Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Tutto in un dollaro
Tutto in un dollaro
Tutto in un dollaro
E-book353 pagine5 ore

Tutto in un dollaro

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

È un romanzo contemporaneo un po’giallo, un po’ rosa, un po’ etico.
In un mondo che ha preso le distanze dagli ottocenteschi valori di fede, patria e famiglia, in una società che ha accettato le leggi di mercato come unica difesa al potere ed al denaro, il pericolo di diventare automi ed indifferenti alle sofferenze altrui è non solo reale, ma ineluttabile. C’è ancora tempo per salvarci? C’è ancora possibilità di imparare dai nostri errori? C’è ancora spazio per la realizzazione di un mondo migliore? Il protagonista del libro da la sua risposta.
LinguaItaliano
EditoreLuigi Lago
Data di uscita21 dic 2018
ISBN9788829580682
Tutto in un dollaro

Leggi altro di Luigi Lago

Autori correlati

Correlato a Tutto in un dollaro

Ebook correlati

Fumetti e graphic novel per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Tutto in un dollaro

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Tutto in un dollaro - Luigi Lago

    castigo

    Il Club di Parigi

    Le luci erano suffuse nei grandi saloni settecenteschi. I lampadari di Murano rischiaravano dolcemente i capolavori d’arte che da secoli giacevano nascosti alla vista dei più. L’atmosfera era ovattata. La bellezza non ha bisogno di riflettori, vive di luce propria. È così che la pensavano gli ospiti della villa Fantôme. Per loro, le azioni importanti non devono mai essere dirette, non devono mai mostrare la volontà di chi le compie, devono avvenire quasi da sole, quasi per caso, quasi mosse dal destino.

    Eravamo poco lontano da Parigi ed i presenti erano gli uomini che governavano il mondo. Non parlo di politici, quelli erano i loro galoppini, parlo delle persone più ricche del pianeta; parlo di chi non si occupa più di gestire una o più aziende; parlo di chi lavora per mantenere l’equilibrio mondiale; parlo di chi deve e vuole indirizzare, non solo l’economia globale, ma anche gli usi e i costumi di tutti gli abitanti del pianeta.

    Noi pensiamo che abbiano meno grattacapi, meno problemi, meno ansietà, ma non è così: la natura è fatta di equilibri e non offre mai tutto ad un solo essere, vuole sempre che il predatore sia la preda di qualcun altro. Come nel gioco del poker, dove la scala massima a cuori è battuta dalla minima a picche, così, nel gioco della vita, un dittatore può soggiogare un popolo, ma sa che la miccia della rivoluzione può esplodere in qualsiasi momento e per qualsiasi pretesto. Così, nella vita reale, la nostra paura di perdere il lavoro è la loro paura di perdere il patrimonio; la nostra paura che si incendi la casa o che sfasciamo l’auto è la loro paura di un crollo di borsa o di una guerra non prevista.

    Con l’avvento della meccanizzazione e dell’industria abbiamo perso l’abitudine alla gestione delle variabili, diamo per scontato che ogni cosa sia e resti immutabile per sempre. Loro no. Loro sanno che il battito d’ali d’una farfalla in Asia può scatenare un uragano in America.

    Era in questo contesto che nella villa Fantôme si riunivano gli uomini più ricchi del mondo: per decidere come indirizzare le politiche del globo.

    Era un Club che, nato dopo l’industrializzazione dell’ottocento, aveva assunto dapprima la veste di un cartello economico, tendente a limitare la concorrenza del mercato per mantenere i prezzi alti, per poi finire per incidere sempre più sulle scelte politiche ed economiche dei governi e degli stessi elettori. Il sistema era sempre lo stesso: quello degli illusionisti. Inducevano la gente a credere una certa cosa, ovviamente parziale o falsa, in modo tale che reagisse facendo esattamente quello che volevano loro. Lo facevano con le notizie dei telegiornali o sulla carta stampata; lo facevano o con la pubblicità o con il sostegno economico ad un determinato politico; lo facevano con le lobby, con i film, con i premi ed i riconoscimenti internazionali e, se serviva, lo facevano fare anche a qualche idealista sbandato con le bombe e gli attentati. Ovviamente, non facevano mai nulla direttamente: come già detto prima, le azioni importanti non erano mai dirette, sembrano avvenire per caso, sembrano mosse dal destino.

    I soci venivano selezionati con molta cura perché la loro carica era a vita. Non potevano lasciarla in eredità e la perdevano immediatamente, assieme alla vita, se c’era anche il solo sospetto che l’avessero confidata a qualcuno, famigliare o amico che fosse. Il patrimonio minimo, per entrare, era fissato in un miliardo di dollari. L’entrata era ad invito ed il processo era molto graduale. Chi proponeva un nuovo adepto doveva ottenere l’approvazione dell’unanimità del Club. Era questo che i soci stavano aspettando: di mostrarsi ad Antonio Longo, chiamato Antony, il nuovo prescelto.

    L’intoppo

    Era il 12 gennaio 2005 quando Antony Longo e Jeremy Scott stavano andando, in auto, alla villa Fantôme, appena fuori Parigi.

    Il cielo era grigio, plumbeo, di un colore così opaco da far apparire tutta la città come in un film in bianco e nero. La temperatura era sotto lo zero e in vari punti si vedevano dei grandi cumuli di neve. L’impressione che si aveva era che sarebbe nevicato ancora, copiosamente: forse con raffiche di vento; forse sarebbe arrivata una bufera.

    Nonostante il clima, Jeremy Scott era euforico come un bambino perché, per la prima volta, portava un nuovo membro nel Club. In cuor suo, era orgoglioso di se stesso e convinto che davanti a loro c’era un grande avvenire. Si immaginava di poter cambiare il mondo; immaginava che tutto sarebbe cambiato in meglio come attraverso un tocco di bacchetta magica. In cuor suo, era convinto che con Antony sarebbe cambiato il modo di pensare, il modo di agire; era convinto che il tempo degli intrighi, dei sotterfugi, delle alleanze scomode, della politica sporca, fosse ormai finito. Davanti a sé vedeva comprensione, capacità d’intesa, collaborazione, ma soprattutto una nuova visione della vita e delle cose. Sì, in cuor suo egli pensava che il suo amico avrebbe potuto rivoluzionare le loro menti dando a ciascuno la capacità di vedere con occhi diversi, con speranza, con fiducia, con ottimismo. In fin dei conti lui era stato testimone di questa capacità di Antony. Lui l’aveva visto trasformare suo figlio. Lui l’aveva visto trasformare un reietto in un grande uomo d’affari. Aveva visto suo figlio rifiorire come il rinascimento dopo il medioevo, come la belle epoque dopo le devastazioni napoleoniche. Cosa si può volere di più dalla vita? Cosa c’è di più bello al mondo? Pensava. Così, il suo volto era solare, il suo sorriso acceso e ininterrotto, i suoi occhi lucenti.

    Antony Longo, dal canto suo, era eccitato perché contaminato dall’entusiasmo del suo amico. Tuttavia era anche preoccupato perché non era ancora riuscito a capire cosa realmente intendessero fare Scott e questi nuovi personaggi che andava ad incontrare. Aveva fiducia in Jeremy, ma non aveva ancora messo a fuoco l’intera situazione. Se tutti fossero stati come il suo amico non ci sarebbero stati problemi, ma ce n’erano altri dieci. Dieci persone di carattere, di personalità, con convinzioni, principi e valori fissati nel tempo. Bastava pensare a com’era Scott appena conosciuto: uno stronzo che sentenziava senza fiducia nel prossimo e senza ascoltare chi gli stava davanti. Invece di parlare al suo interlocutore l’aveva sfidato. Aveva scientemente saltato ogni contatto umano per confrontarsi sul risultato, sul fine, sul raggiungimento dello scopo. Ecco come sarebbero stati gli altri. Ecco cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Avrebbe dovuto avere molta calma, molta pazienza. Avrebbe dovuto lavorare di fioretto e non di spada. Avrebbe dovuto colpirli senza che nemmeno se ne accorgessero. Avrebbe dovuto smuovere le loro coscienza con domande e non con affermazioni. Mah, banale; – pensò – questi conoscono bene l’arte di «chi domanda comanda». Bisognerà farlo con discrezione, alternando affermazioni; bisognerà che le domande siano riflessive, verso se stessi; bisognerà lasciare le frasi a metà, come se non si sapesse cosa dire; bisognerà stare in guardia e non scoprirsi. Sì, questo è il primo punto: non scoprirsi. Bisognerà avere pazienza e non volere tutto e subito. Eventualmente si potrà chiedere del tempo per pensare, per acclimatarsi, per conoscere l’ambiente, per capire il pensiero comune. Ecco una buona idea: dire che si ha bisogno di tempo per capire il pensiero del gruppo, la filosofia del gruppo, le abitudini del gruppo. Evitare di esporsi e, nel contempo, studiare il nemico. Mah, certo che se li penso già come nemici non farò molta strada. Bah, come al solito è «inutile fasciarsi la testa prima di averla rotta».

    Mentre i due pensavano e fantasticavano, Scott venne chiamato al telefono dal Club e venne messo al corrente che Antony non possedeva un miliardo di dollari.

    Ma come – rispose lui – ho visto io stesso la certificazione della KPMG.

    Sono proprio loro – disse El Afrhani – che ci hanno informato di aver commesso un errore. Proprio adesso ci hanno mandato le nuove risultanze. Sei pregato di venire in villa da solo.

    Egli sapeva benissimo che le regole del Club erano ferree: non si discuteva mai per telefono ed ogni chiarimento andava fatto in villa, senza occhi e orecchie indiscrete.

    Scusa Antony ma c’è stato un errore da parte della KPMG. Devo andare in villa da solo. Tu aspettami in albergo. Taxista, – disse a voce alta – fermi al primo hotel: il sig. Longo scende.

    Antony non commentò in nessun modo quanto stava accadendo. Sapeva bene che con il Club non si scherzava e lasciò che fosse Jeremy a gestire l’intera questione. Arrivati all’Hotel Première, scese e disse: Appena puoi, fammi sapere qualcosa.

    Certo. Rispose Scott.

    E l’auto si allontanò veloce.

    Jeremy non sapeva cosa pensare. Si ricordò della fattura fatta all’ultimo istante e pensò che il bonifico non fosse arrivato sui conti di Antony. Allora lo chiamò al telefono: Scusa. Il problema potrebbe essere il pagamento dell’ultima fattura. Sai dirmi se i soldi sono arrivati?

    Assolutamente sì; – rispose Antony – l’avevo già verificato prima di partire.

    Mah, chissà quale sarà il disguido.

    Non ti preoccupare Jeremy, lo scoprirai presto. Ciao.

    Ti chiamo appena posso, Antony. Ciao.

    Alla villa Fantôme i volti erano piuttosto seri. È vero che rappresentava la normalità, ma in quel momento erano più cupi del solito, in quel giorno sembrano rispecchiare i tetri colori del cielo. Dopo i saluti di rito, si sedettero tutti sul grande tavolo e fecero scivolare davanti a Scott la nuova certificazione della KPMG che riportava:

    Immobili 278.532.486

    Opere d’arte 168.857.178

    Partecipazioni azionarie 186.086.877

    Titoli di stato 95.878.352

    Obbligazioni 122.288.613

    Liquidità 148.357.493

    ---------------

    999.999.999

    Ma come è possibile – esordì Scott – c’erano quasi sei milioni di margine.

    È la vostra fattura che ha generato il papocchio – intervenne Von Krump – avete cercato di addomesticare gli importi ma… «il diavolo fa le pentole e non i coperchi».

    Cosa stai dicendo?

    Dico che volevate fare una fattura di 146 milioni, perché è questo ché avete comunicato a KPMG, ma qualcuno ha sbagliato ed è uscita di 140.

    Beh, poco male. Si rimedia subito.

    No! Credo che questo sia un segno del destino. Credo che dobbiamo rivalutare tutta la nostra posizione.

    Perché questo cambiamento? Mi sembrava che fossimo tutti d’accordo.

    " Io non lo sono mai stato, ma mi ero accodato per spirito di squadra. Io credo nei motti ed è per questo che ho fatto mio il E pluribus unum ( motto nazionale degli Stati Uniti che significa «Da molti uno» ) ."

    E adesso? Hai cambiato idea?

    Sì, abbiamo cambiato idea.

    Guardandosi attorno, con tono sbigottito esclama: Abbiamo… Cos’è successo?

    Nell’attesa abbiamo ragionato; – continuò Von Krump – abbiamo valutato e crediamo che non sia l’uomo giusto per il nostro Club.

    Cos’è che vi ha fatto cambiare idea?

    Il rischio. Ci siamo convinti che rappresenti un rischio che non vogliamo correre.

    Quale rischio? Volete spiegarlo anche a me?

    Vedi Scott, – intervenne El Afrhani – Antony ha la capacità di convincere, di attrarre a sé, di condizionare. Finché è la fuori e deve scontrarsi con la massa, le sue azioni e le sue idee vengono filtrate da mille e mille legacci e condizionamenti, ma qui, dove il potere è totale, gli offriremmo al possibilità di comandare il mondo da solo. Sei sicuro che ne sia all’altezza? Sei sicuro che i suoi ideali rispondano ai nostri interessi? Sei sicuro di poterlo fermare qualora una sua proposta non sia condivisa da tutti noi?

    Io non vi capisco. Abbiamo la possibilità di rivoluzionare il mondo togliendoci la paura del futuro e voi vi tirate indietro? Ve l’ha spiegato chiaramente; c’è l’ha spiegato chiaramente: dobbiamo curare le cause e non gli effetti. Dobbiamo cambiare la mentalità umana offrendo soluzioni serie e stabili, non minacciando o illudendo.

    Intervenne Gattes: È giusto. Teoricamente è tutto giusto, ma siamo sicuri che la massa possa recepire questo cambiamento? Siamo sicuri che la realtà non ci possa sfuggire di mano? Lui è un sognatore, magari concreto e capace, ma siamo sicuri che i suoi siano sogni realizzabili e non utopie?

    Sei disposto – replicò Von Krump – a rischiare tutto ciò che hai per realizzare il sogno di un altro?

    Ci fu un attimo di silenzio nella grande sala. Un silenzio che sapeva di patto segreto, di decisione già presa, di cospirazione. Scott sentì un lampo freddo che gli scorreva su tutto il corpo, ma si rifiutò di mollare, si rifiutò di cedere, si rifiutò di darsi per vinto. Si caricò di rabbia e sentì una scossa di adrenalina pervaderlo tutto; così esplose dicendo: Va bene. Ho capito. Non avete le palle. È da troppo tempo che non rischiate più nulla. Siete diventati burocrati. Avete perso il connotato di imprenditori. Non sapete leggere nel futuro. Avete spento la fiamma della fiducia, del credere in voi stessi, del saper affrontare le avversità della vita. Siete dei morti viventi. Non mi riconosco più in questo Club.

    Ulteriore momento di silenzio. Nessuno raccolse la sfida. Ogni decisione era già stata presa.

    Dobbiamo votare. Disse Von Krump.

    Un ulteriore lampo freddo attraversò il corpo di Scott. Capì che anche le sue membra avevano fiutato il pericolo; capì che la catastrofe era già arrivata; capì che bisogna salvare il salvabile.

    Non serve – replicò sottovoce Scott – ormai è chiaro che Antony non è il benvenuto.

    Dobbiamo votare la sua pericolosità. Ribatté Von Krump.

    Dio mio. Siamo a questo punto?

    Vedi Scott – intervenne El Afrhani – temiamo che Antony non si accontenti di sentirsi dire che è andato tutto a monte. Temiamo che con le sue capacità possa arrivare sino a noi, possa svelare la nostra esistenza. Magari lo farebbe per il sacro principio di svegliare le nostre menti, di scuoterci dai nostri torpori ancestrali, ma intanto otterrebbe di esporci al mondo intero e questo è assolutamente da evitare.

    E allora, cosa volete fare?

    La conosci anche tu la procedura. Ogni pericolo diretto va eliminato.

    Altro momento di silenzio. Scott si rese conto che le cose erano andate ben oltre i suoi timori. Si rese conto che se lui si opponeva c’era la concreta possibilità che ritenessero anche lui un pericolo con la conseguenza di doverlo eliminare. L’adrenalina scorse nuovamente rapida nelle sue vene e un senso di claustrofobia lo assalì. Sentì il bisogno di allontanarsi il più presto possibile da quella villa e sentì la sua vita appesa ad un filo. Allora, senza esitazione e con calma apparente disse: Capisco. È una questione di prudenza. Forse, avete ragione voi su tutto. Forse, il mio contatto continuo con lui mi ha annebbiato il cervello. Abbiamo sempre detto che il rischio è il nostro peggior nemico ed io l’ho portato in casa mia senza rendermene conto. Adesso capisco. Avete ragione voi. È un rischio che va eliminato.

    Bene. Allora passiamo alla votazione disse Von Krump.

    Il dramma

    L’alzata di mano fu unanime. La sentenza era emessa. Si chiamava eliminazione.

    Presero una pallina a testa infilando la mano nella grande urna che stava in uno dei tavolini laterali. Chi avesse pescato la nera avrebbe dovuto contattare un killer e provvedere all’eliminazione di Antony.

    Scott tirò un respiro di sollievo quando vide di aver pescato una pallina bianca; ma era già sgomento, l’attimo successivo, quando pensò cosa sarebbe accaduto al suo amico. Rimase qualche minuto nella sala per non creare sospetti, ma appena iniziarono ad andarsene si precipitò dal suo taxista e gli chiese di partire in tutta fretta. Mentre andava veloce verso l’aeroporto, gli chiese di fermarsi in un negozio di telefonia. Acquistò due portatili usa e getta e, appena arrivato in aeroporto, incaricò l’autista di tornare all’Hotel Premiére e di consegnarne uno ad Antony; aveva paura che i loro cellulari fossero già sotto controllo. Poco prima di partire con il suo aereo per l’America lo chiamò al telefono.

    Ciao Antony, sono Scott. Ascoltami attentamente e non interrompermi perché non è uno scherzo e tu sei in serio pericolo di vita. Il Club ha votato per la tua condanna a morte. Non so chi sarà il killer, ma so che sono professionisti capaci di far sembrare il tutto un normalissimo incidente. Devi sparire dalla faccia della terra e non hai tempo per raccogliere i tuoi soldi, né tantomeno per liquidare le tue attività. Dammi un conto bancario alle Cayman o dove vuoi ed io ti trasferisco cento milioni di dollari. Tu fai una procura ad una tua persona di fiducia e poi questa, semmai, me li restituirà. Non tornare in America e cerca di andartene da Parigi il più presto possibile. Ti chiedo immensamente scusa; non avrei mai immaginato che potesse finire così. Ti prego solo di fidarti e di credermi sulla parola.

    Sono scioccato. No ho motivo per non crederti, ma allo stesso tempo non riesco a ritenerla una cosa possibile. Non so cosa fare. Se è uno scherzo è il peggiore che tu possa fare, se è vero devi ammettere che ho cercato più volte di dissuaderti da questa impresa.

    Ti giuro sulla testa di mio figlio e su ciò che ho di più caro che è tutto vero. Spero un giorno di poterti spiegare il perché. Nel frattempo lascia stare gli indugi ed agisci. Non dire a nessuno dove sei e dove vai o qualcosa di questa telefonata, metteresti a rischio anche la loro e la mia vita. Appena finiamo il colloquio butta via il cellulare; io farò altrettanto.

    Va bene. Mandami i soldi alla banca Cayman National di George Town alle Isole Cayman. Mandali con la password PD1948IT0039 Spero troverai il modo di spiegarmi tutto. Addio e… va a quel paese.

    Addio amico mio e scusami ancora.

    Appena terminata la telefonata Antony tolse la batteria al telefono e poi lo gettò nella spazzatura. Cercò di schiarirsi le idee e pensò: Se è vero non posso certo chiamare in giro e chiedere informazioni: allarmerei tutti e, forse, metterei a rischio anche loro. Se è uno scherzo la pagherà cara, ma non c’è nessun motivo per uno scherzo così imbecille. Deve essere vero. Me lo sentivo che mi stava spingendo in un covo di iene. Chissà quante cose mi ha tenuto nascosto. Probabilmente è solo un’organizzazione criminale ad altissimo livello. Eppure non riesco a vedere nulla, di quello che ho fatto o detto, che possa metterli in difficoltà o a rischio. Dire che vogliono i miei soldi mi sembra una sciocchezza. Scott ne ha decine di volte più di me. Che sia per i quadri? Mah. Vediamo di impostare la situazione in modo da evitare rischi, ma, al contempo, di non rovinare tutto.

    Andò a riprendere il telefono che aveva appena gettato via, reinserì la batteria e chiamò il suo factotum, Diego, in America.

    Ciao Diego, sono Antony. Non ho molto tempo ed ho bisogno che tu mi ascolti con molta attenzione senza fare domande.

    Ciao. Dimmi.

    Sto andando a firmare una procura generale a tuo nome. Ti chiedo di liquidare ogni mia attività finanziaria nel giro di sei mesi.

    Cos’è successo?

    Non ho tempo per spiegarti. Ascolta ed esegui esattamente quello che ti dico. Dovrai vendere tutto: immobili, opere d’arte e partecipazioni. Qualora avessi delle difficoltà o ti si presentasse l’eventualità di una grossa perdita, devi contattare Jeremy Scott di Filadelfia e vendere a lui quella partita al prezzo di costo, ossia senza subire perdite. Lui è già d’accordo. Ti dirò poi su che banca inviare l’intero ammontare delle vendite. Ti è tutto chiaro?

    Le parole sono chiare, ma stento a credere…

    Quando riceverai la procura capirai che è tutto vero. Addio amico mio. Noi non ci rivedremo più.

    Ma come… E i soldi?

    Ti ho già detto che ti comunicherò dove inviare l’importo. Non so come, ma stai certo che ti comunicherò la banca di destinazione. La casa puoi tenerla tu. Addio.

    Grazie, ma spero sia un arrivederci.

    Spento il telefono stava per toglierli la batteria, ma poi se lo rimise in tasca. Uscì dall’hotel, prese il cellulare personale e lo posò in una panchina del viale.

    Se qualcuno lo trova, lo porterà via; – pensò – servirà da depistaggio. Ora devo cambiare nome e trovarmi dei documenti falsi.

    Fermò un taxi e si fece portare ad un mercatino, nel quartiere Madeleine, ed acquistò dei vestiti usati. Andò a Boulevard de Strasburg, in una filiale della Bank of America, dove aveva un conto, e prelevò 50.000 euro. Con un altro taxi, si fece portare a Saint Denis. Si sedette all’aperto di un bistrot e mise cento euro sotto il posacenere. La banconota era ben visibile e lui attese con calma.

    Fortunatamente il tempo atmosferico era cambiato ed un po’ di sole aveva fatto capolino fra i tetti delle case. Riscaldato da quei raggi riuscì a sopportare meglio sia il clima che l’interna situazione.

    Aveva appena detto addio a Diego con grande dolore ed ora doveva ripetersi con la sua amata. Se con l’amico era stato un grande dispiacere, farlo con Manuela sarebbe stato come perdere un pezzo della propria vita; sarebbe stato come sentirsi strappare il cuore con le nude mani; sarebbe stato come morire nell’anima lasciando vivo il solo corpo. Non poteva accettarlo, non poteva considerarlo, non lo voleva fare.

    La chiamò al telefono con il cellulare usa e getta datogli da Jeremy.

    Ciao Manuela, sono Antony.

    Ciao Antony, da che telefono chiami? Dove sei?

    Scusa, ma non ho il tempo per spiegarti le cose con calma. Ascoltami attentamente senza interrompere.

    Va bene.

    Io devo sparire dalla faccia della terra. Sono finito in brutti guai con gente molto pericolosa e non posso farmi trovare. Io non vorrei perderti, ma non posso darti appuntamento in un qualsiasi luogo perché potrebbe essere pericoloso sia per te che per me. Ho pensato che la cosa migliore sia che tu lasci l’America e venga in Europa. Liquida i tuoi risparmi e gira per i musei che abbiamo finanziato. Prima o poi sarò io a cercarti, ma lo farò quando mi sentirò al sicuro. Ti prego solo di non avere fretta; sicuramente passeranno molti mesi. Tu non dire mai a nessuno dove vai, tieniti in contatto con Diego solo telefonicamente e per pochi secondi. Butta via il tuo telefonino e ricompra degli usa e getta dopo ogni telefonata che farai a persone conosciute come amici o parenti. Ti bacio, amore mio. Perdonami per non aver saputo proteggerti. Spero non sia irreparabile.

    Aspetta, cosa devo fare? Non ho capito nulla.

    Cerca di ricordare le mie parole. Addio.

    Si alzò dalla sedia, guardò le auto passare e, appena vide un furgone scoperto, buttò il cellulare usa e getta sul cassone. Ora il telefono era in viaggio, mentre lui rimaneva ad attendere; se fosse stato intercettato avrebbero seguito il furgone.

    Dopo un po’ gli si avvicinò un ragazzo.

    È vera o falsa? Dice, indicando il biglietto da cento euro.

    Verissima.

    Perché è là? Avete già pagato il caffé; l’ho visto.

    Sta aspettando qualcuno che se la guadagni.

    Cercate compagnia?

    No. Solo informazioni.

    Di che tipo?

    Mi serve un nuovo documento.

    Documenti falsi?

    Già. Ma deve essere fatto molto bene.

    Forse conosco qualcuno che può aiutarvi.

    Bene, portalo qui e i cento euro saranno tuoi.

    No. Lui non si muove. Dovete venire voi con me.

    Non se ne parla proprio. Se te li vuoi guadagnare, devi portarlo qui.

    Il ragazzo rimase per un po’ pensieroso e poi esclamò: Aspettatemi! Non muovetevi di qui!

    Antony abbozzò un sorriso e il ragazzo corse via.

    Dopo circa quindici minuti lo vide tornare.

    Ecco il mio amico Alain. Disse il ragazzo.

    Buongiorno Alain. Il tuo amico ti ha già spiegato cosa mi serve?

    Sì, ma non qui.

    Spiacente Alain, ma di qui non mi muovo. Puoi mostrarmi un tuo lavoro?

    Qui?

    Certo.

    Alain si guarda un po’ in giro. Non sa se può fidarsi. Allora Antony estrae il suo passaporto.

    Vedi, non è un problema mostrare i documenti per strada. Io sono un italiano che vive da molto tempo in America. Ho il passaporto italiano, la patente americana, tessere di vario tipo e 50.000 euro in contanti. È per questo che non posso muovermi da qui. Io sono disposto a darti tutti i soldi, ma in cambio voglio un buon documento.

    Che documento vuoi?

    Un passaporto.

    Di che nazionalità?

    Europea sarebbe perfetto, ma possono andare bene anche stati americani o l’Australia.

    Lo vuoi nuovo o usato?

    Quello usato di quale nazione è?

    Italiano.

    Posso vederlo?

    No. Non ce l’ho con me. Pensavo bastasse una carta d’identità francese.

    Mm, capisco. Come mai questo passaporto italiano è nelle tue mani?

    Non ce l’ho io. Ce l’ha un amico italiano.

    È suo?

    Sì, è suo, ma penso possa venderlo.

    Perché? Pensa di non usarlo più?

    Penso che si possa trovare un accordo, lui non denuncia la scomparsa per i prossimi sei mesi.

    Che garanzie ho che mantenga la parola?

    Gli dirò che serve ad un mafioso. Lui non vorrà certo rischiare di mettersi contro la mafia.

    Quanti soldi gli darai?

    Questo è affare mio, ma tu devi darmi 100.000 euro.

    Anche se volessi, non lo potrei fare. Ho solo i cinquanta mila con me e non posso farmene mandare o ritirarne in qualche banca. Mi dispiace. Devi accontentarti, ma credo sia una somma che va oltre gli standard del mercato.

    Alain innervosito: Allora va da qualcun altro. Io non lavoro per quattro soldi.

    Antony capì di aver detto una parola di troppo: Non t’arrabbiare. L’ho detto solo perché credo sia un’ottima cifra.

    … ma io devo pagare anche l’italiano.

    Sono convinto che lo sistemerai con cinque o al massimo dieci mila euro. In ogni caso io posso darti solo 50.000

    Hai solo quelli?

    Puoi perquisirmi, non sto mercanteggiando.

    Va bene, ti credo.

    Accordo fatto?

    Sì. Accordo fatto.

    Quanto ti ci vuole per darmelo?

    Adesso ti faccio una foto, la stampo e poi la sostituisco a quella del passaporto.

    Quanti anni ha l’altro italiano.

    Una cinquantina. Più o meno come te.

    " Sì, può andare bene. Allora non

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1