quella cicatrice tanto battuta che era la strada in direzione nord-sud. La piccola carovana si muoveva, senza prestare attenzione né al fango né alle montagne incappucciate di bianco incombenti sull’orizzonte occidentale. Le ruote del carro stridevano, lasciando sospeso nell’aria un sottile lamento.

    Un viaggiatore si allontanò dai compagni, camminando verso il  ciglio della strada, davanti ai cinque carri trainati da buoi. Era un giovane di altezza superiore alla media, ma comunque snello; non era certo un corpulento gigante del nord. Aveva i capelli castani, con striature d'oro, ma non portava la barba. La sua tunica era semplice e logora e i suoi pantaloni di lino rattoppati erano macchiati del fango schizzato dalle sue scarpe.

    Niente di tutto questo era particolarmente inconsueto, eppure un osservatore che avesse familiarità con le usanze del nord avrebbe capito istantaneamente che non era né un mandriano di buoi né un ordinario viaggiatore. Per prima cosa la sua tunica e il suo mantello erano grigi, in contrasto con i colori sgargianti e i quadri vistosi con cui vestivano i venditori ambulanti e gli avventurieri. Le sue scarpe, la sua cintura e la sua borsa, tutte di pelle pregiata, e la fitta trama dei suoi abiti lo distinguevano dagli allevatori. Il suo evidente difetto di armi, fatta eccezione per un grosso bastone e un coltello da cintura, significava che non poteva essere una guardia o un soldato. Il suo viso e le sue mani pallide (fatta eccezione per il naso rosso e spellato), il berretto informe, bordato di pelliccia, e il colletto alto e rigido erano rivelatori, anche se la penna di corno e la custodia dell’inchiostro alla sua cintura non fossero stati visibili: era uno studioso di tradizioni molto lontano dai suoi libri. Ovviamente non poteva essere un maestro del sapere degli antichi, dato che sicuramente non aveva più di trent'anni. Quel titolo di rispetto era riservato ai saggi avanzati nella conoscenza e nell’età.

    All'inizio di marzo, nelle praterie del nord le mattinate sono fredde, ma il sole di mezzogiorno può essere sorprendentemente caldo. I viaggiatori si asciugavano il sudore dal volto e si radunavano all'ombra dei carri, mentre gli animali riposavano o brucavano i bruni ciuffi d’erba della prateria. Su un piccolo fuoco era stata posta una teiera e furono distribuite carne essiccata e focacce di frumento fredde. 

    Il capo carovana era basso e robusto, con un viso florido, rosso come il tramonto, e dita grosse come salsicce. La sua barba brizzolata era rasata cortissima, come quella dei marinai, e indossava un cappello di feltro nero a tesa larga, una giubba di pelle e pantaloni macchiati di verde. Gli stivali alti fino al ginocchio completavano il suo abbigliamento, annunciando la sua professione come un cartello scritto a chiare lettere. Segnato dalle intemperie come il troncone di un abete caduto, portava il nome di ‘Stub’ [N.d.T.: troncone, moncone].

    Ecco qui, Studioso, disse Stub. Prenda del cibo per il viaggio. Gli porse una galletta tonda e dura e una striscia marrone di carne essiccata.

    Il giovane gli rivolse un lieve sorriso di ringraziamento e accettò il cibo. La sua tariffa è di corsa semplice, signor capo carovana, disse, però dura tutto il giorno.

    Certamente, e più mastica, più dura. Ma non troverà né tonchi né vermi.

    No. Non posso lamentarmi.... La risposta si interruppe alla fine come se i suoi pensieri stessero vagando lontano.

    Non è paragonabile alla sua tariffa normale, senza dubbio. E una staffa è più pesante di una penna. Stub fece una pausa, volgendo lo sguardo fisso sul suo nuovo compagno.

    Gli antichi dicono che un buon appetito è il condimento migliore.

    Oh si! Gli antichi e la loro saggezza, sorrise uno dei giovani vicino a loro. Indossava un mantello scarlatto e una tunica multicolore e si dava un’aria importante. Forse lo studioso di tradizioni ci intratterrà stasera con una fantastica storia sugli antichi?

    Forse potrei, signore, rispose lo studioso, ignorando il sarcasmo.

    Ci sono molte storie strane da raccontare, se orecchie volenterose desiderano ascoltare.

    Il gruppo di giovani viaggiatori ridacchiò e lasciò cadere l'argomento. Lo studioso terminò il suo pasto in silenzio. Non trascorse molto tempo prima che venissero riagganciati i buoi e proseguissero il viaggio verso sud, con il rumore degli zoccoli attutito dal fango nei solchi.

    Si accamparono per la notte in una stretta valle al disotto della strada. Un piccolo ruscello, un prato misero e alcuni piccoli pioppi rendevano il luogo piacevole.

    Nel prato erano legati buoi e sulla collina sovrastante era appostata una guardia. Il freddo della sera arrivò inseguendo il sole che tramontava, come un lupo affamato dietro una lepre azzoppata. La comitiva si dispose in cerchio attorno al fuoco ardente, quindi avvolse le membra stanche nei materassi da viaggio o nei propri mantelli.

    Donald dei Fisher (noto ai suoi amici come Don) sedeva sul suo materasso quasi nuovo, abbastanza vicino al fuoco da sentire il calore bruciargli il viso. Strinse i suoi occhi grigio-azzurri quando una nuvola di fumo pungente si diresse verso di lui. Ma aveva lo stomaco pieno ed era contento. Prese tra le mani una tazza di tè mezza piena e fissò le braci. I muscoli gli dolevano meno: finalmente si stava abituando a camminare.

    Mentre rifletteva sul valore dell'esercizio fisico, si accorse che Stub, dall'altra parte del fuoco, lo fissava. Don era curioso, ma non fu sorpreso quando l'uomo corpulento girò attorno al fuoco e si sedette accanto a lui.

    Studioso, iniziò Stub, lei conosce anche le memorie cantate di una volta? Di come Brian il Signore della Guerra ha spezzato la potenza del Profeta, o la storia di Carl il Vecchio e del suo rifiuto della corona?

    Certo che conosco le storie, ma nella Valle del Fumo, dove sono cresciuto, le cantano i bardi e i menestrelli. Io non so cantare nemmeno una nota.

    Be’, allora, continuò il compagno insistente, In che modo si guadagna il pane uno studioso di tradizioni? Spero lei non stia pensando che sono un  ficcanaso...

    No, no, rispose Don, con un rapido cenno della mano. Dove voleva arrivare quell'uomo? La legge non scritta della strada proibiva le domande dirette sul passato di una persona. Stub sembrava un po' imbarazzato, ma continuava a non rispettare l'usanza.

    Ebbene, uno studioso di tradizioni, per rispondere alla sua domanda, iniziò finalmente Don, è colui che studia la saggezza degli antichi, per conoscere il passato, comprendere il contenuto degli scritti che sono stati conservati e per tramandare la conoscenza.

    Certo, certo! Mi scusi se la disturbo, interruppe Stub, con fervore. Lo so, ma perché un signore del nord, o chiunque altro in una tenuta remota, vorrebbe uno studioso di tradizioni al suo servizio?

    Probabilmente può immaginare alcuni dei motivi: molti uomini potenti desiderano accrescere il proprio potere e cercano delle idee nelle antiche tradizioni, altri desiderano gli studiosi per prestigio, i signorotti lo fanno perché sono i grandi signori ad averli al proprio servizio, inoltre alcuni chiedono loro di insegnare i classici ai propri figli.

    Stub annuì, poi si voltò a fissare le braci per diversi minuti. Studioso, disse infine, tutti quelli come lei si occupano delle arti della divinazione e della stregoneria?

    No! Rispose Don. Nessun vero studioso di tradizioni lo fa! Non siamo maghi o vecchiette che vendono pozioni d'amore. Studiamo il passato, che possiamo indagare, e certamente non pretendiamo di predire il torbido futuro!

    Allora forse può dirmi perché io stesso ho visto studiosi di tradizioni lanciare incantesimi!

    Anch'io ne ho sentito parlare, rispose Don, ma quelli che lo fanno non sono miei fratelli.

    Il mandriano non rispose, ma fissò Don così intensamente da indurlo a chiedersi il perché. Don abbassò lo sguardo su di sé, ma non vide nulla di insolito: la sua tunica grigia era integra e abbastanza pulita, sentiva il collo alto ben stretto alla gola, alla cintura portava una borsa piuttosto vuota e, sebbene il pugnale fosse un cimelio di famiglia, dubitava che un osservatore occasionale lo avrebbe capito. L'unico altro ornamento che indossava era lo stemma della sua famiglia, un martin pescatore con una trota nel becco, abilmente inciso su un medaglione d'argento, appeso a una catena che portava al collo. Notò che alcuni altri viaggiatori li stavano fissando.

    Studioso, disse il capo carovana, un po' formalmente, con voce calma. Devo andare a controllare le cavezze. Verrebbe con me?

    Certo, rispose Don, perplesso e in qualche modo curioso. Lasciarono il gruppo e si diressero verso il recinto dei buoi. Con appositi movimenti, Stub controllò i pali a cui erano legate corde delle cavezze. Arrivò un soffio d’aria fredda. Don avrebbe voluto essersi portato il mantello.

    Stub si avvicinò a Don e parlò a bassa voce. Ho un'altra cosa da chiederle, iniziò. Mi perdoni se oltrepasso i miei limiti, ma il fatto che lei abbia menzionato la fratellanza mi rende audace e vorrei sapere come stanno i confratelli nella sua terra....

    Fratellanza? Chiese Don, perplesso per l'enfasi sulla parola. Intendevo i miei colleghi, gli altri studiosi di tradizioni e i maestri del sapere... tutto qui.

    E il pesce sul suo medaglione?

    Don guardò il medaglione che gli pendeva sul petto. Solo il mio stemma di famiglia, rispose. Sono del clan dei Fisher.

    Ma... Ma..., balbettò Stub, quando si è dichiarato contrario agli incantesimi, ero sicuro che sapesse la verità.

    Detesto il trucchetto dozzinale di fingere di trovare incantesimi nei libri antichi e poi derubare le persone. Disprezzo la pratica di farsi pagare per delle informazioni inutili. Questo è tutto, ma credo che sia la verità.

    Beh... capisco, disse infine il mandriano. Speravo..., la sua voce si interruppe e volse lontano uno sguardo assente. Don lo vide stringere e riaprire i pugni più volte.

    Cosa c'è che non va? Chiese Don, con apprensione.

    Niente! Ho frainteso qualcosa che ha detto. Ritorniamo vicino al fuoco. Don lo seguì, confuso. Si trattava di una fratellanza, questo era chiaro. Forse una società segreta? Quando tornarono vicino al fuoco, notò alcuni dei loro compagni di viaggio che li osservavano incuriositi. La loro breve discussione non era passata inosservata.

    La mattina arrivò bruscamente e di buon’ora. Don si svegliò al suono di un'ascia sul legno a qualche piede dalla sua testa. Borbottando tra sé e sé, scese al ruscello e si lavò, utilizzando un pezzetto di sapone. Durante il viaggio si rasava solo ogni tre giorni, quindi si limitò a grattarsi la barba ispida, si lavò i denti con un po’ di sale su un bastoncino sfilacciato e si sentì in forma per affrontare la giornata.

    La strada si estendeva davanti a loro mentre i carri si disponevano in coda. Come al solito, il primo miglio era il più difficile. Si allungavano i muscoli, si scioglievano le articolazioni fredde e i piedi prendevano forma dentro la pelle delle scarpe. A metà mattinata la carovana era in anticipo. Gli uomini parlavano, ma poco, e Don ancora meno. Stub era ancora l’indaffarato capo carovana, ma aveva di nuovo il suo sorriso allegro e, sebbene non evitasse Don, non fece nulla per riprendere la discussione della notte precedente. La giornata trascorse rapidamente.

    Durante la sosta di mezzogiorno, la discussione si incentrò sulla città di Stonegate. Uno dei venditori ambulanti  descriveva agli altri le sue attrazioni. Un giovane mandriano alto e biondo ascoltava attentamente a bocca aperta.

    Non avete visto nulla di simile a Stonegate nel vostro nord gelido, disse l'uomo dal viso affilato. La birra è corposa e aromatizzata alle noci, non quella roba molto diluita e acida. Il sidro, poi, non sa affatto di lievito. È buono, infatti, come Lord John di Goldstone, e non c'è niente di meglio, potrei scommetterci.

    Che ne dici del vino? Chiese il giovane gigantesco, con una pelle di bue in mano.

    La gente del sud non beve del buon vino?

    Sì, certo che sì! Puoi comprare i vini del sud, se la tua borsa può permetterselo. Certi vini dolci vengono da Stonegate e non sono male. Tutto quello che proviene da là non è male.

    E le donne, come sono? Chiese un giovane dal viso foruncoloso con una chiassosa tunica a quadri.

    Le donne sono donne, rise il primo uomo. Ma le donne di Stonegate sono belle. Là ci sono le ragazze da taverna, ma non scherzare con le donne che vedi per strada. Le donne di Stonegate vanno e vengono liberamente come vogliono. Vanno al mercato da sole e senza preoccupazioni, ma questo non significa che non siano impegnate, o che uno sconosciuto sia libero di parlare con loro o fare delle avances. Potresti ritrovarti con la faccia fracassata o morto. Rischi di dover subire un giudizio rapido, perché la loro legge potrebbe non comprendere le diverse usanze.

    Studioso, chiese Stub, rivolgendosi a Don, che sedeva a gambe incrociate alla fine del gruppo. Che cosa sa di Stonegate dalle sue tradizioni?

    Tutti si voltarono a guardarlo, il che lo fece sentire a disagio.  Aveva letto qualcosa: c’era stato un grande insediamento in quel luogo, nei tempi antichi.

    Ricordo alcune cose, rispose infine Don. C’era una sorta di fortezza in tempi molto antichi; più tardi fu costruita una città. C’era anche un grande centro di apprendimento. Si chiamava ‘università’.

    Quelle grosse mura risalgono ai tempi antichi, allora? Chiese l'uomo dal viso affilato.

    No, rispose Don. Gli antichi non costruivano mura di quel genere. Quando la città era al suo culmine, questa terra era in pace.

    Strano, gridò una voce, carica di sarcasmo, dal momento che gli antichi sono stati distrutti dalla guerra.

    Don non disse altro, anche se l’osservazione era corretta. Il discorso si interruppe e non riprese.

    Altri due giorni di viaggio, signori! Urlò Stub, mentre liberava i buoi dal giogo nel loro accampamento serale. Il campo, molto utilizzato, offriva poco foraggio. Un fiume rapido, in piena per il disgelo primaverile, scorreva accanto al loro accampamento. Era circondato da una fila di alti pioppi e da un’altra fila, stretta ma folta, di salici e ontani. C'era un guado e, dato che il pascolo era migliore sull’altra riva, due mandriani condussero i buoi sull’altra sponda e li sorvegliarono durante la notte.

    Più tardi, Don era disteso nel suo giaciglio e guardava le stelle. Quella notte, in particolare, gli sembravano insolitamente lontane e non riconosceva nulla: non riusciva a vedere nessuna forma. Sapeva qualcosa su com'era Stonegate generazioni addietro. Sapeva delle abbondanti piantagioni coltivavate dagli antichi, le strade trafficate, i canali che irrigavano i campi, le città ancora più grandi a sud. Aveva sentito parlare dell’Antica Alleanza, dove un tempo si erano unite le città e, soprattutto, conosceva le sale dell'apprendimento, con il bagaglio di conoscenze che una volta erano custodite e insegnate. La conoscenza, rifletté, è l’unica cosa che, quando viene distribuita, non si esaurisce.

    Ma della Stonegate con le sue spesse mura, la sua birra al gusto di nocciola e le ragazze da taverna, di questa città verso la quale si stava dirigendo, non sapeva quasi nulla. Proprio nulla, tranne che aveva una casa del sapere molto grande e con un’ottima reputazione.

    La sua città natale lo aveva ospitato fin dalla nascita, ma non gli aveva mai dato l'amore di una madre. Suo padre era il maestro di tradizioni al servizio di Lord John di Goldstone. Se il sidro di Goldstone era leggendario, il Maestro del sapere Fisher e la sua saggezza lo erano poco meno. Don era cresciuto all'ombra di suo padre e, sin dalla sua giovinezza, aveva ricoperto il ruolo di scrivano e assistente. Il maestro era snello come un lancia; solo la sua lingua era più acuta della sua mente. Don aveva trascorso gran parte della sua vita riordinando volumi ammuffiti all’interno di stanze illuminate da una luce fioca. Gli piaceva leggere e cercava di compiacere suo padre, ma nell'ultimo anno si era sentito sempre più insoddisfatto. Erano nate delle discussioni sulle diverse interpretazioni dei manoscritti. Don era stato accusato di negligenza. I disaccordi erano diventati più frequenti, finché non si arrivò al punto in cui lo stesso Lord John suggerì che il figlio del maestro avrebbe dovuto studiare da qualche altra parte per un po', forse a Stonegate. Né Don né suo padre erano a favore dell'idea, quando ne vennero a conoscenza. Tuttavia, con l’arrivo la primavera, Don era uscito da quelle mura grigie ricoperte di licheni e si era diretto verso sud.

    Era emozionante, in un certo senso. Non era mai stato a più di qualche miglio da casa sua. Aveva quasi trent'anni e non aveva mai avuto un amico della sua età. Conosceva gran parte della storia delle ultime venti generazioni nel continente in cui si trovava, ma non aveva idea dei più recenti pettegolezzi da taverna. Sapeva leggere e scrivere in lingua nobile, che era quella usata nei libri, molto diversa dal linguaggio comune. Sapeva eseguire somme e leggere volumi di difficile intepretazione, quelli che persino suo padre evitava, ma non aveva abilità ‘pratiche’. Non sapeva né arare la terra né ferrare un cavallo. Anzi, non aveva mai cavalcato! Aveva tirato con l’arco per  diletto, ma non sapeva nulla di lance o spade, sebbene sapesse discutere in dettaglio delle armi e delle tattiche degli antichi. Non era sicuro di sé stesso con gli estranei ed era considerato tranquillo. Anzi, lui non lo sapeva, ma la gente pensava che fosse freddo e distaccato e molti pensavano che la lingua affilata di suo padre non fosse del tutto assente in lui.

    Francamente, Don non sapeva se sarebbe mai potuto tornare indietro. Lord John desiderava il potere come alcuni uomini desiderano il vino. Era stato un giorno nefasto quello in cui suo padre aveva menzionato le armi degli antichi, perché quell'idea aveva fatto presa nella mente di Lord John come una sanguisuga. Temeva che altri sovrani potessero avere la stessa idea, quella di far rivivere alcune di queste armi mortali. Quindi, nutriva un fortissimo interesse per gli antichi. Conoscendo la sua passione, i venditori ambulanti gli portavano vecchi volumi che nessuno sapeva leggere, dei veri e propri mattoni ricoperti di muffa verde, sbiaditi fino ad essere quasi illeggibili, fragili e strappati, o brutte copie scarabocchiate su rotoli di cartapecora. Lord John li acquistava tutti e si aspettava che i suoi studiosi di tradizioni li esaminassero alla ricerca di informazioni su armi leggendarie che avrebbero potuto essere utili sul campo di battaglia.

    Don, tuttavia, negli ultimi anni aveva evitato la ricerca su nuove armi. L'idea lo infastidiva, in particolare quando leggeva antichi racconti di battaglie e delle orribili forme di morte un tempo comuni. Visto in questa luce, il ritorno di antiche armi sarebbe stato una grave disgrazia.

    Aveva discusso con suo padre, lo aveva persino affrontato su questo argomento. Suo padre era stato concorde sul fatto che fosse inopportuno riportare al mondo dei modi più efficienti di giocare con la morte, ma aveva sottolineato che anche gli incaricati del Profeta stavano acquistando dei libri. E se un malvagio esercito nemico fosse arrivato ad est, seminando morte come un uragano, e Goldstone non avesse difese? Don non aveva una risposta a quella domanda, ma non cambiò idea. Anche mentre prendeva sonno, la domanda ritornò e iniziò ad assillarlo come un dente dolorante.

    La luce soffusa della falsa aurora illuminava debolmente il campo quando Don si svegliò. Avvertì un bisogno urgente e sentì le viscere contrarsi in un crampo doloroso. Indossò rapidamente la tunica e gli stivali e si allacciò la cintura mentre era già in cammino verso la copertura di salici, a monte del campo. La lunga tunica, che gli arrivava quasi alle ginocchia, era abbastanza calda per pochi minuti, malgrado non avesse indossato né il mantello né i pantaloni. Si liberò e, quando fece per rientrare, l'immobilità mattutina fu interrotta da grida rauche e dal clangore del metallo sul metallo. Il campo era sotto attacco!

    Uno è andato da questa parte! giunse una voce vicina. Dategli la caccia!

    Il suo cuore sussultò. Sapeva di essere in pericolo, quindi si voltò e fuggì a monte. Fece tre passi di corsa con gli stivali slacciati, ma quasi non se ne accorse. I rami gli sbattevano in faccia. Dopo una cinquantina di iarde inciampò in un bastone nell'erba bagnata di rugiada e cadde pesantemente in una pozza poco profonda. L'acqua fredda, quasi gelida, gli risvegliò bruscamente i sensi.

    All'improvviso si rese conto di non avere possibilità di fuggire a monte. I salici formavano solo una stretta fila nel fondo valle. Si ricordò, dalla sera prima, che circa mezzo miglio più avanti si restringevano a formare solo un margine, disseminati lungo la riva del fiume. Non avrebbe mai potuto muoversi più veloce di qualcuno che correva sulla strada per bloccarlo.

    Vi fu uno schianto tra i cespugli dietro di lui. Si alzò in piedi e, rimanendo accovacciato, corse il più silenziosamente possibile, verso il ruscello. Quando vide la sponda nella luce grigia, si diresse a valle, in direzione dell’accampamento. Sotto una macchia di salici contorti, ricoperti d’erba bruna e umidi di rugiada, vide una specie di galleria. Si mise a carponi e si trascinò nell'incavo, raggomitolandosi. Il suo respiro risuonava forte come il soffietto di una fucina e il suo cuore batteva come il martello di un fabbro.

    Sentendo dei passi avvicinarsi di corsa, con ritmo costante, Don si sforzò di trattenere il respiro. Lo avrebbero presto visto, ne era certo, quindi afferrò il coltello da cintura. Passarono i secondi. I passi rallentarono, ne sentiva chiaramente il fruscio mentre attraversavano erbe e carici bagnati. Poi gli sembrò che i suoni diventassero più deboli, come se si stessero spostando più a monte. Il rumore distante degli zoccoli proveniva dalla strada verso est.

    Dei cavalli! pensò Don. Evidentemente sanno che nessuno sarebbe in grado di spostarsi molto a nord senza rimanere esposto. E a sud, invece? Il cuore gli si gelò nel petto: sapeva che il suo nascondiglio non lo avrebbe salvato. La sua tunica grigia (per fortuna non a quadri sgargianti) senza dubbio  risultava utile a nasconderlo, insieme alla luce fioca, ma la giornata stava diventando ogni minuto più luminosa. I suoi inseguitori avrebbero cercato più attentamente mentre tornavano a valle. Sarebbe stato difficile non vederlo. Probabilmente erano il terrore dei viaggiatori, dei banditi!

    Sentiva di doversi muovere, ma a valle avrebbe dovuto passare dall’accampamento. Il guado era chiaramente visibile dalla strada, allo scoperto per un centinaio di iarde. Se in quel momento l’accampamento fosse stato sotto saccheggio, non avrebbe potuto passare senza essere visto. Era intrappolato in una stretta striscia di salici e a miglia di distanza da qualsiasi altra folta copertura. Doveva trovare un nascondiglio migliore. Ricordandosi del suo timore dei cani, entrò nell'acqua gelida. Si spostò verso valle, guardando con apprensione in tutte le direzioni. Se fosse stato individuato nell'acqua, non avrebbe avuto alcuna possibilità di fuggire. Con il deflusso primaverile, il fiume era rapido e fangoso e gli si aggrappava alle cosce con le sue dita gelide, cercando di tirarlo in basso.

    Il fiume faceva un’ampia curva a sinistra. Don si tenne aggrappato alla riva destra, poco profonda. Guardò avanti e vide una sottile colonna di fumo che si alzava sopra gli alberi e sentì il suono di un'ascia e di voci provenienti da monte. Don non poteva andare più a valle, anche se tutto ora gli sembrava normale. Avrebbe mai potuto immaginare tutto questo?

    Nel fiume, alla sua sinistra, vide una pozza profonda, dove l'acqua turbinava e rallentava un po'. Lunga quasi una quindicina di iarde, era divisa in due dal tronco di un pioppo mezzo sommerso. Sul lato opposto c'era una sponda, alta poco più di una iarda mezzo sopra il livello dell'acqua. In una biforcazione del tronco erano incastrati dei detriti galleggianti.

    Don non sapeva nuotare; in effetti, pochi abitanti del nord sfidavano le acque fredde abbastanza da riuscire a imparare. Forse, però, poteva ancora tentare di nascondersi dall’altra parte del tronco. Attraversò il ruscello, scivolando sulle rocce fino a quando l'acqua gli arrivò al mento. La pozza si rivelò profonda tanto da coprirlo fin sopra la testa e non seppe mai come, ma riuscì a raggiungere il tronco. Dopo una lotta spaventosa  in preda a un cieco terrore, la sua mano toccò il legno viscido. Trattenendo il respiro, si chinò sotto l'acqua fredda e sotto il tronco ed emerse dall'altra parte.

    Mentre tratteneva il respiro, valutò il suo nascondiglio. Se fosse rimasto immobile con solo il viso fuori dall'acqua, avrebbe dovuto essere al sicuro da tutti gli sguardi che aveva lasciato da poco sulla riva. Dalla sponda ripida sopra di lui, tuttavia, sarebbe stato facile vederlo. Si spostò leggermente a monte lungo il tronco.

    Forse, se fosse riuscito a creare uno spazio sotto i detriti incastrati nella forcella, avrebbe potuto nascondersi sotto la parte più grossa del tronco, completamente fuori dalla vista. L'idea lo spaventava, ma decise di provare. Cercò di reagire ad un attacco di panico quando l'acqua soffocante si richiuse sopra la sua testa. Le sue dita toccarono un ramo, allora si tirò verso l'alto ma non riuscì a raggiungere la superficie! Spostò la massa di ramoscelli, foglie e sporcizia. Stavolta riuscì a emergere con il naso e la bocca. Emise un sospiro di gratitudine, notando a malapena l'odore di umido e di muffa. Aprì gli occhi e vide delle ombre merlettate e qualche raggio di luce. Sopra la sua testa c'era un tetto di ramoscelli e lo spazio di un palmo sopra l'acqua, uno spazio che di tanto in tanto tentava di crollare verso il basso. Lasciò che la corrente gli sollevasse le gambe lungo la parte inferiore del tronco e poi vi si aggrappò come una lumaca sotto una roccia.

    Non aveva modo di sapere se fosse completamente nascosto o meno. Forse le sue gambe bianche potevano essere visibili sotto il tronco, o forse la pozza era un nascondiglio ovvio. Tutto quello che poteva fare era aspettare, aspettare che l'acqua fredda gli congelasse i muscoli. Non riusciva a vedere nulla e con il rumore dell'acqua ci sentiva poco.

    Sicuramente, i banditi non avrebbero perso molto tempo a cercarlo. Dovevano aver raccolto il bottino ed essere andati via prima che qualcuno potesse dare l’allarme. La luce sotto i ramoscelli si fece più intensa. Ovviamente l'alba era già passata da un po’. I minuti si trascinavano lenti, come lumache sulle foglie di cavolo. Sapeva che doveva essere paziente, ma era tutto ciò che poteva fare per imporsi di stare fermo.

    Alla fine, tutto il suo corpo intorpidito cominciò a tremare e temette di perdere la presa e di annegare. Spostandosi dalla parte opposta del tronco, corse il rischio di alzare la testa per dare un'occhiata. Uno scorcio di sole rivelò che era passato mezzogiorno.

    Con gratitudine, si riempì i polmoni di aria pulita, inebriante rispetto a quel buco umido e soffocante sotto il tronco. Si aggrappò con cautela a un ramo e osservò la fila di alberi, guardando in direzione dell’accampamento: non c’era nulla in vista.

    Alla fine si trascinò verso la riva e risalì con fatica sulla ripida sponda. Disteso sulla schiena, in una piccola radura circondata da salici, si lasciò scaldare dal sole per quello che gli sembrò molto tempo. Gradualmente, i suoi arti ripresero vita. Si tolse i vestiti fradici e li torse estraendo quanta più acqua poté. Quando li indossò di nuovo erano ancora freddi e umidi.

    Cautamente, si spostò in mezzo ai salici sul lato opposto del fiume rispetto all’accampamento, arrivando infine alla zona scoperta vicino al guado. C'era la radura dove erano stati i buoi, anche se ora erano spariti, come si aspettava. Riusciva a vedere il confine dell’accampamento, ma non c'erano movimenti o segni di vita. Si fece coraggio e attraversò il guado poco profondo.

    La prima cosa che notò fu uno dei carri riverso su un lato. I raggi delle ruote di sinistra erano stati tagliati in due. Si chiese per un istante perché non l'avevano bruciato, poi si rese conto che il fumo avrebbe potuto attirare l'attenzione in quella zona.

    La scena successiva fu molto peggio. Si imbatté in uno dei giovani viaggiatori che giaceva prono sul sentiero, circondato da una pozza nera di sangue. Aveva la testa  spaccata e circondata da un ronzante sciame di mosche. Sentendo il suo stomaco contorcersi, Don si impose di proseguire.  Trovò i corpi degli altri suoi compagni, tutti morti. Proprio tutti,  tranne due, che gli sembrava mancassero.

    La maggior parte dei corpi erano sparsi attorno al fuoco, vicino al luogo in cui avevano dormito. Sembrava che la resistenza fosse stata breve e la resa inutile. C’era un materasso carbonizzato, come se avesse preso fuoco per pochi minuti, ma fosse stato accuratamente spento.

    Don controllò i carri. Mancavano tutti gli oggetti di valore e ciò che rimaneva era un ammasso accatastato. Non avevano risparmiato tempo per atti di vandalismo. I suoi pantaloni e le sue calze giacevano in un mucchio e il suo bastone era sotto il carro, dove l'aveva lasciato, ma il suo prezioso pacco di libri e manoscritti era sparito.

    Era una misera perdita rispetto alla vita, ma fu abbastanza per vincere la debole resistenza che aveva trattenuto le sue emozioni. Cadde a terra in ginocchio e pianse. Dalla gola tremante gli uscirono forti singhiozzi. Pianse come non aveva fatto nemmeno quando aveva visto il corpo di sua madre rigido e freddo, anche se era ancora un bambino di sei anni impaurito. Le sue paure si affollarono di nuovo dentro di lui, finché non ci fu più spazio per nient'altro e cominciò a a tremare.

    Alla fine si controllò, sentendosi umiliato dal suo naso e dai suoi occhi che colavano. Si sentiva codardo e impuro. Perché non aveva cercato di aiutare gli altri? Si vergognò quando si rese conto che l'idea semplicemente non gli era venuta in mente. E il mite Stub... Si alzò e camminò incerto verso il corpo inzuppato di sangue del padrone del carro. Lo rigirò e fu stupito nel vedere le labbra muoversi.

    Si maledisse per non aver controllato prima i corpi. Il foro nell'addome di Stub gli rivelò che non avrebbe più potuto fare niente per salvarlo. Versò dell'acqua da un secchio lì vicino e lavò via delicatamente il sangue dal volto pallido di Stub. Dopo alcuni istanti, gli occhi di Stub si aprirono. Sembravano stranamente calmi, quasi pacifici.

    Non riesco a muovermi, sussurrò. Cosa ne direbbero gli antichi?

    Sei... Sei gravemente ferito! esclamò Don. Gli sembrava che Stub avesse lo sguardo intorbidito e vide il suo viso contrarsi come se stesse soffrendo.

    Dammi da bere. Sono assetato come il deserto.

    Don si affrettò a esaudire la richiesta. Stub bevve un paio di sorsi abbondanti, poi cominciò schiarirglisi la vista e sorrise.

    La mia richiesta ha già avuto risposta, mormorò. Le sue parole erano diventate piuttosto difficili da capire. La mano di Dio ti guiderà.

    Al nome di Dio Don sussultò, ma sapeva che le superstizioni religiose potevano essere di conforto alle persone nel momento della loro  morte. Lo rassicurò che tutto sarebbe andato bene e gli prese la mano, perché non gli era rimasto nient’altro che potesse fare.

    Lo conoscerai anche tu, sussurrò Stub. Sulle sue labbra c’era ancora un piccolo sorriso. Strano, non mi fa affatto male ora... Caro Gesù, sto arrivando!

    Poi tacque. La nebbia gli tornò di nuovo sullo sguardo, come il gelo su una

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